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Prime monete e commercio al minuto


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In un articolo del 1964, diventato un riferimento di base per tutti gli studi successivi, Kraay sosteneva che le prime monete fossero troppo grandi (o, più precisamente, avessero un valore troppo elevato) per essere destinate al commercio al minuto. Kraay non ignorava di certo l'esistenza di frazioni anche piuttosto piccole, ma il numero degli esemplari noti all'epoca era certamente più esiguo rispetto a quello odierno: se anche le prime monete fossero servite allo scopo di soddisfare le esigenze del commercio al minuto, il loro numero sarebbe dovuto essere più rilevante.

Alla luce del ritrovamento di frazioni in elettro e in argento fino al 192esimo di statere (mi riferisco all'Asia Minore, ma esistono frazioni arcaiche piccolissime anche per la monetazione della Sicilia), ritenete che l'affermazione di Kraay possa essere ancora attuale?

Non è possibile, invece, pensare che molte di queste frazioni (parliamo di pochi mm di diametro per pesi intorno ai 0,10g) non siano state semplicemente tesaurizzate (proprio perchè destinate al commercio al minuto)? Oppure, ancora, che non siano state rilevate con mezzi di ricerca non sofisticati come quelli odierni?

Cosa ne pensate?

Grazie,
Matteo :)

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Riporto un paio di discussioni in cui si è parlato di queste piccolissime frazioni, dove sono presenti anche diverse immagini:

Per l'Asia Minore:

 

Per la Sicilia e Magna Grecia

 

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Proprio in questi giorni sto leggendo l'interessante libro "Denaro" (titolo originale: Money Changes Everything) di William N. Goetzmann, in cui nei capitoli iniziali si parla dei primordi dell'economia, dalla Mesopotamia alla Cina passando per Roma e Atene. Anche se l'argomento commercio al minuto non viene affrontato specificamente ho la sensazione che fin da prima dell'invenzione della moneta fosse chiara l'esigenza di disporre non solo dei grossi tagli ma anche di frazioni minori per il piccolo commercio. Ad esempio, pare che l'argento e l'orzo, le due "unità monetarie" fondamentali dei tempi della Mesopotamia, avessero nel primo caso più la funzione di strumento per il commercio "internazionale" di grandi quantità di merce fra le città-stato mespotamiche e fra queste e i popoli più lontani, mentre l'orzo, che era anche maggiormente facile da frazionare, fungesse più da mezzo per il commercio locale e al minuto. 

Modificato da ART
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Grazie per il tuo intervento @ARTQuanto riporti é interessante, ma non sono in grado di stabilire se sia effettivamente corretto. 

Nella civiltà mesopotamica non è detto che la circolazione dei beni funzionasse come oggi. Vi era infatti una potente autorità centrale, avente carattere religioso, in grado di raccogliere beni attraverso un sistema di "imposte", per poi redistribuirli tra la popolazione. Uruk, per esempio, era un grande centro di redistribuzione.

Se esistesse e come funzionasse un mercato al dettaglio, sinceramente lo ignoro. Probabilmente però non era il "canale" principale per la circolazione dei beni tra la popolazione. 

Cerchero di portare qualche riferimento a quanto sopra affermato: mi viene in mente il libro di Liverani "Uruk, la prima città".

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Purtroppo gli studiosi che hanno affrontato nel tempo l'origine del denaro hanno talvolta subito l'influenza di nozioni dogmatiche, faziose e influenzate dalla politica rallentando e fuorviando molti studi sull'argomento. 

Consiglio di leggere per esampio quanto scritto da Robert Tye in Gyge's Magic Ring, reperibile su academia.edu.

Diventa quindi difficile per noi "amatori" districarsi tra queste diatribe tra accademici...

 

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Allo stato attuale mi risulta l'esistenza di due grandi teorie sulla nascita del denaro:

la prima, detta ortodossa o mengeriana (da uno dei suoi precursori, Menger), vede nel denaro la soluzioni ai problemi del baratto. Il denaro é dunque innanzitutto un mezzo di scambio. All'interno di questa teoria si colloca la corrente "metallista", che vede nel metallo prezioso la forma di denaro per eccellenza. Potremmo dunque riassumere questa teoria secondo questo schema logico:

baratto - beni usati come mezzo di scambio - metallo a peso - e infine la moneta.

La seconda teoria vede nel denaro la soluzione all'esigenza di trovare un'unità di conto per la quantificazione delle obbligazione imposte da un'autorita nei confronti del popolo. In questa teoria il denaro é prima di tutto un'unità di conto ed eventualmente il mezzo di pagamento con cui estinguere tali obbligazioni. Nell'ambito di questa teoria si colloca la corrente "cartalista", che vede nel denaro e nella moneta una creazione dello Stato e dove il suo valore è determinato dallo Stato stesso.

Lo schema logico sarebbe dunque: 

debito - beni usati come unità di conto (e, secondariamente, pagamento) - metalli preziosi usati come unità di conto - infine la moneta con questo ruolo primario.

Quello che emerge è che entrambe le teorie possono spiegare la nascita della moneta come evoluzione di sistemi già in uso, che avevano alla base una determinata tipologia di bene (argento, ma anche grano).

Quello che le teorie non spiegano é perché ci siano voluti 2000 anni prima che la moneta fosse inventata. Per questo non credo che la moneta sia nata per perfezionare un sistema già in uso e consolidato da secoli.

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1 ora fa, Matteo91 dice:

Nella civiltà mesopotamica non è detto che la circolazione dei beni funzionasse come oggi. Vi era infatti una potente autorità centrale, avente carattere religioso, in grado di raccogliere beni attraverso un sistema di "imposte", per poi redistribuirli tra la popolazione. Uruk, per esempio, era un grande centro di redistribuzione.

Se esistesse e come funzionasse un mercato al dettaglio, sinceramente lo ignoro. Probabilmente però non era il "canale" principale per la circolazione dei beni tra la popolazione. 

Non ne sono affatto sicuro anch'io e non è affermato dallo studioso che ho citato, ma come dicevo è un sospetto che mi sta venendo man mano che approfondisco la questione. Per quanto riguarda la Mesopotamia, se non nel primo periodo sumero non è impossibile che nel sistema economico tutt'altro che arretrato messo in piedi in seguito si sia sviluppata una forma di commercio al minuto, di cui non è rimasta traccia perchè di certo non necessitava di scribi che registrassero contratti sull'argilla. Come può certamente essere che io stia dicendo una gran caxxxta... ma speculare è divertente :D

Modificato da ART
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Non è una cavolata quella che dici, bisognerebbe però capire il grado di controllo delle autorità sulla circolazione dei beni. In Egitto per esempio a fianco della "redistribuzione dei beni" si era formata una sorta di "mercato al minuto" nero: chi riceveva più beni di quelli che necessitava avrebbe iniziato a scambiare i beni in eccesso in cambio di servizi, altri beni e...denaro? Non so, devo approfondire anche io :)

 

Modificato da Matteo91
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Tempo fa lessi un'interessante testo di Karl Polanyi:  La sussistenza dell'uomo, il ruolo dell'economia nelle società antiche in cui vi è un'intero capitolo dedicato alla moneta e alle sue funzioni nel mondo greco di rilevante interesse numismatico, nella sua tesi sull'origine e lo sviluppo dei sistemi monetari Polanyi suppone che le funzioni della moneta coniata si siano venute accumulando nel tempo, ad un inizio in cui la moneta era fondamentalmente uno strumento escogitato dalle autorità pubbliche per facilitare il pagamento di ogni sorta di obbligazione si è arrivati ad un suo uso più estensivo nel commercio sia locale che internazionale, Polanyi ritiene che questa funzione nel mondo greco abbia trovato un primo grande sviluppo ad Atene, città in cui si sviluppò un'economia di scambio locale favorita e protetta dallo stato, l'istituzione del mercato locale con uso di moneta per scambi al dettaglio era una caratteristica delle economie di alcune città greche che era fondamentalmente ignota al mondo orientale e che connotava il vivere greco, lo stesso re dei re persiano appellava sprezzantemente i greci come "frequentatori di mercati", alludendo alla supposta tendenza agli inganni e alla disonestà inerente quel modo economico in opposizione alla pretesa di giustizia ed equità razionale del modo economico redistributivo caratteristico degli stati orientali. 

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Il 26/4/2018 alle 21:41, talpa dice:

Polanyi suppone che le funzioni della moneta coniata si siano venute accumulando nel tempo, ad un inizio in cui la moneta era fondamentalmente uno strumento escogitato dalle autorità pubbliche per facilitare il pagamento di ogni sorta di obbligazione si è arrivati ad un suo uso più estensivo nel commercio sia locale che internazionale,

Ciao @talpa, grazie per il tuo interessante intervento :)

La frase che ho citato mi permette di approfondire con qualche ulteriore riflessione. Secondo quanto riportato, Polanyi sosterrebbe che la moneta sia nata per svolgere la funzione di mezzo di pagamento delle obbligazioni. Soltanto in seguito il suo utilizzo sarebbe stato esteso anche alle attività di scambio nei commerci, al dettaglio e in ambito internazionale.

Ora, in questa ricostruzione, io non riesco a ritrovarmici pienamente in quanto fino al 650 a.C. ( data approssimativa dell'invenzione della moneta in Asia Minore) esistevano altri mezzi di pagamento delle obbligazioni. In Mesopotamia i debiti venivano saldati in argento o prodotti della terra persino da prima che fosse inventata la scrittura. La loro, ma anche quella egizia, era un'economia avanzatissima, molto più di quello che si poteva pensare 100 o 50 anni fa.
Insomma, se la moneta fosse davvero stata così importante per il pagamento di queste obbligazioni, credo che qualcuno l'avrebbe inventata prima.  

Ciò che non esisteva, da quel che mi risulta, era un vero e proprio mercato al dettaglio, perché la circolazione dei beni non funzionava come funziona oggi. 

Provo a formulare una nuova domanda, prima di arrivare al vero e proprio obiettivo di questa discussione: quando è nato nel mondo occidentale il mercato al dettaglio? Quando le persone hanno cominciato a recarsi al mercato per comprare il pane?

Siamo in grado di rispondere a questa domanda con qualche riferimento? Io ci sto ancora lavorando :)

Grazie.

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Il 24/4/2018 alle 19:09, ART dice:

Proprio in questi giorni sto leggendo l'interessante libro "Denaro" (titolo originale: Money Changes Everything) di William N. Goetzmann, in cui nei capitoli iniziali si parla dei primordi dell'economia, dalla Mesopotamia alla Cina passando per Roma e Atene. Anche se l'argomento commercio al minuto non viene affrontato specificamente ho la sensazione che fin da prima dell'invenzione della moneta fosse chiara l'esigenza di disporre non solo dei grossi tagli ma anche di frazioni minori per il piccolo commercio. Ad esempio, pare che l'argento e l'orzo, le due "unità monetarie" fondamentali dei tempi della Mesopotamia, avessero nel primo caso più la funzione di strumento per il commercio "internazionale" di grandi quantità di merce fra le città-stato mespotamiche e fra queste e i popoli più lontani, mentre l'orzo, che era anche maggiormente facile da frazionare, fungesse più da mezzo per il commercio locale e al minuto. 

ho letto anch'io il bellissimo testo (ma anche difficile per alcuni versi e decisamente lungo) di Goetzmann che tratta in maniera magistrale il tema "denaro", che è assai diverso invece dal tema "moneta".   I due concetti sono distintissimi per coloro che hanno un minimo di infarinatura. Purtroppo una delle poche pecche di Goetzmann è che a mio avviso non è preparatissimo dal punto di vista numismatico, ovvero proprio della 'moneta', mentre negli altri ambiti è un super esperto.

 

Riguardo la circolazione di monete frazionali provo a dare un paio di suggerimenti riguardanti gli articoli scritti dal Prof. Manganaro in materia che mi auguro possano tornare utili per gli aspetti riguardanti i frazionali toccati nella discussione.:

Manganaro, G. (1984), 'Dai mikrà kermata di argento al chalkokratos kassiteros in Sicilia nel V. sec. a.C.', Jahrbuch für Numismatik und Geldgeschichte 34, pp. 11–39.

Manganaro, G. (1999), 'Dall'obolo alla litra e il problema del “Damareteion”', in M. Amandry and S. Hurter (eds), Travaux de numismatique grecque offerts à Georges Le Rider.

Mi scuso per la poca disponibilità in questo periodo che non mi permette di essere presente nelle discussioni come vorrei.

Un cordiale saluto a tutti..

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39 minuti fa, numa numa dice:

ho letto anch'io il bellissimo testo (ma anche difficile per alcuni versi e decisamente lungo) di Goetzmann che tratta in maniera magistrale il tema "denaro", che è assai diverso invece dal tema "moneta".   I due concetti sono distintissimi per coloro che hanno un minimo di infarinatura. Purtroppo una delle poche pecche di Goetzmann è che a mio avviso non è preparatissimo dal punto di vista numismatico, ovvero proprio della 'moneta', mentre negli altri ambiti è un super esperto.

E' vero, nonostante gli spazi dedicati all'argomento siamo fuori dall'ambito monetario specifico, comunque a mio avviso è un testo utile anche per noi numismatici, per meglio capire i contesti in cui la moneta nacque e si sviluppò.

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Grazie @numa numa per il tuo intervento.

Effettivamente la differenza tra "denaro" e "moneta" oggi potrebbe non essere ben compresa, dal momento che i due termini sono diventati praticamente sinonimi. Con riferimento al mondo antico la differenza, invece, dovrebbe essere più evidente. Dico "dovrebbe" perché anche accademici di alto profilo non ritengono "corretta" la distinzione: il loro non è un errore, ma la conseguenza di "definizioni" adottate piuttosto rigide. Provo a spiegarmi.

Per Schaps*, ad esempio, è necessario che un bene abbia svolto contemporaneamente tutte e quattro le funzioni di unità di conto, mezzo di pagamento, mezzo di scambio e riserva di valore per poter essere considerato “denaro” .

Seaford**, invece, ritiene che debba essere inclusa nella definizione di denaro anche il concetto di fiduciarietà e che un bene possa essere ritenuto “denaro” solo se sia stato l’unico mezzo a essere accettato nei pagamenti .

Secondo tali ipotesi sarebbe dunque impossibile individuare nel mondo antico una forma di denaro diversa dalla moneta, unico bene in grado di soddisfare tutti i requisiti rispondenti alle loro definizioni; pertanto ai lidi e ai greci dell’Asia Minore spetterebbe non soltanto il primato dell’invenzione della moneta, ma anche quello dell’invenzione del denaro.

Condividendo le loro ipotesi, inoltre, si potrebbe sostenere che nel Vicino Oriente e in Egitto non sia mai esistita alcuna forma di denaro prima della moneta, dal momento che sono stati diversi i beni a essere impiegati contemporaneamente per lo svolgimento delle quattro funzioni: verrebbe così a mancare, per esempio, il requisito dell’unicità proposto da Seaford. Inoltre, un bene utilizzato come unità di conto per la quantificazione di un debito, poteva non essere in seguito impiegato per la sua estinzione: in questo caso, il bene non avrebbe svolto contemporaneamente tutte le funzioni del denaro, non soddisfacendo dunque il requisito di Schaps.

Secondo me concentrarsi troppo sull'individuazione di una definizione univoca di "denaro" potrebbe portare a non cogliere l'importanza di certi fenomeni. Penso, invece, abbia più senso indagare sui motivi che hanno portato alcuni beni a svolgere una qualche funzione monetaria (unità di conto, mezzo di pagamento, mezzo di scambio e riserva di valore).

------------------------------

*Schaps (2004), The Invention of Coinage and the Monetization of Ancient Greece.

**Seaford (2009), Money and the Early Greek Mind: Homer, Philosophy, Tragedy.

 

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Molto interessante Matteo

ma, ti ribatto subito, se prendi la definizione di Schaps e sostituisce alla ‘moneta’ l’orzo troverai un bene fungibile con tutte e quattro  le funzioni indicate dal filologo ebreo. In effetti i grani d’orzo erano usati come misura del valore, come mezzi di pagamento , come mezzi di scambio e infine come riserva di valore. Jean Elsen in un articolo arrivo’ a ipotizzare che  la metrologia dei primi frazionali greci fosse basata su quella dei chicchi d’orzo.

 

eppure il chicco d’orzo non e’ una moneta. Manca un elemento- fondamentale / che la definizione di Schaps non contiene.

mentre quella di Seaford vi si avvicina di più ipotizzando appunto la circolazione fiduciaria: manca il sigillo dello Stato.

Ovvero il sigillo è l’elemento fondante di cosa puo’essere definito moneta : un oggetto fungibile che racchiude/svolge le funzioni indicate da Schaps ( e non solo da lui naturalmente  ) e in più possegga il simbolo dell’autorità  Che ne garantiva titolo e peso per chiunque avesse usato la moneta come mezzo di  pagamento. 

Il sigillo ne garantiva  peso e titolo - ed era lo stato / il sovrano a garantirlo talche’ non si doveva piu’ ricorrere ogni volta alla pesatura come avveniva per l’aes rude o l’argento grezzo pre-monetale scambiato, ad esempio, in Mesopotamia ma c’era un ‘autorità che - marchiando il metallo  - ne garantiva peso e fino per tutti. 

Era nata - ma solo a questo punto - la moneta ...

Modificato da numa numa
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2 ore fa, numa numa dice:

 Jean Elsen in un articolo arrivo’ a ipotizzare che  la metrologia dei frazionali fosse basata su quella dei chicchi d’orzo.

Come ricordato anche da Matteo91 nel post #12, da tempo la ricerca ha chiarito definitivamente che le prime civiltà avevano un'economia piuttosto avanzata: seguendo ad intuito lo schema evolutivo generale comune al mondo intero viene da supporre che anche questi popoli, ad un certo punto della loro lunga storia, potrebbero aver sviluppato una forma di commercio al dettaglio sfruttando beni facilmente "frazionabiIi" come questi, specialmente in casi come il mesopotamico in cui sappiamo con certezza che avevano una funzione economica importante venendo già usati come mezzo per grossi pagamenti.

Vista la propensione allo scambio che l'umanità da sempre dimostra è difficile pensare che prima della moneta tutto si sia sempre limitato ai sistemi centralizzati di distribuzione dei beni e non si sia mai sviluppata, anche solo tardivamente, una forma di scambio spiccio che andasse oltre lo scomodo sistema del baratto. Ovviamente non parliamo certo di un sistema generalizzato come quello odierno, anche perchè molte di queste ipotetiche "frazioni" avevano lo svantaggio di essere deperibili.

Modificato da ART
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Posso ora arrivare al vero motivo della discussione. Premetto che io non sono un esperto e che pertanto può essere facile persuadermi con teorie affascinanti...Battute a parte, sono rimasto piuttosto influenzato da Leslie Kurke e P. N. Ure, nonché da Robert Tye, ma anche dallo stesso Seaford e altri studiosi.

Semplifico molto, eventualmente posso condividere un po' di bibliografia.

La moneta nasce nel VII secolo a.C.. Ció siginifica che l'economia (e il genere umano, più in generale) ne ha potuto fare a meno per migliaia di anni. Di certo non mancavano neppure la tecnica per incidere il metallo. 

Passiamo un attimo a quello che succede dopo la sua introduzione: il mondo greco (in senso ampio) conosce un periodo di grande fermento culturale, politico ed economico. In questo secolo vengono poste le basi per il pensiero moderno, si sviluppa la matematica, la filosofia...non mancano i primi esempi di speculazioni finanziarie (pensiamo a Talete e ai mulini, guarda a caso a Mileto, una delle prime città a coniare moneta).

Puo essere una coincidenza: si, ma magari non lo è.

Torniamo a prima della nascita della moneta: la situazione politica era caratterizzata dalla presenza di un'autorita centrale, di carattere prevalentemente religioso. Il tempio era anche il centro di raccolta e redistribuzione dei beni. La circolazione della ricchezza era controllata da una ristretta cerchia di individui. Quanti popolani potevano raccogliere ricchezze e riscattare la propria posizione sociale? Le mie sono domande vere, non è retorica:  sto ragionando a voce alta :)

Si può parlare di un popolo libero in questo contesto politico?

Nel VII secolo si assiste all'ascesa dei tiranni, supportati proprio dal popolo che chiedeva maggiore equità. Nello stesso secolo arrivano anche le monete e i cambiamenti sociali sopra descritti.

Ure sostiene che siano stati i tiranni a coniare le prime monete. Kurke ci dice che gli aristocratici (coloro che controllavano la ricchezza, come detto sopra) si opposero alla moneta, in quanto avrebbe dato la possibilità ai cittadini comuni di agire con maggior libertà in un nuovo mercato, compromettendo pertanto la posizione privilegiata degli stessi aristocratici.

Con la moneta i tiranni avrebbero da un lato accontentato il popolo, dando loro maggiore libertà, e dall'altro avrebbero ottenuto nuovi introiti applicando un valore nominale maggiore del valore intrinseco.

Sono pensieri in libertà, ma essendo proposti anche da accademici, credo valga la pena parlarne insieme :)

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Quello che mi ha sempre affascinato e’ come civiltà perfettamente compiute  con un alto ( o altissimo ) grado di sviluppo: strutture sociali complesse, citta’ perfettamente sviluppate, scrittura e snche ‘letteratura’ , approfondite conoscenze astronomiche e matematiche etc etc 

ovvero la civiltà Egizia, Sumera, Assiro-babilonese per non cotare che gli esempi piu ecclatanti, come quedte civilta’ abbiano potuto fare a meno della moneta. 

Molto interessante l’inferenza sopra di Matteo che la moneta rendeva in qualche modo ‘liberi’ , forniva uno strumento di affrancamento  alle popolazioni che l’avevano adottata...

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Inviato (modificato)

Vi ringrazio per la partecipazione :)

Mi ricollego a quanto scritto da @numa numa per fare un altro passo avanti.

Se pensiamo alla moneta solamente come a un altro mezzo di scambio o come all'evoluzione di strumenti di scambio/pagamento già esistenti, allora difficilmente potremmo spiegare come mai, una volta introdotta, questa si diffuse in meno di 100 anni praticamente in tutto il Mediterraneo (parlerei solo dell'Occidente per ora), quasi che fosse un'invenzione indispensabile eppure così inspiegabilmente tardiva.

Se guardiamo a quelle civiltà che della moneta non hanno fatto prontamente uso, potremmo pensare che la moneta sia stata un vezzo degli Stati, qualcosa di poca importanza, come hanno fatto Keynes e Finley. Un altro mezzo di scambio/pagamento e poco più.

Così facendo però non spiegheremmo l'esistenza dei grandi cambiamenti nel mondo greco riscontrati dopo la sua introduzione. E allora dovremmo pensare che la condizione della popolazione in una società in cui la ricchezza era controllata da una ristretta cerchia di aristocratici/religiosi fosse la medesima di un mondo con la moneta, dove alle persone era data la possibilità di operare con maggior libertà in un mercato in cui la ricchezza circolava anche nelle fasce medio-basse.

Era davvero così?

Certo che questa teoria può essere presa in considerazione solo se si dimostra che la tesi di Kraay (le prime monete erano troppo grandi per il commercio al minuto) sia oggi non più corretta, perché solo piccole monete destinate agli acquisti quotidiani avrebbero potuto mettere in atto il processo sopra descritto.

Si dovrebbe poi trovare delle prove che l'aristocrazia (coloro he controllavano la ricchezza) si oppose alla moneta, ma di questo Kurke ha parlato abbastanza. 

 

Modificato da Matteo91
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L'ipotesi della moneta come invenzione dirompente sul piano sociale in effetti ha una sua base realistica, le aristocrazie guerriere e sacerdotali basavano il loro predominio sul controllo delle terre e dei redditi correlati, la nascita di un nuovo strumento di accumulo della ricchezza autonomo dalla proprietà terriera ha sicuramente causato ed è stata a sua volta causata da strutture sociali più dinamiche, comunità in cui i rapporti di forza erano più dialettici ed equilibrati...quali sono le comunità in cui si assiste ad un maggiore equilibrio tra le componenti sociali? Le polis greche naturalmente...

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Comunque a mio avviso l'argomento della nascita e funzione della moneta coniata è decisamente complesso e irriducibile alle soluzioni univoche, bisognerebbe distinguere i diversi momenti e luoghi in cui è entrato in scena il fenomeno monetale, probabilmente ai motivi che hanno condotto all'invenzione se ne sono aggiunti altri che ne hanno favorito la diffusione... un testo famoso e importante sul tema rimane quello di Georges Le Rider, La naissance de la monnaie, l'autore si concentra sul ruolo dello stato come iniziatore e inventore della moneta coniata che altro non è a suo avviso se non un escamotage per introitare profitti e veicolare messaggi d'identità politica, le entità statali dell'Anatolia non disponevano delle entrate fiscali e delle proprietà terriere dei grandi imperi orientali e dovevano aguzzare l'ingegno inventando il sistema del valore nominale superiore a quello intrinseco costruito su uno strumento monetario a monopolio statale e fatto di un metallo, l'elettro, che facilitava manipolazioni di questo tipo essendo variabile nelle sue proporzioni di argento e oro, inoltre data l'esistenza di una ricca pletora di microstati cittadini in competizione reciproca la moneta coniata veicolava tutta una serie di segni di identità sovrana importanti ai fini del rafforzamento di comunità politiche di piccolo e medio cabotaggio...Le Rider non crede al ruolo commerciale della moneta ai suoi esordi ritenendo il valore nominale e intrinseco della più piccola frazione ritrovata, il novantaseiesimo di statere lidio pari a 0,18 g. d'elettro, pari al valore di un terzo di pecora, ancora troppo elevato per il commercio al dettaglio...in ogni caso l'autore francese si è concentrato particolarmente sulla nascita della moneta, il processo della sua diffusione nella Grecia continentale e coloniale a mio avviso è probabile che sia stato accompagnato anche ad altri motivi e possibilità funzionali, tra cui quelle già menzionate di natura sociale e commerciale.

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Grazie @talpa per i tuoi interventi sempre molto stimolanti.

4 ore fa, talpa dice:

Comunque a mio avviso l'argomento della nascita e funzione della moneta coniata è decisamente complesso e irriducibile alle soluzioni univoche, bisognerebbe distinguere i diversi momenti e luoghi in cui è entrato in scena il fenomeno monetale, probabilmente ai motivi che hanno condotto all'invenzione se ne sono aggiunti altri che ne hanno favorito la diffusione... 

Questo lo credo anche io. Potrebbe essere che l'uso della moneta si sia evoluto diversamente rispetto a quanto inizialmente pensato.

Con riferimento ai momenti e ai luoghi in cui il fenomeno si è presentato, è curioso che le tre grandi aree in cui si diffuse inizialmente la moneta sono caratterizzati da fattori simili: parlo di Asia Minore, India e Cina. Queste aree erano infatti suddivise in numerosi "stati" in lotta tra di loro e da una popolazione in "rivolta" contro la supremazia di una stretta cerchia di individui. Cito un passaggio da Robert Tye, Gyge's Magic Ring? Origins of Coins and Open Societies:

Cita

When we look at the general conditions surrounding each birth of coinage, in Greece, India and China, we start to find astonishing resemblances.....
all three zones ....fragmented into numerous statelets.....locked in mortal combat. .....in all three we find a rejection of ancient priestly ritual.

Ancora, l'antropologo Graeber in Debt, the first 5000 years scrive:

Cita

the core period of Jasper’s Axial age .......corresponds almost exactly to the period in which coinage was invented. What’s more, the three parts
of the world where coins were first invented were also the very parts of the world where those sages lived; in fact, they became the epicentres of
Axial Age religious and philosophical creativity

E' quindi interessante notare che in queste tre aree ci siano cause e conseguenze alla nascita della moneta molto simili.

4 ore fa, talpa dice:

un testo famoso e importante sul tema rimane quello di Georges Le Rider, La naissance de la monnaie, l'autore si concentra sul ruolo dello stato come iniziatore e inventore della moneta coniata che altro non è a suo avviso se non un escamotage per introitare profitti e veicolare messaggi d'identità politica, le entità statali dell'Anatolia non disponevano delle entrate fiscali e delle proprietà terriere dei grandi imperi orientali e dovevano aguzzare l'ingegno inventando il sistema del valore nominale superiore a quello intrinseco costruito su uno strumento monetario a monopolio statale e fatto di un metallo.

Penso anche io che Le Rider abbia sicuramente ragione nel dire che l'uso della moneta in elettro sia stato un escamotage per ottenere nuovi introiti dall'applicazione di un valore nominale superiore all'intrinseco. Questo però non spiega il perchési sia atteso il VII secolo a.C. per farlo. 

Applicare un valore nominale superiore all'intrinseco non è stata un'invenzione, dal momento che già in Mesopotamia i Kaniktum (ne dovrebbe parlare anche Le Rider) avevano un peso inferiore al valore attribuito dal palazzo. Si tratta di pezzi di argento marchiato che Hammurabi diede in premio a soldati della città di Mari: alcuni pesavano 2/3 di siclo, altri 1 e 2/3, altri 2,5 sicli, ma ne era stato fissato il valore nominale a 1, 2 e 3 sicli.

Dovevano dunque esserci stati altri motivi che, globalmente considerati, hanno portato alla sua introduzione: magari proprio le necessità finanziarie, i popoli in rivolta e un'aristocrazia troppo potente da ridimensionare?

Vero anche che 1/96 di statere aveva un potere di acquisto ancora troppo elevato per le spese quotidiane. Però esisteva anche il 192esimo...Magari in un primo momento la moneta era stata diffusa a fasce non proprio "infime" della popolazione. Ci sono però frazioni di argento (più tarde, della moneta in elettro, ma databili intorno al 550 a.C.), dal peso di 0,10g...Queste penso potessero essere usate anche per acquisti piuttosto piccoli dai cittadini comuni.

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16 ore fa, Matteo91 dice:

Penso anche io che Le Rider abbia sicuramente ragione nel dire che l'uso della moneta in elettro sia stato un escamotage per ottenere nuovi introiti dall'applicazione di un valore nominale superiore all'intrinseco. Questo però non spiega il perchési sia atteso il VII secolo a.C. per farlo. 

Le Rider ritiene che nelle grandi formazioni statali del medio oriente non ci sia stato il bisogno da parte dei sovrani di arrivare alla moneta coniata, disponendo di risorse finanziare in abbondanza lo strumento monetale non era necessario e bastava l'uso di argento a peso, così non era il caso per gli stati più piccoli e in particolare per le polis greche le cui finanze erano alquanto limitate, da ciò l'idea di passare dall'uso generale di metallo a peso all'introduzione di tondelli coniati col sigillo dell'autorità e sotto il suo monopolio, ad un tempo mezzo di pagamento dotato anche di convenienza finanziaria dato lo scarto tra valore intrinseco e nominale con risparmio di metallo per le casse erariali...probabilmente l'idea è stata favorita dalla connessione concettuale di due cose, il metallo a peso come mezzo di pagamento e misura del valore e il sigillo come strumento di validazione e autenticazione e affermazione d'identità, le necessità finanziare ma anche politiche e sociali di alcune entità statali sulla costa anatolica evidentemente hanno poi condotto alla definitiva unione di questi due strumenti. 

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Il 6/5/2018 alle 04:28, numa numa dice:

Quello che mi ha sempre affascinato e’ come civiltà perfettamente compiute  con un alto ( o altissimo ) grado di sviluppo: strutture sociali complesse, citta’ perfettamente sviluppate, scrittura e snche ‘letteratura’ , approfondite conoscenze astronomiche e matematiche etc etc 

ovvero la civiltà Egizia, Sumera, Assiro-babilonese per non cotare che gli esempi piu ecclatanti, come quedte civilta’ abbiano potuto fare a meno della moneta. 

 

Il 6/5/2018 alle 20:16, Matteo91 dice:

Applicare un valore nominale superiore all'intrinseco non è stata un'invenzione, dal momento che già in Mesopotamia i Kaniktum (ne dovrebbe parlare anche Le Rider) avevano un peso inferiore al valore attribuito dal palazzo. Si tratta di pezzi di argento marchiato che Hammurabi diede in premio a soldati della città di Mari: alcuni pesavano 2/3 di siclo, altri 1 e 2/3, altri 2,5 sicli, ma ne era stato fissato il valore nominale a 1, 2 e 3 sicli.

Dovevano dunque esserci stati altri motivi che, globalmente considerati, hanno portato alla sua introduzione: magari proprio le necessità finanziarie, i popoli in rivolta e un'aristocrazia troppo potente da ridimensionare?

Vero anche che 1/96 di statere aveva un potere di acquisto ancora troppo elevato per le spese quotidiane. Però esisteva anche il 192esimo...Magari in un primo momento la moneta era stata diffusa a fasce non proprio "infime" della popolazione. Ci sono però frazioni di argento (più tarde, della moneta in elettro, ma databili intorno al 550 a.C.), dal peso di 0,10g...Queste penso potessero essere usate anche per acquisti piuttosto piccoli dai cittadini comuni.

 

Da più parti si sostiene che i famosi Kaniktum siano la punta dell'iceberg di un mondo premonetale molto più vasto, e non solo limitato alla Mesopotamia. E' il caso ad esempio di Morris Silver, che oltre al discorso Kaniktum nei suoi scritti descrive alcuni indizi dell'esistenza nell'antico Egitto di mercati e pagamenti in unità di valore con oggetti che all'apparenza sembrano essere simili a monete.

http://sondmor.tripod.com/index-7.html

Ho sempre più l'impressione che lo stacco fra assenza e presenza della moneta, compreso il discorso commercio al minuto, non sia stato poi così netto come crediamo, almeno non attenendosi rigidamente alla definizione moderna di moneta e considerando anche svariate precedenti forme di cui in molti casi purtroppo sono rimasti solo accenni. E' un argomento che meriterebbe di essere approfondito archeologicamente.

 

 

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