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Inviato

Nel Chronicon Spilimbergense, che raccoglie (Trascrizione di Domenico Ongaro, pubblicazione di Giuseppe Bianchi) delle note di un antico "catapan" della Chiesa di S. Maria di Spilimbergo, in Friuli, troviamo annotazioni di episodi importanti per la Patria del Friuli che vanno dal 1241 al 1489.

Per l'anno 1351 vi è questa nota:

"Sub prelibato MCCCLI. in vigilia S. Martini videlicet X Novembris. Nobiles milites ac viri Domini Hendricus de Walse et Conradus de Ovenstayno cum multa alia comitiva Theotonicorum et cum q.m D ... et cum Simone de Valvasono fuerunt hospitati in Spegnimbergo; et in die S. Martini iverunt ad Portumnaonis, et presentaverunt monetam suam Biaquino de Porcileis, et ille renuit illam accipere. Et demum reversi sunt in Hostaricum ad D. Ducem ad faciendum sibi relationem sue delegationis."

Poi:

"MCCCLII die XVI Junii. Ille miles de Wuaysinicho cum maxima comitiva belligera gentis armigere venit in villa Curienaonis in hospitio, occasione recipiendi Terram Portusnaonis de mandato D. Ducis Hostarichi.

Millesimo predicto die XVIII Junii. Biaquinus de Porcileis dedit Terram Portusnaonis illi Domino de Wuasynich. [ ... omissis ...] Expulso Procuste Portusnaonis, dominum habitale est gratiose collatum Ovenstaynensi hero ab Austrensi Duce".

 

Ovviamente non è un testo scritto in latino classico.

"Nello stesso anno trattato, il 1351, la vigilia di San Martino, ovvero il 10 novembre, i militi Enrico di Walsee e Corrado di Aufenstein, con un gran seguito di tedeschi, con [......] e con Simone di Valvasone, furono ospitati a Spilimbergo; e il giorno di S. Martino [11 novembre] andarono a Pordenone e presentarono la loro moneta a Biachino di Porcia, e quello rifiutò di accettarla.".

[biachino di Porcia  in quell'anno era capitano di Pordenone].

"16 giugno 1352. Il noto milite de Weissenek con un gran seguito di armati giunse nel paese di Cordenons dove fu ospitato, per prendere possesso del territorio di Pordenone su incarico del duca d'Austria [Alberto].

Nello stesso anno, il 18 giugno, Biachino di Porcia consegnò il Territorio di Pordenone al detto nobile de Weissenek. [....] Espulso il Procuste di Pordenone, la signoria fu affidata all' Aufenstein per concessione del duca d'Austria".

 

Alcune città, villaggi e territori, all'interno dello stato patriarcale erano in quel periodo sotto il dominio o dei conti di Gorizia o del duca d'Austria. Pordenone e il suo territorio, col villaggio di Cordenons, era particolare; mai entrato nel dominio patriarcale, è stato Curtis regia e poi di dominio dei duchi di Carinziae poi ai marchesi di Stiria e infine ai duchi d'Austria (di Babenberg). Dal 1246, morto senza eredi Federico II di Babenberg seguì un trentennio di lotte per contendersi quel "corpus separatum". Prevalsero come abbiamo visto gli Asburgo.

 

La frase che ho notato e dell'interpretazione della quale chiedo il vostro parere è ".... presentaverunt monetam suam".

Gli inviati del duca Alberto d'Austria vanno a Pordenone per chiedere al capitano della città la consegna della stessa. Il capitano "... renuit illam accipere", rifiutò di accettarla.

Era un tradizionale uso per richiedere di accettare un nuovo signore?

 


Supporter
Inviato

Buona giornata

 

Non so, non ho mai letto nulla precedentemente che riporti a questa sorta di "liturgia simbolica"; si potrebbe dire che il gesto vale più di tante parole.

 

Adesso, però, sono curioso anch'io. :pleasantry:

 

saluti

luciano


Inviato

A occhio sembrerebbe dovesse trattarsi di una o più monete (ma forse anche di tessere o gettoni), usate come segno di riconoscimento. Sicuramente l'arrivo dei tedeschi era stato preannunciato con una lettera (è ovvio), nella quale era indicata e forse disegnata la moneta che garantiva che si trattasse proprio dei militi indicati nel messaggio. Il  non averla accettata fa pensare che se volevano Pordenone se lo dovevano prendere con la forza. Infatti costoro tornano indietro a conferire con il duca Alberto. E poi l'anno successivo, forse con molte più truppe, un altro miles ce la fa . Penso che Teofrasto avrebbe qualcosa da da aggiungere, sulle monete usate come contrassegno.

Saluti,

Andreas

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Inviato

A occhio sembrerebbe dovesse trattarsi di una o più monete (ma forse anche di tessere o gettoni), usate come segno di riconoscimento. Sicuramente l'arrivo dei tedeschi era stato preannunciato con una lettera (è ovvio), nella quale era indicata e forse disegnata la moneta che garantiva che si trattasse proprio dei militi indicati nel messaggio. Il  non averla accettata fa pensare che se volevano Pordenone se lo dovevano prendere con la forza. Infatti costoro tornano indietro a conferire con il duca Alberto. E poi l'anno successivo, forse con molte più truppe, un altro miles ce la fa . Penso che Teofrasto avrebbe qualcosa da da aggiungere, sulle monete usate come contrassegno.

Saluti,

Andreas

Grazie Andreas  per il tuo intervento. Ci contavo.

Interessante la tua ipotesi, ma non credo che un segno di riconoscimento, a meno che formale, servisse, ...  sia Enrico di Walsee che Corrado di Auffenstein erano sicuramente già ben conosciuti in Friuli; solo l'anno prima avevano conquistato Udine e altre città friulane.

Mi vien da pensare piuttosto alla moneta corrente. In Pordenone si usavano certamente denari carinziani (frisacchi) e denari aquileiesi. In Spilimbergo, città patriarcale ma vicina a Pordenone, si denominavano normalmente nelle transizioni i "frixacensi", come vediamo ad esempio negli atti del notaio Supertino di Tommaso (1341-1346), quando invece nel resto dello stato patriarcale il termine, anche se ancora usato, cedeva il passo ai "denari aquileiensi".

Pordenone, città importante per i transiti commerciali, era stata a lungo dominio dei duchi di Carinzia; la sua moneta "ufficiale" era la loro.

Gli inviati degli Asburgo forse vengono per chiedere "accettate noi come Signori e accettate la nostra moneta", ..... non più quella carinziana, non più le "manine" sveve, ma i nostri pfennige viennesi.


Inviato

E' comunque interessante notare che il cronista riporta la nota senza alcuna spiegazione, come se la consuetudine di presentare la propria moneta e vedere se viene accettata fosse appunto una consuetudine conosciuta. Non dice che i nobili inviati vanno a presentare le proprie credenziali, o un sigillo, o una lettera del duca, ma semplicemente "monetam suam".


Inviato (modificato)

Caro Chievolan,

sì è vero che a noi numismatici tale questione sembra stana. Però è anche vero che nel '300 conoscere i connotati di personaggi anche famosi, in modo così preciso da consentir loro di entrare in una fortezza strategicamente fondamentale con l'assoluta sicurezza che non potessero essere tutt'altro, era impossibile. E se poi si scopriva che erano truppe tedesche al soldo dei Carraresi o slave al servizio dei Veneziani, che nel frattempo avevano attaccato la spedizione del duca e si erano mascherate con le loro insegne?  Io sinceramente se fossi nel duca non avrei certo corso un rischio del genere. Il principio di tali segni di riconoscimento era che la lettera che ne annunciava l'uso ed il segno di riconoscimento stesso non viaggiassero mai assieme, e poi che tali segni fossero un qualcosa che non era facile distinguere da altri esemplari simili, senza conoscere il contenuto della lettera (per questo le monete andavano benissimo, come le tessere ed i gettoni, d'altra parte). Sono questioni testimoniate dalle fonti in numerosi casi, non sono una mia illazione.

Riguardo al Pordenonese, nel mio archivio ci sono i dati relativi a 19 siti che hanno restitutito monete: esemplari austriaci e tedeschi del XIV secolo (ma anche precedenti o posteriori) sono totalmente assenti. Ma questo non vuol dire molto, perchè si tratta quasi sempre solo di moneta piccola.

 

Comunque avevo invocato l'intervento di Teofrasto perché si è occupato di questo argomento. Un suo saggio è registrato in rete al sito

https://www.academia.edu/16364283/Signa_Ugutionis_monete_come_prova_di_identità_C3%A0_tra_Parma_e_Reggio_Emilia_nel_1409._Pubblicato_in_Revue_Numismatique_172_2015_pp._391-449

 

 

Cari saluti,

Andrea

Modificato da Andreas

Supporter
Inviato

@@Andreas,  Teofrasto mi ha cortesemente inviato l'articolo da te citato  :lol:. Credo proprio che, come nel caso delle città di Parma e Reggio, siamo di fronte ad un  :pleasantry: lasciapassare.@@chievolan nel chronicon non compare nessuna descrizione fisica delle monete?

Awards

Inviato

Caro Chievolan, la cronaca che segnali è molto evocativa.

In questo specifico caso peroo si parla non di signa di riconoscimento, ma proprio di una grossa somma di denaro. All'epoca Pordenone era un allodio della casa asburgica, dato in pegno alla famiglia dei da Porciglia per il pagamento dei servizi resi al duca d'Austria. Per farla breve un giorno si presentano a Pordenone alcuni dignitari asburgici chiedendo la restituzione della cittadina in cambio di una forte somma di denaro, quantificata dal duca d'Austria per ripagare i denari spesi negli anni precedenti dalla famiglia dei da Porciglia. Davanti ai legati asburgici e al fiore della nobiltà friulana (da Prata, da Camino, ecc.) Biachino da Porciglia rifiuta l'offerta obiettando che la quantificazione dell'indennizzo andava fatta da una commissione di arbitri e non a spanne dal duca; inoltre si lamentava del fatto che i delegati erano privi di un mandato esplicito da parte del duca, ma venivano a trattare la faccenda in modo informale, in qualità di "amici e fratelli". In buona sostanza Alberto d'Asburgo voleva recuperare la cittadina con lo "sconto" e senza andare a cavillare troppo sui costi sostenuti dai suoi alleati ("pochi, maledetti e subito" come si dice da queste parti). Il motivo della fretta è ben chiaro: c'era un altro potente sostenitore da tener buono dando in gestione la cittadina...


Supporter
Inviato

@@Andreas ti giro la risposta di Teofrasto

non conoscevo questo passo del Chronicon Spilimbergense (in realtà non conoscevo proprio quel Chronicon!!!). Sembra molto interessante.
Così su due piedi non mi sento di dire nulla di definitivo. Sarebbe infatti importante controllare se la stessa procedura (di identificazione?) ricorra o meno in altre parti dello stesso testo ed eventualmente in quali frangenti.
Credo tuttavia che  si possa effettivamente trattare di un signum di riconoscimento. La presentazione di un signum sarebbe servita solamente se il Bianchino fosse stato in qualche modo responsabile della città o del castello o di una qualche porta fortificata. Allora in tal caso l'ipotesi che si tratti di un lasciapassare o comunque di un segno di riconoscimento diventerebbe altamente probabile.

Awards

Inviato (modificato)

Ops, chiedo venia, soprattutto con quanti ho indotto all'errore, ma il modo con cui è stata presentata la questione mi aveva fatto pensare che fosse già stato considerato ed approfondito il contesto storico. Ovviamente con una fonte che descrive quell'episodio in modo più approfondito il discorso cade. Io non avevo controllato neppure nel web, e quella forma 'monetam suam' non lasciava supporre che potesse trattarsi di denaro altrui, visto che nella rubrica non c'era alcun riferimento al Duca. Quel fonte descrive l'episodio, oltre al Chronicon?

 

Andreas

Modificato da Andreas

Inviato

member='chievolan'] nel chronicon non compare nessuna descrizione fisica delle monete?

 Magari .....allora si che saremmo certi che erano monete usate come prova di identità. E' una possibilità veramente interessante.


Inviato

Sarebbe infatti importante controllare se la stessa procedura (di identificazione?) ricorra o meno in altre parti dello stesso testo ed eventualmente in quali frangenti.

 

 

 Nel Chronicon quella è l'unica annotazione in cui si parli di monete. E' un elenco di fatti storici ed eventi naturali quali terremoti, alluvioni etc.

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Inviato

 La presentazione di un signum sarebbe servita solamente se il Bianchino fosse stato in qualche modo responsabile della città o del castello o di una qualche porta fortificata. Allora in tal caso l'ipotesi che si tratti di un lasciapassare o comunque di un segno di riconoscimento diventerebbe altamente probabile.

 

 Si, il Biachino (!) era capitano della città. Anche con gli Asburgo Pordenone fu sottoposto ad un capitano con poteri militari e a un podestà con poteri amministrativi.


Inviato

Caro Chievolan, la cronaca che segnali è molto evocativa.

In questo specifico caso peroo si parla non di signa di riconoscimento, ma proprio di una grossa somma di denaro. All'epoca Pordenone era un allodio della casa asburgica, dato in pegno alla famiglia dei da Porciglia per il pagamento dei servizi resi al duca d'Austria. Per farla breve un giorno si presentano a Pordenone alcuni dignitari asburgici chiedendo la restituzione della cittadina in cambio di una forte somma di denaro, quantificata dal duca d'Austria per ripagare i denari spesi negli anni precedenti dalla famiglia dei da Porciglia. Davanti ai legati asburgici e al fiore della nobiltà friulana (da Prata, da Camino, ecc.) Biachino da Porciglia rifiuta l'offerta obiettando che la quantificazione dell'indennizzo andava fatta da una commissione di arbitri e non a spanne dal duca; inoltre si lamentava del fatto che i delegati erano privi di un mandato esplicito da parte del duca, ma venivano a trattare la faccenda in modo informale, in qualità di "amici e fratelli". In buona sostanza Alberto d'Asburgo voleva recuperare la cittadina con lo "sconto" e senza andare a cavillare troppo sui costi sostenuti dai suoi alleati ("pochi, maledetti e subito" come si dice da queste parti). Il motivo della fretta è ben chiaro: c'era un altro potente sostenitore da tener buono dando in gestione la cittadina...

Da dove hai tratto queste informazioni? Da quale cronaca? Molto interessanti.  


Inviato

 

Riguardo al Pordenonese, nel mio archivio ci sono i dati relativi a 19 siti che hanno restitutito monete: esemplari austriaci e tedeschi del XIV secolo (ma anche precedenti o posteriori) sono totalmente assenti. Ma questo non vuol dire molto, perchè si tratta quasi sempre solo di moneta piccola.

 

 

 Sai se l'enclave pordenonese è stata (o sia stato fatto il tentativo per questo) un centro di diffusione della moneta asburgica in territorio patriarcale e (soprattutto) veneto?


Inviato

Ot.

Biachino di Porcia non era certo visto bene dal compilatore del Chronicon.Quel termine che avete letto sopra, Procuste (... "...Expulso Procuste Portusnaonis ...")non è un titolo, ... Procuste, "lo stiratore" in greco, era il soprannome del brigante attico Damaste, che aggrediva i viandanti che si recavano ad Atene e li stendeva su un letto di pietra, stirandoli se troppo corti od amputandoli se troppo lunghi rispetto a questa "incudine", poi li prendeva a martellate. Fu sconfitto e costretto allo stesso supplizio dall'eroe Teseo.

Cultura dell'anonimo cronista. E Biachino si meritava il riferimento ... nel 1843 aveva ucciso a tradimento ( "modo sicario atque falso"), alle prime luci dell'alba ("summo mane in aurora diei") mentre era "in duployde sindonis" (con solo indosso una veste di cotone), Bartolomeo di Spilimbergo, ospite una notte a Prata. Il figlio di Bartolomeo, Enrico, seppe essere (nobili interessi)complice di Biachino in varie circostanze, ma alla fine, come si dice nel Chronicon, "qui gladio feriet, gladio periet", e Biachino fu sbudellato da Nicolò, figlio di Enrico e nipote di Bartolomeo nel anno 1374.


Inviato

 Sai se l'enclave pordenonese è stata (o sia stato fatto il tentativo per questo) un centro di diffusione della moneta asburgica in territorio patriarcale e (soprattutto) veneto?

Sinceramente non lo so, e non credo che sia facile saperlo. Mi sembra comunque improbabile. Se gli Asburgo avessero voluto utilizzare quella piazza per diffondere la propria moneta credo che avrebbero trovato il modo di aprirci una zecca.  Ma poi perché farlo: penetrare nell'area veneta con le proprie monete era sicuramente più difficile che vendere vasi a Samo, mentre i loro argento a peso era il benvenuto a Venezia, Ci riescono i bavaresi nel XV secolo (del tutto casualmente, infatti ancora oggi gli storici locali si domandano dove fossero finiti i loro heller ed i loro halb-pfennige, visto che scompaiono dai rinvenimenti locali pur essendo prodotti in enormi quantità), perché quelle monetine quadrate corrispondevano perfettamente al valore di mercato (non a quello intrinseco) di un mezzo soldo (bezzo) di Venezia. A livello di sistema di conto, testimoniato dai rinvenimenti di moneta piccola,  direi che il territorio di Pordenone era totalmente e completamente inserito nell'area veneta, che in nella seconda metà del XIV secolo (fino al 1385) vedeva il predominio dei denari padovani e dei soldini veneziani.

Saluti,

Andrea

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Inviato

Da dove hai tratto queste informazioni? Da quale cronaca? Molto interessanti.  

 

Le informazioni si trovano sul Diplomatarium Portusnaonense, che si può trovare anche in internet. Una bella raccolta di documenti compilata alla metà dell'Ottocento e ancora molto utile per studiare la storia di Pordenone.

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Inviato

Ops, chiedo venia, soprattutto con quanti ho indotto all'errore, ma il modo con cui è stata presentata la questione mi aveva fatto pensare che fosse già stato considerato ed approfondito il contesto storico. Ovviamente con una fonte che descrive quell'episodio in modo più approfondito il discorso cade. Io non avevo controllato neppure nel web, e quella forma 'monetam suam' non lasciava supporre che potesse trattarsi di denaro altrui, visto che nella rubrica non c'era alcun riferimento al Duca. Quel fonte descrive l'episodio, oltre al Chronicon?

 

Andreas

 

Per come è scritta la cronaca è davvero ingannevole e sembra descrivere un caso da manuale di moneta-signum. Se non si fosse conservato l'atto con cui Biaquino rifiutava l'offerta ducale probabilmente l'interpretazione più ragionevole sarebbe stata proprio quella qui proposta.


Inviato (modificato)

Ho visto il documento indicato (n. 62 del  Diplomatarium Portusnaonense = https://archive.org/details/diplomatariumpo00valegoog) e non può esserci dubbio, non si tratta di contrassegni come erroneamente avevo supposto. Il documento tuttavia ci spiega anche il perché di quella strana formula presentaverunt monetam suam che ha sollevato giustamente la curiosità di chievolan. Letteralmente sembra significare 'esibirono la loro moneta', formula certo non molto onorevole e poco adatta ad una transazione fra cavalieri che si voleva pacifica, anche perché non era possibile mostrare una moneta che non c'era. Infatti il documento si conclude con le dichiarazione di Bia(n)chino che non ha accettato perche "non c'era denaro ma soltanto chiacchiere" (nulla pecunia offerebant, sed tantum verbotenus enarrabant). Molto probabilmerte il perché risiede nel significato di moneta, che in questo caso non indica la moneta coniata ma il denaro in generale, quindi quel presentaverunt monetam suam credo significhi qualcosa del tipo 'illustrarono le loro proposte monetarie' o qualcosa del genere. Perciò complimenti a chi  ha notato la cosa, ...anche se mi ha tratto in inganno.

 

Cari saluti

Andrea

Modificato da Andreas
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Inviato

Le informazioni si trovano sul Diplomatarium Portusnaonense, che si può trovare anche in internet. Una bella raccolta di documenti compilata alla metà dell'Ottocento e ancora molto utile per studiare la storia di Pordenone.

Bravo MFalier interpretazione ineccepibile

  • Mi piace 1

Inviato

Le informazioni si trovano sul Diplomatarium Portusnaonense, che si può trovare anche in internet. Una bella raccolta di documenti compilata alla metà dell'Ottocento e ancora molto utile per studiare la storia di Pordenone.

Perfetto. Grazie. 


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