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IGNORED

Anno 415 d.C,


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Inviato

E’ questa la breve storia di un viaggio , un amaro , triste e struggente viaggio di ritorno in patria di un nobile Romano che , nato probabilmente a Tolosa o Narbona , in Provenza , torna nella natia Gallia pochi anni dopo che Roma e’ stata violata dai Goti di Alarico , ma non intraprende questo viaggio per fuggire dall’ URBS ormai non piu’ sicura , tanto piu’ che era stato Prefetto di Roma , bensi’ per curare i suoi beni in Provenza devastati dagli invasori Vandali ; costui era Claudio Rutilio Namaziano , nato forse a Tolosa , era stato l’ anno prima del ritorno in patria , Præfectus Urbi di Roma .

Namaziano nel corso del viaggio di ritorno in Provenza si dispera e si strugge di nostalgia per un mondo in fase di inesorabile declino , narrando in poesia le rovine delle citta’ italiche un tempo potenti e fiorenti di civilta’ , ora ridotte ad oscuri e semivuoti villaggi ; anche le strade un tempo vanto della civilta’ di Roma che raggiungevano i piu’ lontani confini dell’ Impero , sono ora in dissesto e pericolosi transiti per i viandanti ; Namaziano pur nella sua comprensibile disperazione per questo sfacelo dell’ Impero , non si rende conto pero’ che parte di questa rovina e’ dovuta alla classe dirigente di Roma e alla quale lui stesso appartiene , infatti questa nobilta’ politica romana ormai vive , per la maggior parte di essa , di ricordi , di furiose dispute religiose tra l’ ambiente pagano e quello cristiano e di ozi frivoli o letterali , estraniandosi dalla vita attiva pubblica dell’ URBS , perdendo cosi’ di vista la triste realta’ dei tempi .  

Rutilio Namaziano , l' anno seguente alla carica di Prefetto o poco dopo , fu costretto a lasciare Roma per far ritorno nei suoi possedimenti in Gallia devastata dall' invasione dei Vandali . Questo viaggio fu condotto via mare e con numerose soste , dato che le strade consolari erano impraticabili a causa dell’ abbandono della manutenzione e insicure dopo l' invasione dei Goti ; Roma non si sarebbe piu’ ripresa da questo colpo  piu’ ideologico che , in fin dei conti , materiale .

Namaziano e’ l' ultimo autore del mondo letterario latino pagano . Dal punto di vista religioso  Rutilio e’ un aristocratico convinto pagano che non accetta i tempi nuovi in quanto rifiuta i culti cristiani considerati estranei all’ antica tradizione di Roma .

Piu’ di tante parole , trascrivo un passo di un grande accademico e latinista italiano : Italo Lana , a proposito del poemetto di Rutilio Namaziano , commento estratto da  una sua opera : “Storia della civiltà letteraria di Roma e del mondo romano” :

“Nel poemetto in distici elegiaci “De reditu suo” Rutilio narra il suo viaggio per mare verso la Gallia : imbarcatosi al Porto di Augusto (Ostia) e costeggiate le rive del Tirreno sino a Luni , qui la narrazione si interrompe , all’ inizio del secondo libro . Ma una fortunata scoperta ci ha restituito , nel 1973 , mutili , 39 versi del secondo libro , da cui apprendiamo che nel seguito del viaggio Rutilio toccava poi Genova e Albingaunum (Albenga) ; per cui è ora lecito supporre che il poemetto narrasse per intero il viaggio di ritorno da Roma alla Gallia .
La descrizione delle varie tappe di questa singolare navigazione di piccolo cabotaggio offre occasione al Poeta di rievocare e celebrare amici suoi , tutti appartenenti all’ aristocrazia senatoria (vivissima è nel poemetto la coscienza di gruppo - se così la si po’ chiamare - : Rutilio e i suoi amici sono convinti di appartenere ad una categoria di persone superiori) : in mezzo ad un mondo fumante di rovine , essi, superbamente appartati , trascorrono il loro tempo in cerimoniosi incontri e colloqui , in vacanze prolungate , passando dall’ una all’ altra villa . Quale stridente contrasto con le miserande condizioni delle città ! Rutilio si sofferma a descrivere le rovine di Castro Nuovo ;  le poche misere case di campagna di Alsio e Pirgi (tutto quel che resta di due già fiorenti cittadine) ; Gravisce spopolata , Cosa ridotta a rovine , Populonia distrutta dal tempo . Rutilio nota tutte queste rovine , con malinconia ; ma il suo spirito non s’ arrende : nonostante tutto egli ha fede in Roma , alla quale innalza un inno fervoroso che è una vera professione di fede , e nello stesso tempo può considerarsi come il manifesto dell’ intellettualità pagana , che non accetta l’ Impero cristiano e , non sapendo proporre un concreto programma politico da contrapporre ed eventualmente sostituire a quello dell’ Impero cristiano , si rifugia nel culto della grandezza passata di Roma , di cui esalta le autentiche glorie : e in primo luogo la diffusione , da lei operata , della civiltà nel mondo . A Roma , dea genitrice degli dèi e degli uomini , si rivolge con infiammate parole :
“fecisti patriam diversis gentibus unam […] urbem fecisti quod prious orbis erat”.

(Facesti di tanti genti un' unica patria.....facesti una Citta' quello che prima era il momdo)
Alle rovine e ai disastri contrappone la fede nell’ immortalità della dea Roma . Rifiuta il colloquio con le forze nuove che ormai si impongono : il Cristianesimo ed i barbari . Egli continua a parlare il suo linguaggio , che è quello delle passate età , ma il distacco dalla realtà è ormai irrimediabilmente segnato . Il medesimo distacco era già in Simmaco , in Macrobio , e negli altri letterati della rinascita pagana , ma lo si avvertiva meno , perché quelli non affrontavano , nelle loro opere , temi attuali . Rutilio , invece , si scaglia contro i monaci , che nelle isole dell’ arcipelago toscano vivevano vita ascetica ; li condanna per la loro fuga dal mondo e mostra di aver capito , la pacifica sostanza della rivoluzione che il cristianesimo stava attuando , quando dei monaci , ch’ egli vedeva trasformati in esuli volontari , i quali nulla più avevano di umano , quasi per effetto di un livello beveraggio di Circe , scrive :
“tunc mutabantur corpora, nunc animi”

(“allora venivano trasformati i corpi , ora le anime”)
Circe trasformava i corpi , il Cristianesimo trasforma le anime . Poiché questa trasformazione si compie , il mondo antico finisce . E con Rutilio finisce nell’ esaltazione dei benefizi da Roma distribuiti a tutta l’umanità : lo sguardo rivolto al passato , in reverente contemplazione . Ma intanto il mondo cammina : e Rutili e gli attardantisti pagani poiché si arrestano immobili in questa contemplazione , sono inesorabilmente travolti dal moto della storia”

RUTILIO.jpg

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mi sembra attuale.

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7 minuti fa, dux-sab dice:

mi sembra attuale.

Corsi e ricorsi della Storia :blush:


Inviato (modificato)

Non sapevo che del viaggio di Rutilio Namaziano ne fosse stato fatto anche un film .

Disponibile anche su youtube

 

 

Modificato da Legio II Italica

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Salve @Legio II Italica e grazie, non ero a conoscenza di queste "memorie di viaggio" di Rutilio Namaziano; molto interessante anche il passo di Italo Lana, dal quale traspare molto bene la sensazione di nostalgia provata da Namaziano e dagli altri membri della classe dirigente di Roma.

Aggiungo solo una sensazione personale: mi ha colpito in particolare questa volontà caparbia e quasi disperata di rimanere aggrappati al Passato, alle antiche tradizioni romane di un'epoca ormai conclusa...

Grazie ancora per il post, buona giornata :)

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Inviato
4 minuti fa, clairdelune dice:

Salve @Legio II Italica e grazie, non ero a conoscenza di queste "memorie di viaggio" di Rutilio Namaziano; molto interessante anche il passo di Italo Lana, dal quale traspare molto bene la sensazione di nostalgia provata da Namaziano e dagli altri membri della classe dirigente di Roma.

Aggiungo solo una sensazione personale: mi ha colpito in particolare questa volontà caparbia e quasi disperata di rimanere aggrappati al Passato, alle antiche tradizioni romane di un'epoca ormai conclusa...

Grazie ancora per il post, buona giornata :)

Ciao @clairdelune, bello il tuo commento .

La nostalgia puo' essere un difetto , quando fa perdere la realta' delle cose , come nel fatto citato ; al contrario puo' essere uno sprone a reagire alla avversita' .

Grazie e ciao


Inviato
1 ora fa, ciosky68 dice:

Non ne conoscevo la storia, interessante.

Grazie

Roberto

Ciao , e' una piccola storia di un uomo , ma una tragedia per l' umanita' .

Ciao e grazie


Inviato

Salve , forse il passo piu' bello e toccante dell' opuscolo di Rutilio Namaziano e' la parte riguardante l' Inno a Roma che si sviluppa nei versi dal 47 al 164 , che riporto integralmente :

 

Prestami ascolto, bellissima regina del mondo interamente tuo, accolta fra le celesti, Roma, volte stellate.
Prestami ascolto, tu madre degli uomini, madre degli dèi: grazie ai tuoi templi non siamo lontani dal cielo.
Te cantiamo e canteremo, sempre, finché lo concedono i fati, nessuno può essere in vita e dimentico di te.
Potrà piuttosto scellerato oblio affondare il sole prima che il tuo splendore svanisca dal nostro cuore,
perché diffondi grazie pari ai raggi del sole per ogni terra, fino all’Oceano che ci fluttua intorno.
Per te si volge lo stesso Febo che tutto abbraccia e i suoi cavalli, sorti da te, in te ripone;
non ti fermò, sabbia di fuoco, la Libia, né ti respinse, armata del suo gelo, l’Orsa:
quanto si estese fra i poli, propizia alla vita, la natura tanto si aprì la terra al tuo valore.
Hai fatto di genti diverse una sola patria, la tua conquista ha giovato a chi viveva senza leggi:
offrendo ai vinti l’unione nel tuo diritto hai reso l’orbe diviso unica Urbe.

Riconosciamo tuoi capostipiti Venere e Marte, la madre degli Eneadi e dei Romulidi il padre,
la violenza delle armi è raddolcita dalla clemenza usata nella vittoria, entrambi i nomi esprimono il tuo cuore;
di qui la tua buona gioia dello scontro come del perdono, vincere chi si è temuto, amare chi si è vinto.
Colei che inventò l’odio, colui che scoprì il vino sono adorati, e il ragazzo che primo premé al suolo l’aratro;
ottenne altari con l’arte di Peone la medicina e, forte della sua nobiltà, è dio l’Alcide:
così anche tu, che abbracci il mondo con trinfi che portano leggi e fai che tutto viva sotto un comune patto.
Te, dea, celebra te, romano, ogni angolo della terra portando sul libero collo un pacifico giogo.
Tutte le stelle nelle loro orbite eterne non hanno visto mai impero più bello. Ne avevano congunto uno simile gli Assiri
quando i Medi piegarono i loro confinanti? I grandi re dei Parti e i tiranni Macedoni si conquistarono gli uni gli altri con sorti alterne.
Né tu, nascendo, avevi più animi e braccia ma più saggezza e più discernimento: per guerre giuste e una pace non superba
la tua nobile gloria ha tinto la più lata potenza. Tu regni e, ciò che vale ancor di più, meriti il regno:
tutte le grandi imprese superi con le tue.

Enumerare i tuoi monumenti elevati e ricchi di trofei sarebbe come voler contare ogni singola stella.
I templi splendono e, a cercare di ammirarli, confondono gli occhi, sono così, a quanto credo, le stesse dimore degli dèi. […]

Solleva il volto e i tuoi allori, e torna a cingere il bianco del tuo sacro capo in chiome Roma.
Splenda dalla tua corona turrita il diadema d’oro, fuochi perenni irraggi l’aureo scudo:
aver cancellato l’affronto cancelli la triste caduta, saldi lo spregio del dolore solidamente per sempre la ferita.
È tua tradizione sperare dalle sventure fortune e affronti danni che ti arricchiscono, a modello del cielo
tornano a nascere, ad ogni tramonto, le fiamme degli astri, vedi la luna calare per ricrescere.
Brenno vinceva, ma l’Allia non differì il castigo, servi, i duri Sanniti hanno scontato i vergognosi patti;
dopo molte sconfitte, vinta, hai saputo scacciare Pirro, lo stesso Annibale ha pianto i suoi trionfi.
Ciò che non può affondare riemerge con forza maggiore balzando su dalle profondità ancora più in alto,
e come quando inclinata assume nuove forme la torcia, più risplendente, già volta a terra, ora tendi alle altezze.
Protendi leggi immortali nei secoli futuri e romani e non temere, tu sola, i destini filati dalle Parche
benché, compiuti sedici volte dieci, e mille anni, ancora il nono per te già volga alla fine:
né gli altri prossimi potranno mai mettere capo a un termine finché saranno salde le terre e in cielo gli astri.
È ciò che guasta gli altri regni a rinfirzarti: rinasci perché dai tuoi danni sai trarre forza e crescita.

Pertanto su, cadano alfine in sacrificio i nemici sacrileghi: i Goti perfidi pieghino tremando il collo.
Pacificate, le terre ti diano ricchi tributi, barbara preda ricolmi il tuo nobile seno.
Per te in eterno ari il Reno, per te il Nilo inondi e il mondo fertile nutra la sua nutrice;
e del suo sole, ma più della tua piaggia, ricca l’Africa ammassi per te feconde messi.
Sorgano intanto granai per i solchi del Lazio e largo scorra dai torchi il nettare di Esperia.
Lo stesso Tevere trionfalmente coronato di canne pieghi le docili acque alla vita di Roma
e a te porti fra le placide sponde opulenti traffici qui, giù dalla campagna; là, su dal mare.

Apri, ti prego, un mare pacato dai due Dioscuri e Citerea mia guida mitighi la via sull’acqua,
se non ti spiacqui allorché ho governato le leggi di Quirino, se onorai e chiamai a consiglio i sacri padri:
poiché, se mai un delitto mia ha costretto a ricorrere alla spada, questo non torni a gloria del prefetto, ma del popolo.
Sia che mi spetti finire nelle mie patrie terre la vita, sia che mai tu mi venga invece restituita agli occhi,
io mi dirò fortunato e felice al di là di ogni altro desiderio se crederai per sempre di ricordarti di me.”

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Inviato (modificato)

Inventrix oleae colitur vinique repertor / et qui primus humo pressit aratra puer... 

Come @clairdelune aggiungo anche io una sensazione personale.

Nell'estate del 2010 stavo scavando sul Palatino e, durante una pausa, mi misi a riposare sotto un grande albero di alloro, lungo il vialetto che conduce al tempio di Eliogabalo, in una zona interdetta ai turisti. Quando mi destai dal sonnacchioso dormiveglia, rimasi a fissare la chioma dell'albero e i resti del vicino tempio di Venere e Roma che, dall'alto del Palatino, si vedono meravigliosamente. Mi resi conto allora che quel cielo azzurro che si intravedeva tra le fronde era lo stesso che da duemila anni sovrastava la Città Eterna: lo stesso cielo che avevano guardato gli antichi, chiedendo auspici e pronunciando giuramenti. Fu allora che compresi pienamente le considerazioni di Ranuccio Bianchi Bandinelli, che poi erano le stesse del Mommsen: Roma non è una città, non possiede coordinate spaziali o temporali, essa è un'idea. Eterna. 

Modificato da Theodor Mommsen
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Ciao @Theodor Mommsen, bellissimo pensiero che solo Roma puo' suscitare negli animi sensibili , da qualsiasi parte del mondo provengano ; anche il grande Edward Gibbon ebbe una ispirazione simile osservando le rovine di Roma tanto che fu la "Musa" che  ispiro' la sua opera .

Modificato da Legio II Italica

Inviato

Mi sono messo a guardare le foto di quella campagna: ne condivido con voi due particolarmente "romane".
In fondo, non stonano con la nostalgia per la romanità, che traspare dalle parole di Rutilio Namaziano.


Un falchetto che volteggia sulla Rocca del Palatino, mentre noi - sotto -  ci divertivamo a giocare con la terra, e un capitello corinzio attorno al quale stanno fiorendo gli acanti. 

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Inviato

La prima foto , togliendo gli umani attuali e i loro palchi , mi ricorda Romolo che osserva il volo degli uccelli e decide i destini di Roma .

Cambia la storia , cambiano gli uomini , ma i luoghi rimangono eterni .

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Inviato

Salve @Theodor Mommsen ,bellissime foto, grazie per averle condivise!

Le immagini in bianco e nero mi piacciono particolarmente, trovo che rafforzino ancora di più la capacità di una foto di "fissare l'attimo" ... (altra sensazione personale) :rolleyes:

...E mi piace l'idea che i luoghi conservino la memoria degli eventi che vi sono accaduti e delle persone che ne sono state protagoniste ^_^ @Legio II Italica

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Inviato
Salve [mention=37105]Theodor Mommsen[/mention] ,bellissime foto, grazie per averle condivise!
Le immagini in bianco e nero mi piacciono particolarmente, trovo che rafforzino ancora di più la capacità di una foto di "fissare l'attimo" ... (altra sensazione personale) :rolleyes:
...E mi piace l'idea che i luoghi conservino la memoria degli eventi che vi sono accaduti e delle persone che ne sono state protagoniste [emoji5] [mention=39026]Legio II Italica[/mention]


Più tardi vi mostrerò qualche altro "attimo" fissato da duemila anni... Anche qualcosa di ancora inedito.

Inviato (modificato)

@Legio II Italica e @clairdelune,

come promesso, continuo il mio reditus nella romanità, pubblicando, nell'ordine: una porzione del rivestimento marmoreo della Meta Sudans, un ago crinale in osso e un bollo laterizio.
Quando venne fuori l'ago crinale - eravamo su uno strato d'età flavia - mi commossi e scese una lacrimuccia: era servito ad una donna romana per tenere in ordine i capelli e ora era lì, tra le mie mani. 

P.S. perdonatemi per la disparità di grandezza fra le immagine, ma ho dovuto ridimensionarle per poterle pubblicare.

 

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Modificato da Theodor Mommsen
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Inviato

Grazie @Theodor Mommsen per queste bellissime immagini! 

Condivido assolutamente, sono considerazioni che anch'io, nel mio piccolo, faccio ogni volta che visito un museo: penso che quelli che vedo non sono semplici oggetti (per quanto può essere considerato " semplice" un reperto di 2000 e più anni fa), e che un tempo appartenevano a qualcuno, che sono stati utilizzati da persone, tanto tempo fa... Insomma, sono testimonianze di vita vissuta.

Posso solo immaginare l'emozione che si prova nel ritrovarli di persona!...

Grazie ancora e buona serata :)

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Le cose più emotivamente significative che si possano trovare durante uno scavo sono i giochi dei bimbi.

 

Ma per non uscire fuori tema, stavo pensando che Rutilio ci pone di fronte a un'altra riflessione, troppo spesso trascurata: il non facile rapporto tra Romani e Vandali.

 

 


Inviato (modificato)
10 ore fa, Theodor Mommsen dice:

Le cose più emotivamente significative che si possano trovare durante uno scavo sono i giochi dei bimbi.

 

Ma per non uscire fuori tema, stavo pensando che Rutilio ci pone di fronte a un'altra riflessione, troppo spesso trascurata: il non facile rapporto tra Romani e Vandali.

 

 

Ciao @Theodor Mommsen, il commento espresso da @clairdelunealle tue ultime foto anticipa e condivide ampliamente il mio , grazie per queste "primizie" .

Non riesco con certezza a decifrare l' iscrizione del bollo : FLORIDD , ho pensato a FLORI . DD in quanto mi sembra di notare il punto dopo FLORI , il che porterebbe a dedurre che il propretario della figlina fosse un certo FLORIO e che DD , fosse la dedica a DECRETO DECURIONUM , DOMINI DUO , DOMUS DIVINA , DONO DEDIT , DEA DIA o DIANA , ecc. ? , come pensi o avete pensato di interpretarlo , anche in considerazione del luogo di ritrovamento ? grazie .

Credo che l' incarico di Curatore della Sezione , vista la tua professionale competenza nelle due scienze , vada senz' altro sostituito con la tua figura .

P.S. il difficile rapporto tra Romani e Vandali o con il mondo germanico in generale sara' la causa della fine della nazione italica nei secoli futuri ; l' ultima occasione persa per gli Italici di fondare un potente Stato europeo derivante dalla fusione tra Latini e Goti , si ebbe al tempo di Teodorico , ma venne persa :

 

 
 

 

Modificato da Legio II Italica
P.S.

Inviato

Caro @Legio II Italica, sapevo che il bollo avrebbe attratto l'attenzione dei più curiosi, per questo non l'ho commentato prima.
Si tratta di un laterizio CIL XV, 998, proveniente dalla figlina dei fratelli Domizi - Duorum Domitiorum impiantata nella Valle del Rio, presso l'attuale Bomarzo. Si tratta di una produzione di pieno I secolo d.C., abbastanza attestata sul Palatino.

Per la curatela della Sezione non scherziamo: nessuno potrebbe sostituirti! 

 

Screenshot (21).png


Inviato
14 ore fa, Theodor Mommsen dice:

@Legio II Italica e @clairdelune,

come promesso, continuo il mio reditus nella romanità, pubblicando, nell'ordine: una porzione del rivestimento marmoreo della Meta Sudans, un ago crinale in osso e un bollo laterizio.
Quando venne fuori l'ago crinale - eravamo su uno strato d'età flavia - mi commossi e scese una lacrimuccia: era servito ad una donna romana per tenere in ordine i capelli e ora era lì, tra le mie mani. 

P.S. perdonatemi per la disparità di grandezza fra le immagine, ma ho dovuto ridimensionarle per poterle pubblicare.

 

012-(6).jpg

016-(5).jpg

 

036.JPG

Grazie per le immagini condivise


Inviato (modificato)

Ciao @Theodor Mommsen, grazie per la spiegazione del DD , leggo nel foglio allegato che la doppia D potrebbe anche tradursi : Domitiae Domitiani , una figlina appartenente comunque ai Domizi .

Grazie inoltre per la considerazione nei confronti , comunque , di un dilettante ; oltre modo gradita perché proveniente da un professionista .

Modificato da Legio II Italica
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  • 3 settimane dopo...
Inviato

Ho finito i "mi piace", ma praticamente li avrei voluti spendere per ogni messaggio e commento di questo post.

Come il nome del mio avatar tradisce, mi hanno sempre commosso e suggestionato i versi di Rutilio Namaziano, specchio dei difficili anni che l'impero (o ciò che ne restava) stava attraversando.

Così come mi emoziono nel leggere la commozione dell'archeologo nel trovare un ago crinale ed immaginare chi lo ha posseduto e come lo possa aver perso quasi 2000 anni fa (e mi intriga sapere che lui, l'archeologo, lavorando in una stratigrafia, sa anche in quale periodo probabilmente è stato perso).

 

Grazie a tutti per questa lettura per me notturna ed in ritardo, ma enormemente piacevole.

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Inviato

@volituripsetibiphoebus, tra altro dice :

"Come il nome del mio avatar tradisce, mi hanno sempre commosso e suggestionato i versi di Rutilio Namaziano, specchio dei difficili anni che l'impero (o ciò che ne restava) stava attraversando"

Ciao , i versi di Namaziano , un Gallo come nazionalita' , fanno ben comprendere come Roma riusci ad amalgamare popoli tanto lontani e diversi tra loro , grazie ad una politica lungimirante uguale per tutti e maturata nel corso di secoli di Storia ; tentativo mai piu' riuscito nei secoli postumi alla sua caduta , compreso oggi , dove l' unica unione si basa su una moneta .  

 


Inviato
25 minuti fa, Legio II Italica dice:

@volituripsetibiphoebus, tra altro dice :

"Come il nome del mio avatar tradisce, mi hanno sempre commosso e suggestionato i versi di Rutilio Namaziano, specchio dei difficili anni che l'impero (o ciò che ne restava) stava attraversando"

Ciao , i versi di Namaziano , un Gallo come nazionalita' , fanno ben comprendere come Roma riusci ad amalgamare popoli tanto lontani e diversi tra loro , grazie ad una politica lungimirante uguale per tutti e maturata nel corso di secoli di Storia ; tentativo mai piu' riuscito nei secoli postumi alla sua caduta , compreso oggi , dove l' unica unione si basa su una moneta .  

 

C'è veramente di che riflettere...


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