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MILANO, LE MONETE SIMBOLO, STORIA, CULTURA, INFO, LINK


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1 ora fa, dabbene dice:

Bella comparazione @Brios, mi sa che tu sei più milanese di tutti noi ?

Grazie. Molto carino. Ma non è così. È semplice Vivi a Milano - Questo è analogo al fatto che ogni giorno c'è un pasto.  Per me, Milano è una volta all'anno. È come mangiare un dessert.

PS

A proposito di cibo. A Milano, posso trovare un buon tè. In molte città d'Italia  no. È sempre stato strano per me. Perché agli italiani non piace il tè?

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9 ore fa, Brios dice:

Grazie. Molto carino. Ma non è così. È semplice Vivi a Milano - Questo è analogo al fatto che ogni giorno c'è un pasto.  Per me, Milano è una volta all'anno. È come mangiare un dessert.

PS

A proposito di cibo. A Milano, posso trovare un buon tè. In molte città d'Italia  no. È sempre stato strano per me. Perché agli italiani non piace il tè?

Fino a qualche hanno fa si ripeteva il rito del tè, molti bar avevano anche le sale da tè, era una Milano con più fervore culturale.

Ricordo quella magnifica sala da tè affianco al circolo degli industriali in Via Manzoni, una sala da bell'epoque mi sembra fosse il Motta..

Ci andavo spesso specialmente per incontri galanti, era uno scenario incredibile d'altri tempi, parlo della fine degli anni 70, quando Milano era al centro della cultura internazionale..

Giusto come esempio ma quella di via Manzoni era più bella--

                                      Sala per il tè al Claridge hotel

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Come non ricordare anche i grandi caffè letterari dove avvenivano anche incontri culturali ma anche politici, Cova in primis che ha una grande storia numismatica da raccontare, penso una delle più incredibili, ma anche in epoca nostra il Jamaica a Brera raduno di avanguardie, pittori, intellettuali, entrambe le identità ci sono ancora anche se la storia ha lasciato i suoi segni, ma il fascino rimane ...

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13 ore fa, dabbene dice:

Come non ricordare anche i grandi caffè letterari dove avvenivano anche incontri culturali ma anche politici, Cova in primis che ha una grande storia numismatica da raccontare, penso una delle più incredibili, ma anche in epoca nostra il Jamaica a Brera raduno di avanguardie, pittori, intellettuali, entrambe le identità ci sono ancora anche se la storia ha lasciato i suoi segni, ma il fascino rimane ...

Beh qui non posso esimermi quando si parla del bar Jamaica si parla di Milano...

Si parla di Brera si parla dell'Accademia di Belle Arti, si parla anche di me..

Si perchè frequentatore assiduo, come giovane artista e come studente dell'Accademia di Brera, essendo praticamente accanto alla stessa.

Poi la ciliegina sulla torta..fui scelto fra tutti gli allievi più meritevoli ed ebbi il privilegio di esporre proprio al Jamaica, fu per me un'emozione indescrivibile, capii da li in poi che tutto era possibile.

Finalmente potevo entrare di diritto in quel mondo che avevo sempre sognato, anche se dipingevo ad olio già dall'età di 12 anni, quello però fu per me l'opportunità di esporre al pubblico che contava, le mi opere e il mio linguaggio espressivo.

Non dimenticherò mai quegli anni di una Milano dei primi anni 80, dove l'osare era consuetudine, dove la cultura ebbe una delle massime espressioni, un città piena di simboli, una città ricca di volontà, una città spaventosamente affascinante, e propositiva.

 

                                           55cb166fd4c40.jpg

Un po' di storia...

È esistito un luogo, a Milano, dove si sono incrociate irrimediabilmente le strade di pittori, artisti, giornalisti, poeti, intellettuali.

Questo luogo era un bar, ma anche molto di più.

Questo luogo, era il Bar Giamaica, al civico 32 di via Brera.

Nato come fiaschetteria nel 1911, il Giamaica diventò un bar nel primo dopoguerra. È capitato ci bevesse il cappuccino pure Benito Mussolini durante il ventennio. Nel 1945, tra le macerie dei bombardamenti, rinasce anche il giornalismo (prima controllato dal fascismo con il Ministero della Cultura Popolare Fascista), e il Giamaica diventa un punto di ritrovo per intellettuali di tutti i tipi, a pochi passi dalla storica sede del Corriere della Sera in Via Solferino.

Il nome del locale prende ispirazione da un titolo di un film di Hitchcock del 1939. Si racconta che qualcuno entrò e, guardandosi intorno, esclamò: “Ma questa è la Taverna della Giamaica!”, citando la pellicola con Charles Laughton e Maureen O’Hara. Altre fonti sostengono che il nome derivasse del musicologo Giulio Confalonieri, assiduo frequentatore del locale, che era stato appellato “Uno degli Dei Minori dell’Olimpo Giamaicano” dal pittore Emilio Tadini.

Occasionalmente, al Giamaica, si è visto passare anche Giuseppe Ungaretti, che chiese un giorno di conoscere Arnoldo Mondadori. L’editore andò nel panico, e quando s’incontrarono lo accolse con un sorriso dicendo: “Maestro, m’illumino d’immenso!”.

Sempre dopo la guerra su quei romantici tavolini di via Brera si sono intrattenuti Ugo Mulas, Gianni Dova, Roberto Crippa, Cesare Peverelli, Bruno Cassinari, Ernesto Treccani, Ennio Morlotti, Germano Lombardi, Nanni Balestrini, Salvatore Quasimodo, Valerio Adami, Allen Ginsberg, Dino Buzzati, Ernest Hemingway, Enrico Baj, Dario Fo, Bobo Piccoli.

E poi, negli strepitosi gli anni ’60, sono arrivati gli anni dello spazialismo, del mentore Lucio Fontana che ha protetto sotto la sua egida creativa e geniale i più attenti e acuti giovani dell’arte del tempo: Castellani, Manzoni, Bonalumi.

Parlare del Giamaica è come parlare della storia dell’arte, della cultura, e della letteratura italiana del ‘900.

 

Modificato da eracle62
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Chi volesse invece immergersi nel mondo incredibile dei gettoni Cova e di questo storico caffè, può leggere questo mio contributo 

https://www.academia.edu/36066065/UN_VIAGGIO_NEL_MONDO_DEI_GETTONI_DEL_CAFFE_COVA_DI_MILANO_TRA_RARITA_E_INEDITI

Per il Giamaica.... fantastica e appassionante descrizione, proporrei di fare una prossima riunione magari proprio li’, in fondo anche noi respiriamo ora quell’ aria ...

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13 ore fa, dabbene dice:

Chi volesse invece immergersi nel mondo incredibile dei gettoni Cova e di questo storico caffè, può leggere questo mio contributo 

https://www.academia.edu/36066065/UN_VIAGGIO_NEL_MONDO_DEI_GETTONI_DEL_CAFFE_COVA_DI_MILANO_TRA_RARITA_E_INEDITI

Per il Giamaica.... fantastica e appassionante descrizione, proporrei di fare una prossima riunione magari proprio li’, in fondo anche noi respiriamo ora quell’ aria ...

La trovo un'idea geniale, Brera è il cuore della Milano intellettuale...:good:

Quale miglior luogo può aiutare la nostra espressione...

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La tematica caffe’ e’ importante perché e’ spesso storia, cultura, moda, tendenze e a volte anche gettoni.

C’e’ anche bibliografia su tutto questo, ricordo per esempio questo libro “ Milano al Caffe’ “ di Riccardo Di Vincenzo, ma c’e’ anche altro su questo tema anche più autorevole, proviamo a sentire @giancarlone se ha altri spunti da consigliare ....

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Il 3/9/2018 alle 01:48, eracle62 dice:

Beh qui non posso esimermi quando si parla del bar Jamaica si parla di Milano...

Si parla di Brera si parla dell'Accademia di Belle Arti, si parla anche di me..

Si perchè frequentatore assiduo, come giovane artista e come studente dell'Accademia di Brera, essendo praticamente accanto alla stessa.

Poi la ciliegina sulla torta..fui scelto fra tutti gli allievi più meritevoli ed ebbi il privilegio di esporre proprio al Jamaica, fu per me un'emozione indescrivibile, capii da li in poi che tutto era possibile.

Finalmente potevo entrare di diritto in quel mondo che avevo sempre sognato, anche se dipingevo ad olio già dall'età di 12 anni, quello però fu per me l'opportunità di esporre al pubblico che contava, le mi opere e il mio linguaggio espressivo.

Non dimenticherò mai quegli anni di una Milano dei primi anni 80, dove l'osare era consuetudine, dove la cultura ebbe una delle massime espressioni, un città piena di simboli, una città ricca di volontà, una città spaventosamente affascinante, e propositiva.

 

                                           55cb166fd4c40.jpg

Un po' di storia...

È esistito un luogo, a Milano, dove si sono incrociate irrimediabilmente le strade di pittori, artisti, giornalisti, poeti, intellettuali.

Questo luogo era un bar, ma anche molto di più.

Questo luogo, era il Bar Giamaica, al civico 32 di via Brera.

Nato come fiaschetteria nel 1911, il Giamaica diventò un bar nel primo dopoguerra. È capitato ci bevesse il cappuccino pure Benito Mussolini durante il ventennio. Nel 1945, tra le macerie dei bombardamenti, rinasce anche il giornalismo (prima controllato dal fascismo con il Ministero della Cultura Popolare Fascista), e il Giamaica diventa un punto di ritrovo per intellettuali di tutti i tipi, a pochi passi dalla storica sede del Corriere della Sera in Via Solferino.

Il nome del locale prende ispirazione da un titolo di un film di Hitchcock del 1939. Si racconta che qualcuno entrò e, guardandosi intorno, esclamò: “Ma questa è la Taverna della Giamaica!”, citando la pellicola con Charles Laughton e Maureen O’Hara. Altre fonti sostengono che il nome derivasse del musicologo Giulio Confalonieri, assiduo frequentatore del locale, che era stato appellato “Uno degli Dei Minori dell’Olimpo Giamaicano” dal pittore Emilio Tadini.

Occasionalmente, al Giamaica, si è visto passare anche Giuseppe Ungaretti, che chiese un giorno di conoscere Arnoldo Mondadori. L’editore andò nel panico, e quando s’incontrarono lo accolse con un sorriso dicendo: “Maestro, m’illumino d’immenso!”.

Sempre dopo la guerra su quei romantici tavolini di via Brera si sono intrattenuti Ugo Mulas, Gianni Dova, Roberto Crippa, Cesare Peverelli, Bruno Cassinari, Ernesto Treccani, Ennio Morlotti, Germano Lombardi, Nanni Balestrini, Salvatore Quasimodo, Valerio Adami, Allen Ginsberg, Dino Buzzati, Ernest Hemingway, Enrico Baj, Dario Fo, Bobo Piccoli.

E poi, negli strepitosi gli anni ’60, sono arrivati gli anni dello spazialismo, del mentore Lucio Fontana che ha protetto sotto la sua egida creativa e geniale i più attenti e acuti giovani dell’arte del tempo: Castellani, Manzoni, Bonalumi.

Parlare del Giamaica è come parlare della storia dell’arte, della cultura, e della letteratura italiana del ‘900.

 

@eracle62 mi ha fatto un regalo intimo, privato, lui ha ricordato la sua gioventù col Giamaica, io ho visto in faccia la mia fanciullezza.

E la vedo in foto di fronte dove c'è scritto Salumeria.

Da bambino mia mamma mi portava li, salivamo le scale, nell'androne c'era una magica Madonnina votiva, sotto dei fiori, la gente si fermava e pregava, io facevo il segno della croce, salivo e il caseggiato aveva i ballatoi, i servizi erano in comune all'esterno, dovunque si respirava aria di arte, cultura, avevano i loro studi li' i principali pittori del tempo, alcuni diventarono famosissimi, si viveva sui ballatoi, si conoscevano tutti e il chiacchierare era motivo di vita, di passare il tempo, si parlava ancora in dialetto, dal balcone sotto vedevi passare il mondo, scorgevi l'Accademia, il mitico Caffe' Brera, c'era e c'è ancora il negozio di utensili per pittura di Crespi, stampava anche libri, pubblicazioni, qualcosa di numismatica l'ho ritrovata anche oggi, un mondo che oggi e' cambiato , ma nel cuore del vero dabbene, che e' questo che scrive ora, rimane uguale come fosse ogni volta che passo li' sotto, e capita spesso, ricordo la cara nonnina che li' in quel palazzo abitava, raccontare Milano in fondo e' anche questo ....

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Mi sembra di intuire che c’e’ poca voglia di condividere, divulgare da parte di chi sa ma legge, peccato...ma per il motto chi fa da se’ fa per tre o più ancora ...torniamo ai Caffè e a quello che pensavo, il testo sacro in materia e’ poi questo “ I caffè di Milano “ di Sandro Piantanida, raro da trovare ma molto importante, ecco la copertina !

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Mostre, libri, cataloghi, grande mostra fu quella di qualche anno fa a Palazzo Reale su Costantino e il suo Editto, ricordo una bella visita di gruppo lamonetiano per l’occasione , pezzi straordinari provenienti dai Musei di tutto il mondo, il catalogo eccezionale con questa magica copertina ...

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Per me un'altro simbolo per Milano e non solo è...

 

                                                                     Foto

Prendete una moneta da 20 centesimi e osservatene bene il lato B. È raffigurata una strana scultura che sembra un uomo, un uomo molto strano però, con gambe spesse e senza le braccia. L’originale, ammirabile a Milano presso il Museo del Novecento in Piazza del Duomo, si chiama “Forme uniche della continuità nello spazio” e il suo autore è Umberto Boccioni. L’uomo per cui “un cavallo in movimento non è un cavallo fermo che si muove, ma è un cavallo in movimento, che è un’altra cosa.”.

Un gradissimo artista che ho nel cuore da sempre, in una Milano che viveva di simboli, era il periodo della Bella Epoque dello stile Liberty

la città subi una grande metamorfosi architettonica e urbanistica, centinaia di palazzi in stile Liberty componevano l'ossatura principale della metropoli, siamo nei primi del 900, dove le arti diedero il massimo..

Insomma un grande innovativo che diede tantissimo alla cultura del periodo lasciandoci enormi capolavori...

Era un tenace e seguiva l'idea della passione su tutto..un po come me nel mio piccolo..

Nell'autunno del 1907, per la prima volta va a Milano, dove da alcuni mesi abitano la madre e la sorella. Intuisce subito che è la città più di altre in ascesa e che corrisponde alle sue aspirazioni dinamiche. Diventa amico di Romolo Romani, frequentaPreviati, di cui risente qualche influsso nella sua pittura che sembra rivolgersi al simbolismo. Diviene socio della Permanente. Durante questi anni di formazione, visita molti musei e gallerie d'arte.[5] Ha, quindi, la possibilità di conoscere direttamente opere di artisti di ogni epoca ma, specialmente, antichi.[6] Alcuni di questi, come ad esempio Michelangelo, rimarranno sempre suoi modelli ideali.[7] Nonostante ciò, essi diventeranno anche i bersagli principali della polemica avviata nel periodo futurista contro l'arte antica e contro il passatismo.[8] Nel 1907 a Milano incontra idivisionisti e con Filippo Tommaso Marinetti, scrive, insieme a Carlo CarràLuigi RussoloGiacomo Balla e Gino Severini, il Manifesto dei pittori futuristi (1910), cui seguì il Manifesto tecnico del movimento futurista (1912): obiettivo dell'artista moderno doveva essere, secondo gli estensori, liberarsi dai modelli e dalle tradizioni figurative del passato, per volgersi risolutamente al mondo contemporaneo, dinamico, vivace, in continua evoluzione.

 

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Era il 2013, altra grande Mostra a Milano “ Il vero e il falso “, fantastica presentazione di Monete della nostra storia con un vero e un falso affiancati.

Fu un  successo di pubblico, partecipammo anche noi con una visita di gruppo all’interno della manifestazione “ Festa del Cordusio “, andammo anche a vedere  quella di Costantino attigua, si regalavano copie delle stampe della Bertarelli a tutti con la raffigurazione della zecca milanese teresiana, si regalavano libri ai ragazzi tanti, tanti, alcuni ricordano, molti no, si davano gadgets numismatici gratuiti, si davano abbonamenti gratuiti a riviste numismatiche, iscrizioni gratuite per i giovani alle Società del mondo Numismatico, ora non si ricorda più tutto questo da parte di tutti ed e’ un peccato... la memoria storica deve rimanere come il rispetto, il riconoscimento, ma i tempi forse sono cambiati ...

Ecco la copertina del Catalogo tipo grande della Mostra che fu dato a soli pochissimi ai tempi,  credo oggi un pezzo di grandissimo valore....

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Arrivavano sempre in casa, li mandavano agli uomini delle istituzioni comunali, mio padre lo era e per anni li raccolse, gelosamente li conservo come ricordo di mio padre, di quanto ha fatto per questo Comune, per ricordo della città stessa.

Ti capita di vederli anche sulle bancarelle di un mercato milanese, certamente sono ed erano la fotografia come dati del tempo in ogni settore, ma spesso c’erano anche monografie.

La copertina di un numero del 1973, sindaco era Aldo Aniasi.

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5 ore fa, dabbene dice:

Vediamo se qualcuno sa dirmi qualcosa su questa immagine, certo qui c'è un grande personaggio nominato spesso e che ci interessa molto ma molto….

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Beh questa è un'icona per Milano...

Carlo Borromeo, con il Santo chiodo, in ricordo del rito della Nivola.

Il dipinto è posto nel Duomo di Milano opera del pittore Gian Battista della Rovere detto il Fiamminghino ( 1560-1627)

Anche se devo dire che l'illuminazione purtroppo come per molte opere all'interno della cattedrale, non è soddisfacente. 

 

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Esattamente ….qui entriamo nella storia, nell'epopea, nella cristianità, il Rito della Nivola è un rito liturgico cattolico che viene celebrato ogni anno dal 1500 nel Duomo di Milano per volere di Carlo Borromeo, e qui ritorniamo un po' a Ambrosiana e tutto che sappiamo e sapremo.

La ricorrenza è l'Esaltazione della Santa Croce con la celebrazione del Santo Chiodo che dopo essere portato a terra viene poi solennemente esposto alla venerazione dei fedeli per poi essere riportato nella sua sede dopo la ricorrenza. 

La Nivola era un ascensore che risale agli inizi del seicento, mosso da un argano elettrico che saliva fino a circa 40 metri per permettere all'Arcivescovo di prelevare da una teca la preziosa reliquia.

La Nivola è costituita da un cesto in lamiera con rivestimento in tela ornata da pitture con angeli e cherubini dipinte da Paolo Camillo Landriani nel 1612.

La prima processione che si ricorda del Santo Chiodo fu nel 1576 quando durante la peste Carlo Borromeo portò il Santo Chiodo dal Duomo alla Chiesa di San Celso per implorare la fine della peste.

Come vedete tutto poi si unisce e si ricongiunge, qui stiamo raccontando la storia e che storia, la Milano dei Riti, dei Simboli, della Cristianità...volete entrare anche voi o virtualmente o realmente nella storia di Milano ? Seguiteci ….?

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Aggiungiamo qualcosa ancora vista la tematica alta, prima di arrivare in Duomo il Santo Chiodo era conservato presso la Basilica di Santa Tecla.

La reliquia rimane circa 40 ore a terra alla fine ritorna nella sua sede.

Una luce rossa segnala la posizione sempre del tabernacolo.

Il Rito è indubbiamente  di grande fascino, subì nel tempo diverse modifiche, gli Asburgo e Napoleone posero molte restrizioni, anche quest'anno ci sarà, il Rito si farà come sempre.

 

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Forse perchè lo vissi tanto, forse perche l'amai tanto, forse perchè lo dipinsi tanto..

Lo considero un'altro simbolo della città di Milano, alloggiato nella Pinacoteca di Brera, (da studente dell'Accademia fu uno dei modelli che mi fecero copiare maggiormente), Il Cristo morto del Mantegna, è un capolavoro che compone il patrimonio della città..

Ricordo che tutti i visitatori si soffermavano a contemplarlo più di ogni altra opera.

Comunque per me era e resterà nel mio cuore per sempre...

                         

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                                                                             Andrea Mantegna – Il Cristo Morto

 

Andrea Mantegna era uno dei pittori più importanti in ambito Veneto del ‘400, si forma a bottega dal padovano Squarcione per poi intraprendere la sua carriera indipendente tra Padova, Ferrara, Verona e Mantova (celebre la sua decorazione della Camera degli Sposi nel Castello di San Giorgio) qui diventerà pittore di corte dei Gonzaga e morirà nel 1506 all’età di 75 anni.

Il Cristo Morto viene eseguito negli anni 1475-78; i toni sono freddi, i contorni nettamente distinti, lo spazio interamente occupato dalla figura di Gesù, il suo corpo nudo avvolto dal sudario giace su una fredda pietra, è la pietra dell’unzione, l’ampolla degli unguenti è in alto a destra, è il momento in cui il suo corpo viene cosparso di oli profumati prima di essere deposto nel sepolcro.

I cari sono relegati al margine dell’opera; questo è l’ultimo saluto a loro concesso, è l’ultimo saluto di una Maria addolorata, il dolore sul suo viso è straziante, si asciuga le lacrime con un fazzoletto, non è il dolore della Vergine Maria che perde Gesù, ma di una madre che perde suo figlio.  Al suo fianco troviamo S. Giovanni con le mani unite in preghiera, più che una preghiera sembra una supplica, quasi a voler esortare il suo Maestro a vincere la morte e tornare tra di loro e, ancora più defilata, all’estremità, troviamo la Maddalena di cui si intravede la bocca aperta in un grido lacerante. Guardando queste figure non possiamo che non essere mossi a pietà e commozione. 

Il Cristo è rappresentato con uno degli scorci prospettici più celebri di tutta la storia dell’arte, innalzando Mantegna all’olimpo degli artisti che meglio avevano studiato e saputo realizzare la prospettiva. Ci offre così un’intima visione, non c’è distanza tra noi e il Cristo, Mantegna sta offrendo anche a noi la possibilità di un ultimo saluto, di essere partecipi a questo compianto. I piedi vengono ostentati, ci vengono quasi “sbattuti” in faccia, non possiamo distogliere lo sguardo, ci costringono a soffermarci sui dettagli più impressionanti: le piaghe, dipinte come fori senza alcuna retorica, a ricordarci il sacrificio che ha compiuto per la nostra salvezza.  Il drappeggio del sudario si adagia al corpo svelandone le forme, sembra essere “scolpito con la pittura”.

In quel corpo rigido ed emaciato c’è tutto il realismo del Mantegna e la sua severità, il tratto duro che lo contraddistingue è accentuato dai colori privi di brillantezza, tecnica che il maestro sceglie appositamente applicando una tempera non verniciata.

E’ uno dei capolavori più celebri nella Storia dell’Arte, tanto da essere citato dal grande Pasolini nel film Mamma Roma (1962) dove una ineguagliabile Anna Magnani piange suo figlio Ettore che muore legato a un letto del carcere (Pasolini oserà lo stesso scorcio prospettico memore della lezione del pittore padovano).

La grandezza di quest’opera è nella sua umanità e nel suo realismo, non c’è niente di più umano e terreno di quel Cristo Morto che giace sulla pietra dell’unzione come fosse su un tavolo di obitorio, guardandolo viene persino da chiedersi se da li sia davvero possibile la Resurrezione.

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Brera, arte, pittura, Mantegna, grandi eccellenze milanesi in rilievo ....

Per tornare al Rito della Nivola del Duomo avrò la fortuna a giorni di essere presente, un altro grande evento, spero di postare anche qualche immagine se potrò , ma soprattutto riportare le emozioni che spero e sono sicuro che proverò da uomo e da credente...quindi ci torneremo a breve sul tema ...

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