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IGNORED

QUEGLI STRANI SEGNI GRAFFITI SU ALCUNE MONETE


King John

Risposte migliori

i "San Tommaso" della situazione saranno ancora increduli e obietteranno che gli esempi fatti riguardano il latino e non il greco. Adesso io posto del materiale inedito che apparirà molto presto su una rivista numismatica internazionale che attesta anche per il mondo greco l'uso di sottintendere diversi ordini di grandezza ad una cifra riportata per iscritto. Spero vivamente che aiuti a comprendere che sono assolutamente in buona fede, che non cambio le cifre a mio piacimento e che magari ho avuto la fortuna di avere un'intuizione giusta...

Su un papiro del 180 a.C. proveniente da Filadelfia, in Egitto, contenente un elenco di somme dovute da alcuni debitori sono riportate delle cifre che solo apparentemente sono semplici ma che in realtà sono espresse in talenti, unità monetaria corrispondente a 6.000 dracme. Così nel dettaglio di tale papiro riprodotto qui sotto si osserva che Arsace (nome di un uomo di probabile origine persiana, scritto a sinistra nell’ultimo rigo) è debitore della somma di un talento (le cifra A preceduta dal simbolo del talento, una sorta di :Greek_Lambda: sormontata da una linea orizzontale riportati nella parte centrale del rigo) e di altre 120 dracme (le cifre :Greek_Rho::Greek_Kappa: riportate nella parte finale del rigo. Il debitore menzionato al primo rigo, tale Dioscuride (parte sinistra del rigo) deve la somma di B=2 (parte centrale del rigo) a cui si aggiungono altre 10 dracme (la iota sulla destra preceduta dal simbolo della dracma simile ad una nostra s): anche se la B non è preceduta da alcun simbolo è evidente che non si tratta della somma di 2 dracme (perché se così fosse stato si sarebbe sommata a quella seguente di 10 dracme indicata con i raggiungendo così il totale di 12 dracme) ma di 2 talenti, pari a ben 12.000 dracme. Anche la somma indicata nel primo rigo, quindi, al pari di quella indicata nel quarto rigo, è espressa in talenti per cui B non è uguale a 2 dracme ma a due talenti, vale a dire a 12.000 dracme. Lo stesso vale per la cifra dovuta dal debitore Cratete del secondo rigo (parte iniziale del rigo) che non è di a=1 dracma, ma a=1 talento (parte centrale del rigo) e 5 dracme (la e riportata nella parte finale del rigo); allo stesso modo Tolomeo (il nome indicato nella parte iniziale del terzo rigo) è debitore di a=1 talento (parte centrale del terzo rigo) più altre 5 dracme (la e riportata più a destra) che diventano 145 con gli interessi (la cifra :Greek_Rho::Greek_Mu::Greek_epsilon: alla fine del terzo rigo). Come si vede, quindi, sul papiro della figura qui sotto una cifra scritta sottintende diversi ordini di grandezza, esattamente come ipotizzato per le notazioni numeriche riportate sulle monete greche. Né varrebbe obiettare che l’esempio del papiro appena portato non è pertinente perché preso da appunti privati di un singolo e quindi non destinati ad essere letti da altri perché questa, in fondo, era anche la natura delle notazioni numeriche: secondo la mia ipotesi, infatti, le notazioni numeriche non erano destinate ai fruitori finali delle monete ma al personale della zecca a cui, come abbiamo visto, facilitavano il compito di conteggiare le monete via via coniate e quello di rendicontare alle autorità cittadine il corretto espletamento dell’incarico ricevuto.

il papiro citato è visibile online qui:

http://luna.manchester.ac.uk/luna/servlet/detail/ManchesterDev~93~3~52950~100643:Ledger-of-debts?sort=reference_number%2Cimage_sequence_number%2Cimage_title%2Cimage_number&qvq=sort:reference_number%2Cimage_sequence_number%2Cimage_title%2Cimage_number;lc:ManchesterDev~93~3&mi=600&trs=865

Il testo da cui è tratta la trascrizione del papiro è questo:

C.H. Roberts, E.G.Turner, Catalogue of the Greek and Latin

papyri in the John Rylands Library Manchester, Volume IV, Documents of the Ptolemaic, Roman, and Byzantine Periods (Nos.552-717), University Press Manchester 1952, pagg.56-62

questo testo è disponibile online qui:

http://luna.manchester.ac.uk/luna/servlet/detail/Manchester~25~25~2577~212979:Documents-of-the-Ptolemaic,-Roman,-?sort=image_number%2Cimage_sequence_number&qvq=sort:image_number%2Cimage_sequence_number;lc:Manchester~25~25&mi=15&trs=1814

 

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per avvalorare questa ipotesi del valore graffito sulle monete, conosco un quinario di Augusto con graffito XAS che ho interpretato come valore aggiunto alla moneta (forse ritrovata) nel periodo di Nerone quando, il denario, era passato  da 16 a 20 assi.

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19 minuti fa, dux-sab dice:

per avvalorare questa ipotesi del valore graffito sulle monete, conosco un quinario di Augusto con graffito XAS che ho interpretato come valore aggiunto alla moneta (forse ritrovata) nel periodo di Nerone quando, il denario, era passato  da 16 a 20 assi.

Qui andiamo su un altro genere di graffiti, quello riguardante il valore della moneta. Un caso del genere è stato studiato dal mitico Albero Campana, il nostro @acraf   :

https://www.academia.edu/35220254/SISTEMI_DI_NUMERI_GRECI_I_UN_GRAFFITO_SU_BRONZO_DI_KATANE

 

Invece la mia ipotesi, in sintesi, è che in alcuni casi i graffiti non riguardavano il valore della singola moneta ma erano dei segni di riconoscimento riportati su lotti determinati di monete al fine di poterli meglio conteggiare perchè venivano distinti più facilmente da altri lotti, contrassegnati da altre cifre.

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15 ore fa, King John dice:

Infine, per rispondere ad @apollonia i graffiti, sempre secondo la mia indegna interpretazione, non identificavano la zecca ma aiutavano gli addetti della zecca a conteggiare le monete e basta. Non venivano praticati sistematicamente e quindi la loro assenza non privava affatto la moneta del carattere dell'ufficialità. Erano segni che venivano incisi alla bisogna e secondo criteri contingenti, secondo una logica simile a quella che sovrintende ai monogrammi, così come da me interpretati e cioè come notazioni numeriche.

Visto che mi hai chiamato in causa, siccome sarebbe scortese da parte mia non risponderti, lo faccio com’è mio costume, dicendo come la penso senza peli sulla lingua.

Scrivi che un tetradramma di Tolomeo che esce dalla zecca di Alessandria d’Egitto con un monogramma che non ha nulla a che vedere né con la zecca né con il monetiere responsabile dell’emissione, ma indica il numero di esemplari coniati (e questo sei tu a darlo per scontato), presenta quattro graffiti diversi praticati ad arte dagli operai della zecca allo scopo di indicare questo stesso numero ‘per motivi di pubblica utilità’ (post # 9).

Come ti faccio notare che incidenza avrebbe questo sul ritmo produttivo, la tua giustificazione è che nell’antichità la manodopera servile era a costo zero e bla bla bla (post # 16), come a dire che la cosa non presentava nessun problema del genere.

Ma al post # 43 cambi registro. Scrivi che secondo te i graffiti ‘non identificavano la zecca’ (e chi l’ha mai detto?), ma ‘aiutavano gli addetti della zecca a conteggiare le monete e basta’ (ma dov’è finita la pubblica utilità?) e ‘non venivano praticati sistematicamente’ (ma allora cosa c’entra la manodopera a costo zero? Perché non l’hai detto al post # 16?).

Tattica usuale la tua: le spari grosse, senti le reazioni, e rimescoli le carte.

Comunque sia, mentre posso capire la persona che nel mettere al sicuro le proprie monete in un ripostiglio comune applicasse un sottilissimo contrassegno per riconoscerle, il fatto che nella zecca imperiale di Alessandria d’Egitto le monete d’oro e d’argento del sovrano appena uscite dal conio fossero volutamente graffiate in più zone del diritto e del rovescio per ripeterne più volte la numerosità, lo vedo alla stregua di uno ‘stupro monetale’ dal punto di vista fisico e di uno ‘stupro della Numismatica’ dal punto di vista intellettuale.

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27 minuti fa, apollonia dice:

 

Ma al post # 43 cambi registro. Scrivi che secondo te i graffiti ‘non identificavano la zecca’ (e chi l’ha mai detto?), ma ‘aiutavano gli addetti della zecca a conteggiare le monete e basta’ (ma dov’è finita la pubblica utilità?) e ‘non venivano praticati sistematicamente’ (ma allora cosa c’entra la manodopera a costo zero? Perché non l’hai detto al post # 16?).

 

La pubblica utilità consiste nel conteggiare esattamente le monete evitando di incorrere in errori e quindi di evitare che sparissero monete appena coniate di proprietà pubblica.

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30 minuti fa, apollonia dice:

 

Tattica usuale la tua: le spari grosse, senti le reazioni, e rimescoli le carte.

Comunque sia, mentre posso capire la persona che nel mettere al sicuro le proprie monete in un ripostiglio comune applicasse un sottilissimo contrassegno per riconoscerle, il fatto che nella zecca imperiale di Alessandria d’Egitto le monete d’oro e d’argento del sovrano appena uscite dal conio fossero volutamente graffiate in più zone del diritto e del rovescio per ripeterne più volte la numerosità, lo vedo alla stregua di uno ‘stupro monetale’ dal punto di vista fisico e di uno ‘stupro della Numismatica’ dal punto di vista intellettuale.

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Ho postato riferimenti, citazioni ben precise ma vedo che non è servito a niente: non una parola al riguardo. Continui a dire che le sparo grosse. Addirittura adesso "stupro la Numismatica". Cosa aggiungere? Niente. Mi limito a rispettare la tua opinione.

 

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Una curiosità un poco a margine della discussione .

La moneta è oggetto seriale prodotto in un opificio ( la zecca ) .

Direi certo che dovesse avere un sistema organizzato di controllo anche numerico del prodotto : plausibile che una simbologia visibile  di questo sistema possa essere stata apposta direttamente sulle monete, alla fonte, attraverso il conio .

Simboli integrativi funzionali a questo sistema, tracciati estemporaneamente su singole monete già coniate, li considererei con cauta attenzione . 

Ora la mia curiosità .

Nella nostra Magna Grecia abbiamo avuto almeno un altro oggetto seriale prodotto in un opificio ( la fornace ) e spesso destinato a largo impiego pubblico  : il mattone .

I mattoni di Velia sono tutti marcati con un particolare doppio simbolo in lettere : un primo simbolo costante accostato ad un secondo variabile .

Conosco lo scritto di L. Vecchio " I mattoni bollati di Velia " ( visibile in rete )  : non conosco la restante letteratura in materia .

Chissà se qualcuno, di quelle lettere sui mattoni velini, abbia ragionato anche in termini di numeri di contabilizzazione del prodotto . 

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7 minuti fa, VALTERI dice:

Una curiosità un poco a margine della discussione .

La moneta è oggetto seriale prodotto in un opificio ( la zecca ) .

Direi certo che dovesse avere un sistema organizzato di controllo anche numerico del prodotto : plausibile che una simbologia visibile  di questo sistema possa essere stata apposta direttamente sulle monete, alla fonte, attraverso il conio .

Simboli integrativi funzionali a questo sistema, tracciati estemporaneamente su singole monete già coniate, li considererei con cauta attenzione . 

Ora la mia curiosità .

Nella nostra Magna Grecia abbiamo avuto almeno un altro oggetto seriale prodotto in un opificio ( la fornace ) e spesso destinato a largo impiego pubblico  : il mattone .

I mattoni di Velia sono tutti marcati con un particolare doppio simbolo in lettere : un primo simbolo costante accostato ad un secondo variabile .

Conosco lo scritto di L. Vecchio " I mattoni bollati di Velia " ( visibile in rete )  : non conosco la restante letteratura in materia .

Chissà se qualcuno, di quelle lettere sui mattoni velini, abbia ragionato anche in termini di numeri di contabilizzazione del prodotto . 

 

 

Secondo la mia modestissima opinione la risposta è positiva: ne ho parlato nel libro "I numeri svelati". Nella mia interpretazione la sigla sempre presente :Greek_Delta::Greek_Eta: è costituita dal numero 10 del sistema attico (:Greek_Delta:) che si moltiplica per il numero 100 dello stesso sistema numerale (:Greek_Eta:) con il risultato di 1000 ad indicare che ciascuna serie di mattoni prodotta era di 1.000 pezzi. Sempre secondo il mio modestissimo parere, le altre sigle erano parti iniziali di parole (non di nomi come si crede in genere, nè  numeri) che indicano le due metà in cui veniva suddivisa ciascuna serie. Esempio di parte iniziale di parola che indica la prima metà della serie: :Greek_Alpha::Greek_Nu::Greek_Tau:, parte iniziale della parola :Greek_Alpha::Greek_Nu::Greek_Tau::Greek_Alpha:, "davanti". Esempio di parte iniziale di parola che indica la seconda metà della serie: :Greek_Alpha::Greek_Iota::GreeK_Sigma:, parte iniziale della parola :Greek_Alpha::Greek_Iota::GreeK_Sigma::Greek_Alpha:, "resto", "porzione mancante". Vecchio ha letto il mio libro  e dopo i primi attriti adesso si è in parte convinto, siamo amici,  ci scambiamo gli articoli che scriviamo e non mi accusa certo di "stuprare l'archeologia"...

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Per sostenere la tesi che la sigla DH indichi la proprietà pubblica dell'edificio nella cui costruzione è utilizzato il mattone, Vecchio è costretto a sostenere che gli edifici in cui si vedono attualmente impiegati questi mattoni sono di epoca ellenistica e reimpiegano i mattoni originariamente fabbricati per il loro utilizzo nell'elevato delle mura ma basta visitare gli scavi di Velia per rendersi conto che questi mattoni si vedono in moltissimi edifici privati: possibile che in tutti questi edifici sono stati riciclati i mattoni? Nessun edificio li ha utilizzati ex novo???

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39 minuti fa, VALTERI dice:

Simboli integrativi funzionali a questo sistema, tracciati estemporaneamente su singole monete già coniate, li considererei con cauta attenzione . 

Ovviamente la mia è un'ipotesi che cerco di suffragare con tutte le prove che riesco a trovare e non pretendo affatto di avere ragione ma mi piacerebbe sapere come giustificare monete che riportano graffiti che sono chiaramente dei numeri come questa qui allegata perchè le monete non erano come le moderne banconote che si potevano riunire in un solo mazzo scrivendo sulla prima il totale del mazzo come facciamo noi oggi. Ti giuro di credere che lo dico senza alcuna vena polemica ma solo per capire. Tu ad esempio che idea ti sei fatto? Tieni conto poi che su altre monete simili ritorna sempre la stessa cifra 50....

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Modificato da King John
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Supponiamo che quello dell'ultima moneta sia effettivamente un numero. Dopo averlo apposto, che fine faceva questa moneta? Veniva messa in un mucchio con tutte le altre? Come poteva tornare utile l'incisione se poi la moneta veniva mischiata alle altre?

Assumendo che l'interpretazione numerica di questi segni sia corretta, trovo quantomeno non immediato comprendere come potessero essere apposti e tornare utili alla zecca o a enti pubblici. Forse un privato poteva trovare una maggiore utilità, ma rimane comunque il problema: dopo aver inciso la moneta, come faceva a ritrovarla in mezzo alle altre?

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38 minuti fa, Matteo91 dice:

Supponiamo che quello dell'ultima moneta sia effettivamente un numero. Dopo averlo apposto, che fine faceva questa moneta? Veniva messa in un mucchio con tutte le altre? Come poteva tornare utile l'incisione se poi la moneta veniva mischiata alle altre?

Assumendo che l'interpretazione numerica di questi segni sia corretta, trovo quantomeno non immediato comprendere come potessero essere apposti e tornare utili alla zecca o a enti pubblici. Forse un privato poteva trovare una maggiore utilità, ma rimane comunque il problema: dopo aver inciso la moneta, come faceva a ritrovarla in mezzo alle altre?

La mia ipotesi è che un certo numero di monete venivano graffite con segni tutti uguali, conteggiate e accantonate per poi passare a costituire un nuovo gruppo di pezzi identificato da una notazione numerica incisa ab origine sul conio di rovescio o da un nuovo segno graffito sulla moneta coniata.

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56 minuti fa, Matteo91 dice:

Supponiamo che quello dell'ultima moneta sia effettivamente un numero. Dopo averlo apposto, che fine faceva questa moneta? Veniva messa in un mucchio con tutte le altre? Come poteva tornare utile l'incisione se poi la moneta veniva mischiata alle altre?

Assumendo che l'interpretazione numerica di questi segni sia corretta, trovo quantomeno non immediato comprendere come potessero essere apposti e tornare utili alla zecca o a enti pubblici. Forse un privato poteva trovare una maggiore utilità, ma rimane comunque il problema: dopo aver inciso la moneta, come faceva a ritrovarla in mezzo alle altre?

Doppione

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7 ore fa, apollonia dice:

Comunque sia, mentre posso capire la persona che nel mettere al sicuro le proprie monete in un ripostiglio comune applicasse un sottilissimo contrassegno per riconoscerle, il fatto che nella zecca imperiale di Alessandria d’Egitto le monete d’oro e d’argento del sovrano appena uscite dal conio fossero volutamente graffiate in più zone del diritto e del rovescio per ripeterne più volte la numerosità, lo vedo alla stregua di uno ‘stupro monetale’ dal punto di vista fisico e di uno ‘stupro della Numismatica’ dal punto di vista intellettuale.

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Questa è bella: se per ripostiglio "comune" intendi "normale" la situazione può essere la seguente: io nascondo le mie monete sotto l'albero di nespole, dietro al muro di cinta del mio orto, in un posto che SO SOLO IO però prima di sotterrarle mi prendo la briga di "applicare un sottilissimo contrassegno" alle monete per riconoscerle. Questo è illogico: se il posto lo conosco solo io, solo io so dove stanno le monete e solo io le riconoscerò quando le andrò a prendere.

Se, invece per "comune" intendi "accessibile anche ad altri" ipotizzi la situazione paradossale di più nascondigli scavati  uno a fianco all'altro da persone diverse: se in tale caso in linea puramente teorica ci può stare che uno  "applichi un sottilissimo contrassegno" alle proprie monete per distinguerle da quelle nascoste dal mio vicino di nascondiglio, è totalmente illogica la situazione immaginata e cioè più nascondigli vicini di più persone diverse che storicamente non sono affatto attestati: i nascondigli erano solo ed esclusivamente individuali e privati.

Insomma, in entrambi i casi ipotizzati si profila uno stupro non alla Numismatica ma alla Logica.

Infine, in entrambe le ipotesi da te delineate se il graffito lo fa il privato, egli "applica un sottilissimo contrassegno per riconoscere le monete", se invece lo fa la "zecca imperiale di Alessandria d'Egitto" al fine di espletare meglio il proprio compito, al fine cioè di suddividere in più gruppi meglio gestibili le numerose monete di un un'unica emissione, allora il sottilissimo contrassegno diventa "uno ‘stupro monetale’ dal punto di vista fisico e uno ‘stupro della Numismatica’ dal punto di vista intellettuale".

Insomma, siamo seri....

Una cosa giusta però viene evidenziata dalla tua riflessione: se fosse stato praticato da un privato il graffito, questi l'avrebbe effettuato con la certezza che la moneta così deturpata sarebbe stata comunque accettata sul mercato. Ebbene, se questa considerazione è valida per il privato a maggior ragione è valida per la zecca imperiale, per la suprema autorità monetale del Regno tolemaico, per cui non c'è niente di scandaloso ipotizzare che per motivi contingenti e di "pubblica utilità" (esatto conteggio delle monete coniate teso ad evitare ammanchi di denaro pubblico)  gli operatori della zecca abbiano deciso di praticare dei graffiti sulle monete.

D'altra parte quei graffiti stanno lì e non li ho certo fatti io: a parte quelli dovuti all'usura della moneta, quelli fatti per sfregiare gratuitamente la moneta, quelli che sembrano riprodurre intere parole, ve ne sono alcuni che si ritrovano identici su più monete dello stesso tipo e che non sembrano affatto casuali ma sembrano invece rispondere ad una logica ben precisa:  se poco poco si ammette come plausibile l'ipotesi che i monogrammi siano in realtà delle notazioni numeriche, anche questi graffiti si possono spiegare in base alla stessa logica. 

 

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Terrei ancora  un poco distinte le due " cose " .

I monogrammi inseriti nei conii, presuppongono la scelta a monte, di produrre monete con dei simboli utili e significativi per chi ha voluto che fossero leggibili su tutte le monete che li riportavano : da accertare, poi, se oggi ancora possibile, a quale scopo e cosa si dovesse leggere con quei simboli .

Segni aggiunti su monete già coniate, se li ipotizziamo non casuali bensì contemporanei alla coniazione e  funzionali ad un sistema ad esempio di migliore  contabilizzazione,  perchè  non apporli con un punzone ( facile da avere in una zecca ) , piuttosto che lasciarli a dei graffiti a mano libera ? 

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6 ore fa, VALTERI dice:

Terrei ancora  un poco distinte le due " cose " .

I monogrammi inseriti nei conii, presuppongono la scelta a monte, di produrre monete con dei simboli utili e significativi per chi ha voluto che fossero leggibili su tutte le monete che li riportavano : da accertare, poi, se oggi ancora possibile, a quale scopo e cosa si dovesse leggere con quei simboli .

Segni aggiunti su monete già coniate, se li ipotizziamo non casuali bensì contemporanei alla coniazione e  funzionali ad un sistema ad esempio di migliore  contabilizzazione,  perchè  non apporli con un punzone ( facile da avere in una zecca ) , piuttosto che lasciarli a dei graffiti a mano libera ? 

Le prime emissioni monetali di Tolomeo Sotere sono quelle coniate in qualità di Satrapo d'Egitto per conto di Alessandro, vale a dire i tetradrammi con testa di Alessandro con spoglia di elefante al diritto e Atene Promachos al rovescio che notoriamente recano 2-3 monogrammi per ciascuna moneta continuamente diverse sui vari conii di rovescio. La scelta delle autorità  di produrre in seguito i tetradrammi con ritratto di Tolemeo al diritto  e aquila al rovescio più sobri dal punto di vista dei monogrammi (un solo monogramma per ogni moneta e due sole varietà di monogrammi per l'intera emissione) può aver spiazzato gli addetti al conteggio o gli stessi magistrati monetari che si sono aiutati aggiungendo alle monete già ormai coniate i graffiti.

Non dimentichiamo che i graffiti di segni simili a numeri si riscontrano anche in monetazioni che non riportano alcun tipo di monogramma (ad esempio Cizico) dove anche si spiegano immaginando che siano stati praticati per aiutarsi nel conteggio di materiali ancora più difficili da conteggiare perchè privi di qualsiasi "appiglio"...

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I monogrammi sulle monete di Alessandro Magno

Il primo lavoro sistematico sulla monetazione di Alessandro Magno risale al 1855 ed è opera del danese Ludwig Müller che cercò di attribuire i vari simboli e monogrammi sul rovescio delle monete di Alessandro a diverse zecche, partendo dal presupposto che le città sedi di zecche utilizzassero ii simboli che avevano contraddistinto la monetazione del precedente periodo nel quale esse erano indipendenti. Nel 1912 e poi nel 1923 furono proposte modifiche ad alcune attribuzioni dallo statunitense Edward T. Newell che per la datazione e l'attribuzione alla zecca si basò sullo studio statistico comparato dei dritti e dei rovesci. Altri studiosi ad occuparsi del problema furono nel 1947 Gerhard Kleiner, nel 1955 Margaret Thompson e Alfred R. Bellinger, nel 1977 Georges Le Rider, nel 1982 Martin Price che nel 1991 riprese le sue tesi nella sua vasta opera sulla monetazione di Alessandro.

Ho riassunto brevemente la parte iniziale dell’articolo Online The Dating of the Coinage of Alexander the Great di Zoë Sophia Kontes  https://www.brown.edu/academics/archaeology/publications/alexander

per far presente che nessuno degli studiosi citati, come pure altri di chiara fama che si sono occupati della datazione e dell’attribuzione alla zecca come Hyla Troxell e François de Callataÿ, naturalmente al corrente del fatto che i Greci usavo le lettere del loro alfabeto per rappresentare i numeri, ha mai affermato che i monogrammi, tra le varie funzioni loro attribuite, potessero anche riferirsi alla numerosità delle monete sulle quali erano raffigurati.

Ora, io penso che su uno vuol dimostrare la sua tesi che in alcuni casi i monogrammi avessero tale funzione, lo debba fare non solo con la dovuta cautela, ma anche con un procedimento di ricerca rigoroso e fondato su solide basi (oggi si parla di Metodologia della ricerca numismatica avanzata), senza dare per scontato quello che si vuol dimostrare e tenendo conto dei ‘pros and cons’.

E la mia impressione sugli articoli di Federico De Luca, e non solo su questo tema, è che l’autore imposti l’indagine dando per scontata la veridicità di quella che lui pone come tesi da dimostrare.

Sempre dal mio punto di vista, un approccio al problema del titolo si può articolare in un primo stadio in cui i monogrammi sulle monete di Alessandro (e non sono pochi, considerato il numero di zecche in attività quando era in vita e che hanno continuato a coniare monete in suo nome dopo la morte) si traducono in numeri. Nel secondo stadio viene fissata l’unità di misura per stabilire che cosa rappresenta in effetti quel numero. Gli argenti del Grande vanno dal tetartemorion al decadramma ed è quindi necessario assegnare il valore di un monogramma su, che so io, un obolo e su un tetradramma. Analogo discorso per gli ori che, se non ricordo male, vanno dall’ottavo di statere al distatere. Nel terzo stadio si passa all’esame delle monete che raffigurano quel monogramma o, dato che spesso sono più d’uno, quei monogrammi per verificare se i conti tornano.

Se si riconosce la validità dell’approccio proposto, posterò i vari monogrammi delle monete di Alessandro per la ‘traduzione’ in numeri a carico del nostro esperto e l’espressione dell’unità di misura, per passare nell'ultima fase all’esame della moneta corrispettiva, che definirei ‘la prova del nove’.

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Appassionante nel divulgare, nel ricercare, nel fare ipotesi con un suo percorso, io credo che poi anche in numismatica non tutto debba essere per forza statico, le ipotesi ben vengano e certamente avendolo ascoltato personalmente Federico De Luca ha una passione nel divulgare incredibile e oggi fuori del comune, certamente poi il dibattito e' aperto come sempre giustamente, ma se non si dibattesse e si ricercasse tutto sarebbe rimasto fermo nel tempo ....

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5 ore fa, apollonia dice:

per far presente che nessuno degli studiosi citati, come pure altri di chiara fama che si sono occupati della datazione e dell’attribuzione alla zecca come Hyla Troxell e François de Callataÿ, naturalmente al corrente del fatto che i Greci usavo le lettere del loro alfabeto per rappresentare i numeri, ha mai affermato che i monogrammi, tra le varie funzioni loro attribuite, potessero anche riferirsi alla numerosità delle monete sulle quali erano raffigurati.

 

Può essere accaduto che semplicemente non ci hanno pensato ma non è che siccome non ci hanno pensato loro non ci debba pensare nessuno mai...

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6 ore fa, apollonia dice:

E la mia impressione sugli articoli di Federico De Luca, e non solo su questo tema, è che l’autore imposti l’indagine dando per scontata la veridicità di quella che lui pone come tesi da dimostrare.

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Spiego come procedo nelle mie indagini: ricerca una monetazione o una serie monetale che presenta vari monogrammi, in modo che sia interessante una loro "decifrazione". Se provando e riprovando quei monogrammi sembrano essere effettivamente  numeri, aiutato dalle sequenze dei conii, cerco di capire in che sequenza si collocano e quindi come vanno sciolti i monogrammi fino ad ottenere quella che per me è una sequenza numerica. La ricostruzione dell'intera emissione, poi, conferma l'ipotesi numerica fatta perchè il numero di conii rintracciati (e quindi il numero di monete presumibilmente ottenuto da essi) è compatibile con l'interpretazione numerica da me fatta dei monogrammi. Ora questo procedimento può essere criticato qua e là, può essere censurato su qualche punto, criticato ad esempio sulle cifre finali a cui giunge, ma negarne in toto i presupposti (e cioè che alcuni monogrammi sono estremamente somiglianti a numeri) mi sembra eccessivo ed intellettualmente non onesto.

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6 ore fa, apollonia dice:

Sempre dal mio punto di vista, un approccio al problema del titolo si può articolare in un primo stadio in cui i monogrammi sulle monete di Alessandro (e non sono pochi, considerato il numero di zecche in attività quando era in vita e che hanno continuato a coniare monete in suo nome dopo la morte) si traducono in numeri. Nel secondo stadio viene fissata l’unità di misura per stabilire che cosa rappresenta in effetti quel numero. Gli argenti del Grande vanno dal tetartemorion al decadramma ed è quindi necessario assegnare il valore di un monogramma su, che so io, un obolo e su un tetradramma. Analogo discorso per gli ori che, se non ricordo male, vanno dall’ottavo di statere al distatere. Nel terzo stadio si passa all’esame delle monete che raffigurano quel monogramma o, dato che spesso sono più d’uno, quei monogrammi per verificare se i conti tornano.

Se si riconosce la validità dell’approccio proposto, posterò i vari monogrammi delle monete di Alessandro per la ‘traduzione’ in numeri a carico del nostro esperto e l’espressione dell’unità di misura, per passare nell'ultima fase all’esame della moneta corrispettiva, che definirei ‘la prova del nove’.

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Vediamo se ho capito cosa vuoi dire. Posto qui questa immagine realizzata personalmente da te e che tu proponesti tempo fa in un'altra discussione. Forse vuoi dire che bisogna capire, ad esempio, a cosa si riferiscono i monogrammi riportati in maniera identica su tutti queste diverse monete d'argento coniati a nome di Alessandro Magno a Babilonia (dal tetradramma in giù)?

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Comincio a risponderti ammettendo candidamente che non sempre riesco a darmi delle risposte a tutto perchè il mio approccio è puntuale, si riferisce ad una singola monetazione o addirittura ad una singola emissione alla volta e non sempre  ho la risposta per interpretare i monogrammi riportati su emissioni che non ho già studiato. Se poi quella monetazione non presenta diversi monogrammi da interpretare non mi attira particolarmente e quindi non la studio. Faccio articoli solo sugli argomenti che ho studiato a fondo. Devo dire però che nel corso del tempo ho cercato di approfondire questo tuo quesito che già mi facesti tempo fa (e di cui te ne sono grato perchè mi ha stimolato a cercare e a scavare..) e a cui io all'epoca non seppi rispondere  (e purtroppo nemmeno  oggi). In una monetazione specifica però ho trovato una cosa simile: si tratta della monetazione di Aspendos in cui ricorre spesso la cifra :Greek_Pi::Greek_Omicron: che io interpreto come corrispondente a 5.0(00.000) di dracme, essendo composta dal numero 5 del sistema attico (:Greek_Pi:) che si moltiplica con il simbolo delle 10 dracme originario di Argo (:Greek_Omicron:). Posto qui una pagina tratta da un articolo in attesa di pubblicazione che forse risponde almeno in parte alla tua domanda. Si noti che sulla prima moneta della seconda figura è riportato quello che è solo ed esclusivamente un numero e non una lettera (il digamma, F=6). [Nell'articolo si ricostruiscono varie serie di stateri per dimostrare la fondatezza dell'interpretazione di :Greek_Pi::Greek_Omicron:= 50(00.000) di dracme].

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Modificato da King John
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Infine, venendo alla tua proposta di fornire materiali da studiare ti rispondo che se si tratta di  "scale" di monete di vario taglio riportanti gli stessi monogrammi (come quella da te approntata tempo fa e da me allegata al post #72)  al momento non sono ancora attrezzato per risolvere l'arcano ma devo studiare ancora tanto. Se invece oltre alle "scale" ci sono monogrammi diversificati il discorso cambia e posso provare a capirci qualcosa (magari li possiamo studiare assieme proponendo interpretazioni diverse all'interno di uno stesso articolo scritto a quattro mani o collaborando nel modo che tu riterrai opportuno, sempre se vorrai).

Modificato da King John
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7 ore fa, dabbene dice:

Appassionante nel divulgare, nel ricercare, nel fare ipotesi con un suo percorso, io credo che poi anche in numismatica non tutto debba essere per forza statico, le ipotesi ben vengano e certamente avendolo ascoltato personalmente Federico De Luca ha una passione nel divulgare incredibile e oggi fuori del comune, certamente poi il dibattito e' aperto come sempre giustamente, ma se non si dibattesse e si ricercasse tutto sarebbe rimasto fermo nel tempo ....

Caro Mario, cosa pensi del modo di divulgare la numismatica di Federico De Luca nei due post di questa discussione sotto indicati?

Post # 11

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Le notazioni impresse dal conio indicano univocamente la quantità di un milione di dracme:

al diritto dietro l'orecchia di Tolomeo Sotere: = 10 attico = 1.0(00.000) di dracme;

al rovescio nel campo in alto a sinistra: = 100 del sistema ionico=1.00(0.000) di dracme;

al rovescio nel campo in basso a sinistra:  M (10.000 del sistema attico)  x I (10 del sistema ionico) = 1.000.00(0) di dracme.

Post # 9

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Tutte le lettere incise si spiegano ancora una volta in maniera perfetta come numeri che in modo diverso indicano la stessa cifra:

al diritto A sormontata da I = 1.000 (A originario di Andania o ,A=1.000 del sistema ionico) x 10 (I) = 1.000.0(00) di dracme;

al rovescio  = 1.000 del sistema attico = 1.000(.000) di dracme;

al rovescio  = 10 del sistema attico = 1.0(00.000) di dracme;

al rovescio = 1.000 (A originario di Andania o ,A=1.000 del sistema ionico) = 1.000(.000) di dracme.

 

Quindi sette notazioni sulla stessa moneta per dare la stessa informazione: penso sia un record! Mi meraviglio che gli appassionati considerino normale un’ipotesi del genere e non mi meraviglierei se un neofita ritenesse normale tracciare segni sulle monete e farlo su quelle che riceve in eredità o vuol acquistare per iniziare una collezione.

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