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Brexit


Ospite

Risposte migliori

Ho perso qualche rotella..... era il Liechtenstein che era fino ad un certo punto associato e poi ha aderito all'EFTA

Si certo il referendum del 94 o 95 ..... e il conseguenti trattati bilaterali UE-Svizzera.

Chiedo venia.

 

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Non vi sembra che il testo dei Pooh sia scritto proprio per l'UK che abbandona l'UE:

Lo so
so tutto non parlare più
lo so che forse è meglio
ma crederci non voglio
non c'ero preparato
ci vuole fiato a dirti.
Addio
c'è fumo e odore caldo qui
di dolci e di caffè
ognuno pensa a sé
è il giorno più normale
ma io sto male, male.
Dammi solo un minuto
un soffio di fiato
un attimo ancora
stare insieme è finito
abbiamo capito
ma dirselo è dura
è stato un bel tempo il mio tempo
con te.
Dammi solo un minuto
un soffio di fiato
un attimo ancora
noi tranquilli e lontani
oguno per sé
piangeremo domani
ma che coraggio che hai
come fai?
E poi
guardo in fondo cosa sei
un fuoco presto spento
se tira un po' di vento
un gioco senza impegno
ma lasci il segno tu.
Dammi solo un minuto
un soffio di fiato
un attimo ancora
stare insieme è finito
abbiamo capito
ma dirselo è dura
svegliati svegliami dai
come fai?
Ma è vero che sta tremando il tuo respiro
ma sì che è proprio vero.
Come mai i tuoi occhi ora stanno piangendo
dimmi che era un sogno e ci stiamo svegliando.

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E come risposta da parte dell'UE avrei pensato (questa è un'aria di Alcina, tratta dall'omonima opera di Handel ) :

Ma quando tornerai
di lacci avvinto il pie,
attendi pur da me
rigore e crudeltà
Rigore e crudeltà!
Attendi pur da me
rigore e crudelta.
Ma quando tornerai
di lacci avvinto il pie,
attendi pur da me
rigore e crudeltà
Attendi pur da me
rigore e crudeltà
Ma quando tornerai
di lacci avvinto il pie,
attendi pur da me
rigore e crudeltà.
Rigore e crudeltà!
Attendi pur da me
rigore e crudeltà
Rigore e crudeltà
Attendi pur da me
rigore e crudeltà

E pur, perché t'amai
ho ancor di te pietà
Ancor placar mi puoi,
mio ben, cor mio
non vuoi?
Mi lascia, infido, e va!
Mi lascia, infido, e va!

Ma quando tornerai
di lacci avvinto il pie,
attendi pur da me
rigore e crudeltà
Rigore e crudeltà!
Attendi pur da me
rigore e crudelta.
Ma quando tornerai
di lacci avvinto il pie,
attendi pur da me
rigore e crudeltà
Attendi pur da me
rigore e crudeltà
Ma quando tornerai
di lacci avvinto il pie,
attendi pur da me
rigore e crudeltà.
Rigore e crudeltà!
Attendi pur da me
rigore e crudeltà
Rigore e crudeltà
Attendi pur da me
rigore e crudeltà

 

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18 ore fa, ARES III dice:

Non vi sembra che il testo dei Pooh sia scritto proprio per l'UK che abbandona l'UE:




 

Sì, sì . Ma il film "E la nave va"  Federico Fellini  è più vicino alla situazione attuale .

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Potrebbe essere ma, devo essere sincero non mi ricordo il film, per sicurezza :P  in questi giorni cercherò di vederlo (perché mi sembra di averlo visto più di 20 anni fa e la memoria in questo momento non è d'aiuto).

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Brexit significa anche aumento di spese in quanto aumenterà la burocrazia (al meno all'inizio):

In Gran Bretagna per gestire il processo di Brexit, sono stati creati due nuovi ministeri: il dipartimento incaricato materialmente della Brexit e il ministero del commercio internazionale. Al momento sono stati assunti 150 dei circa 300 funzionari previsti, tra cui economisti e avvocati. Lo scrive l’Osservatore Romano sottolineando che al di là della Manica, intanto, i grandi progetti per le infrastrutture nel Regno Unito risultano «congelati» per l’incertezza creata dal clima della Brexit. Secondo Financial Times, gli investimenti hanno subito una brusca flessione dopo il referendum del 23 giugno, nel settore delle infrastrutture, vitale per l’economia del Regno Unito. Il volume dei contratti a luglio è sceso del 20 per cento rispetto al mese precedente e del 23 per cento su base annua. Da parte sua, il premier britannico Theresa May si è fortemente impegnata per rilanciare le infrastrutture nel Paese, promettendo una serie di investimenti in nuove strade, ferrovie e nel settore energetico. Ma la stampa mette in luce provvedimenti che sembrano andare in altra direzione, come il rinvio del progetto per la nuova centrale nucleare di Hinkley Point. O quello che sembra uno stop ai progetti di ampliamento degli aeroporti di Londra.

http://www.farodiroma.it/2016/08/22/la-brexit-alimenta-la-burocrazia-in-gran-bretagna/

E c'è chi prometteva subito risparmi da destinare al servizio sanitario pubblico una volta vinto il Leave ......

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Primi conti del Governo scozzese sulla Brexit:

Brexit, Scozia potrebbe tagliare il bilancio fino al 9% al 2030

 

Lo ha rivelato un rapporto pubblicato dal governo. L’uscita diminuire il Pil scozzese di ben 14,8 miliardi di dollari

dall'Unione Europea potrebbe diminuire il Pil scozzese di ben 14,8 miliardi di dollari all'anno dal 2030, mentre le entrate fiscali scozzesi potrebbero crollare di ben 4,9 miliardi di dollari all'anno nello stesso periodo, il che significa che il bilancio scozzese potrebbe essere ridotto di ben il 9 per cento ogni l’anno per i prossimi 14 anni. Lo ha rivelato un rapporto pubblicato dal governo scozzese. Questo articolo è il primo di una serie che il governo scozzese prevede di pubblicare per mostrare il potenziale impatto sulla Scozia dell’uscita del Regno Unito dal blocco. “Se il Regno Unito adottasse un rapporto di scambi con l'Ue, ciò potrebbe potenzialmente ridurre il Pil scozzese fino a 14,8 miliardi di dollari all'anno entro il 2030, rispetto a quello che potrebbe essere se la Brexit non avvenisse. Questo ridurrebbe il gettito fiscale e a sua volta la spesa pubblica”. In sostanza potrebbe esserci una riduzione del bilancio del governo scozzese tra il 6% e il 13%, dice il rapporto.

 

http://www.ilvelino.it/it/article/2016/08/23/brexit-scozia-potrebbe-tagliare-il-bilancio-fino-al-9-al-2030/322d710c-c82a-46cb-8625-b8a38b087040/

 

 

 

 

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Timidi inizi di opposizione alla Brexit :

Smith, no a Brexit senza voto anticipato

Candidato leader Labour propone anche secondo referendum

(ANSA) - LONDRA, 24 AGO - Owen Smith vuole cercare di bloccare il processo della Brexit se la premier Theresa May non si impegnerà per elezioni politiche anticipate o un secondo referendum sull'accordo di uscita dall'Ue da raggiungere con Bruxelles. Il candidato alla leadership del Labour, ora nelle mani di Jeremy Corbyn, afferma che in caso di vittoria nelle elezioni interne il prossimo mese il partito si opporrà all'attivazione dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona, che avvia l'iter di 'addio' del Paese all'Unione. ''Il Labour non vuole offrire un assegno in bianco ai conservatori'', sostiene Smith, secondo cui i britannici sono stati ingannati dalla campagna referendaria euroscettica e ora devono dire la loro sui termini della Brexit. Il Labour comunque non ha oggi la forza necessaria alla Camera dei Comuni per bloccare con un voto il processo di uscita.

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2016/08/24/smith-no-a-brexit-senza-voto-anticipato_a2d43056-5846-44b1-8333-3740267ee38b.html

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Sembra che tutto sia negativo per il Regno Unito ma è poi così o sarà poi così ?

Il Regno Unito naviga ora in una fase di limbo indubbiamente, i conti si dovranno credo farli tra qualche anno d'altronde il caso è indubbiamente pilota.

Le vendite al dettaglio sono in aumento.

La disoccupazione è ai minimi storici dal 2005.

C'è in corso un boom di borsa per le piccole aziende favorite dalla sterlina debole.

Il turismo ha goduto di una estate estremamente favorevole con tutti gli annessi e connessi.

Le small - cap sono salite dal voto del 4,1% dal voto

La sterlina debole comporta dinamiche conseguenziali ma questi primi dati economici smentirebbero almeno in parte le previsioni.

Certamente l'uscita deve avvenire e chissà quando, ma gli scambi commerciali continueranno e non può essere altro come dimostrano tutti i paesi fuori dall'UE con i quali il Regno Unito ha rapporti.

La stessa Germania che esporta fortemente in UK non potrà che negoziare in futuro.

Amici italiani che lavorano nella finanza, nell'immobiliare a Londra, che scrivono da Londra anche per quotidiani come il Sole 24 Ore non vedono situazioni drammatiche ma al limite opportunità nel futuro, un Paese che sganciato dall'UE potrebbe attirare in futuro investimenti sia finanziari che immobiliari o anche aziendali.

La partita è aperta, il tempo dirà la sua, di certo se un referendum vince di due punti percentuali vede un paese diviso ma non senza prospettive che devono essere create, di certo la scelta mi dicono è stata una scelta decisamente politica.

 

 

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Tutto può essere....... ma qualcuno si ricorda che cosa ha comportato la svalutazione della sterlina nel 1991-92 ?

Se non mi sbaglio disoccupazione per i cittadini e grossi profitti per gli speculatori.

Per arginare la disoccupazione è avvenuta una deregolamentazione e una significativa flessibilità del mercato del lavoro (leggi flessibilità ma significa perdita di diritti dei lavoratori, tra cui le retribuzioni, da tenere in considerazione che erano già state infiacchite dalla svalutazione monetaria).

Questo ha naturalmente avuto come effetto una diminuzione della disoccupazione, ma creando una massa di lavoratori-poveri perché il salario è talmente basso da non essere in grado di soddisfare alle esigenze primarie della vita. Una volta che l'economia è tornata a galoppare però i diritti pre-crisi non sono più stati reintrodotti.

(e qui sorge il problema delle periferie degradate covo di fanatismo e frustrazione, ma lasciamo ora perdere questa questione).

Ora con la Brexit ci saranno enormi profitti per gli speculatori ma i lavoratori dovranno ancora perdere altri diritti , cioè soldi dal salario, diventando veramente degli schiavi?

E quello che è peggio, è che le riforme liberiste attuate nell'UK diventeranno poi il modello che i nostri governanti prenderanno ed importeranno da noi.

Quindi W la Brexit ...... W il liberismo sfrenato ..... W gli schiavi che lavorano per 1 € / h , ops questo già c'è allora W gli schiavi che lavorano per 0,15 € / h ........

 

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Il 25/8/2016 at 18:14, ARES III dice:

Tutto può essere....... ma qualcuno si ricorda che cosa ha comportato la svalutazione della sterlina nel 1991-92 ?

Se non mi sbaglio disoccupazione per i cittadini e grossi profitti per gli speculatori.

Per arginare la disoccupazione è avvenuta una deregolamentazione e una significativa flessibilità del mercato del lavoro (leggi flessibilità ma significa perdita di diritti dei lavoratori, tra cui le retribuzioni, da tenere in considerazione che erano già state infiacchite dalla svalutazione monetaria).

Questo ha naturalmente avuto come effetto una diminuzione della disoccupazione, ma creando una massa di lavoratori-poveri perché il salario è talmente basso da non essere in grado di soddisfare alle esigenze primarie della vita. Una volta che l'economia è tornata a galoppare però i diritti pre-crisi non sono più stati reintrodotti.

(e qui sorge il problema delle periferie degradate covo di fanatismo e frustrazione, ma lasciamo ora perdere questa questione).

Ora con la Brexit ci saranno enormi profitti per gli speculatori ma i lavoratori dovranno ancora perdere altri diritti , cioè soldi dal salario, diventando veramente degli schiavi?

E quello che è peggio, è che le riforme liberiste attuate nell'UK diventeranno poi il modello che i nostri governanti prenderanno ed importeranno da noi.

Quindi W la Brexit ...... W il liberismo sfrenato ..... W gli schiavi che lavorano per 1 € / h , ops questo già c'è allora W gli schiavi che lavorano per 0,15 € / h ........

 

Semmai i modelli angloamericani ci sono imposti, fingendo che che ci siano piaciuti e quindi importati: dopo la WW2, potremmo fare altrimenti ?

Ma visto che parli di liberismo (e non liberalismo), tu quanti dipendenti hai, o hai avuto. E quanto li paghi o pagavi ? Sei stato un buon esempio ?

Qual'é il confine tra "lavoratore" e "schiavo", secondo te ? La quantità di soldi percepita ? Perchè per taluni, per esempio, il confine é il semplice obbligo di dover fare un qualcosa che non si vorrebbe fare.

 

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Awards

@Monetaio

Personalmente non ho dipendenti, ma semmai ne dovessi avere credo che dovrebbero essere retribuiti oltre che in base alla produttività anche in base al tempo dedicato al lavoro, in modo tale che chi lavora almeno 8 ore al giorno per 5-6 giorni a settimana debba avere una retribuzione in grado di farlo vivere decorosamente e non farlo sopravvivere; altrimenti io non chiamerei nessuno se non sono in grado di pagarlo.

Qualcuno va in un negozio ed acquista beni o servizi che non è in grado di pagare (o non vuole pagare)?

Se qualcuno non ha soldi fa da se e non fa il furbetto e sfrutta gli altri sottopagandoli dato che c'è la crisi.......

Se hai un figlio a carico e una moglie, sei disoccupato, accetti tutte le offerte anche se sai benissimo che essere pagato 1 € all'ora è sfruttamento, anzi moralmente è SCHIFOSO COLUI IL QUALE SI ARRICHISCE DELLE DISCRAZIE ALTRUI.

Ditemi se qualcuno che per sopravvivere è costretto a lavorare ad un 1€/h non è schiavizzato?

La schiavitù non dipende dalla presenza fisica di catene o di un sorvegliante.......sveglia.......ci sono catene d'oro e di seta oggi giorno che fanno credere di essere liberi ma non lo si è.

La libertà è la possibilità di poter scegliere senza subire pressioni esterne, è al quanto utopica certamente, però ritenere che le persone in difficoltà economica siano realmente libere di scegliere un lavoro sottopagato è un'infamia ed un'offesa, non per le mie idee perché possono essere errate, ma per tutte quelle persone sfruttate ogni giorno e sulla pelle delle quali ci sono personaggi che si arricchiscono impunemente ( e forse sono poi quelli che dicono agli altri di essere onesti, generosi con i bisognosi).

La ricchezza non è peccato tanto meno una vergogna, lo diventa però se il modo con il quale si è ottenuta è sfruttando ingiustamente le persone.

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Tutti contro tutti:

Brexit, il governo inglese è spaccato fra sogni e dura realtà

Il governo inglese sembra essere di fronte ad una spaccatura su come bisognerà affrontare la questione della Brexit, all'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, decisa dopo il referendum dello scorso giugno. All'interno del gabinetto di Theresa May si sarebbe creata una spaccatura tra la parte più “realista” guidata dal Cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond e i più accaniti sostenitori dell'uscita dall'Unione ad ogni costo come il ministro per la brexit David Davis e quello per il commercio internazionale Liam Fox, che avranno l'incarico di condurre le trattative con l'Unione europea in base all'articolo 50 dei trattati.

Philip Hammond avrebbe avvisato i suoi colleghi che è disperatamente necessario che l'industria finanziaria del Regno Unito, di importanza vitale per l'economia del Paese, continui ad avere accesso al mercato unico dell'Unione europea per non perdere preziose quote di mercato a favore dei concorrenti continentali, in primo luogo tedeschi e francesi che hanno già aperto le braccia a chi vorrà trasferire le attività dalla City di Londra in altre capitali oltre la Manica.

Il problema è che per continuare ad avere accesso al mercato unico, sia pure su base settoriale, sarà necessario concedere ai partner europei qualcosa, e quel qualcosa, stando alle dichiarazioni di vari leader europei, come Angela Merkel, potrebbero essere il mantenimento della libera circolazione delle persone e quindi il mancato raggiungimento del pieno controllo delle frontiere del Regno Unito, obiettivo che Davis e Fox ritengono prioritario.

Una parte del governo del Regno Unito ha quindi scoperto che non si può essere incinta soltanto un po', e che il resto d'Europa difficilmente sarà disposto a inginocchiarsi al volere inglese, ma un'altra parte non sembra volersi convincere del fatto che il manico del coltello è dal lato sbagliato della Manica, cioè a Bruxelles: una volta attivato l'articolo 50, i negoziati tra Regno Unito ed Unione Europea possono durare fino a due anni (troppo poco tempo per negoziati così complessi), con possibilità di proroga solo se entrambe le parti saranno d'accordo. Senza un accordo l’Unione Europea potrà semplicemente chiudere l'accesso al proprio mercato, il più grande del mondo, a Londra. Ciò significa che per ogni richiesta del governo May la Commissione Europea potrà porre qualsiasi condizione: per esempio, in cambio della libertà di Commercio, l'Unione europea potrebbe chiedere la libertà di movimento, e Londra potrebbe fare ben poco per imporre la propria volontà, perché il poco tempo a disposizione mette l'Europa in posizione di vantaggio.

Da un lato c'è il disastro economico di essere una minuscola Cina, sottoposta a tariffe e barriere per entrare nel più grande mercato del mondo, ad appena 35 chilometri di distanza, mentre dall'altra parte c'è per il Regno Unito l'obbligo di continuare ad essere soggetto alle regole europee, perdendo però la possibilità di intervenire nel processo di creazione di quelle stesse regole come avvenuto fino ad ora, in quanto membro dell'Unione Europea.

Il governo di Theresa May sta cercando un equilibrio impossibile per riuscire a consegnare al popolo di Elisabetta II la Brexit che hanno desiderato, e forse sanno bene di non sapere che cosa voglia dire compiere questo passo.

La stessa Theresa May è stata sinora molto reticente nel dire che cosa significherà nelle pratica per il Regno uscire dall'Unione Europea, limitandosi a dire che “Brexit significa Brexit”.

Cosa significhi questa frase, tuttavia, non è chiaro a nessuno, forse neppure alla stessa May. Nonostante vi siano state molte richieste il governo non ha ancora chiarito quale visione abbia sui negoziati e sui rapporti con l'Unione Europea dopo l'attivazione dell'articolo 50. Gli stessi parlamentari conservatori sono all'oscuro delle intenzioni del governo, così come l'opinione pubblica inglese, europea e mondiale. È molto probabile che lo stesso governo non abbia la più pallida idea di come uscire da questa trappola: lo dimostra anche il fatto che il governo ha deciso che non interpellerà il Parlamento sulla questione, evitando così l'imboscata che impedirebbe o quantomeno ritarderebbe anche per anni l'avvio della procedura di uscita dalla UE.

Il prossimo 31 agosto ci sarà una riunione di gabinetto durante la quale tutti i ministri daranno la propria opinione sulla Brexit per fare in modo che l'uscita del paese dalla UE sia un successo. In pratica, brancolano ancora nel buio, cercando una vita d'uscita che semplicemente non c'è, a meno che l'UE non commetta suicidio (e non è da escludere, visto il recente passato).

Intanto, l'attivazione dell'articolo 50 dei trattati europei, inizialmente prevista per l'autunno, e in seguito spostata alla fine del 2016, non dovrebbe arrivare prima dell'inizio del prossimo anno, stando a fonti governative. A quanto pare non serviva il Parlamento per ritardare l'inizio di questa tragica farsa.

http://it.ibtimes.com/brexit-il-governo-inglese-e-spaccato-fra-sogni-e-dura-realta-1463196

 

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35 minuti fa, ARES III dice:

@Monetaio

Personalmente non ho dipendenti, ma semmai ne dovessi avere credo che dovrebbero essere retribuiti oltre che in base alla produttività anche in base al tempo dedicato al lavoro, in modo tale che chi lavora almeno 8 ore al giorno per 5-6 giorni a settimana debba avere una retribuzione in grado di farlo vivere decorosamente e non farlo sopravvivere; altrimenti io non chiamerei nessuno se non sono in grado di pagarlo.

Eppure il pieno alla macchina lo fai, la luce a casa l'accend, e probabilmente indossi vestiti crafted in hong kong, Singapore e Thailand. Sono cose che se non ci fosse quello sfruttamento (anche peggiore di quello da te descritto), probabilmente non ti potresti permettere. Ne sei conscio, vero ?
 

Qualcuno va in un negozio ed acquista beni o servizi che non è in grado di pagare (o non vuole pagare)?

In realtà si, i truffatori ed i ladri, per esempio. Ma il concetto che volevi esprimere é chiaro, e lo condivido: se qualcuno non é in grado di potersi permettere qualcosa, é giusto che non la abbia.


Se qualcuno non ha soldi fa da se e non fa il furbetto e sfrutta gli altri sottopagandoli dato che c'è la crisi.......

Il discorso é condivisibile, in linea generale. Ma torniamo al discorso di cui sopra. Qual'é il limite, la linea di demarcazione tra lavoro giustamente retribuito e, per usare il tuo esempio, schiavismo. Ci provo io a dirla: la soglia della sopravvivenza, o meglio, della dignità economica (mi si passi il concetto)?

Se hai un figlio a carico e una moglie, sei disoccupato, accetti tutte le offerte anche se sai benissimo che essere pagato 1 € all'ora è sfruttamento, anzi moralmente è SCHIFOSO COLUI IL QUALE SI ARRICHISCE DELLE DISCRAZIE ALTRUI.

Ditemi sequalcuno che per sopravvivere è costretto a lavorare ad un 1€/h non è schiavizzato?

Ho capito, ma allora tutti quelli con moglie e figli a carico se non ne sono in grado, come dici tu, di fare DA SE, devono per forza essere sostenuti economicamente da terzi, anche quando eventualmente il loro lavoro non rende quanto a loro necessario ?

La schiavitù non dipende dalla presenza fisica di catene o di un sorvegliante.......sveglia.......ci sono catene d'oro e di seta oggi giorno che fanno credere di essere liberi ma non lo si è.

La libertà è la possibilità di poter scegliere senza subire pressioni esterne, è al quanto utopica certamente, però ritenere che le persone in difficoltà economica siano realmente libere di scegliere un lavoro sottopagato è un'infamia ed un'offesa, non per le mie idee perché possono essere errate, ma per tutte quelle persone sfruttate ogni giorno e sulla pelle delle quali ci sono personaggi che si arricchiscono impunemente ( e forse sono poi quelli che dicono agli altri di essere onesti, generosi con i bisognosi).

Certo ARES. Dal momento in cui l'essere umano é COSTRETTO ad utilizzare il danaro (FIAT per di più) é automaticamente schiavizzato, senza necessità di prigioni o catene. TUTTO il resto é la ovvia e logica conseguenza.

La ricchezza non è peccato tanto meno una vergogna, lo diventa però se il modo con il quale si è ottenuta è sfruttando ingiustamente le persone.

Io ho capito cosa sostieni, ed é un pensiero nobile. Ma il giusto e lo sbagliato sono sempre, purtroppo, relativi, essendo giudizi.

 

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Awards

Lo sfruttamento non dipende semplicemente dall'acquirente.

Prendiamo gli idrocarburi, campo che conosco un po'.

Il greggio al barile viene venduto afra 5-10 $ al barile dai produttori per passare ai 50 $ (oggi) sul mercato.

Un barile sono 159 litri, quindi 1 l di greggio sono 0,315 $ cioè 0,28 € .

Calcolando tutto (trasporto, raffinazione, intermediari vari, tasse) qual è la differenza?

Se invece partiamo dal dato del produttore il greggio si aggira tra lo 0,028 e lo 0,056 €.

Io consumatore come ho potuto sfruttare ?

Eventualmente si deve cercare tra le pieghe degli intermediari.

Questo vale per il resto.

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Tornando alla Brexit, iniziano i primi deliri di onnipotenza da parte di alcuni:

Brexit: Telegraph, via sistema metrico

Giornale, 'tornare a sistema imperiale, decidano consumatori'

La Brexit si deve attuare anche col ritorno al sistema di misura imperiale. E' il filo-conservatore ed euroscettico Daily Telegraph a lanciare in un editoriale l'appello criticando invece quanti nel Regno affermano che molte delle normative introdotte dall'Ue debbano restare in vigore anche dopo il divorzio da Bruxelles. Il giornale invoca l'addio a grammi e chili e il pieno ritorno al passato di once e pound, che al momento non possono essere usati da soli per indicare il peso all'interno dei supermercati sebbene i sudditi di sua maestà le preferiscano di gran lunga a quelle 'imposte' dall'Europa. Dopo il referendum del 23 giugno, inoltre, si sono moltiplicate le richieste dei negozianti britannici che chiedono se possono usare le unità tradizionali. ''I consumatori e non i burocrati devono decidere il sistema di misura'', tuona il Telegraph, che conclude con una certa retorica da Brexit: ''Abbiamo deciso di uscire. Ora dobbiamo riprendere il controllo ''.
 
 
Ma non sono loro a volere semplificazioni in materia commerciale?
Certo usare il sistema inglese a base non decimale è effettivamente Molto più semplice del nostro a base decimale (forse perché di origine francese?)
A questo punto non dovrebbero neppure bere vino continentale ma importarlo dalla California o dal Cile o dal Sudafrica .........
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La BREXIT? E’ stata un successo! All’apparenza.

In questi giorni stanno uscendo dei dati che andrebbero teoricamente a confermare la bontà della scelta fatta dagli inglesi in questa calda estate del 2016.
Mentre vi sto scrivendo leggo il comportamento il comportamento del mercato immobiliare, quello che onestamente mi preoccupava di più a livello di reazione alla Brexit. Un settore che, visti i livelli dei prezzi delle case, rischiava una vera e propria débâcle.

La Brexit non pesa sui prezzi delle case in Gran Bretagna. Ad agosto, secondo quanto riportato dalla Nationwide Building Society, l’aumento è stato dello 0,6% rispetto a luglio e di ben il 5,6% rispetto ad agosto 2015, superando le attese degli analisti. Negli ultimi tre mesi l’incremento registrato è stato dell’1,1%. Il dato sembra smentire le previsioni pessimistiche del post referendum, anche se non tutte le statistiche sono uniformi. Le cifre fornite ieri dalla Bank of England indicavano a luglio un calo nella concessione di mutui ai minimi degli ultimi 18 mesi e gli esperti del mercato immobiliare mettono in correlazione l’aumento dei prezzi con la diminuzione dell’offerta di case sul mercato. (Source) 

Ok, bene ma non benissimo, in quanto è già evidente un altro dato sempre sul settore immobiliare inglese:

London’s property market has lost some of its luster in recent months and it’s not just Brexit. The traditional summer lull is being compounded by payback after an investor rush at the start of the year to beat a tax change, a surge that sent price increases in the capital close to 15 percent. While U.K.-wide growth has continued, London’s internationally-driven property market is seeing a marked slowdown, with a recent survey showing it’s taking longer to sell homes. (BBG)

Questa notizia (la parte positiva) la possiamo poi accompagnare ad un’altra importante news in arrivo sul lato dei consumi.

Le vendite al dettaglio in Gran Bretagna sono cresciute a sorpresa dell’1,4% mensile a luglio e del 5,9 su anno. Lo rileva l’Ufficio di statistica. Il dato è molto oltre le attese che si aspettavano una variazione congiunturale nulla e una crescita tendenziale del 4,2%. Il mese precedente le vendite al dettaglio erano calate dello 0,9% congiunturale. (Source) 

Cavolo, ma allora la Brexit è stata un successo! Quindi diamo subito il via all’ITALEXIT! Fermi tutti e calmiamo gli entusiasmi. A parte le condizioni economiche estremamente differenti tra Italia e Gran Bretagna, che non permetterebbero lontanamente a fare dei paragoni sia sulla fattibilità che sulle conseguenze di un’uscita dall’UE, occorre fare delle rapide valutazioni.

1) In questo momento la debolezza della Sterlina inglese ha aiutato non poco. Era una valuta molto cara ed adesso è tornata ad un livello più equilibrato. Ma se l’export ne beneficia…tenuto conto che la Gran Bretagna produce sopratutto servizi, come saranno i risultati di un forte rincaro di tutto quanto viene importato?

2) i consumi sono ripartiti anche grazie ai forti stimoli monetari voluti dalla BoE dopo l’esito della Brexit. Effetti che non durano all’infinito, a meno che la BoE stessa si intestardisca con una politica monetaria ultra espansiva con tutti i rischi che ne derivano. Inoltre non dimentichiamo che c’è anche una componente stagionale. Giugno è stato disastroso per i consumi, un po’ per i timori del referendum ma anche per le pessimo condizioni climatiche. Inoltre una domanda: tenuto conto che la sterlina ha perso il giusto ma gli stipendi reali degli inglesi sono scesi del 10%  , come sono destinati a muoversi i consumi?

3) e più importante elemento. Se non avete la memoria troppo corta, ricorderete cose ho più volte scritto nei miei POST SU BREXIT. Ok, il referendum ha avuto il suo esito. Ma…nella realtà cosa è successo? Esattamente il NULLA. Ci sono stati dei negoziati per definire i dettagli della Brexit? No. Ci sono stati dei cmabiamenti effettivi a livello economico e commerciale? No. Ci sono stati elementi che non siano di tipo psicologico che hanno mosso i mercati? NO. Motivo? Perchè la Brexit NON è ancora partita, perchè sarà un lungo percorso e perchè glieffeti li vedremo solo tra molti anni. Quindi non dimentichiamo che che la Gran Bretagna è un paese con le spalle molto larghe e può quindi gestire meglio di altri la vicenda nel breve periodo, ma i veri effetti (e problematiche) li vedremo solo in futuro. Che poi la Brexit sia veramente un successo, mi spiace, lo escluderei categoricamente.

http://intermarketandmore.finanza.com/la-brexit-e-stata-un-successo-allapparenza-77970.html

 

In questi giorni stanno uscendo dei dati che andrebbero teoricamente a confermare la bontà della scelta fatta dagli inglesi in questa calda estate del 2016.
Mentre vi sto scrivendo leggo il comportamento il comportamento del mercato immobiliare, quello che onestamente mi preoccupava di più a livello di reazione alla Brexit. Un settore che, visti i livelli dei prezzi delle case, rischiava una vera e propria debacle.

La Brexit non pesa sui prezzi delle case in Gran Bretagna. Ad agosto, secondo quanto riportato dalla Nationwide Building Society, l’aumento è stato dello 0,6% rispetto a luglio e di ben il 5,6% rispetto ad agosto 2015, superando le attese degli analisti. Negli ultimi tre mesi l’incremento registrato è stato dell’1,1%. Il dato sembra smentire le previsioni pessimistiche del post referendum, anche se non tutte le statistiche sono uniformi. Le cifre fornite ieri dalla Bank of England indicavano a luglio un calo nella concessione di mutui ai minimi degli ultimi 18 mesi e gli esperti del mercato immobiliare mettono in correlazione l’aumento dei prezzi con la diminuzione dell’offerta di case sul mercato. (Source) 

Ok, bene ma non benissimo, in quanto è già evidente un altro dato sempre sul settore immobiliare inglese:

London’s property market has lost some of its luster in recent months and it’s not just Brexit. The traditional summer lull is being compounded by payback after an investor rush at the start of the year to beat a tax change, a surge that sent price increases in the capital close to 15 percent. While U.K.-wide growth has continued, London’s internationally-driven property market is seeing a marked slowdown, with a recent survey showing it’s taking longer to sell homes. (BBG)

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La Brexit non piace ai Giapponesi:

Brexit: il Giappone minaccia di lasciare il Regno Unito se resterà fuori dal mercato unico

Mentre si svolgeva il summit del G20 a Hangzhou in Cina il governo giapponese ha avvertito che le sue aziende potrebbero lasciare il Regno Unito, se il paese dovesse perdere accesso al mercato libero europeo dopo la Brexit. Si tratta di un argomento molto delicato, se si considera che il governo inglese è spaccato sulla questione.

Un report di 15 pagine pubblicato dal Ministero per gli Affari Esteri giapponese rivela le possibili conseguenze del commercio tra Regno Unito e Giappone dopo la Brexit, se le richieste da parte delle aziende giapponesi non dovessero essere soddisfatte.

Il documento contiene una nota specifica che dice che il Regno Unito deve mantenere un sistema di immigrazione che assicuri “l'accettazione di professionisti con alte capacità nel settore finanziario ed in altri settori”.

Il rapporto sottolinea inoltre che circa il 50% degli investimenti nell'Unione europea arriva nel Regno Unito, numero che comprende il denaro di compagnie come Nissan, Honda e Mitsubishi.

«Le aziende giapponesi con i loro quartieri generali europei nel Regno Unito potrebbero decidere di trasferire le loro funzioni apicali sull'Europa continentale se le leggi europee non dovessero più essere applicabili nel Regno Unito dopo il suo ritiro dall'Unione», afferma il report.

La lista di richieste fatta nel report comprende i costruttori di automobili, il Giappone teme che le parti di auto necessarie per la costruzione di un veicolo possono essere tassate due volte se importate dall'Unione Europea e poi assemblate in Gran Bretagna. Preoccupazioni anche per le banche: le conseguenze per le istituzioni finanziarie se il Regno Unito dovesse perdere accesso al sistema di passaporto bancario sarebbero molti importanti. Sì tratta infatti del sistema che permette alle banche con uffici nel Regno Unito di aprire succursali in altri paesi dell'Unione europea senza dover ottenere permessi speciali da parte del governo locale.

«Se le istituzioni finanziarie giapponesi dovessero avere difficoltà a mantenere il passaporto unico ottenuto nel Regno Unito, esse incontrerebbero difficoltà nelle proprie operazioni nell'Unione europea e potrebbero dover acquisire personalità giuridica all'interno dell'Unione Europea e ottenere nuovamente il passaporto, oppure spostare le proprie operazioni nel Regno Unito verso sedi esistenti nell'Unione Europea», si legge nel report.

Le banche d'investimento con base nel Regno Unito hanno già fatto notare preoccupazioni simili riguardo la questione del passaporto (con Francia e Germania pronte a portarsi a casa pezzi della City londinese), ma il report giapponese è il più forte comunicato ufficiale mai rilasciato da un governo straniero sulle conseguenze della Brexit.

Anche l'industria farmaceutica giapponese è preoccupata dalla Brexit, secondo il report. L’Agenzia per il farmaco europea ha sede a Londra ed è una caratteristica che rende il Regno Unito interessante come sede di ricerca farmaceutica.

«Molte compagnie farmaceutiche giapponesi operano a Londra, per via del fatto che l'Agenzia per il farmaco europea ha sede a Londra. Se l'agenzia dovesse essere trasferita in un altro Stato membro dell'Unione Europea l'appeal di Londra come ambiente per lo sviluppo di prodotti farmaceutici verrebbe meno, cosa che potrebbe portare ad uno spostamento nei flussi di fondi in ricerca e sviluppo verso l'Europa continentale».

«Questo potrebbe costringere le compagnie giapponesi a riconsiderare le proprie attività di business» scrive il report.

«Il governo del Giappone ha fiducia nel fatto che il Regno Unito e l'Unione Europea, prestando ascolto a queste richieste in maniera piena e rispondendo loro in maniera cooperativa, manterranno l'attuale ambiente di business o allevieranno gli impatti di ogni cambio radicale, in modo da rimanere una destinazione attraente per fare affari» prosegue il report.

«Il Giappone è interessato a cooperare per fare in modo che il processo di negoziazione per il ritiro del Regno Unito va davanti senza problemi e senza causare grandi disturbi all'economia mondiale».

Il report è arrivato dopo che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha avvisato il primo ministro britannico Theresa May che gli Stati Uniti non daranno priorità ad un accordo commerciale con il Regno Unito nel caso in cui Londra lasciasse l'Unione Europea, favorendo invece la finalizzazione del TTIP e del TPP, ovvero gli accordi commerciali con l'Unione europea e con le nazioni dell'Asia-Pacifico.

 

http://it.ibtimes.com/brexit-il-giappone-minaccia-di-lasciare-il-regno-unito-se-restera-fuori-dal-mercato-unico-1463979

 

Quindi adesso auguriamoci di fargli fare una Brexit che esclude l'UK dal Mercato unico, così le aziende Giapponesi potrebbero venire anche da noi.

Adesso potrei anche dire W la Brexit........

Ma questi trasferimenti potrebbero produrre conseguenze negative sulla popolazione dell'UK ?

Certamente il PM May sta cercando di addolcire la pillola e mette le mani avanti con l'affermazione "La Gran Bretagna deve prepararsi per ''tempi difficili'' con la Brexit".

Se lo dice proprio lei allora le possiamo credere.

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Brexit, il Parlamento boccia la petizione per un nuovo voto

Scontato l'esito del Parlamento britannico sulla riedizione del referendum della Brexit

Il referendum della Brexit si è svolto più di due mesi e oggi, dopo la volontà espressa dal 51,9 per cento dei cittadini britannici, il Parlamento di Westminster ha dovuto discutere della possibilità portata avanti da una petizione che desidera un secondo referendum. Le firme della petizione erano già cominciate all’indomani dell’esito della Brexit, ma il Governo ha scartato l’ipotesi di una riedizione del referendum, come d’altra parte era già scontato che facesse. Tuttavia è stato necessario discutere della petizione che, alla pari di ogni altra, deve essere discussa in aula dopo il raggiungimento di 100.000 firme (in questo caso le firme raccolte sono state oltre 4 milioni).

L’ex-Ministro Tory John Penrose ha detto che qualsiasi tentativo di bypassare il voto del Leave risulterebbe «corrosivo» per la fiducia del pubblico, focalizzando l’attenzione sulla mancanza di credibilità dello strumento referendario se l’esito venisse ridiscusso con un altro referendum. La decisione insomma è stata presa e non si può tornare indietro: «non riesco a pensare a nulla di più pericoloso, a nulla di più deleterio che noi, qui dentro, affermiamo di non voler ascoltare, ci chiudiamo le orecchie e ci rifiutiamo di rispettare una decisione del genere». Il deputato laburisa David Lammy ha precisato tuttavia che «dopo due mesi e mezzo non sappiamo ancora di preciso che cosa significhi la Brexit e viviamo nell’incertezza. Ecco il perchè di questa petizione. Non sappiamo che forma assumerà la Brexit, nè se e quando possa avvenire». Il Primo Ministro Theresa May infatti non ha ancora fatto riferimento ad alcuna trattativa per uscire dall’Unione Europea, nonostante anche lei abbia ribadito la volontà di rispettare il voto del referendum: «Brexit vuol dire Brexit». Il termine di scadenza è fissato tra due anni, e le trattative, con ogni probabilità, vanno a rilento soprattutto per la mole di lavoro amministrativo da eseguire per uscire dall’organizzazione comunitaria e ridiscutere i termini politici, economici e commerciali con i singoli Paesi.

http://www.lindro.it/brexit-il-parlamento-boccia-la-petizione-per-un-nuovo-voto/

Purtroppo non hanno preso in considerazione neppure l'ipotesi democratica di mettere a referendum il piano di uscita, cioè gli accordi che dovrebbero siglare i nuovi rapporti UE-UK. Infatti sarebbe sensato sapere con quali condizioni l'UK esce, perché se peggiori delle attuali relazioni, i cittadini potrebbero rifiutarsi di uscire dall'UE.

Il ragionamento è contorto, però dato che questo referendum è SOLO consultivo, e quindi sono i politici che alla fine vogliono decidere, perché non consultarsi ancora con i cittadini alla fine dei negoziati sulla Brexit per sapere se sono d'accordo con essi oppure piuttosto preferiscono rimanere all'interno dell'UE ?

 

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Brexit: nuova tassa in arrivo, ecco cosa succederà

A causa della Brexit, ovvero l'uscita della Gran Bretagna dall'Europa, Bruxelles chiede il pagamento della nuova tassa Etias.

Non è tutta rose e fiori l'uscita della Gran Bretagna dall'Europa; ora Bruxelles chiede l'esclusione dell'Inghilterra dal progetto Etias, ovvero il progetto che dovrebbe entrare in vigore dal mese di novembre e che servirà a regolamentare la libera circolazione nei paesi dell'#Unione Europea. Il progetto in questione dovrebbe seguire le fila statunitensi in materia di ingresso in nazione, ovvero l'Esta, una tassa che viene imposta ai cittadini non Americani, che entrano negli Stati Uniti d'America e che serve come autorizzazione e controllo sulla persona che ne ha fatto richiesta.

La Brexit creerà un danno ai cittadini inglesi

Se la proposta di Bruxelles dovesse andare in porto, tutti i cittadini esclusi dal patto Schengen sarebbero obbligati a fare richiesta dell'Etias per entrare in Europa, e pertanto saranno obbligati a pagare una nuova tassa per potersi muovere all'interno dell'Unione Europea. L'Etias, ovvero l'autorizzazione ed il controllo UE per il viaggio, servirebbe a sanare i conti dell'Unione europea ed a incrementare il controllo dei cittadini extracomunitari che varcano il territorio. L'America, che impone l'autorizzazione Esta ad un costo di 14 dollari a passeggero, è riuscita ad incassare una cifra che si aggirerebbe pressapoco sui 193 milioni di dollari solo per l'anno 2015, sulla base di circa 13,8 milioni di passeggeri che sono stati obbligati a farne richiesta.

 
 
Nuovi fondi grazie alla Etias europea

In caso di approvazione della nuovo progetto di autorizzazione e controllo per il territorio europeo, Bruxelles stima un entrata di fondi per una cifra di 200 milioni di euro se la tassa verrebbe imposta al costo di 13 euro, mentre nel caso in cui il pagamento dell'Etias avverrebbe allo stesso costo di un visto, ovvero 50 euro, si stima un'entrata per la UE di circa 2 miliardi di euro sulla base stimata di 30 milioni di turisti in tutta Europa; l'Inghilterra a causa della Brexit, potrebbe non solo restare fuori dal progetto, ma essere tra gli Stati obbligati a pagare una tassa per entrare in Europa.

http://it.blastingnews.com/tasse/2016/09/brexit-nuova-tassa-in-arrivo-ecco-cosa-succedera-001102823.html

 

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Brexit, due anni di negoziati? Una punizione per tutti noi

 

Cari Italians e BSEV, a due mesi dal referendum su Brexit, mi e’ venuta la Brexite. La Brexite e’ un disturbo caratterizzato da ansieta’, insonnia e agitazione motoria incontrollata. Quando sento alla televisione parlare di Brexit, reagisco come il poliziotto Dreyfuss, quando vedeva l’Ispettore Clouseau, nella serie di film “La Pantera Rosa”: il viso edil corpo si contorcono in spasmi. Nel Regno Unito, il futuro per gli europei appare piu’ incerto che mai, io mi sento come un ebreo nella Germania nazista, incerto se restare o andarmene, e dove. Casablanca, Lisbona o Tangeri? I quotidiani inglesi riportano voci contraddittorie, i ministri rassicurano i residenti europei in modo sibillino: ”Potete restare, per ora…” oppure: ”Vogliamo garantire i vostri diritti, a meno che…”. Alcuni articoli opinano che, forse, la Brexit non avvera’, perche’ il Parlamento votera’ contro, oppure perche’ Corbyn vincera’ le prossime elezioni, o infine un pianeta nascosto si scontrera’ col nostro, e cosi’ riposeremo in pace. Saro’ cinico, ma io non ci credo, sono solo dei “teasers”. Se qualche deputato europeo leggesse questa, potrebbe per cortesia proporre al Parlamento Europeo la revisione dell’art. 50, del Trattato di Lisbona? Occorre aggiungere all’art. 50 le modalita’ di uscita dall’UE, non e’ ragionevole imporre due anni di negoziati Brexit, e’ una punizione insolita e crudele per tutti gli europei in UK, e per i britannici in UE. Come sanno tutti i divorziati, quando si divorzia non si ha la mente lucida, si cerca vendetta. Cosa ci si puo’ attendere da due anni di negoziati tra quei volponi di Theresa, Boris e Brexiters, contro quei burocrati di Angela, Francois e Jean-Claude, con il resto d’Europa a fare il coro del Nabucco? Continue ripicche e dispetti. In conclusione, sarebbe meglio evitare i negoziati per l’uscita, grazie ad accordi preliminari: patti chiari, amicizia lunga. Saluti dal Regno Unito

http://italians.corriere.it/2016/09/05/44339/

Questa lettera spiritosa forse contiene più saggezza di quanto non si recepisce a primo impatto.

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Lloyd pronta a lasciare la City: colpa della Brexit

L'uscita del Regno Unito dalla Ue inizia a produrre i primi dolori tra le aziende inglesi. La compagnia assicurativa ha fatto sapere di aver iniziato la valutazione se trasferire o meno la sede in una città diversa da Londra

LONDRA – Il nome completo e ufficiale è “Lloyd’s of London”. Ma a causa di Brexit, la più grande compagnia di assicurazioni al mondo potrebbe lasciare Londra, la città in cui è nata, inizialmente dentro un coffee shop, 328 anni or sono. “Il nostro punto di vista è che mantenere accesso all’Unione Europea sia fondamentale”, ha affermato ieri sera John Nelson, presidente della Lloyd’s, alla cena annuale della società. “Se non siamo in grado di accedere al singolo mercato europeo, la conseguenza inevitabile per la Lloyd’s, come in effetti per altre assicurazioni, sarà che trasferiremo il business nella Ue e questo ovviamente avrà un impatto su Londra”.
 
Le sue parole, riportate stamane con ampio rilievo dal Financial Times, fanno tremare la City, dove il settore assicurazioni impiega 50 mila persone e contribuisce a oltre un quinto dei guadagni annuali. Nelson ha sottolineato che la Lloyd’s manterrebbe comunque il quartier generale e la propria sede legale nella capitale britannica. Ma anche spostare in un altro paese della Ue soltanto una parte delle operazioni sarebbe una decisione, concreta e simbolica, di enorme effetto per una delle due capitali (insieme a New York) della finanza mondiale. Il presidente della Lloyd’s non ha indicato città candidate a ospitare un possibile trasloco. Secondo indiscrezioni riportate dal quotidiano della City, tuttavia, Dublino sarebbe fra le ipotesi più accreditate, perché vicina a Londra, di lingua inglese e già sede delle operazioni europee di numerose aziende globali (a dispetto delle recenti polemiche fiscali su Apple e altri giganti della rivoluzione digitale).
 
Intervistato dalla Bbc, Nelson ha aggiunto che il governo britannico dovrebbe rendere note le sue intenzioni riguardo a Brexit il più presto possibile. “Il business delle assicurazioni è piuttosto mobile”, ha detto il presidente della Lloyd’s. “Se permane l’incertezza per un periodo prolungato, dovremo mettere in moto i nostri piani contigenti”. Un’allusione a trovare un’alternativa a Londra.
 
Ma il governo di Theresa May non sembra in procinto di dare indicazioni chiare entro breve tempo. La nuova premier afferma che non invocherà l’articolo 50 del trattato europeo, che apre un periodo di negoziati di due anni sulla secessione dalla Ue di uno stato membro, prima dell’inizio del 2017. Al G2’ in Cina, May ha escluso l’ipotesi di una “immigrazione a punti” tipo quella esistente in Australia (che regola l’ingresso degli immigrati a seconda delle necessità di posti di lavoro nei diversi settori dell’economia nazionale), che era stata una delle posizioni apparentemente preferite dal fronte di Brexit nella campagna per il referendum del giugno scorso. E il ministro a cui la premier ha affidato la trattativa con Bruxelles, David Davis, viene prese in giro da tutti i giornali del regno per essersi presentato ieri in parlamento ripetendo che la Gran Bretagna uscirà dall’Unione Europea, ma senza fornire alcun dettaglio su come, quando e con quali condizioni.
 
“Brexit significa Brexit”, continua a ripetere Theresa May, ma al summit cinese la premier ha dato l’impressione di raffreddare quello che appariva un suo ottimistico entusiasmo per il divorzio da Bruxelles, affermando che uscire dalla Ue porterà “tempi difficili” nel Regno Unito, a dispetto delle statistiche finora sostanzialmente positive sull’andamento dell’economia dopo il referendum. Statistiche basate sulla psicologia dei consumatori più che su conseguenze di Brexit che non ci sono ancora state, come potrebbe essere appunto l’uscita dal singolo mercato e l’esodo
di società ed aziende da Londra. Quale la Lloyd’s, la cui amministratrice delegata, Inga Beale, era schierata decisamente per rimanere nella Ue e viene ora inserita dal Financial Times nella lista di “30 uomini e donne” cruciali per il futuro post-Brexit della City. 

http://www.repubblica.it/economia/finanza/2016/09/06/news/lloyd_pronta_a_lasciare_la_city_colpa_della_brexit-147265832/?rss

 

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