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Inviato (modificato)

Salve a tutti. Mi interesserebbe sapere se al tempo della nascita della lira pontificia (1866) questa godesse di un regime di parità con la lira italiana, potesse essere scambiata 1:1 e circolare parallelamente a quest'ultima e viceversa come succedeva successivamente tra la lira italiana e quella vaticana o quella sammarinese.

Molte grazie a tutti

Modificato da Presidente

Inviato
9 ore fa, Presidente dice:

Salve a tutti. Mi interesserebbe sapere se al tempo della nascita della lira pontificia (1866) questa godesse di un regime di parità con la lira italiana, potesse essere scambiata 1:1 e circolare parallelamente a quest'ultima e viceversa come succedeva successivamente tra la lira italiana e quella vaticana o quella sammarinese.

Molte grazie a tutti

Ciao.

A differenza di quanto avvenne tra Regno d'Italia e Vaticano e Regno d'Italia e San Marino, i cui rapporti monetari vennero regolati da apposite Convenzioni, nessuna Convenzione governò i rapporti in materia monetaria tra Regno d'Italia e Stato Pontificio.

Sappiamo che lo Stato Pontificio, con Editto del 18 giugno 1866, introdusse nel proprio Ordinamento monetario la Lira Pontificia, le cui caratteristiche erano del tutto identiche a quelle della Lira italiana.

Lo scopo della riforma monetaria era quello di ottenere l'ingresso dello Stato Pontificio nell'Unione Monetaria Latina.

Ma durante i negoziati, che durarono 4 anni, la zecca pontificia emise una quantità abnorme di nuova moneta, che in gran parte si riversò in Francia.

Come è noto, i Paesi aderenti all'U.M.L. regolamentavano annualmente l'emissione di nuova moneta in relazione al numero di abitanti di ciascun Paese contraente e pertanto l'iniziativa pontificia di coniare nuova moneta "senza freni", incontrò la ferma opposizione francese che non solo bloccò la domanda di adesione dello Stato Pontificio all'U.M.L., ma rifiutò altresì di riconoscere il corso legale in territorio francese alla Lira Pontificia.

Per quanto riguarda il rapporto tra Lira italiana e Lira pontificia, non ho rinvenuto alcun provvedimento che sancisse nel Regno d'Italia il corso legale delle specie monetarie pontificie "riformate".

Quindi la Lira Pontificia e le altre specie monetarie pontificie (almeno quelle compatibili con le omologhe e identiche specie del Regno d'Italia) non sembrerebbe abbiano avuto il riconoscimento formale del corso legale nel Regno d'Italia, nel periodo 1866 - 1870.

Non va poi dimenticato che nella monetazione pontificia "riformata" erano presenti alcuni nominali non compatibili con la monetazione del Regno d'Italia, quali la moneta da Lire 2,5, quella da 5 Soldi (pari a 25 centesimi) nonchè il nominale da mezzo Soldo (pari a 2,5 centesimi).

Vi era poi la moneta da 4 Soldi in bronzo, istituita con Editto Pontificio del 24 settembre 1866, a cui venne assegnato il valore di 20 centesimi.  

Anche questa moneta risultava incompatibile con il sistema monetario del Regno, questa volta non per il valore facciale attribuitole ma per il fatto che l'equivalente moneta del Regno d'Italia era in argento 835/1000 e non in bronzo.

Queste monete non avrebbero mai potuto ottenere il corso legale nel Regno, perchè difformi dalle specie contemplate dal sistema monetario italiano.

La questione posta, riguarderebbe comunque solo un breve spazio temporale, posto che, a seguito dell'annessione dello Stato Pontificio al Regno d'Italia, avvenuta con Plebiscito del 2 ottobre 1870, la materia venne regolata prevedendo una breve "convivenza" delle specie pontificie con quelle italiane nelle "ex province romane", per poi procedersi ad un graduale ritiro delle monete pontificie, comprese quelle "conformi" agli standards italiani e, quindi anche agli standards della U.M.L.

Su un piano pratico, considerando che le specie pontificie "riformate" (e segnatamente quelle in oro ed in argento) possedevano le stesse caratteristiche e, sopratutto, lo stesso "intrinseco" di metallo prezioso delle lire italiane, viene difficile pensare che tali monete non fossero accettate nella normale circolazione.

In un sistema monetario metallico in cui l'aspetto "fiduciario" della moneta è ancora confinato alla cosiddetta monetazione "d'appunto" (cioè alle specie in rame e/o bronzo) mentre tutta la restante monetazione "vale" in quanto di buon argento (se non addirittura d'oro), è evidente che a parità di intrinseco e di peso, un privato non avrebbe avuto difficoltà ad accettare una Lira pontificia in luogo di una Lira del Regno d'Italia o della U.M.L.

Sicuramente però, con quella Lira Pontificia non si sarebbero potuti pagare le imposte, i dazi doganali e altri balzelli in favore dell'Erario, non avendo la moneta corso legale nel Regno d'Italia.

Saluti.

M.

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