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Tiziano, Filippo II di Spagna e la Maddalena scomparsa

 

 

Madrid - Dall’Archivio Generale di Simancas (Spagna) documenti che si pensavano persi o inesistenti riemergono da un ingiustificato oblio come conchiglie morte lasciate sulla spiaggia della Storia da una metaforica risacca.
Per caso mi sono imbattuto in un carteggio di Filippo II di Spagna avente per oggetto alcune committenze fatte a Tiziano (1488/90 -1576).
Si tratta di due lettere, scambiate tra il sovrano e il suo uomo di fiducia a Venezia, un tale Garcihernandez, tuttavia i documenti rivelano una corrispondenza fitta compresa tra il giugno del 1561 e l’ottobre di quello stesso anno.
Nella prima, che porta la data del 27 agosto del 1561, Filippo II loda il Garcihernandez per la ricchezza, la puntualità e la precisione delle informazioni da lui fornite circa gli spostamenti della flotta turca nel Levante (siamo, infatti, alla vigilia della battaglia di Lepanto). Il Sovrano chiede ragguagli su alcuni progetti della Repubblica veneta aventi per oggetto la fortificazione e la difesa della città di Bergamo.
Nella stessa lettera il re riferisce di aver dato mandato al suo vecchio segretario, Gonzalo Pérez, di autorizzare eventuali spese per l’acquisto di colori della più fine qualità da consegnare a Tiziano o a chi si presentasse a suo nome.
In verità, dopo aver scritto così, il re subito si autorettifica suggerendo al suo tramite di mettere a disposizione solo le somme avendo cura che i colori fossero comprati da Tiziano stesso o da chi per lui. E che tutto questo avvenisse nel più breve tempo possibile.
Garcihernandez risponde al sovrano in data 22 settembre di quell’anno informandolo sempre sulla situazione nel Levante e sullo stato di avanzamento delle opere di fortificazione di Bergamo.
Il 22 ottobre seguente il re indirizza la seconda missiva al fiduciario, ringraziandolo per le notizie sul Levante e su Bergamo da lui riferite e informandolo di aver ricevuto una lettera da Tiziano nella quale il pittore dichiarava di aver terminato il quadro della Maddalena e chiedeva istruzioni su come rimetterlo a Madrid.
Il re, allora, prospetta a Garcihernandez due possibilità: o consegnare la pittura al Marchese di Pescara che poi avrebbe provveduto a inoltrargliela via terra; o farla arrivare all’ambasciatore spagnolo a Genova, Figueroa, per una spedizione via mare. In ogni caso, qualunque fosse stata l’opzione da lui scelta, il sovrano lo prega d’informarlo tempestivamente.
A questo riguardo dispensa un sacco di consigli al Garcihernandez perché la pittura non sia minimamente maltrattata durante il viaggio.
Consigli dai quali trapela un Filippo II ansioso, quasi maniacale.
Nello stesso contesto il re avverte il suo emissario che Tiziano gli consegnerà altri lavori oltre alla Maddalena e anche per quelli lo esorterà a scegliere la via migliore per farli arrivare in ottimo stato a Madrid.
A ragion veduta, alla lettera Filippo II acclude un biglietto per l’ambasciatore Figueroa e un altro per il Marchese di Pescara. In essi sostanzialmente Filippo ribadisce le stesse raccomandazioni già espresse al fiduciario veneziano.
A questa lettera indirizzata al Garcihernandez il sovrano ne allega pure un’altra personale per Tiziano.
In effetti, Filippo II rispondeva a un biglietto precedente del pittore scritto in data 17 agosto del 1561, con il quale il cadorino lo aveva informato di aver completato la Maddalena e di essere molto soddisfatto della pittura.
L’impazienza del re nel contemplare e possedere l’ultimo capolavoro di Tiziano, dal pittore stesso elogiato, si fa qui ansia frenetica e febbrile, partorisce una montagna di raccomandazioni questa volta dirette proprio al pittore perché lui stesso ne curi l’imballaggio prima di affidare il quadro al Garcihernandez.
Lo esorta, inoltre, a usare le stesse precauzioni anche per le altre opere da lui commissionate e cioè per il Cristo nell’orto e il Ratto d’Europa. E comunque per tutti i quadri che in futuro Tiziano dipingerà per lui.
Rispondendo a una lamentela del pittore, Filippo II nello stesso scritto lo anticipa, poi, e lo rassicura.
In buona sostanza per queste committenze a Tiziano erano stati liquidati via Genova, su mandato del re, duemila scudi. Per una disattenzione sul bonifico non era stata specificata “la natura d’oro” della moneta per cui i banchieri genovesi avevano realizzato un cambio sfavorevole a Tiziano.
Filippo II tranquillizza, allora, l’amico che sarà rimborsato fino all’ultimo grano.
La grande familiarità (Amado nuestro...) e l’antica amicizia con cui Filippo II tratta Tiziano escludono, infatti, qualsiasi malinteso tra i due.
A questo punto i documenti hanno già detto abbastanza circa le committenze di Filippo II a Tiziano, il giro dei pagamenti, le persone coinvolte e anche le piccole operazioni d’imballaggio e di spedizione.
Per il Cristo nell’orto e il Ratto d’Europa non si pone alcun problema: le tele, infatti, sono tuttavia esistenti e godibili, per la Maddalena, invece, i fatti si tingono quasi di giallo.
Mi spiego meglio.
La Maddalena fu un soggetto molto richiesto in quel tempo. Tiziano ne aveva dipinta una, che diventò subito celeberrima, per il Duca d’Urbino tra il 1530 e il 1535.
La Maddalena richiesta a Tiziano da Filippo II, per intenderci quella del 1561, purtroppo non si sa che fine abbia fatto.
Nella scheda riguardante Tiziano dell’Enciclopedia Italiana composta nel 1937 da Adolfo Venturi, questo dipinto assieme ad altri è correttamente indicato come pervenuto al re.
Pietro Paolo Rubens, notoriamente interessato all’opera di Tiziano e suo sfegatato ammiratore, in occasione del suo secondo viaggio in Spagna copiò, secondo quanto ebbe a dichiarare il Pacheco, “tutte le opere di Tiziano che possiede il Re”.
Magari non tutte, si è poi appurato; senz’altro le più importanti. Non mi spiego quindi come mai gli fosse sfuggita quest’opera che Tiziano non esita a definire perfetta.
Tiziano faceva spesso diverse copie dei suoi soggetti preferiti. Infatti, esistono altre “Maddalene” da lui dipinte. Ma di questa del 1561 che dovrebbe essere il prototipo di tutte le altre, a parte la prima dipinta per il Duca d’Urbino, non c’è traccia.
Secondo una scheda del Museo di Capodimonte di Napoli, pare che questo dipinto si sia bruciato in un incendio del 1873 prima di raggiungere l’Inghilterra.
Questa notizia, però, mi lascia molto perplesso perché totalmente ignorata dalla scheda dell’Enciclopedia Italiana, in genere molto scientifica e informata.
In un articolo di Goffredo Silvestri, apparso sul quotidiano La Repubblica del 31 ottobre 2007 in occasione di una mostra dedicata al pittore cadorino dal Kunsthistorisches Museum di Vienna dal titolo “Tiziano maturo”, ho letto invece al riguardo una storia a dir poco imbarazzante che, però, i miei documenti nei fatti smentirebbero.
L’autore citato dal Silvestri è niente di meno che il Vasari.
Racconta Silvestri, citando il Vasari, che un patrizio veneziano s’invaghì della Maddalena dipinta da Tiziano per Filippo II a tal punto che fece un’offerta così alta (100 scudi) che il pittore non potette rifiutare. Il maestro, dunque “ fu forzato a farne un’altra, che non fu men bella” per il re di Spagna che gliel’aveva commissionata.
Con tutto il rispetto per il Vasari, ritengo questa notizia poco attendibile.
Filippo II nella sua lettera a Tiziano c’informa di aver fatto liquidare già al pittore duemila scudi e di aver provveduto anche a rimborsargli la somma di 200 scudi consegnatagli in meno dai banchieri genovesi per differenza su cambi.
I cento scudi, offerti dal patrizio veneziano, dunque, sarebbero la metà esatta dell’interesse su cambi trattenuto dal banchiere genovese sulla rimessa del re. Ritengo, a mio modesto avviso, che non esista un’oggettiva e straordinaria convenienza nell’offerta del patrizio veneziano tanto sbandierata dal Vasari.
Tiziano aveva ormai un’età venerabile nel 1561: per tutta una vita aveva saputo gestire con parsimonia e intelligenza il suo genio. Viveva da nababbo ormai in una splendida casa nel cuore di Venezia e, per quanto tirchio fosse potuto essere, 100 scudi in più non avrebbero certamente apportato granché alla sua fortunata condizione. Invece avrebbero con certezza incrinato il rapporto con uno dei committenti più generosi e importanti della Storia.
Dalle lettere, infatti, sappiamo ancora che già l’opera era disponibile e pronta per la spedizione e una notizia come questa difficilmente sarebbe sfuggita alle orecchie sensibili del Garcihernandez per riferirla immediatamente al re.
Ergo, deduco che il quadro della Maddalena fu puntualmente spedito a Filippo II; che non si trovò però fra le pitture della collezione reale quando Rubens la visitò perché altrimenti l’avrebbe con certezza copiato.
Che fine ha fatto, dunque, la Maddalena del Tiziano?
Da quali documenti ha appreso il Museo di Capodimonte di Napoli che il quadro distrutto nell’incendio del 1873 fosse davvero la Maddalena dipinta da Tiziano nel 1561 per Filippo II?
Sono interrogativi che le mie carte sollevano e ai quali forse qualcuno potrà dare in seguito una risposta.
Mi resta, comunque, la gioia di aver contribuito a far conoscere più da vicino Filippo II, la sua grande passione per l’arte, la sua incondizionata venerazione per Tiziano.

 

 

CREDITI
AGS - Archivio Generale di Simancas, Spagna
Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Napoletano, Museo di Capodimonte, Maddalena, Q134
Enciclopedia Italiana (1937) Voce: Tiziano Vecellio a cura di Adolfo Venturi
Santa Maria Maddalena – scheda Museo Palazzo Pitti Firenze
El rapto de Europa – Colección Museo del Prado, Pedro Pablo Rubens, ficha técnica Museo del Prado
Tiziano contro Tiziano, Goffredo Silvestri, “La Repubblica” del 31 ottobre 2007

 

FONTE

http://www.ragusanews.com/articolo/60682/tiziano-filippo-ii-di-spagna-e-la-maddalena-scomparsa

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Napoli, Filippo II (1554-1598), Mezzo-Ducato, o cianfrone, s.d., AR 14.743g, busto a destra, dietro IBR, rov. POPVLOR SECVRITATI, stemma coronato (MIR.160; Pannuti-Riccio 5), SPL. Leggera tarlatura.
Foto a luce naturale.

 

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Napoli, Filippo II (1554-1598), Mezzo-Ducato, o cianfrone, s.d., AR 14.743g, busto a destra, dietro IBR, rov. POPVLOR SECVRITATI, stemma coronato (MIR.160; Pannuti-Riccio 5), SPL. Leggera tarlatura.
Foto a luce artificiale.

 

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Maddalena penitente, Tiziano, Galleria Palatina, Firenze (1533 ca.)

 

Modificato da ozacido
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Inviato

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Riferimento P.R.

 

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Tiziano Vecellio, Allegoria della battaglia di Lepanto ovvero Filippo II offre al Cielo l'Infante don Fernardo con le insegne di vittoria di Lepanto, 1573-75, Museo del Prado, Madrid

 

 

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