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Inviato

Ciao.

Questa è la storia (vera) di un Tesoretto, di Soprintendenze e di Aule di Giustizia.

Cosi potrebbe intitolarsi la quasi secolare querelle numismatico-giudiziaria che si è conclusa con una recente sentenza del Consiglio di Stato (sentenza n, 892 del 24.2.2017), il cui testo troverete qui sotto.

La nostra storia prende le mosse circa un secolo fa, più precisamente il 15 giugno 1923, allorchè in località Ognina (provincia di Catania), venne casualmente rinvenuto, in un terreno privato, un nucleo di 305 monete magno-greche, nucleo in seguito meglio conosciuto come il “Tesoretto di Ognina”.

Per ricostruire i fatti, devo fare riferimento alla sentenza del T.A.R. del Lazio (Sez. II quater 8 luglio 2015 n. 9232) che si era occupato della vicenda quale Giudice di “prime cure”, prima che il procedimento giudiziario finisse al Consiglio di Stato, quale Giudice di appello.

Si apprende che dopo il ritrovamento del tesoretto, avvenuto da parte non dei proprietari del terreno ma di terzi, vi furono dei contenziosi civili che si conclusero dinanzi alla Corte d'Appello di Catania (negli anni 1929 e 1932), all'esito dei quali la metà del valore del tesoretto venne attribuita alla Stato italiano mentre ai proprietari del terreno ove le monete vennero alla luce e ai ritrovatori delle stesse, venne riconosciuta a titolo di “premio” rispettivamente un quarto a ciascuno del valore del tesoretto.

Ma poiché le sentenze, a quanto pare, non chiarirono, in concreto, quale parte del tesoretto dovesse essere attribuita e a chi, si celebrò un ulteriore procedimento civile, definito nel 1941 sempre presso la Corte d'Appello di Catania, nel quale si pervenne alla decisione di incaricare una Commissione presieduta da tale Libertini Pennisi, che avrebbe dovuto stabilire come dividere correttamente fra le parti litiganti il compendio monetario.

Il perito concluse i lavori depositando in data 20 giugno 1948 una relazione nella quale esprimeva la valutazione economica complessiva del tesoretto e delle singole monete che lo componevano.

Nel 1954 il Ministero della Pubblica Istruzione, allora competente in materia, apponeva il vincolo archeologico (notifica) sull'intero tesoretto (che ancora non era stato diviso fra le parti) “ritenuta la necessità di garantire allo Stato il continuo controllo sulle monete che spetteranno ai privati aventi diritto pro quota”.

Tuttavia, in data 15 dicembre 1956, il Ministero revocava il vincolo, sull'unico presupposto della “necessità di addivenire alla ripartizione delle monete fra lo Stato ed i privati aventi diritto” per definire l'annoso contenzioso.

In effetti, in data 27 marzo 1957, con atto notarile a rogito Dott. Mirone di Catania, si addiveniva alla stipula di una Convenzione di “distacco di quota”, in tal modo formalizzando l'accordo fra le tra parti contendenti circa l'attribuzione delle monete.

Lo Stato, a saldo della quota spettantegli, pari - come detto - alla metà del valore del tesoretto, tratteneva in proprietà sette monete appositamente individuate e descritte nella Convenzione (ma purtroppo non indicate nelle sentenze), riservandosi altresì il diritto di opzione su ulteriori 29 monete (che anche in questo caso le sentenze non indicano), opzione che in seguito sarà effettivamente esercitata dallo Stato.

Le rimanenti monete vennero quindi divise in due gruppi di valore omogeneo, poi assegnate per sorteggio ai proprietari del terreno e ai rinvenitori.

Da notare che le monete assegnate ai rinvenitori sono state nel corso degli anni vendute ed esportate.

E veniamo finalmente ai giorni nostri.

Nel 2011 gli eredi del proprietario del terreno decidono anch'essi di vendere all'estero le monete e chiedono all'Ufficio esportazione della competente Soprintendenza il rilascio dell'attestato di libera circolazione.

L'attestato viene negato e contestualmente, come prevede la legge, viene avviato il procedimento per la dichiarazione di culturalità del complesso monetale (frattanto ridottosi a 146 monete).

La Soprintendenza sostiene che la Convenzione notarile sottoscritta nel 1957 non possa essere di ostacolo al diniego dell'attestato.

Da qui l'avvio, da parte degli aspiranti “esportatori” di un procedimento giudiziario dinanzi al T.A.R., volto ad ottenere l'annullamento del diniego al rilascio dell'attestato.

Il T.A.R. ritiene giustamente fondamentale partire dall'esame della Convenzione notarile stipulata nel 1957, per valutare l'esatta portata degli accordi sottoscritti all'epoca dalle parti, da considerarsi tuttora pienamente validi e vigenti.

In particolare, i giudici esaminano l'art. 3 della Convenzione notarile che così recita:

E' patto espresso ed essenziale della presente transazione dalle parti voluta e determinante della loro volontà che lo Stato italiano rinunzi, come ha rinunziato, e rinunzi definitivamente a porre qualsiasi vincolo o limitazione alla libera disponibilità e commerciabilità delle monete rimaste comuni fra le altre due parti contraenti, e ciò in conformità alla Relazione Libertini Pennisi del 20 giugno 1948 che ha formato la base della presente convenzione e di tutti i patti relativi; la quale perizia così testualmente concluse: [E prima di chiudere questa relazione peritale avvertiamo che essa è valida soltanto qualora non vengano imposte ai privati aventi diritto notifiche o limitazioni di sorta al loro pieno diritto di proprietà e disponibilità delle monete stesse, essendo noto che qualsiasi limitazione del genere annullerebbe ogni prezzo di stima o, per lo meno, sposterebbe notevolmente i relativi valori....]”

Inoltre, in altra parte della Convenzione, si precisa che le parti private “potranno disporre come meglio crederanno, da pieni ed assoluti proprietari e potranno anche alienarle liberamente”.

Secondo il T.A.R., gli accordi sanciti dalla Convenzione notarile del 1957 non lasciano alcun dubbio sul fatto che lo Stato abbia rinunciato a porre “qualunque limitazione alla libertà delle parti di disporre delle monete”, anche laddove le parti intendessero esportarle.

Per tale motivo, il T.A.R. accoglie il ricorso ed annulla il diniego all'esportazione.

Ma la storia non è finita qui. Anzi.

Il MIBAC si appella al Consiglio di Stato, sostenendo che il contenuto della Convenzione notarile del 1957 sarebbe stato erroneamente interpretato dal T.A.R., in quanto con tale Convenzione “lo Stato avrebbe riconosciuto la libera disponibilità nel senso della commerciabilità senza vincoli delle monete attribuite, ma non si sarebbe in alcun modo impegnato a considerarle liberamente esportabili".

Non Vi tolgo la sorpresa di apprendere direttamente dalla decisione del Consiglio di Stato qual'è stato l'epilogo della vicenda.

La potete leggere qui:

http://www.dirittoegiustizia.it/allegati/16/0000076607/Consiglio_di_Stato_sez_VI_sentenza_n_892_17_depositata_il_24_febbraio.html

Ho trovato molto interessante l'iter argomentativo compiuto dal Consiglio di Stato, anche se non ne condivido affatto le conclusioni, ritrovandomi decisamente sulle posizioni del T.A.R.

Che ne pensate?

Saluti.

M.

 

  • Mi piace 1

Inviato

Molto interessante.

C'é del materiale per un bel romanzo alla Montalbano.

Non ho infatti le competenze legali per fare commenti tecnici ma mi ha colpito il fatto che quella che doveva essere una benedizione per la famiglia dei rinvenitori e dei proprietari si sia trasformata in una maledizione che ancora pende sugli eredi dopo  ben 90 anni dalla scoperta. 

Almeno mi piace pensare che i rinvenitori (che si sono rivelati decisamente piú furbi dei proprietari del terreno avendo capito prima l'andazzo che avrebbe preso la questione) grazie alla vendita della loro parte di monete abbiano finanziato una florida attività commerciale, gli studi dei figli, l'acquisto di una casa con un terreno proprio dando così una svolta alla loro vita...

(In realtà si scoprí  che il ricavato era servito solo a pagare le spese legali fino a lí sostenute.)

Saluti

Simone 

  • Mi piace 1

Inviato

Spero solo che il tesoretto o quello che ne è rimasto sia stato messo in un Museo del territorio ove è stato rinvenuto e che sia visibile alla comunità e non infilato in qualche cassa in un magazzino o peggio trafugato è disperso da chi lo avrebbe dovuto custodire. Se qualcuno sa se è visibile e dove mi piacerebbe conoscerne il sito.


Inviato (modificato)
59 minuti fa, uzifox dice:

In realtà si scoprí  che il ricavato era servito solo a pagare le spese legali fino a lí sostenute.)

Non lo escluderei.....:agree:

Mah. Ci sono, a mio modestissimo parere, delle vistose incongruenza sia da un punto di vista sostanziale che formale.

I rinvenitori hanno potuto esportare le loro monete solo perchè magari, ritenendo sulla scorta della Convenzione non necessaria la richiesta dell'attestato, semplicemente hanno mandato le monete all'estero senza chiedere nulla a nessuno e nessuno ha mai avuto nulla di ridire, oppure, 20 anni fa l'hanno richiesto e ottenuto senza alcun problema, mentre i proprietari del terreno vengono oggi bloccati:  ciò mi sembra una palese violazione del principio costituzionale di uguaglianza, dal momento che parliamo delle monete appartenenti allo stesso tesoretto.

Ma anche dal punto di vista formale, se lo Stato, in materia di bb.cc. di provenienza archeologica, non avrebbe "titolo" per rinunciare alle sue prerogative, perchè allora sottoscrive Convenzioni privatistiche con i cittadini che poi, secondo il Consiglio di Stato, valgono fino ad un certo punto, perchè lo Stato su certi principi non può transigere?

La morale comunque è sempre la solita, italiota, e cioè la morale della casualità ed imprevedibilità.

Pur in presenza di accordi precisi (Convenzione) e, come riconosciuto dallo stesso Consiglio di Stato, di leggi sostanzialmente uniformi nel tempo (dal 1909 al 2004) ciò che a Te era consentito fare ieri a Catania a me potrebbe non essere consentito fare domani a Trento.

Ma, attenzione, può valere anche l'esatto contrario.

Tutto dipende da fattori imperscrutabili, forse connessi alle maree, alle fasi lunari, ai fondi di caffè ai bioritmi dei giudici il giorno in cui scrivono le sentenze, al posizionamento geografico del nostro Paese rispetto al nord magnetico o chissà a che altro.

Io ormai ho imparato che qui bisogna prenderla come viene, tanto una volta ti va bene e l'altra ti va male.

E magari capita pure che quando pensavi di avere torto ti diano ragione e quando eri sicuro di avere ragione ti diano invece torto.:acute:

M.

Modificato da bizerba62
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Inviato

Chi trova un amico trova un "tesoro"... chi trova un tesoro trova l'"amicizia" dello Stato.

Ciò che trovo fondamentalmente illogico è che a decidere in un contenzioso amministrativo fra Stato e privato sia una delle parti: il consiglio di Stato. La sentenza è impugnabile in sede europea?

 ‘E prima di chiudere questa relazione peritale avvertiamo che essa è valida soltanto qualora non vengano imposte ai privati aventi diritto notifiche e limitazioni di sorta al loro pieno diritto di proprietà e disponibilità delle monete stesse, essendo noto che qualsiasi limitazione del genere annullerebbe ogni prezzo di stima o - per lo meno- sposterebbe notevolmente i relativi valori’”.

A questo punto dedurrei che i "relativi valori" siano effettivamente stati spostati. Ai privati "limitazioni di sorta" sono state imposte e quindi la relazione peritale non è "valida". Forse sono io che attribuisco al vocabolario ed alla logica requisiti non fondamentali nella giurisprudenza.

Buona serata

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Inviato
4 minuti fa, Cinna74 dice:

Ciò che trovo fondamentalmente illogico è che a decidere in un contenzioso amministrativo fra Stato e privato sia una delle parti: il consiglio di Stato. La sentenza è impugnabile in sede europea?

In realtà a dispetto del nome, il Consiglio di Stato è un organo di giustizia (in questo caso, di giustizia amministrativa d'appello) e, come, tale, è terzo e indipendente.

Bella domanda. Onestamente non lo so. Ma sembrerebbe di si:

http://www.lexitalia.it/articoli/liberati_appello.htm

La sentenza del C. di S. è ricorribile per Cassazione ma solo per motivi attinenti alla giurisdizione (e dunque non sarebbe il caso nostro).

10 minuti fa, Cinna74 dice:

A questo punto dedurrei che i "relativi valori" siano effettivamente stati spostati. Ai privati "limitazioni di sorta" sono state imposte e quindi la relazione peritale non è "valida". Forse sono io che attribuisco al vocabolario ed alla logica requisiti non fondamentali nella giurisprudenza.

Ti do pienamente ragione.

M.


Inviato

Da giovane apprezzavo molto Kafka, ora so perchè.

Arka

  • Mi piace 1

Inviato (modificato)

A me questa conclusione sembra una vergogna. Scusatemi, ma non trovo altre definizioni. Uno stato con la S maiuscola avrebbe quantomeno potuto acquistare a prezzi di mercato il complesso o la parte restante, e valorizzarlo come merita, ma negare a cittadini perbene, che hanno il "torto" di aver solo rispettato le regole, un diritto prima riconosciuto è una vergogna e basta. 

Modificato da aemilianus253
Errore di battitura
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Inviato

Comunque, giusto per capire da cosa fosse composto il "tesoretto di Ognina" e quali fossero le sette monete richieste dallo Stato che, da sole, valevano la metà della stima totale, sarebbe interessante acquisire una copia della Convenzione stipulata dal Dott. Mirone di Catania in data 27 marzo 1957 (repertorio n. 67652, raccolta 10921).

Copia dell'atto la si può richiedere all'Archivio Notarile di Catania, ove sono custoditi gli atti stipulati dal Notaio Mirone (che suppongo essere oggi non più in attività se non addirittura deceduto) .

Se ci fosse qualche Utente del Forum del posto che potesse acquisirla, sarebbe interessante completare il quadro finora delineato con i contenuti numismatici che riporta la Convenzione.

M.

 

 


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