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Metallurgia e Miniere nel mondo italico


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Inviato (modificato)

Vorrei iniziare , con la collaborazione degli amici della Sezione e naturalmente con l' aiuto di tutti quanti sono interessati al tema del post , una escursione antica nelle varie Regioni d' Italia dove sono documentate antiche attivita' estrattive di Minerali sia per destinazione domestica e militare , sia di destinazione a tesaurizzazione .

Credo che il post , anche se non di facile realizzazione , possa comunque essere interessante perché la civilta' in generale e la nostra in particolare , essendo l' Italia in genere scarsa di risorse minerarie , si e' sviluppata anche grazie e questi doni della madre Terra . Fatta questa breve premessa comincerei quindi la ricerca dalla mia Regione , il Lazio , con la speranza di raccogliere consensi al fine di percorrere tutta l' Italia antica alla ricerca delle antiche attivita' estrattive e metallurgiche . 

In base a recenti studi sulle fonti di approvvigionamento di metalli nell' antichita' , nell' ambito regionale del Lazio e tenendo conto che spesso i minerali venivano sfruttati anche a cielo aperto , fa risaltare il fatto che questa regione era estremamente povera di risorse minerarie , sia di metalli per cosi' dire "poveri" , sia in particolare di quelli nobili .

La zona mineraria antica piu' importante del Lazio , gia' sfruttata dagli Etruschi , si trovava nell' alto Lazio ed era quella dei Monti della Tolfa situati ad Est di Civitavecchia , dai quali si estraevano :  Blenda  , Galena argentifera , Pirite , Alunite e Cinabro . Ricca di Rame , con presenza di Argento e Nichel , era la Calcopirite di Ponte San Pietro , da qui proveniva anche il Piombo che si estraeva dalla Galena ; Ponte San Pietro e' una localita' vicino Viterbo .

A sud del Tevere la situazione mineraria era tutt' altro che rosea , le uniche risorse estrattive provenivano dalle sabbie del litorale romano , in particolare da quelle di Anzio e Torre Astura , dalle quali si ricavava la Cassiterite ( Stagno ) e Oro ; Il Ferro era praticamente mancante , tranne tracce nelle sabbie suddette ed alla foce del Garigliano , anche presso la Solforata vicino a Pratica di Mare si trovava del Ferro . Un po' diversa era la situazione nel basso Lazio , dove nei Monti della Meta , al confine tra Lazio , Molise e Campania , venivano estratti Ferro , Argento e Rame . Come si nota le risorse minerali dell' antico Lazio erano veramente scarse ed il fatto che anche nei secoli successivi , fino al nostro , non sono state trovate nella Regione  altre risorse oltre a quelle gia' conosciute dagli antichi prospettori , cio' va a conferma della bravura ed abilita' degli antichi "geologi" .

 Per finire e' stata eseguita una analisi metallografica su un antico reperto trovato nel Lazio , uno Spillone in Bronzo , l' analisi ha rivelato una percentuale di Rame al 82% , 10% di Stagno , 7% di Piombo , e il rimanente 1% in totale tra Argento e Nichel . 

Sotto , le localita' metallifere laziali : Monti della Tolfa , Monti della Meta , Ponte San Pietro ,Torre Astura . 

Monti della Tolfa.jpg

Monti della Meta.jpg

Ponte San Pietro.jpg

Torre Astura.jpg

Modificato da Legio II Italica
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Inviato

Salve , le due localita' metallifere piu' importanti del Lazio , come elencate in apertura Post da cui gli antichi Etruschi e poi i Romani estraevano i metalli , erano quelle dei Monti della Tolfa e della Meta . Tra queste due localita' la meno conosciuta e accessibile e' quella dei Monti della Meta , catena montuosa che si trova al confine tra il Lazio , Abruzzo e Molise la cui vetta maggiore il Monte Petroso sfiora i 2300 metri , mentre quella dei Monti della Tolfa e' piu' conosciuta perché facilmente accessibile per chi va alla ricerca amatoriale di minerali dei quali la zona fornisce ancora campioni da collezione .

In un sito internet ho trovato qualche approfondimento sui Monti della Meta e dei suoi minerali sfruttati fin dall' antichita' :

"La zona, del resto, si prestava meravigliosamente alla bisogna; fin dal-l’antichità, i Romani, e prima di loro i Sanniti e prima ancora gli Etruschi, avevano combattuto cruente battaglie per assicurarsi il possesso delle miniere di ferro dei monti della Meta. Anzi, a quanto pare, fu proprio la presenza di tale prezioso minerale (il Ferro) che indusse gli Etruschi a giungere nel Lazio meridionale, per passare poi in Campania dove i prodotti in ferro trovavano florido mercato. “La ricca zona mineraria del monte Meta – scrive il Colasanti - costituì indubbiamente la ricchezza di Atina potens, la vetusta città che sorse ai suoi piedi e le cui officine per la lavorazione dei metalli furono rinomate nella remota antichità”. Ben presto l’impegno del re di Napoli fu coronato da successo: nuovi giacimenti di limonite o, meglio, di ematite bruna compatta, furono scovati a San Donato, sulle falde della montagna denominata ‘Rave rossa’, oggi monte Calvario, e poi anche ad Alvito e a Campoli. A questo punto si rese necessaria la costruzione di un nuovo stabilimento: non era pensabile, infatti, ripristinare il vecchio impianto di Canneto ormai da tempo in disuso. La scelta ricadde allora su Rosanisco, piccola frazione di Atina, in un sito collocato a 200 metri dalla sponda destra del fiume Melfa, poco distante dalla ‘Sferracavalli’, la strada rotabile che conduceva a San Germano, l’odierna Cassino. Nel 1855 i-niziarono i lavori e nel giugno del 1858 vi fu la cerimonia di inaugurazione. Ancora oggi si possono ammirare le strutture murarie del grande complesso siderurgico che gli abitanti del luogo chiamano comunemente ‘la ferriera’. Di lì a poco tempo nella ‘magona di Atina’ (la magona è un’officina dove si effettua la prima lavorazione del minerale grezzo) entrò in funzione un altoforno che, lavorando la limonite estratta dalla miniera di San Donato, sfornava ghisa di buona qualità. In quel periodo si giunse a produrre giornalmente 3.100 chilogrammi di ferro grezzo. Ma proprio quando tutto sembrava avviato per il meglio… nel Sud irruppero Garibaldi, i Savoia e compagnia cantando. Il consunto regno meridionale si dissolse in un attimo e anche ciò che di buono i Borbone avevano creato ‘andò a farsi friggere’: pensiamo al poderoso complesso industriale della Valle del Liri che, in pochi anni, cessò praticamente di esistere, annientato dalla con-correnza delle fabbriche del nord Italia e da una politica miope dei nuovi governanti. La stessa sorte nefasta subì l’industria mineraria. Alla fine del 1860 la ‘magona di Atina’ venne chiusa, depredata e abbandonata. Presa in carico dal neonato stato italiano, passò dal ministero della Guerra a quello delle Finanze che la mise in vendita. Nel 1878 i fratelli Visocchi, che già possedevano una cartiera ad Atina, acquistarono lo stabilimento di Rosani-sco e lo adibirono ad altre funzioni. Le miniere di limonite di San Donato, così come le altre della valle, furono definitivamente abbandonate"


Inviato
25 minuti fa, margheludo dice:

Buon lavoro @Legio II Italica molto interessante,aspetto con curiosità la Toscana.

Ciao @margheludo e grazie del tuo intervento . 

Per quanto riguarda le altre Regioni d' Italia non vorrei essere io a parlarne ma come scritto in apertura Post , ognuno dovrebbe farlo secondo la propria Regione di appartenenza in riferimento agli sfruttamenti minerari documentati nell' antichita' , senza impegno naturalmente , spero pero' di avere qualche consenso .

Nel tuo caso dovresti essere tu a raccontarci degli sfruttamenti minerari della Toscana ed Elba nell' antichita' ; e' un compito complesso conoscendo la ricchezza di minerali di queste due terre , ma naturalmente si riduce soltanto nel parlare dei minerali estratti da Etruschi e Romani per usi domestici , militari e da tesaurizzare , non di quelli "moderni" da collezionare . 


Inviato

Buon giorno,volentieri appena riesco metto insieme un po di materiale cartaceo che ho a casa con alcuni contenuti in pdf che so essere in rete,ma preferirei trattare solo della mia isola perché non conosco la storia estrattiva del resto della regione,sono sicuro che potrà farlo qualcun'altro,grazie a presto.

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Inviato

Salve Legio II Italica,

sono anch'io del Lazio ed ho seguito con molta curiosità questa spiegazione sulle attività estrattive della regione! Anche perché ammetto di non essermi ancora mai soffermata a riflettere a fondo sull'argomento... :fool:

Da ignorante in materia, posso dire che spero quindi in un'ampia partecipazione a questa discussione? :P

Vi seguo con interesse, buon proseguimento!


Inviato
20 minuti fa, clairdelune dice:

Salve Legio II Italica,

sono anch'io del Lazio ed ho seguito con molta curiosità questa spiegazione sulle attività estrattive della regione! Anche perché ammetto di non essermi ancora mai soffermata a riflettere a fondo sull'argomento... :fool:

Da ignorante in materia, posso dire che spero quindi in un'ampia partecipazione a questa discussione? :P

Vi seguo con interesse, buon proseguimento!

Ciao clairdelune , e' una discussione nata per caso perché da giovane facevo parte di un gruppo mineralogico di Roma , da cio' mi e' venuta l' idea di collegare in questo post i minerali alla storia antica , in quanto questo prodotto della natura ha pesantemente influenzato lo sviluppo dei popoli nel bene e nel male , basta pensare a quante ricchezze ma anche guerre sono nate per il possesso dei giacimenti minerali dai quali si ricavavano prodotti per cosi dire "casalinghi" ma anche e soprattutto prodotti per uso bellico e altri metalli nobili da tesaurizzare . Probabilmente il primo metallo che l' uomo ha conosciuto e' stato il Ferro di natura celeste , arrivato sulla Terra tramite le Meteoriti , ma non essendo stato in grado di fonderlo rimase metallo divino e "segreto" fino almeno al II millennio a.C. , tanto che i primi metalli conosciuti e facilmente lavorati furono il Rame e l' Oro , piu' facili a fondere e lavorare . Spero che il proposito di margheludo di intervenire nel Post per trattare dei giacimenti dell' isola d' Elba sfruttati nell' antichita' sia seguito da altri amici per altre Regioni .

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Inviato (modificato)

Buona sera,come @Legio II Italica ben sa, essendo un appassionato di mineralogia, L'elba merita una parentesi a parte,la sua unicità sta si nell'abbondanza di cristalli da "collezione" la cui moltitudine di tipi diversi costituisce un unicum a livello mondiale,ma anche e soprattutto nel ruolo che l'isola ha avuto nell'antichità per gli etruschi prima e per i romani e i pisani in seguito.Esistono una infinità di scritti che trattano la metallurgia etrusca su quest'isola ma cercherò di farne un sunto arricchito da alcuni dati che ci aiuteranno a farci un'idea delle dimenzioni di un fenomeno che ha segnato  la storia della metallurgia quantomeno del nostro odierno occidente.Il nome che i greci daranno all'elba sarà Aithaleia,se ne ha notizia almeno a partire dal VI sec.a.c. ne svelerà il significato Diodoro Siculo che nel I sec. narra di un isola nell'etruria di fronte a Populonia chiamata Aithaleia (la fumosa) dove i fumi dei numerosi forni per la fusione del suo abbondante minerale di ferro ne avvolgono perennemente le coste.In età del rame con la cosiddetta cultura di Rinaldone  si cominciano a sfruttano i giacimenti cupriferi che da queste parti  non sono particolarmente numerosi ne ricchi,a tal proposito ha ragione @Legio II Italicaa definire gli antichi "geologi" particolarmente abili visto che anche qui non verrà scoperto molto altro nei millenni a venire,l'escavazione e la lavorazione del minerale di ferro che seguiranno, saranno universalmente riconosciute come tra le piu'antiche del mondo intero, e saranno gli etruschi che, già a partire dall'ottavo secolo a.c., inizieranno lo sfruttamento sistematico dei ricchi giacimenti di pirite, limonite , ematite e magnetite che,al contrario del rame,paiono  essere inesauribili, "ast Ilva insula inexaustis chalybum generosa metallis"cosi' scrive Virgilio (Eneide libro 10, versi 146-214) generando un mito sopravvissuto fino a tempi inaspettatamente recenti secondo il quale il minerale di quest isola avrebbe avuto la capacità di rigenerarsi all infinito.Il picco produttivo sarà raggiunto in età repubblicana quando il prezioso metallo verrà quasi interamente assorbito dall'industria bellica della nuova potenza Roma che inizia ad espandersi, e'Tito Livio a ricordarci che fu Populonia a fornire le spade forgiato con il ferro elbano per le campagne africane di Scipione.Seguiranno anni incerti,alcuni studiosi ritengono che la prima  lavorazione del minerale dall isola si sposterà sulla terra ferma ,Populonia (baratti)in primis,a causa dell'esaurimento del legname,non è  in linea con questo pensiero Gino Brambilla il quale ritiene che qui si applicasse la rotazione ventennale del taglio dei boschi e che più probabilmente con l'acquisizione di nuove terre anch'esse ricche di giacimenti da parte di Roma, l'isola perderà temporaneamente importanza,fatto sta che esami effettuati su scorie di lavorazione sia sull isola di Ischia che su molti altri siti di fusione in quasi tutta la penisola ci hanno rivelato quanto fosse ancora indispensabile per l'industria dell'epoca.Il sopracitato Gino Brambilla ha dedicato gran parte della sua carriera da Archeologo a risolvere il "mistero del funzionamento degli efficentissimi forni etruschi,tanto da replicarne alcuni con successo e da portare a termine l'intero processo con risultati sorprendenti,ne parla nel suo libro "le impronte degli antichi abitatori dell'isola d'elba dalla preistoria agli etruschi"luculano editore. L'efficienza dei forni fusori etruschi fu superiore a quella di epoca sia imperiale che medievale,nelle scorie etrusche rimane solo il 40% di ferro contro il 60% delle epoche successive a testimonianza del l'accuratezza del metodo etrusco mai più eguagliato fino a tempi relativamente recenti, i numeri dell attività estrattiva sull'isola sono notevoli,si stima che fino agli anni 50'del secolo XX siano state estratte circa 40.000.000 di tonnellate di minerale,le scorie prodotte nelle fasi di lavorazione qui sono talmente abbondanti da essersi meritate un nome "schiumoli",costituiscono il fondo calpestabile di intere zone,generalmente spiagge,foci dei corsi d'acqua e in generale luoghi di lavorazione detti "fabbrichili",praticamente ovunque,basti pensare che dal 1915 al 1969 solo nella vicina Baratti vicino piombino sono state raccolte e rifuse dalle industrie siderurgiche della zona almeno 2.000.000 di tonnellate di "schiumoli",non conosco invece i numeri della raccolta di questo materiale avvenuta nello stesso periodo sull'isola.A seguire fotografie di luoghi di estrazione nella zona di Rio dove l'escavazione ha cambiato per sempre la morfologia del territorio,poi ancora i forni di Gino Brambilla e un particolare degli abbondanti "schiumoli",nella speranza di non avervi annoiato grazie a presto.

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Modificato da margheludo
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Inviato

Grazie @margheludo, magnifico post , se qualche altro utente del Forum , toscano , ci parlasse di questa terra gemella all' Elba per ricchezze minerarie , avremmo completato buona parte delle Regioni metallifere piu' importanti dell' antichita' dell' Italia centrale .

Tornando al fatto dell' abbondanza di scorie della lavorazione del Ferro di Etruschi e Romani , saprai che anche in epoca fascista per sopperire alla scarsita' di Ferro nazionale , si riutilizzarono le antiche scorie degli altoforni per ricavarne quel poco di metallo ferroso rimasto .  

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Inviato

Ottimo lavoro. Credo che un buon contributo potrebbe darlo l'Architetto Giannoni che tanto ha scritto del territorio elbano, la Zecca di Marciana e Principato di Piombino dagli Etruschi ad oggi.

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Inviato
2 ore fa, foti.l dice:

Ottimo lavoro. Credo che un buon contributo potrebbe darlo l'Architetto Giannoni che tanto ha scritto del territorio elbano, la Zecca di Marciana e Principato di Piombino dagli Etruschi ad oggi.

Grazie @foti.l , sarebbe senz' altro il benvenuto per la sua competenza specifica del territorio toscano , rimanendo naturalmente nell' argomento del post : metallurgia e miniere nell' antichita' etrusca e romana , poiché successivamente , fino ai tempi moderni , non si scoprirono nuovi giacimenti metalliferi .


  • 3 settimane dopo...
Inviato

Per la Lombardia ,ed in particolare per la zona di Bergamo, va ricordato il distretto piombo-zincifero della val del Riso/Parina con tracce di estrazione risalenti all'età del bronzo (2200ac. cc) 

Purtroppo lo sfruttamento intensivo dei millenni successivi ha de facto cancellato la maggior parte delle testimonianze antiche.La mancanza di studi approfonditi e di fondi hanno poi completato l'opera.

La situazione attuale va migliorando con un interesse verso la storia mineraria in aumento ( anche se lo studio degli  ultimi secoli riscontra maggiore interesse rispetto all'antichità) . 

Alcuni interessanti manufatti risalenti al v sec A.C. sono conservati al Civico Museo Archeologico Bergamasco http://www.museoarcheologicobergamo.it/index.php/percorsi/preistoria-e-protostoria-nel-territorio-di-bergamo/

Per le epoche successive gli esperti sono concordi nel ritenere che l'estrazione non abbia subito particolari  interruzioni. In zona sono stati rinvenuti reperti di origine romana ad esempio,oppure come non ricordare la carta topografica del distretto minerario redatta da L.Da Vinci http://www.bergamonews.it/2012/06/04/il-monte-areradisegnato-da-da-vinciin-valle-brembana/161125/

Thread molto interessante ,grazie a @Legio II Italica per averlo aperto.Seguo con interesse e, quando rintraccio nuove info,posto

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Inviato
9 ore fa, davideG dice:

Per la Lombardia ,ed in particolare per la zona di Bergamo, va ricordato il distretto piombo-zincifero della val del Riso/Parina con tracce di estrazione risalenti all'età del bronzo (2200ac. cc) 

Purtroppo lo sfruttamento intensivo dei millenni successivi ha de facto cancellato la maggior parte delle testimonianze antiche.La mancanza di studi approfonditi e di fondi hanno poi completato l'opera.

La situazione attuale va migliorando con un interesse verso la storia mineraria in aumento ( anche se lo studio degli  ultimi secoli riscontra maggiore interesse rispetto all'antichità) . 

Alcuni interessanti manufatti risalenti al v sec A.C. sono conservati al Civico Museo Archeologico Bergamasco http://www.museoarcheologicobergamo.it/index.php/percorsi/preistoria-e-protostoria-nel-territorio-di-bergamo/

Per le epoche successive gli esperti sono concordi nel ritenere che l'estrazione non abbia subito particolari  interruzioni. In zona sono stati rinvenuti reperti di origine romana ad esempio,oppure come non ricordare la carta topografica del distretto minerario redatta da L.Da Vinci http://www.bergamonews.it/2012/06/04/il-monte-areradisegnato-da-da-vinciin-valle-brembana/161125/

Thread molto interessante ,grazie a @Legio II Italica per averlo aperto.Seguo con interesse e, quando rintraccio nuove info,posto

Grazie per il tuo interessante intervento ; l' Archeologia Industriale , in particolare mineraria , e' una materia che sta sempre piu' prendendo spazio grazie alle iniziative locali sviluppatesi specialmente in Sardegna , distretti del Sulcis e Iglesiente , a tal riguardo vista l' importanza e la grande antichita' delle attivita' estrattive iniziate gia' al tempo della civilta' Nuragica , sarebbe bello se qualche utente Sardo ci raccontasse la storia antica di queste miniere .


Inviato

 

LE  ARGENTIERE  DI  GROMO  E  LA  MONETAZIONE  COMUNALE  BERGAMASCA    (estratto da una mia conferenza)

Questa mia breve esposizione sulle miniere e sulle monete medioevali bergamasche non è volutamente di carattere specialistico; peraltro non sono un esperto di storia delle miniere, per la quale faccio riferimento al lavoro di Gianni Barachetti “Possedimenti del vescovo di Bergamo nella valle di Ardesio”, ma piuttosto un appassionato collezionista delle nostre monete. Cercherò sostanzialmente di inquadrare il periodo storico che lega l’attività mineraria a quella della zecca di Bergamo e di illustrare brevemente le monete.

 

Nel corso dell’XI secolo il potere dei conti, che sono al vertice dell’autorità locale dall’avvento dei carolingi, va  sempre più sminuendosi a favore dei vescovi che,  spesso in contrasto con il Papato, godono invece del sostegno degli imperatori: già Berengario I nel secolo precedente, poi Ottone II e Enrico II conferiscono ai vescovi di Bergamo dapprima giurisdizione sulla città, poi via via sul territorio circostante fino ai contadi più lontani.

 

Nel 1026 inizia il governo vescovile anche nella valle di Ardesio; nel 1077 è eletto vescovo di Bergamo Arnolfo, filo imperiale e scismatico – sarà più tardi scomunicato  – e con lui l’Episcopato, che già gode di diritti di regalìa sui territori della valle, acquista anche quelli sulle miniere di argento.

 

Il primo documento che dà notizia certa sull’esistenza delle argentiere è un atto del dicembre 1077 con il quale un prestanome acquista, per ordine e con il denaro del vescovo, ogni diritto sulle vene di argento possedute nella valle di Ardesio da Otta, vedova del conte Alberico da Martinengo.

 

Dopo un periodo di controversie tra i vescovi che si succedono e gli abitanti della valle; nel 1079 si arriva a una transazione che, legittimando una situazione ormai esistente di fatto, riconosce molti dei diritti conquistati nel tempo dai valligiani; ai loro consoli è conferita la giurisdizione civile della valle, ed essi possono, tra l’altro, costruire fucine e fornelli per l’argento.

 

La valle gode di ampia autonomia nei confronti del vescovo, ma anche nei confronti del nascente comune cittadino, che non ha ancora esteso la sua giurisdizione sul territorio. La decadenza dell’autorità ecclesiastica e imperiale che caratterizza l’ XI secolo determina il fatto che le città incomincino a darsi libere istituzioni:  la struttura comunale si basa inizialmente su associazioni volontarie in cui il potere è nelle mani dell’aristocrazia maggiore e di quella minore, che, gravitando spesso intorno ai vescovi, era entrata a partecipare alla vita pubblica. Le famiglie più importanti, costituenti i valvassori e i cives, radunate nelle chiese e in presenza del popolo, discutono di bilancio, manutenzione, custodia, difesa, ed eleggono i rappresentanti ai Consigli di Credenza e Generale, organi supremi dell’amministrazione comunale dopo la decadenza del potere vescovile al quale si affiancavano in origine.

 

Tornando alle vicende della valle, in questo periodo l’attività mineraria (argento, rame, piombo, ferro) costituisce il nerbo della sua economia;  in un documento del 1217 viene indicata per la prima volta, seppure in modo vago, la collocazione geografica di una vena di argento: la vena “est in ripa Serii prope Grumo”.  L’estrazione dell’argento viene appaltata a società alle quali chiunque lavori versa somme di denaro in funzione dei giorni lavorati e dei materiali utilizzati. Ci sono alcuni documenti al riguardo, ma di controversa interpretazione: sull’indicazione ad esempio di 15 giorni di lavoro, non è chiaro se questo è il tempo massimo consentito per l’estrazione, o il limite al di sopra del quale si diventi affittuari; e  anche l’importo di 25 grossi da 4 denari versati periodicamente alla curia quali diritti di estrazione dalle società che lavorano nelle miniere di Gromo   non è chiaro a che cosa esattamente si riferisca. I diritti sulle miniere continuano a essere rivendicati dal comune e dall’episcopato: quest’ultimo cerca di difendere il suo potere feudale in disgregazione, il comune di subentrare; i titolari delle imprese estrattive devono rispondere a due padroni e, nella confusa situazione giuridica, cercano ove possibile di sottrarsi a entrambi.

 

Nel 1225 il vescovo si preoccupa ancora di acquistare diritti sulle miniere di argento e di rame che si trovano nel territorio di Gromo e nella valle, dal Ponte nuovo fino alla Scaluggia verso Bondione.

Negli anni prossimi al 1230 si susseguono controversie tra il vescovo di Bergamo Giovanni e i comuni di Ardesio e Gromo; quest’ultimo era stato concesso in feudo nel 1226 da Federico II alla famiglia Ginami. 

 

Ma in questo periodo vanno maturando importanti avvenimenti: la politica del comune, che nel frattempo ha accresciuto la propria autorità, mira ad avocare a sé la produzione dell’argento per dare avvio all’attività di una zecca cittadina.  Contro i capitoli minerari contenuti nello statuto di Bergamo, il vescovo chiede l’intervento papale, che però non avrà successo: il podestà fatto eleggere dal papa viene cacciato dopo che i Rivola e i Suardi, a capo rispettivamente dei partiti guelfo e ghibellino, dopo un lungo periodo di lotte e violenze si accordano e,  nel 1230, eleggono a podestà Rubaconte da Mandello, che a sua volta fa promulgare dei capitoli minerari volti al potenziamento della zecca e lesivi dei diritti vescovili.

 

Riguardo all’argento e al rame prodotti in Ardesio e Gromo, i capitoli minerari prevedono che “tutti i metalli del territorio debbono essere portati nella città di Bergamo”, con pene e multe per chi non osservi tale disposizione  o “affini o faccia affinare argento fuori dai suburbi della città, ad affinatori che abitino fuori Bergamo, specialmente nell’alta valle Seriana”. Viene ordinato che ogni raffineria allocata in provincia sia distrutta entro 8 giorni dalla promulgazione dello statuto, e i consoli di Ardesio e Gromo vengono vincolati sotto giuramento a far osservare tale disposizione.

 

Gli interventi vescovili e papali contro questi capitoli minerari cadono nel vuoto, tanto che essi ricompaiono nello “Statuto vecchio” della città di Bergamo del 1236: i paragrafi dal 16 al 21 riguardano la legislazione mineraria, e il decimo recita: “Item statuimus et ordinamus  quod moneta fiat in civitate Pergami bona et bella et legalis pro communi Pergami”. Che già gli ordinamenti minerari di Rubaconte da Mandello fossero in relazione con l’intenzione di avviare una zecca lo fa pensare il fatto che essi  riguardano solo i metalli da coniazione (argento, rame) ed escludano invece il ferro.

Nel 1238 gli Annales Placentini Gibellini riferiscono: “Pergamaschi fecerunt monetam novam quae dicitur Pergaminus”.

 

Il periodo di massima floridezza economica del comune di Bergamo, che coincide con quello di attività della zecca, non lo è invece per gli abitanti delle valli: mentre il governo dei vescovi, sostanzialmente limitato all’ambito della città, pur vantando diritti di regalìa sull’estrazione dell’argento, lasciava ampia libertà al contado, il comune fa sentire con più vigore la sua autorità: le valli perdono i loro privilegi e vengono sempre più coinvolte nelle vicende della città.

 

Dopo la chiusura della zecca nel 1302, l’estrazione dell’argento è abbandonata all’iniziativa privata, e  la Repubblica di Venezia, che nel 1428 subentra nel territorio, segna il declino di questa attività non più redditizia. Nel 1596 il capitano del popolo Zanne da Lezze, nella sua relazione al senato veneto, parla per Ardesio di sole miniere e officine per il ferro.

Nel 1666, poi, una violenta alluvione si abbatte su Gromo e le argentiere, da tempo abbandonate, vengono invase dal fango e distrutte.

 

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Inviato

Grazie dell' ottimo intervento @gpbasetti ; non e' necessario essere esperti di storia delle miniere , credo che in questo Forum nessuno lo sia , in quanto il tema del post e' comunque riferito all' uso dei minerali nell' antichita' , manufatti e appunto monete , essendo queste un prodotto della lavorazione dei metalli piu' preziosi , anche il Rame e il suo derivato Bronzo nell' antichita' lo erano . Grazie nuovamente e complimenti .


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