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Quattrino romano 1829


Ramossen

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Il 29/10/2016 at 16:47, Giov60 dice:

Per cortesia, vi sono riferimenti bibliografici per i punti 1 e 3 sopra riportati? Qualche libro o articolo?

Lo scudo del 1830 di Pio VIII fu la prima moneta romana che, grazie alla nuova tecnologia del vapore ed alla perizia di Voigt, venne coniata con la tecnologia dell'anello a virola (Chimenti - Cassanelli "Incisori e Conii della zecca di Bologna")

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@Ramossen

L'affermazione di Michele Chimienti riguardava la sola coniazione a virola (o ad anello, come si diceva), mentre per quanto attiene alle Presse a vapore (pure in funzione in zecche inglesi e tedesche dalla fine del XVIII secolo) non mi risulta alcun utilizzo a Roma. Secondo uno dei pochi articoli "generali" sulla Zecca di Roma, (Rovelli, Londei et al. Roma. In: Le zecche italiane fino all'unità d'Italia. Roma 2011, p. 1077) nel XIX secolo erano ancora in funzione le "macchine ad acqua" (ma non a vapore) cioè, tra le altre, avrebbero potuto battere moneta le presse con conii rotanti od oscillanti presenti nella zecca sita in Vaticano, oltre ai classici torchi a bilancere; sembra comunque difficile attestare il funzionamento delle "presse ad acqua" dopo il periodo napoleonico. Tuttavia è indubbio e necessario che le coniazioni alla virola necessitassero di un torchio modificato (come a Bologna) che potrebbe anche essere stato mosso dal vapore (tipo Watt/Boulton) sebbene Napoli e Bologna risultino le prime città italiane meccanizzate a questo riguardo (presse Uhlhorn) la prima intorno al 1850, la seconda nel 1857.

Dunque, ritengo, niente vapore a Roma sotto Pio VIII!

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Il 29/10/2016 at 16:47, Giov60 dice:

Per cortesia, vi sono riferimenti bibliografici per i punti 1 e 3 sopra riportati? Qualche libro o articolo? E' comunque poco credibile che un conio sia stato utilizzato "dopo" la morte del pontefice, in quanto i conii utilizzati venivano riscontrati e sigillati da apposita commissione su indicazione del Camerlengo all'inizio della S.V. (Balbi De Caro - Londei. La moneta Pontificia da Innocenzo XI a Gregorio XVI. Roma, 1984, p.207).

Per quanto riguarda l'affermazione 2, ritengo poco verosimile questa origine delle debolezze. Se un conio si danneggia e viene riparato si determinano debolezze nei punti più alti della moneta, in rapporto al metallo estruso nella frattura.

 

Aggiungerei anche che esistono più coni di ciascuna tipologia del rame di Pio VIII; di alcuni citati ad es. sul Pagani non ne ho traccia ma di altri anche non citati ne ho documentazione (si tratta comunque di piccole differenze). Ormai non seguo più molto questa monetazione per cui chiedo conferma... Giov60 ... prego...

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1 ora fa, Giuseppe dice:

Aggiungerei anche che esistono più coni di ciascuna tipologia del rame di Pio VIII; di alcuni citati ad es. sul Pagani non ne ho traccia ma di altri anche non citati ne ho documentazione (si tratta comunque di piccole differenze). Ormai non seguo più molto questa monetazione per cui chiedo conferma... Giov60 ... prego...

Questo è indubitabile. I coni per il rame, inoltre, si rovinavano molto più facilmente che quelli dell'argento causa la maggior durezza del metallo. Tuttavia quelli delle monetine (quattrino) erano più resistenti di quelli del rame maggiore. Nel periodo napoleonico 1 conio di D/ ed 1 di R/ del centesimo (del peso suppergiù del quattrino) servivano a battere 60-80.000 monete. Nel periodo successivo probabilmente la vita era almeno dimezzata in quanto era meno buona la qualità dell'acciaio utilizzato.

Per le tirature di Pio VIII credo siano stati utilizzati 3-5 coni per faccia per ciascuno dei nominali (baiocco, mezzo baiocco e quattrino) con differenze che dovrebbero risultare riconoscibili. Sfortunatamente la legislazione vigente da Pio VII in poi prevedeva che alla morte del Pontefice i conii delle monete in rame e in mistura fossero distrutti, e anche a Bologna non ne rimane traccia.

Modificato da Giov60
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