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L'imperatore Otone - Storia e monete


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Segnalo il libro, edito dall'Associazione Culturale Italia Numismatica, di Alberto Campana e Giovanni Santelli, dal titolo

L'imperatore Otone - Storia e monete

Per informazioni cliccare qui

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Dal sito di Santelli http://www.webalice.it/giovanni.santelli/news3001.html  ho appreso che la presentazione avverrà, con la presenza di entrambi gli autori, nell'ambito del Biblioday, giovedì 27 ottobre ore 17 presso la Biblioteca delle Arti dei Civici Musei di Reggio Emilia e sarà ripetuta sabato 29 ottobre ore 15 in sala Prampolini a Brescello (RE), il paese di don Camillo e Peppone, dove Otone si è suicidato.

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Finalmente un appuntamento a quattro passi da casa a cui potrò partecipare...(senza coincidenze con impegni lavorativi).

@acraf al termine della presentazione sarà anche possibile acquistare il volume?

saluti

Mario

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Beh a Brescello farò l'impossibile per esserci .... è vicinissimo a casa mia e questa deve essere una  bellissima occasione

Potrei anche finalmente conoscere di persona @acraf e già questo mi varrebbe il giro

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Confermo quanto scritto da Brig.

Il giovedì 27 ottobre ore 17, presso la Biblioteca delle Arti dei Civici Musei di Reggio Emilia, Piazza della Vittoria 5, nell'ambito anche della settimana delle Biblioteche, sarà tenuta la prima conferenza, con diapositive. La conferenza sarà moderata dal noto prof. Roberto Macellari, responsabile delle collezioni archeologiche dei Musei Civici di Reggio Emilia e già incaricato di Etruscologia e Archeologia Italica nelle Università degli Studi di Genova e di Parma. Allego l'invito:

Otho Inviti A5.jpg

Il sabato pomeriggio alle 15 ci sarà la presentazione anche a Brescello, nella sala Prampolini.

In ambedue le occasioni saranno disponibili copie del volume, e quindi si potrà acquistare e prendere sul posto.

Allego la pagina dell'indice:

3 - Pagina 7_96-1.jpg

Tutte le emissioni note a nome di Otone, riordinate secondo la sequenza cronologica, sono illustrate a colori.

 

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  • 4 settimane dopo...

eccomi di ritorno da Brescello!

che bello, ho preso il libro e leggerò prestissimo, peccato Campana non ci fosse per un imprevisto improvviso, ma Giovanni Santelli ha egregiamente esposto anche la parte di Campana.

non vedo l'ora di leggere

saluti a tutti

Alain

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Io ho partecipato alla conferenza di Reggio Emilia il giovedì 27, ma a causa di motivi familiari non sono riuscito ad essere presente anche questo sabato a Brescello e mi scuso vivamente con quanti hanno sperato di salutarmi e conoscermi...

In ogni caso ritengo utile e corretto per chi non è potuto venire alle conferenze riportare le diapositive e il sommario degli interventi che abbiamo riferito sia io sia l'ottimo amico e coautore Giovanni Santelli a Reggio Emilia, con interventi del moderatore prof. Macellari.

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Come dice il titolo, il libro tratta sia della storia sia delle monete coniate a nome dell’imperatore romano Marco Salvio Otone. Incominciamo dalla storia, cosa ci raccontate a questo proposito?

Le notizie sulla vita dell’imperatore sono tratte, ovviamente, dalle fonti storiche, tra cui primeggia Vite dei Cesari di Svetonio che, per questo imperatore, si è avvalso di una fonte privilegiata, suo padre, che faceva parte dell’esercito di Otone e aveva vissuto in prima persona l’epilogo della vicenda, come amava raccontare spesso al figlio, così che i fatti ne risultano particolarmente vivi e arricchiti da dettagli interessanti e, qualche volta, anche da pettegoli, come la notizia del parrucchino che Otone portava abitualmente, come del resto si nota agevolmente sulle monete.

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La carriera politica di Otone si avvantaggiò indubbiamente del fatto che egli faceva parte della ristretta cerchia degli intimi di Nerone, imperatore dal 54 al 68. Lui e Nerone erano talmente intimi che ebbero in comune anche una moglie, la celebre Poppea che Otone sposò nel 58, dopo averla fatta divorziare da Rufino Crispino, cui aveva dato anche un figlio. Quasi subito, però, Otone la cedette o la dovette cedere a Nerone, su questo aspetto le fonti non sono concordi. In cambio ottenne, comunque, il governatorato della Lusitania, l’attuale Portogallo, anche se non aveva alcun titolo per ricoprire una carica così alta. Otone rimase in Lusitania per 10 anni, fino alla morte di Nerone, avvenuta nel 68. Sembra che abbia governato bene la provincia che, comunque, gli servì per accumulare le risorse finanziarie indispensabili per la scalata al trono imperiale.

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Nel giugno del 68 Nerone fu deposto dalla carica imperiale e sostituito da Galba che aveva l’appoggio sia del senato, sia dei Pretoriani. Come si comportò Otone in quell’occasione?

Nonostante la sua antica amicizia con Nerone, Otone appoggiò subito Galba, arruolò truppe in tutta la penisola iberica e le portò a Roma a disposizione del nuovo imperatore, evidentemente contando di succedergli alla sua morte, visto che Galba aveva già 73 anni e, ragionevolmente, non aveva più molto da campare. A differenza di Galba, però, Otone aveva ben capito che gli arbitri del potere imperiale erano i pretoriani, perciò, appena giunto a Roma, iniziò subito a ingraziarseli con cospicue elargizioni di denaro.

Quando, il 10 gennaio del 69 Galba commise l’errore di nominare come suo successore Lucio Calpurnio Pisone, Otone ruppe gli indugi e corruppe i pretoriani. Cinque giorni dopo vennero uccisi sia Galba sia Pisone e Otone fu proclamato imperatore.

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La proclamazione a imperatore fu convalidata dal senato e accettata dai quattro quinti dell’esercito romano, infatti solo le truppe schierate nelle province occidentali gli furono ostili. In particolare le legioni di stanza nelle due Germanie e le tre di Britannia già ai primi di gennaio proclamarono imperatore Aulo Vitellio che si mosse con le sue truppe verso l’Italia e Roma per impadronirsi del potere. Otone, a sua volta, dopo aver inutilmente tentato una composizione amichevole, marciò con il suo esercito per intercettarlo. Lo scontro avvenne vicino a Cremona, a Bedriaco, dove gli otoniati ebbero la peggio e lasciarono sul campo 40.000 uomini.

 

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Da una parte, quindi, c’era l’esercito di Vitellio che, passate le Alpi, scendeva verso Roma, mentre dall’altra c’era quello di Otone che fronteggiò l’avversario a Bedriaco, vicino a Cremona, dove fu gravemente sconfitto. Come mai Brescello, che si trova ben distante da Cremona, fu coinvolto in questa vicenda?

Questo è stato, probabilmente, il grosso errore di Otone che causò la sconfitta di Bedriaco. Durante tutto il viaggio da Roma egli aveva marciato con l’esercito, come un soldato qualsiasi. Giunto nei pressi di Cremona, tenne un consiglio di guerra per decidere la strategia da adottare. Durante il consiglio emersero gravi divergenze fra i suoi generali: alcuni avrebbero voluto temporeggiare per dar tempo di arrivare ai potenti rinforzi che stavano giungendo dall’Oriente, altri, invece, erano del parere di attaccare subito. Alla fine Otone decise di allontanarsi dal suo esercito principale per non intralciare le decisioni dei suoi generali e di ritirarsi a Brescello. Così facendo, però, l’Imperatore privò le sue truppe non solo dell’indispensabile coordinamento, ma anche di un elevato numero di soldati che portò con sé a Brescello come sua scorta personale.

 

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Mi sembra chiaro il motivo per cui Otone si allontanò dal suo esercito principale, ma perché, fra le varie alternative possibili, scelse proprio Brescello?

È ben noto l’importanza che aveva, nell’antichità, la posizione geografica di Brescello che consentiva di controllare non solo un punto di attraversamento del Po, ma anche l’accesso alle valli dell’Enza e del Parma, che allora era un affluente dell’Enza. La sua posizione strategica indubbiamente fu il motivo della fortuna di Brescello nell’antichità, a partire dall’epoca etrusca fino a tutta l’epoca romana, ma divenne poi il principale motivo delle sue disgrazie, quando fu oggetto di numerosi tentativi di conquista che portarono più volte alla sua distruzione.

La sua posizione, quindi, concorse senz’altro alla decisione di Otone che, però, lo scelse anche perché, a quei tempi, Brescello era la città più importante della zona, probabilmente l’unica in grado di offrire un conveniente alloggio alla sua corte e al suo seguito, composto anche da numerosi senatori, con i rispettivi seguiti. L’importanza di Brescello in quel periodo è confermata dalle evidenze archeologiche, come i mosaici delle diapositive precedenti, o come il monumento funebre dei Concordi che vediamo nella diapositiva e che merita alcune considerazioni.

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Si tratta del più grande e più bel monumento funebre di epoca romana pervenutoci in Italia Settentrionale ed è databile con sicurezza al tempo di Nerone grazie alle pettinature delle donne del medaglione, molto simili a quelle di Giulia Agrippina, madre di Nerone, e di Statilia Messalina, la sua ultima moglie. 

Il monumento fu rinvenuto casualmente nel 1929 durante i lavori di scavo del canale Fiuma, in via Goleto a Boretto. Da allora giace negletto e incustodito nel Parco del Popolo a qualche centinaio di metri da dove ci troviamo adesso.

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Ci sembrano evidenti i motivi che, a quel tempo, avevano portato a questa collocazione, ma le esigenze dell’Italia imperiale fascista, che il monumento imperiale romano era chiamato a propagandare, sono tramontate da un pezzo e credo che ora il monumento dovrebbe trovare una più degna collocazione tra le mura di un museo. Personalmente non oso pensare al Museo Archeologico di Brescello, perché ciò scatenerebbe la guerra tra Brescello e Boretto, ma il Museo Archeologico di Reggio, che fin dalla fondazione custodisce numerosi reperti brescellesi, mi pare abbia tutte le carte in regola per ospitarlo.

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Nel frattempo il monumento ha già subito varie mutilazioni, come è facile rilevare confrontando lo stato attuale con le fotografie d’epoca e con i calchi fatti nel 1929. Nella diapositiva, ad esempio, si nota agevolmente quanto siano stati danneggiati i nasi dei due personaggi maschili e il fascio a sinistra.

 

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Cosa successe quando Otone giunse a Brescello con il suo seguito e le truppe che lo scortavano?

Giunto a Brescello, Otone si sistemò nella villa di uno degli ottimati locali, non si sa esattamente dove.

Dopo qualche giorno arrivò la ferale notizia della sconfitta di Bedriaco e l’imperatore decise subito di suicidarsi. Si accomiatò da parenti e amici, quindi si ritirò nella sua stanza lasciando la porta aperta. Si dice che abbia dormito tutta la notte, ma all’alba, appena sveglio, si suicidò gettandosi su una lama. Era il 17 aprile del 69 e aveva 37 anni.

 

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Una delle tante illustrazioni del libro è il disegno che rappresenta la lapide sepolcrale di una certa Velleia Afrodisia. Chi era e cos’ha avuto a che fare con Otone?

Secondo una tradizione letteraria, documentata già all’inizio del XVIII secolo nell’ambiente dell’Accademia dell’Arcadia, e giunta ben viva fino a noi, infatti ne parla anche monsignor Mori in Brescello nei suoi ventisei secoli di storia, Velleia Afrodisia sarebbe stata l’amante di Otone che, affranta dal dolore, si sarebbe suicidata gettandosi sulla pira funebre dell’amato.

 

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In effetti la lapide di Velleia Afrodisia fu rinvenuta dall’abate Carlo Talenti, che la inserì nel suo manoscritto Compendio Istorico per Brescello del 1736. Il ritrovamento della lapide fu considerato, dallo stesso Talenti e da diversi altri, la prova incontestabile della veridicità della tradizione. Altri, invece, come il Mori, hanno ritenuto che il tenore della lapide, evidentemente dettata da un marito sconsolato, fosse troppo affettuoso per una moglie morta suicida sulla pira dell’amante, fosse pure l’imperatore.

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È da rilevare, poi, che le fonti storiche, pur particolarmente ricche di notizie sulla morte di Otone, non fanno il minimo accenno a questo evento. Particolarmente probante, a questo proposito, il silenzio di Svetonio, che ci ha tramandato dettagli ben più marginali su questo imperatore, come, ad esempio, il fatto che portava il parrucchino. Svetonio scrive del suicidio solidale di diversi soldati, ma non accenna a nessuna donna. C’è infine da ricordare che gli studiosi moderni hanno datato questa lapide a circa un secolo dopo il suicidio di Otone, quindi, sicuramente, Velleia Afrodisia in vita non ha mai avuto nulla a che fare con l’imperatore.

 

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Si sa dove fu sepolto Otone?

Le fonti storiche raccontano che l’imperatore fu sepolto a Brescello dentro un modesto mausoleo che portava il suo nome e che non è giunto fino a noi.

Secondo il cronista modenese Spaccini, il mausoleo fu abbattuto dal marchese Cornelio Bentivoglio che ne utilizzò i materiali per la costruzione, avvenuta tra il 1568 e il 1580, del suo palazzo di Gualtieri che vediamo nella diapositiva.

La leggenda di Velleia Afrodisia ci offre uno spunto per la sua localizzazione.

 

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Ci sembra probabile che la leggenda di Velleia Afrodisia debba la sua origine dall’ultimo gesto d’amore di un marito affranto dal dolore. Prematuramente privato della sua rarissima consorte, Lucio Sabino ha voluto conferirle l’estremo onore, dandole sepoltura nel posto più prestigioso che esisteva a Brescello, che, ovviamente, non poteva essere che quello posto nelle immediate vicinanze del mausoleo imperiale. Dopo molto tempo, certamente dopo che la memoria di Velleia Afrodisia si era persa, qualche ignoto osservatore, drammaturgo, poeta o cantastorie che fosse, è rimasto colpito dalla vicinanza della tomba della donna con quella dell’imperatore, e ciò è stato probabilmente sufficiente per dar vita al mito. È impossibile, infatti, che il leggendario accostamento di Afrodisia a Otone sia stato casuale, visto che la donna è esistita veramente a Brescello, come documenta la sua lapide sepolcrale. Qualcuno quindi, in un qualche momento, deve aver visto i nomi dei due defunti uno vicino all’altro e ciò, ovviamente, deve essere avvenuto prima che il mausoleo venisse abbattuto nella seconda metà del XVI secolo. Sappiamo che la lapide di Velleia Afrodisia fu rinvenuta nella zona delimitata nella diapositiva dal rettangolo rosso, probabilmente non molto distante dall’asterisco giallo, che è il luogo in cui fu rinvenuto il famoso tesoro di Brescello del 1713. Lì vicino dovrebbe essere stato sepolto anche l’imperatore Otone.

 

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A proposito del grande tesoro di Brescello, condividete l’ipotesi, avanzata da alcuni, che tutto quell’oro fosse il tesoro di Otone?

No, a nostro parere l’ipotesi è sicuramente da escludere e per diversi motivi, ne dico alcuni. Prima di tutto gli aurei del tesoro sono stati tutti coniati in un periodo molto ristretto: dal 46 al 38 a.C. e ciò fa ritenere che il momento dell’interramento sia stato molto a ridosso di questo periodo e, perciò, circa un secolo prima della venuta di Otone a Brescello. C’è poi da tenere presente che Otone ha coniato a suo nome aurei che avevano un peso inferiore del 10% rispetto a quelli del tesoro di Brescello. È evidente che, se il tesoro fosse stato suo l’avrebbe subito fatto riconiare con i suoi tipi, perché, così facendo, avrebbe guadagnato ben 8.000 aurei, che non era una cifra da poco neppure per un imperatore.

 

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Poiché il tesoro di Brescello conteneva monete coniate da molti eserciti che stavano combattendosi l’un l’altro ai tempi del II triumvirato, conteneva, infatti, le monete coniate dagli eserciti di Ottaviano, Antonio, Bruto, e Cassio, l’ipotesi più probabile è che il proprietario fosse un ricco commerciante di indumenti di lana, che aveva accumulato il suo tesoro vendendo mantelli e tuniche ai vari eserciti. In questo libro, perciò, non si parla del grande tesoro di Brescello che, invece, abbiamo pubblicato in un apposito libro di due anni fa. 

 

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Abbiamo visto che Otone è stato imperatore per tre mesi, in questo brevissimo periodo, ha coniato molte monete?

Le monete a nome di Otone sono state emesse a Roma e in Oriente in quattro zecche provinciali: Locri Opus (in Achea), Mallus (in Cilicia), Antiochia (in Siria) e Alessandria (in Egitto).

Quella di Roma, ovviamente, è la monetazione “ufficiale” e sfoggia un ritratto dell’imperatore solitamente ben curato. Le emissioni provinciali, invece, sono state volute dalle varie autorità locali: magistrati, legati e senati cittadini.

 

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A Roma sono state coniate solo monete d’oro, gli aurei, e d’argento, i denari, solitamente in coppia, mentre non è stata battuta nessuna moneta di bronzo e, perciò, quelle esistenti in bronzo sono tutte false.

La prima emissione a nome di Otone fu quasi sicuramente quella con il tipo Victoria Othonis, con il globo che vediamo nella diapositiva.

 

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Seguirono altri 14  tipi, contraddistinti da varie divinità: Victoria, Pax, Securitas, Aequitas, Ceres, Giove e Vesta.

Può sembrare incredibile, visto il brevissimo periodo di governo, ma recenti studi hanno dimostrato che per coniare l’oro e l’argento di Otone sono stati utilizzati ben 521 coni di diritto e 639 di rovescio. Ciò nonostante non ci è pervenuto un elevato numero di monete e, di conseguenza, le monete di Otone vengono sempre considerate rare e, frequentemente, gli aurei raggiungono in asta quotazioni dell’ordine delle decine di migliaia di euro.

 

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È curioso rilevare come in diversi coni, come ad esempio nei quattro della diapositiva, si noti molto bene la presenza del famoso parrucchino dell’imperatore di cui ci fa fede lo storico Svetonio.

Per la sola zecca di Roma abbiamo catalogato 25 serie di monete, serie che diventano 57 aggiungendo quelle emesse nelle varie province.

 

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A differenza di Roma, le province non coniarono l’oro, ma solo argento e bronzo, di cui vediamo due esempi, uno di valore ignoto della zecca di Mallus in Cilicia e un diobolo della zecca di Alessandria d’Egitto.

 

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In questa diapositiva vediamo, invece, un tetradramma in argento coniato ad Antiochia in Siria e un altro tetradramma, ma questa volta in mistura, coniato ad Alessandria d’Egitto. Ricordo che la mistura era una lega a cui l’argento partecipava con un titolo inferiore al 500 per 1000.

È facile notare come le immagini dell’imperatore che appaiono nella monetazione provinciale non assomiglino minimamente a quelle della monetazione romana. Evidentemente le province avevano iniziato subito a coniare a suo nome, prima ancora di conoscere il suo aspetto fisico. Normalmente le zecche periferiche ricevevano da Roma un busto dell’imperatore da cui ricavare i giusti lineamenti da riportare sulle proprie monete. E’ ovvio che nel caso di Otone non c’erano stati tempi tecnici per conoscere il suo aspetto fisico.

 

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Un capitolo del libro è intitolato “Falsificazioni bronzi romani (incluso gruppo Cavino)”, di cosa si tratta?

Come ho precedentemente accennato la zecca di Roma non ha coniato nessun bronzo per Otone e, perciò, tutti i sesterzi, gli assi e i dupondi pervenutici per questo imperatore sono falsi.

Le più famose falsificazioni furono effettuate da Giovanni da Cavino (Padova, 1500 – ivi, 1570), che fu anche insigne medaglista e fu soprannominato il Padovano, per cui i suoi falsi sono chiamati anche padovanini. Egli creò soprattutto sesterzi, ma sono noti anche rari dupondi (a sinistra nella diapositiva) e assi “di fantasia”, che però sembrano essere opera di un falsario posteriore.

 

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È noto anche il falso medaglione che si vede nella diapositiva, anche questo forse opera di Giovanni da Cavino. La didascalia del rovescio ci permette di sapere che la donna che vi è ritratta vuole rappresentare Albia Terentia, la madre di Otone.

Diversi di questi bronzi vantano una notevole accuratezza di esecuzione e non di rado raggiungono in asta quotazione di tutto rispetto, ovviamente non come monete di Otone, ma come medaglistica rinascimentale.

 

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Oltre ai bronzi, esistono anche aurei e denari falsi?

Sono noti diversi aurei di Otone che sono riconosciuti essere moderne falsificazioni. Alcuni sono stati prodotti almeno nel XIX secolo e sono confluiti in alcuni medaglieri pubblici e un esemplare è stato perfino catalogato nel RIC, ma ne esistono anche di modernissimi fatti per imbrogliare i collezionisti, come nel caso che vediamo a destra nella diapositiva che è una modesta e tipica riproduzione bulgara (di un certo Lipanoff) ottenuta con pressa. Questo esemplare ha anche il peso incoerente.

Per quanto riguarda i denari sono molto numerose le loro falsificazioni effettuate sia nell’Ottocento sia, soprattutto, in epoca recente e prevalentemente per mano bulgara. Esistono anche denari suberati creati in epoca moderna. Ricordo che le monete suberate sono monete con l’anima di bronzo rivestita da una pellicola d’argento. Com’è noto esistono numerosi tipi di denari suberati autentici, ma non per Otone.

 

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Il libro si conclude con alcune note dedicate alle contromarche e alle curiosità numismatiche, di cosa si tratta?

Per quanto riguarda le contromarche abbiamo catalogato sia le contromarche a nome di Otone applicate su monete di bronzo di altri imperatori, un esempio lo vediamo nella diapositiva in basso, sia le contromarche di altre autorità applicate su monete emesse a nome di Otone, ne vediamo un esempio nella diapositiva in alto.

 

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Ci siamo occupati anche del denario che si vede nella diapositiva che ha la peculiarità di avere su un lato la testa in rilievo come tutti gli altri denari e sull’altro lato sempre la stessa testa, ma in incuso, ossia “scavata”. Questo dei cosiddetti denari incusi è un fenomeno già noto ma estremamente raro perché è il frutto di un errore in sede di conio e, perciò, merita di essere ricordato.

La moneta veniva normalmente coniata al diritto con il conio d’incudine e al rovescio con il conio di martello. Per coniare, un inserviente appoggiava sul conio d’incudine un tondello d’argento ben caldo. Il battitore ci appoggiava sopra il conio di martello e dava una buona martellata; dopo di che la moneta così coniata veniva tolta dai coni e messa a raffreddare. Qualche rarissima volta la moneta non si staccava e restava attaccata al conio di martello che così presentava non il consueto rovescio in incuso, ma il diritto della moneta in rilievo che, battuta su un nuovo tondello caldo, imprimeva, ovviamente, il diritto in incuso.

Quello della diapositiva è l’unico denario incuso che si conosca per Otone ed è stato battuto in un’asta del 2003.

                                                                            *          *         *         *         *

Tengo a precisare che quanto sopra esposto copre solo una parte del libro, al quale si rimanda per conoscere maggiori dettagli e riferomenti. Ogni serie emessa da Otone, sia a Roma sia nelle zecche provinciali, è riordinata in corretta sequenza ed è illustrata sempre a colori (penso che già le diapositive rendono l'idea del nostro desiderio di curare al massimo la qualità delle immagine che ci sono nel libro).

Chi è interessato al libro, può prendere accordi con l'editore (come si può evincere nel primo post).

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  • 1 anno dopo...

Buonasera Alberto @acraf

volevo esporre alcune considerazioni e riflessioni, come appunto accennato anche nei posti precedenti la quantità di conii è molto elevata e denota appunto un incessante lavoro delle officine non solo per la coniazione ma anche per la realizzazione dei conii che a quanto pare erano estremamente veloci da approntare essendone stati conteggiati 1200 tra diritto e rovescio.

 

Sappiamo che la VICTORIA OTHONIS è stata la prima emissione, definita principalmente come pura propaganda in attesa del confronto con Vitellio già elevato al rango di Augusto dalle legioni germaniche, però come descritto anche nella pubblicazione la prima legenda del gruppo I è IMP M OTHO CAESAR AVG TR P e il potere tribunizio verrà conferito solo il 28 febbraio quindi non potrebbe essere stata emessa la VICTORIA OTHONIS per celebrare la vittoria di Marco Aponio Saturnino contro i 9000 cavalieri Rossolani che invasero la Mesia proprio sotto Otone nello stesso mese di Febbraio? Perché non si sposa con più convinzione la teoria che la coniazione sia iniziata con il potere tribunizio? La vittoria contro i Rossolani ebbe grande risalto e difatti Aponio Saturnino venne celebrato e venne eretta a Roma una statua trionfale. Oppure immagino un tempo “tecnico” antecedente il conferimento ufficiale e quindi la coniazione sia iniziata qualche settimana prima e non dopo ma non a gennaio.

 

Ti aggiungo una curiosità, questo mio denario che condivide la stessa coppia di conii della aureo fig.33 e di cui allego l’immagine.

 

IMP M OTHO CAESAR AVG TR P, testa a d.

VICTORIA OTHONIS, Vittoria drappeggiata in volo a d., con la destra tiene una corona e con la sinistra una palma.

RIC 16

3,42 gr

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Modificato da Massenzio
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Innanzi tutto complimenti vivissimi per il bel denario con gli stessi conii dell'aureo, una situazione non rara nella monetazione romana imperiale, dove i conii usati per l'aureo spesso sono stati usati anche per coniare i denari d'argento.

Molto pertinente l'osservazione che la prima serie di Otone, con Victoria Othonis, possa essere stata ispirata anche dalla vittoria riportata dal suo legato M. Aponio Saturnino contro i Rossolani (o Roxolani), una tribù sarmata molto bellicosa che viveva tra i fiumi Don e Dnepr (quindi nell'odierna Russia). Nell'inverno 68/69 avevano superato il Danubio per occupare territori romani nella Mesia (odierna Romania). Ma furono sorpresi dalle truppe romane, più adatte ai combattimenti in pieno inverno... Riporto uno stralcio da Wikipedia:

Furono quindi attaccati all'improvviso dalla Legio III Gallica e sconfitti, essendo questi dispersi nel depredare i territori, impreparati ad una battaglia, aggravati dal peso dei fardelli, ed impossibilitati a sfruttare la cavalleria a causa delle vie sdrucciolevoli. Erano infatti incapaci nel combattere a piedi e dispersi, ed avrebbero dato problemi ai Romani solo attaccando a squadroni uniti e su un buon terreno. A cagione del terreno umido primaverile i cavalli stramazzavano e le loro lunghe lance e spade che reggevano con ambo le mani non servivano a niente. I ricchi che cadevano sotto l'urto nemico non potevano rialzarsi per il peso delle corazze, e li inghiottiva la neve. Non avendo questi uno scudo, i soldati romani, agili nei movimenti, non avevano difficoltà ad ucciderli ed i pochi che sopravvissero si nascosero nelle paludi, dove l'inverno e le ferite li finirono. M. Aponio Saturnino, che reggeva la Mesia, ricevette la statua trionfale, ed i luogotenenti delle legioni ornamenti consolari (Tacito I, 79)".

Siamo quindi in pieno inverno ed è compatibile con la datazione proposta per questa serie a fine febbraio 69, anche considerando i tempi tecnici per ricevere la notizia della vittoria partita dalla Mesia fino a Roma, anche se poi essa si inquadra in una più generale propaganda favorevole all'imperatore. Ringrazio per l'imbeccata, avendo nel libro trascurato questo particolare...

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