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nuova normativa sui licenziamenti


prtgzn

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Non volevo più intervenire su questa discussione, ma dato che sono stato tirato in ballo da @@cristianaprilia sono costretto a rispondere e evidenziare alcune sue "sciocchezze" (non tanto da giurista, ma da uomo che rispetta la legge).

 

1- "mi trovi un italiano che come ambizione vuole fare" il bracciante.

 

Penso che solo un uomo stupido penserebbe di scegliersi un lavoro pesante e sottopagato, quindi la domanda mi sembra del tutto illogica.

Tuttavia ci sono persone ITALIANISSIME che raccolgono pomodori, olive ad 1 € l'ora e la cronaca di qualche mese fa ci parlava di un signora morta di stenti per poter tirare a campare. Certo fare qualche scartoffia in più è molto peggio che alzarsi alle 3 del mattino per 12 € al GIORNO.

(Tra l'altro le scartoffie nella maggior parte dei casi le fanno i commercialisti esimendo l'imprenditore da questo)

 

2- "tutti i lavori hanno delle regole".

 

Quali ? Non sapevo che esistessero dei lavori nei quali fosse contemplata anche una clausola per lo sfruttamento disumano.

Non so cosa dire se un imprenditore ritiene che esistano tali regole siamo veramente messi male.

 

3- "il colpevole è chi deve controllare la legalità".

 

Con questa affermazione penso si sia superata ogni forma di decenza: per la legge penale italiana la responsabilità è personale, quindi sei tu che devi rispettare le regole e se non lo fai sei tu che devi pagare.

Anche perché se uccidi qualcuno la colpa è dello Stato che non ti ha fermato?

Troppo comodo sbaglio ma la colpa è di qualcun altro che non mi ha controllato.

 

Ecco perché il nostro sistema è oppressivo, guarda che ragionamenti che fa un imprenditore: se non mi controlli faccio come voglio e se mi becchi è colpa tua che non mi hai controllato abbastanza.

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E poi sfatiamo il mito che un praticante avvocato, notaio.....andando in uno studio apprende effettivamente il mestiere, perché nella maggioranza dei casi viene inquadrato come personale di segreteria che risponde al telefono, che va alla posta, e quant'altro gli viene chiesto di fare che esula dalle sue reali competenze.

Quindi svolge un lavoro che non gli compete, non apprende niente e lo fa gratis. E questo per anni, dopo aver studiato altri anni prima.

Mettere su famiglia diventa un miraggio.

Proprio una bella prospettiva. Mica tutti i praticanti hanno mamma o papà avvocato/notaio ?

Facendo un calcolo 5/6 anni università (quando va bene) più altri 2 anni circa di pratica e poi si deve superare un esame del tutto inappropriato.

Quando va bene i neo avvocati hanno superato appena i 30 anni.

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Continuo a non cogliere il punto in cui tutta questa "sofferenza" venga mitigata attraverso un aumento degli adempimenti burocratici a carico dei lavoratori e autonomi e dipendenti.

Buona domenica,

Credo la ragione sia questa: in italia, visto che siamo tutti dei gran furboni, non si può instaurare una procedura semplice poichè molti, troppi, cercherebbero subito un modo per raggirarla. Allora nella legge non si deve contemplare soltanto l'obiettivo che si cerca di raggiungere, ma bisogna farlo con un sistema che tanga in considerazione quante più raggirazioni possibili. Inevitabilmente ciò crea situazioni che sfiorano il paradossale e spesso non si riesce nemmeno a raggiungere lo scopo.

A.

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@@Eolo sono consapevole di ciò ma perché una norma sia valida non basta nasca con buone intenzioni. Quantomeno andrebbe modificata se ci si rende conto che porta più problemi che soluzioni; inoltre meglio sarebbe, ove possibile, venisse sperimentata. Io non sono una "mente" ma, se il fine ultimo è contrastare la barbara usanza del foglio fatto firmare in bianco al momento dell'assunzione, non sarebbe bastato obbligare il dimissionario a comunicare le dimissioni contemporaneamente al titolare e all'ente previdenziale?

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Salve,

Sapete qual'è l'unica vera assurdità? Tutti gridano al sistema: criticano, condannano, si indignano, polemizzano etc etc. Il sistema andrebbe bene cosí, siamo noi a non andare bene, e finchè sarà cosí nessun sistema andrà bene.

Quello di questo topic è solo un esempio, ma come questo ne esistono migliaia, milioni. Il nostro non è un problema politico, geografico, economico. Il nostro è principalmente un problema sociale.

Meglio cambiar discorso, riflettere sicuramente e magari cambiare per il bene comune, per quello dei nostri figli (quei pochi che ancora ci possiamo permettere di far nascere).

A.

Modificato da Eolo
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Non volevo più intervenire su questa discussione, ma dato che sono stato tirato in ballo da @@cristianaprilia sono costretto a rispondere e evidenziare alcune sue "sciocchezze" (non tanto da giurista, ma da uomo che rispetta la legge).

 

1- "mi trovi un italiano che come ambizione vuole fare" il bracciante.

 

Penso che solo un uomo stupido penserebbe di scegliersi un lavoro pesante e sottopagato, quindi la domanda mi sembra del tutto illogica.

Tuttavia ci sono persone ITALIANISSIME che raccolgono pomodori, olive ad 1 € l'ora e la cronaca di qualche mese fa ci parlava di un signora morta di stenti per poter tirare a campare. Certo fare qualche scartoffia in più è molto peggio che alzarsi alle 3 del mattino per 12 € al GIORNO.

(Tra l'altro le scartoffie nella maggior parte dei casi le fanno i commercialisti esimendo l'imprenditore da questo)

 

2- "tutti i lavori hanno delle regole".

 

Quali ? Non sapevo che esistessero dei lavori nei quali fosse contemplata anche una clausola per lo sfruttamento disumano.

Non so cosa dire se un imprenditore ritiene che esistano tali regole siamo veramente messi male.

 

3- "il colpevole è chi deve controllare la legalità".

 

Con questa affermazione penso si sia superata ogni forma di decenza: per la legge penale italiana la responsabilità è personale, quindi sei tu che devi rispettare le regole e se non lo fai sei tu che devi pagare.

Anche perché se uccidi qualcuno la colpa è dello Stato che non ti ha fermato?

Troppo comodo sbaglio ma la colpa è di qualcun altro che non mi ha controllato.

 

Ecco perché il nostro sistema è oppressivo, guarda che ragionamenti che fa un imprenditore: se non mi controlli faccio come voglio e se mi becchi è colpa tua che non mi hai controllato abbastanza.

Ho capito che abbiamo visioni diverse del mondo del lavoro, ma provo comunque a spiegarti le mie "sciocchezze":

1) ti dico chiaramente che stai parlando con un semplice diplomato, mai pensato di andare all'università, sono sempre stato consapevole che nella vita avrei meritato i lavori per le competenze scolastiche acquisite, per questo tranne il lavoro che faccio adesso, o sempre fatto lavori per così dire di "fatica". Mai cercato un lavoro oltre le mie competenze. Con questo cosa voglio dire, e non mi vergogno di dirlo, se ho la terza media, perché vado a cercare un lavoro oltre le mie competenze scolastiche acquisite? Quindi penso che chi non ha voluto studiare, è bene che cerchi lavori "umili", ma gli italiani di oggi vogliono "quasi tutti" andare a lavoro alle 9 di mattina e stare belli puliti e profumati sul posto di lavoro, e alle 5 a casa. Piena stima e massimo rispetto a quelle persone che non hanno avuto dalla vita la possibilità economica o familiare di poter studiare e crearsi un futuro, ma per i furbetti o gli svogliati non ho alcuna pietà.

2) Leggi bene ma te la rigiri a tuo piacimento, fammi leggere un contratto di lavoro "REGOLARE" dove preveda lo SFRUTTAMENTO di cui parli. Lo sfruttamento è illegale e quindi è CONTRO le regole.

3) Nel paese di pulcinella abbiamo nel dna il "raggiro" delle regole, e invece di fare un'azione pressante a favore della lotta alle illegalità, spesso sentiamo di gente che ci nasce cresce e muore nell'illegalità, tutto a discapito di tutti gli onesti. In tanti altri paesi del mondo, le azioni dello stato sono concrete e le pene severe. Il resto del punto è uscito dalla bocca tua non dalla mia, il concetto per me era semplice da capire, in Italia è ora di far capire a tutti che bisogna seguire le regole, e lo si fa con pene severe, pecuniarie o penali. Quando vedo in tv uno che truffa e rovina dei poveri cristi e racimola 2 milioni di euro, e gli danno 2 anni di carcere, mi lascia un po' perplesso. Con questo non è che inizio a truffare anch'io, ma molti vanno bel oltre il pensiero e passano ai fatti.

Non fare il politico, nel senso che riporti le frasi solo a metà, dopo 6 parole che mi hai citato al punto 2, dopo c'era un'itera frase che spiegava bene il concetto che ho espresso, ma ti ha fatto comodo riportare solo 6 parole perché su quelle ci hai potuto ricamare sopra.

Nel tuo primo intervento hai espresso un tuo pensiero nel quale non mi sono trovato d'accordo, pazienza, il mondo va avanti lo stesso, ma non mi sono permesso di chiosare il tuo intervento con parole come da te usate nei miei confronti del tipo "sciocchezze" oppure "Con questa affermazione penso si sia superata ogni forma di decenza". Si può anche essere in disaccordo senza far passare per sciocchezze o indecenza il pensiero di qualcun altro. La chiudo qui perché sono andato ampiamento fuori topic e mi sono dilungato con il mio intervento, mi scuso con prtgzn che di certo voleva solo portarci a conoscenza una problematica di vita quotidiana, buon proseguimento.

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Ciao.
 
Credo che alla base di tutto rimane il fatto che il nostro continua ad essere un mercato del lavoro fondamentalmente "ingessato", che si caratterizza per la visione (distorta) secondo cui datore di lavoro ed il lavoratore debbano "sposarsi" fra loro piuttosto che limitarsi ad instaurare un normale rapporto contrattuale a prestazioni corrispettive.
 
Da qui la deprecabile "invenzione" datoriale (tutta italica) della lettera di dimissioni con data in bianco, fatta preventivamente sottoscrivere al dipendente, per superare la quale si è fatto ricorso alla modalità telematica sopra ricordata.
 
A me sfugge, francamente, il motivo per il quale in un mercato del lavoro veramente libero o liberale (e non sedicente tale), un datore di lavoro dovrebbe "far dimettere" un dipendente se questi è utile e produttivo per l'impresa e, soprattutto, se l'impresa se lo può permettere.
 
D'altro canto, non capisco perché in un mercato del lavoro che si definisce libero o liberale, un datore di lavoro dovrebbe "sposarsi" con un dipendente che non rende e che non è produttivo per l'impresa oppure debba tenerlo (finchè morte o fallimento non li separi...) se l'impresa non se lo può più permettere per una qualunque ragione.
 
Premetto, giusto per precisare da dove traggo i miei convincimenti, che prima di approdare alla libera professione, che svolgo ormai da 26 anni, ho fatto da ragazzo il dipendente con la qualifica di "generico" (rectius: "sguattero"...ma il CCNL non contemplava tale.... "profilo professionale") ed altri lavori stagionali nel settore alberghiero, ho lavorato un anno in una P.A. (Arma dei Carabinieri) arruolandomi volontario per assolvere il servizio militare che ai miei tempi era obbligatorio (ovviamente era obbligatorio non per tutti, ma solo per chi non si imboscava avendo il modo e le conoscenze per farsi riformare pur non avendone diritto....), ho lavorato ancora "sotto padrone" part-time durante l'Università in un ingrosso di ferramenta come addetto alla contabilità e magazzino, per poi, dopo la laurea, il tirocinio biennale obbligatorio ed il superamento dell'esame di Stato, dedicarmi all'avvocatura (purtroppo o per fortuna senza essere "figlio d'arte", in quanto mio padre aveva la quinta elementare e mia mamma ha la seconda avviamento professionale...quindi non avevano - per loro fortuna!!!, aggiungo io -, grande "consuetudine"...diciamo così, con la Giurisprudenza e i Codici...non essendo mai neppure entrati in un'Aula di Tribunale in vita loro).
 
Detto questo e declinate le mie esperienze lavorative, auspico caldamente che in questo Paese abbia finalmente termine la visione "paternalistica" del datore di lavoro, sia nel settore privato che, soprattutto, nel settore pubblico e che si liberi il mercato del lavoro da quelle "ipocrisie" che finora, per quello che è il mio modestissimo vissuto lavorativo, sono le cause principali che ostacolano, da una parte, la piena occupazione, e dall'altra la flessibilità nella scelta dei collaboratori dell'imprenditore, con grave nocumento per gli stessi potenziali collaboratori.

 

Saluti. :hi:

Michele
 

Modificato da bizerba62
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Invitando tutti a fare a meno di inutili polemiche che hanno il solo effetto di far interrompere la discussione (o meglio: la degenerazione della discussione) e al solo scopo di raggiungere con tutti i partecipi alla medesima un comune punto (spunto) di partenza, offro questi elementi:

 

1) la norma delle doppie dimissioni ha la finalità di evitare (da un lato) la scorciatoia del foglio firmato in bianco e (dall'altro) quella di garantire la consapevolezza e volontà delle dimissioni quale atto particolarmente importante nella vita di un lavoratore dipendente. Che vi sia una norma del genere non significa che tutti i datori di lavoro utilizzino questa tecnica: ricavare dalla previsione un senso di sfiducia generalizzato nei confronti del datore di lavoro è come ricavare dalla norma sull'omicidio una diffusa tendenza all'assassinio. La norma si occupa di patologie che normalmente, hanno una incidenza di molto inferiore alle fisiologie. Le ipotesi sono quelle di una dipendente in gravidanza, di un lavoratore che svolge attività sindacale che sia di disturbo, di un lavoratore che si ammali spesso senza superare il periodo di comporto, di un sistema per aggirare il procedimento di un licenziamento disciplinare etc.

 

2) Ragionare per grandi categorie è pericoloso in quanto è comunque una forma di generalizzazione.

 

Il giovane avvocato (e non sto parlando di un praticante, ma di un avvocato) che non lavori nello studio di famiglia ha normalmente un reddito iniziale inferiore a quello di un metalmeccanico (ed è, complessivamente, meno protetto). Si citano gli onorari per una "lettera" ma non ci rende conto che quella lettera può essere l'unica in un mese. La riprova è data dal numero (sempre maggiore) di soggetti che ottengono l'abilitazione (il titolo) ma che non si iscrivono agli albi o di quelli che si cancellano. E la situazione non è diversa per gli altri giovani professionisti (si pensi solo ai geometri, agli ingegneri edili ed agli architetti a seguito della contrazione del mercato immobiliare).  

 

L'imprenditore non è sempre a capo di una azienda con decine di dipendenti. Spesso l'azienda ha connotazioni artigianali nel senso che alla fine dell'anno, l'imprenditore ha un utile che retribuisce soltanto il proprio lavoro.

 

Sono sempre dipendenti sia il commesso che il capo dipartimento di un ministero, ma non penso proprio che le due situazioni siano sovrapponibili, come non penso che sia sovrapponibile la situazione di un dipendente pubblico a quella di  un dipendente (privato) di una piccola impresa.

 

3) Una cosa è la previsione delle doppie dimissioni, altra quella delle modalità da porre in essere per ottenere la doppia volontà: si può essere d'accordo con la prima e non condividere la seconda o essere in disaccordo con entrambe, ma è un errore pensare che siano la stessa cosa.

 

Polemarco    

Modificato da Polemarco
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"1) la norma delle doppie dimissioni ha la finalità di evitare (da un lato) la scorciatoia del foglio firmato in bianco e (dall'altro) quella di garantire la consapevolezza e volontà delle dimissioni quale atto particolarmente importante nella vita di un lavoratore dipendente."
 
Direi che la vera ragione delle "doppie dimissioni" sia quella di impedire il rilascio preventivo della lettera di dimissioni con data in bianco (che, se non ricordo male, dovrebbe fra l'altro configurare un'ipotesi di estorsione...).
 
Quanto alla finalità di sensibilizzare il lavoratore sull'importanza dell'atto che compie, mi pare francamente che tale scopo sia abbastanza ridicolo, salvo voler considerare il dipendente, sempre all'interno di quella visione "paternalistica", come una specie di idiota che non si rende neppure conto che presentando le proprie dimissioni perderà il posto di lavoro.
 
A quel punto, se si ritiene che un dipendente non sia neppure in grado di comprendere cosa significhi presentare una "lettera di dimissioni", tanto varrebbe dichiararlo semi infermo di mente e passargli una pensione di invalidità (a carico della Collettività, ovviamente).
 
A parte il fatto che non si comprende perché il lavoratore non dovrebbe essere consapevole di ciò che sta facendo quando invia la raccomandata con le dimissioni, mentre lo sarebbe invece quando le conferma telematicamente.
 
Forse si presume che il dimissionario subisca una sorta di "sdoppiamento" della personalità, a seconda che usi carta e penna per redigere la lettera di dimissioni (presunzione di "inconsapevolezza?) oppure che scriva la stessa cosa con la tastiera di un PC all'INPS (presunzione di consapevolezza?).
 
.E se fosse inconsapevole anche in questa seconda fase?
 
Non sarebbe a questo punto meglio presentare le dimissioni attraverso un organo sindacale, un CAF o simili, nel quale una Commissione intervisti il lavoratore e, dopo averlo trovato capace "di intendere e di volere" e non coartato nella decisione dal datore di lavoro, inoltri per suo conto e una volta per tutte le dimissioni alla ditta?

 

M.
 
 

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Come già detto, norme che prevedano una conferma o un ripensamento del contraente "debole" sono tutt'altro che eccezionali nell'ordinamento. E non prendono le mosse dalla pochezza intellettuale del contraente.

 

Si ricorda, oltre a quelle citate:

 

1) il diritto di recesso di cui all'art. 52 del Codice del Consumo per i contratti stipulati a distanza o fuori dai locali commerciali;

 

2) la necessità di un ordine scritto per le operazioni di intermediazione finanziaria considerate inadeguate per il cliente della banca;

 

3) la raccomandata di conferma in ordine alla transitorietà della locazione sotto la vigenza della L. 431/1998.

 

Non si tratta di considerare come sciocche o stupide le persone protette, si concede loro uno spatium deliberandi o si richiede un consenso informato per confermare o rivedere la decisione.

 

Quanto allo scopo della conferma delle dimissioni del lavoratore, la tutela del medesimo e la garanzia della autenticità della volontà di dimettersi è espressamente indicata nella relazione accompagnatoria.

 

Polemarco 

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