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IGNORED

Buono Interno di Cassa OLIVETTI 1944 - 500 Lire


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Inviato

Un articolo di interesse storico/economico/numismatico. Ho seguito fin dall'inizio questa discussione e questo ne è certamente il suo naturale completamento.

Mi complimento per come ce lo hai raccontato.

PB

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Inviato

Benvenuto @Giacomo Giacobini e grazie per aver chiarito la storia di questi buoni, di sicuro nessuno avrebbe potuto farlo meglio di te :)

petronius :)

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Inviato
2 ore fa, Giacomo Giacobini dice:

Posso contribuire alla ricostruzione della storia dei Buoni di Cassa Olivetti in quanto sono il figlio della persona che li ha ideati e ne ha seguito la realizzazione. Sono quindi in grado di fornire qualche notizia che integra quanto pubblicato da Ezio ed Elio Novascone.

 

Nel 1944 mio padre, Dante Giacobini, era il Dirigente con la responsabilità dell’amministrazione alla Olivetti di Ivrea. Nell’Italia tagliata in due dalla Linea Gotica, anche la Olivetti aveva difficoltà per il pagamento di stipendi e di fornitori a causa della scarsa disponibilità di carta moneta (come è noto, il Poligrafico dello Stato, con sede a Roma, non poteva più rifornire il nord Italia). Il problema solo in parte poteva essere risolto con assegni bancari.

 

Mio padre ebbe quindi l’idea di utilizzare per stampare buoni di cassa la carta da lettere che aveva in filigrana il logo della ditta con le lettere ICO (Ingegner Camillo Olivetti). Di questa carta prodotta prima della guerra, che era di qualità molto buona, erano disponibili forti quantitativi. Inoltre la Olivetti disponeva di un’ottima tipografia interna. D’intesa con il “triumvirato” che dirigeva la ditta in assenza di Adriano Olivetti (allora rifugiato in Svizzera), composto da Giovanni Enriques, Gino Martinoli e Giuseppe Pero, mio padre seguì lo studio del modello e fece stampare  buoni di cassa da 50, 100 e 500 lire per un ammontare di 20 milioni di lire. Vennero fatte due emissioni per ognuno di questi valori (25 agosto e 7 novembre 1944). Inoltre, furono prodotti anche buoni molto più semplici per importi in centesimi, su cartoncino (dimensioni mm 35X35) con timbro tondo a secco della ditta e indicazione del valore stampata in inchiostro nero (es., Olivetti – 80 centesimi).

 

Questi buoni, noti come “biglietti Olivetti” avrebbero dovuto avere un’esclusiva circolazione interna (sotto l’indicazione del valore figura la scritta “Utilizzabile solo dai dipendenti per gli acquisti presso la Ditta in Ivrea”). L'interesse era forte, perchè lo spaccio Olivetti vendeva anche grano e carne portati a Ivrea (spesso dall’area di Pavia) grazie all’attività del CORISMA (Consorzio Rifornimento Spacci e Mense Aziendali), del quale era Presidente mio padre. La diffusione dei buoni fu quindi molto più ampia del previsto, e al di fuori della ditta. In realtà, venivano accettati da tutti e circolarono ampiamente in Ivrea e in tutto il Canavese in quanto la Olivetti, almeno in quel periodo, dava garanzie maggiori dello Stato. I buoni continuarono a circolare in Canavese fino ai primi anni Cinquanta.

 

Vi era un accordo con le banche di Ivrea che avrebbero ritirato i buoni, che però erano molto apprezzati e di fatto alle banche non ne arrivò nessuno. La Olivetti li distruggeva quando ne veniva in possesso, e questa è la ragione della loro rarità. E' interessante notare che dopo le due emissioni del 1944 la Olivetti non continuò a produrne, ritenendo fosse poco corretto che la ditta pagasse i propri dipendenti con soldi stampati all'interno, che poi venivano usati per acquisti negli spacci della ditta stessa. Questo dà l'idea di quale fosse il senso di correttezza e di giustizia sociale di quei dirigenti che erano stati formati da Camillo Olivetti e influenzati  dal suo insegnamento e dal suo esempio.

Giacomo Giacobini

 

 

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Giacomo Giacobini

 

Complimenti e grazie per la testimonianza, una storia bellissima! Andrebbe inserita in qualche catalogo :)
Ancora grazie per il fantastico approfondimento!


Inviato

Mi spiace, ma mio padre non mi ha mai parlato di questo. Faceva però parte, come la maggior parte dei dirigenti Olivetti di allora, di un gruppo legato alla Resistenza (Giustizia e Libertà) e certo nessuno di loro provava simpatia per il calendario fascista. E' però probabile che la dimenticanza non sia stata intenzionale, altrimenti me ne avrebbe parlato. Stupisce comunque il fatto che la cosa sia stata messa a tacere per intervento delle autorità.

Allego le immagini del verso dei tre buoni, oltre a quella de buono da 80 centesimi del quale avevo indicato dimensioni errate. Quelle reali sono mm 33 X 35.

Qualcuno può trovare una copia meglio leggibile dell'articolo di Ezio ed Elio Novascone su la Tribuna del collezionista?

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