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dibattito cronologia monete romane repubblicane


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ha a che fare con la cerimonia del giuramento ... cerimonia di cui poco sappiamo


Inviato (modificato)

Mi spiace per il ritardo nella risposta.

 

Per motivi indipendenti dalla mia volontà ho passato (in maniera del tutto imprevista) le ultime settimane in un altro continente, meno "internet friendly" dell'Europa. Cerco di rispondere ora.

 

La questione dibattuta era l'ipotetica attrbuzione a Roma, o meno, dei lingotti col cosiddetto "ramo secco", e la domanda da me rivolta era la seguente:

 

"Senza entrare (per il momento) nel merito dell'area di dispersione dei lingotti a spina di pesce, l'affermazione che mi colpisce é quella relativa ai "metri ponderali". 

Qual'é la base di tale affermazione?"

 

Di seguito la risposta diretta, più altre considerazioni.

 

il peso degli stessi aes signatum multiplo o sottomultiplo?

 

AES SIGNATUM

Il peso delle barre era di circa 1,5 kg ed avevano un valore di 5 assi[senza fonte]. Gli aes signatum non avevano un valore facciale e quindi non avevano dei tipi fissi, anche questi lingotti, come gli aes rude valevano quanto pesavano per questo venivano tagliati in base alle necessità. I lingotti presentano delle figure, una per lato, quasi una sorta di tipi primitivi. Basti ricordare la coppia: aquila che tiene un fulmine tra gli artigli su un lato e un Pegaso in volo dall'altro; una spada e una guaina; lato esterno e lato interno di uno scudo; elefante e maiale. Quest'ultimo tipo, ha permesso di datare il lingotto al 275 a.C. anno della sconfitta di Pirro e del trasferimento a Roma, per la prima volta, di quei pachidermi, che impressionarono il popolo. La presenza del suino è da spiegare con un passo di Eliano[1] secondo cui questi animali vennero usati per spaventare gli elefanti; difatti i maiali una volta coperti di pece venivano dati alle fiamme e i grugniti che ne seguivano spaventavano i pachidermi.

 

Questo primo estratto da wikipedia sembra essere relativo ai quadrilateri figurati romani, non ai lingotti col ramo secco (o spina di pesce, a piacere). Non ne vedo pertanto la pertinenza.  

 

  AES PREMONETALE

Prima che a Roma la moneta fosse introdotta, nel Lazio e in alcune parti dell’Italia centro-settentrionale, era in uso, come mezzo di scambio, il rame in pezzi, senza forma, di varia grandezza e peso, spezzati senza regola e accettati a peso: l’aes rude o aes infectum (ovvero rame rozzo, grezzo), il cui uso è attestato già a partire dall’VIII sec. a.C. Il passaggio successivo ci porta all’aes formatum: pezzi di rame non piú irregolari ma di forma rettangolare, chiamati anche barre o lingotti o pani. Si rinviene di solito spezzato o in frammenti delle piú svariate dimensioni e peso: i rari pezzi piú pesanti possono arrivare a gr. 2000; rari sono anche i pezzi da 400 - 300 grammi trovati nei ripostigli; quelli che piú comunemente si rinvengono non pesano piú delle monete librali. Successivamente a questi pani di bronzo venne apposta un’impronta su una o entrambe le facce: l’aes signatum ovvero “rame con l’impronta”. I segni e i simboli piú antichi sono molto schematici, pochi tratti irregolari che li fanno assomigliare ad un “ramo secco” oppure ad una “spina di pesce. L'ipotesi piú probabile è che non si tratti di un motivo vegetale stilizzato, bensí di un espediente tecnico per facilitare la fuoriuscita dell'aria e dei gas durante la colata entro lo stampo. Anche questi lingotti difficilmente si rinvengono interi, ma spezzati.  L’uso dell’aes signatum è attestato già alla metà del VI sec. a.C. (un frammento del ramo secco è stato rinvenuto in un deposito votivo nel tempio di Demetra Thesmophoros a Bitalemi presso Gela, datato dagli archeologici al 570-540 a.C). Non mancano però anche per l’aes premonetale teorie “ribassiste” che collocano il materiale piú antico non oltre la prima metà del V secolo a.C. e che il contesto archeologico di Bitalemi non sia affidabile ponendo il frammento del ramo secco rinvenuto agli ultimi decenni del V secolo a.C. Le aree di maggior rinvenimento di questi oggetti si concentrano nell'Etruria padana, in particolare nell'Emilia, tra Bologna e Reggio, con propaggini significative in Toscana, Lazio e Veneto. Uno dei ritrovamenti piú importanti è stato quello di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, dove nel 1897 si rinvennero 59 lingotti con il "ramo secco" (pesi da 806 a 2115 grammi), 21 barre e 19 frammenti. Si presume che questi lingotti siano stati prodotti da privati per venderli o per usarli come mezzo di scambio. In età piú tarda compaiono altri contrassegni quali l’asta, il delfino, il crescente lunare insieme talvolta con una stella a otto raggi: si ipotizza come datazione per questi lingotti un periodo compresa tra il 325 e il 250 a.C. E’ evidente che questa forma di premoneta veniva impiegata nelle contrattazioni e valutata a peso, secondo un sistema che a Roma restò in vigore a lungo e che si ripeteva nella formula “per aes et per  libram” (per mezzo di bronzo e di bilancia). Sia l’aes rude che l’aes signatum continuarono ad essere usati come mezzo di pagamento anche dopo l’introduzione della moneta vera e propria e li ritroviamo nei ripostigli monetari insieme alla moneta ufficiale.

 

 

Il secondo brano, per quanto generico, é già più pertinente, tra le altre cose, ai lingotti di cui si parlava.

Tratta di molte cose, in poche righe.

Ma pur nell'estrema sintesi sembrerebbe evidente alla lettura che nessuna ipotesi circa l'attribuzione dei lingotti col "ramo secco" all'autorità statale romana vi venga proposta. Al contrario. Si parla di emissioni private. In area padana. 

 

Sono d'accordo sulle differenze citate: il " ramo secco" ha tutta l'aria di essere una semplificazione contabile, cosa che non si può ascrivere alle altre tipologie, però ancora non ho capito perché non dovrebbe far parte delle emissioni Romane e invece essere assimilato alle emissioni dell'Etruria, emissioni con cui non vi sono affinità ponderali neanche nel confronto con le seguenti dell'aes signatum  e dello stesso aes grave italici.

 

Infine la terza considerazione. Si parla di "semplificazione contabile", concetto che, mi si perdonerà, non riesco a comprendere, nella sua applicazione ad un'economia premonetale. Poco male, si tratta di un mio limite.

 

Per il resto: " però ancora non ho capito perché non dovrebbe far parte delle emissioni Romane e invece essere assimilato alle emissioni dell'Etruria, emissioni con cui non vi sono affinità ponderali neanche nel confronto con le seguenti dell'aes signatum  e dello stesso aes grave italici" é presto detto:

 

- l'analisi della concentrazione dei rinvenimenti mostra una (o più) area di probabile produzione nell'etruria padana.

 

- l'analisi ponderale degli esemplari ritrovati non evidenzia nessuna affinità con il sistema ponderale romano, né con altri sistemi ponderali (qualche esperimento relativamente alla libbra di Marzabotto é stato fatto, con esiti, a mio avviso, negativi).

 

Ormai da decenni la letteratura numismatica (italiana e non solo) attrbuisce questi lingotti all'etruria padana. Il dibattito é semmai incentrato sulla loro funzone (votiva vs premonetale) e, da un punto di vista metallurgico, se la cuspicua percentuale di ferro presente nella composizione degli stessi sia "naturale" o artificiale. 
 

Per il resto... non c'é molto da dire.

Modificato da g.aulisio
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Inviato

Se sei interessato alla problematica dei quadrilateri “ramo secco”, dovresti consultare l’indispensabile volume (che purtroppo non ho):

 

E. Pellegrini, R. Macellari, I lingotti con il segno del ramo secco. Considerazioni su alcuni aspetti socio-economici nell’area etrusco-italica durante il periodo tardo arcaico.

Bibllioteca di “Studi Etruschi” 38, 2002.

 

Poi c’è il recente articolo:

 

F. Fenzi, Indagini archeometriche su lingotti di rame del "ramo secco" rinvenuti a nord del Po (VR), Bollettino del Museo Civico di Storia Naturale di Verona, 33 (2009), p. 115-132.

 

In ogni caso si tratta di una produzione ricondiucibile all’area etrusco-padana e non c'entra Roma....


  • 4 settimane dopo...
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Rianimo la discussione chiedendo un ragguaglio sul testo di Plinio relativamente al solito passo dell'argento coniato. Il testo dice:

Argentum signatum anno urbis CCCCLXXXV, Q. Ogulnio C. Fabio cos., quinque annis ante primum Punicum bellum.

Ci sono 3 riferimenti di date:

1) 485 ab urbe condita corrisponde come sappiamo al 269 (753-485+1)= 269a.C. Questa data corrisponde al modo romano di contare gli anni tutto incluso

2) consolato di Q Ogulnio e C Fabio (269 a.C)

3) 5 anni prima della guerra punica (con il conteggio all'antica, includendo l'anno di partenza risulterebbe il 268 a.c. e non il 269): 264-5+1 =268 a.C.. Infatti il risultato sarebbe 269 con il conteggio di noi moderni ma non di un antico romano.

 

Come spiegate questa discrepanza? E' un'imprecisione di Plinio? C'è qualcosa nel conteggio romano degli anni che non ho capito correttamente?


Inviato (modificato)

Il problema è noto ed è stato affrontato dagli autori; puoi trovare una sintesi nel testo Argentum Signatum di Coarelli. In estrema sintesi, la datazione sarebbe quella del 269. Infatti, Plinio dice "quinque annis ante Punicum bellum", non "quinto anno" (che corrisponderebbe al 268).

Comunque, le datazioni romane repubblicane vanno sempre prese con lo scarto di un anno (i testi seri, infatti, indicano 270-269, 269-268, etc.), per varie ragioni:

(1) i diversi sistemi di computo fanno riferimento a momenti diversi. Fino a tutte le Guerre Puniche, i consoli sarebbero dovuti entrare in carica al 15 marzo, talché rispetto ai consoli dell'anno 220, il 14 marzo 220 andava a cadere nell'anno precedente, ciò che accadeva il 14 marzo 219 era invece avvenuto nello stesso anno; il 14 marzo 221 non era l'anno precedente ma due anni prima, e così via. Anche questo conteggio però non è sicuro, perché a causa di sommovimenti politici o eventi bellici i Consoli potevano entrare in vigore prima o dopo di tale data. In epoca più recente poi (ma la data è discussa) cominciarono a entrare in carica al 1° gennaio.

Il conteggio Ab Urbe Condita dovrebbe invece, a rigore, decorrere dal 21 aprile al 20 aprile (dell'anno successivo, computando Avanti Cristo).

Esistevano poi altri sistemi: le Olimpiadi ad esempio, oppure il numero di chiodi piantati sul fianco del Tempio di Giove Ottimo massimo (i sacerdoti ne piantavano uno ogni anno).

(2) Gli anni pre-giuliani duravano 360 giorni ed erano, quindi, sfasati rispetto a quelli con cui, proiettando all'indietro le date, andiamo a conteggiare l'epoca Avanti Cristo.

(3) Addirittura si ritiene che in origine gli anni fossero computati di 280 giorni (= 10 mesi lunari). Anche se parliamo di epoche remotissime (l'epoca dei primi Re), questo fa saltare l'equivalenza Ab Urbe Condita/anno consolare.

(4) I fasti consolari contengono sicuramente, per le epoche più antiche, errori e interpolazioni, che si riflettono anche per le epoche più recenti in una difficoltà di rapportare le datazioni Ab Urbe Condita/anno consolare.

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Inviato

Il problema è noto ed è stato affrontato dagli autori; puoi trovare una sintesi nel testo Argentum Signatum di Coarelli. In estrema sintesi, la datazione sarebbe quella del 269. Infatti, Plinio dice "quinque anni ante Punicum bellum", non "quinto anno" (che corrisponderebbe al 268). 

 

Comunque, le datazioni romane repubblicane vanno sempre prese con lo scarto di un anno (i testi seri, infatti, indicano 270-269, 269-268, etc.), per varie ragioni:

(1) i diversi sistemi di computo fanno riferimento a momenti diversi. Fino a tutte le Guerre Puniche,  i consoli sarebbero dovuti entrare in carica al 15 marzo, talché rispetto ai consoli dell'anno 220, il 14 marzo 220 andava a cadere nell'anno precedente, ciò che accadeva il 14 marzo 219 era invece avvenuto nello stesso anno; il 14 marzo 221 non era l'anno precedente ma due anni prima, e così via. Anche questo conteggio però non è sicuro, perché a causa di sommovimenti politici o eventi bellici i Consoli potevano entrare in vigore prima o dopo di tale data. In epoca più recente poi (ma la data è discussa) cominciarono a entrare in carica al 1° gennaio. 

Il conteggio Ab Urbe Condita dovrebbe invece, a rigore, decorrere dal 21 aprile al 20 aprile (dell'anno successivo, computando Avanti Cristo).

Esistevano poi altri sistemi: le Olimpiadi ad esempio, oppure il numero di chiodi piantati sul fianco del Tempio di Giove Ottimo massimo (i sacerdoti ne piantavano uno ogni anno).

(2) Gli anni pre-giuliani duravano 360 giorni ed erano, quindi, sfasati rispetto a quelli con cui, proiettando  all'indietro le date, andiamo a conteggiare l'epoca Avanti Cristo.

(3) Addirittura si ritiene che in origine gli anni fossero computati di 280 giorni (= 10 mesi lunari). Anche se parliamo di epoche remotissime (l'epoca dei primi Re), questo fa saltare l'equivalenza Ab Urbe Condita/anno consolare.

(4) I fasti consolari contengono sicuramente, per le epoche più antiche, errori e interpolazioni, che si riflettono anche per le epoche più recenti in una difficoltà di rapportare le datazioni Ab Urbe Condita/anno consolare.

Grazie e complimenti @L. Licinio Lucullo per la bella spiegazione. Avevo già consultato il libro di Coarelli a proposito (che sto leggendo e rileggendo di continuo...) ma la sua disquisizione tra anno 268 e 269 a.C. è focalizzata sulla Periocha 15 di Livio mentre per Plinio dà per assodato il 269 a.C.

Infine Coaerelli conclude per l'anno 269 anche per Livio.


  • 2 settimane dopo...
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Mi spiace per il ritardo nella risposta.

Per motivi indipendenti dalla mia volontà ho passato (in maniera del tutto imprevista) le ultime settimane in un altro continente, meno "internet friendly" dell'Europa. Cerco di rispondere ora.

La questione dibattuta era l'ipotetica attrbuzione a Roma, o meno, dei lingotti col cosiddetto "ramo secco", e la domanda da me rivolta era la seguente:

"Senza entrare (per il momento) nel merito dell'area di dispersione dei lingotti a spina di pesce, l'affermazione che mi colpisce é quella relativa ai "metri ponderali".

Qual'é la base di tale affermazione?"

Di seguito la risposta diretta, più altre considerazioni.

Questo primo estratto da wikipedia sembra essere relativo ai quadrilateri figurati romani, non ai lingotti col ramo secco (o spina di pesce, a piacere). Non ne vedo pertanto la pertinenza.

Il secondo brano, per quanto generico, é già più pertinente, tra le altre cose, ai lingotti di cui si parlava.

Tratta di molte cose, in poche righe.

Ma pur nell'estrema sintesi sembrerebbe evidente alla lettura che nessuna ipotesi circa l'attribuzione dei lingotti col "ramo secco" all'autorità statale romana vi venga proposta. Al contrario. Si parla di emissioni private. In area padana.

Infine la terza considerazione. Si parla di "semplificazione contabile", concetto che, mi si perdonerà, non riesco a comprendere, nella sua applicazione ad un'economia premonetale. Poco male, si tratta di un mio limite.

Per il resto: " però ancora non ho capito perché non dovrebbe far parte delle emissioni Romane e invece essere assimilato alle emissioni dell'Etruria, emissioni con cui non vi sono affinità ponderali neanche nel confronto con le seguenti dell'aes signatum e dello stesso aes grave italici" é presto detto:

- l'analisi della concentrazione dei rinvenimenti mostra una (o più) area di probabile produzione nell'etruria padana.

- l'analisi ponderale degli esemplari ritrovati non evidenzia nessuna affinità con il sistema ponderale romano, né con altri sistemi ponderali (qualche esperimento relativamente alla libbra di Marzabotto é stato fatto, con esiti, a mio avviso, negativi).

Ormai da decenni la letteratura numismatica (italiana e non solo) attrbuisce questi lingotti all'etruria padana. Il dibattito é semmai incentrato sulla loro funzone (votiva vs premonetale) e, da un punto di vista metallurgico, se la cuspicua percentuale di ferro presente nella composizione degli stessi sia "naturale" o artificiale.

Per il resto... non c'é molto da dire.

Torno dopo la mia sospensione.

Semplificazione contabile in quanto, col sistema del tratteggiamento in sezioni equivalenti, non c'era più bisogno di pesare il frammento, ma bastava contare i rami compresi per sapere il valore del pezzo. Quindi: una semplificazione contabile e un passo avanti verso la circolazione fiduciaria che verrà dopo.

Metri: i lingotti ramo secco, non mi pare, ma posso anche sbagliarmi, che abbiano affinità ponderali con gli Ass signatum attribuiti convenzionalmente all'area etrusca propriamente detta, ovvero, quelli col doppio crescente o con la "a" agli estremi.

Sempre se non ricordo male, per attribuire una monetazione ad una civiltà o luogo di emissione, in mancanz di fonti certe che diano altre indicazioni, si ricorre alle analogie morfologiche e alla risponde a ponderale con i metri utilizzati dalla autorità emittente a cui le si vogliono assimilare. Non mi pare che gli Aes signatum,sia quelli col ramo secco, data la grande varietà dimensionale, che i successivi quadrilateri, abbiano corrispondenze più o meno univoche con gli Aes signatum etruschi. Quindi, a parte una certa contiguità di areale di rinvenimento, non credo che si possa parlare per certo di una paternità etrusca, a meno di volervi inserire tutti i ritrovamenti in ex Jugoslavia.

D'altro canto è certo che i quadrilateri, di cui gli aes signatum sono comunemente accettati come precursori, siano assimilabili alla civiltà romana, quindi ne è logica conseguenza che anche gli aes signatum ramo secco abbiano con più probabilità una paternità da parte di chi né proseguirà l'uso e ideerà lo sviluppo, piuttosto che da parte di chi non ne condividerà la continuazione ne l'evoluzione.

Quindi, l'attribuzione è di convenzione, allo stato attuale e ancora lungi dall'essere definita in modo sufficientemente certo. Che poi li si voglia inquadrare come oggetti votivi o monetali e la spiegazione della alta percentuale di ferro contenuta, che ne definisce l intenzionalità della sua presenza, sono altre domande senza risposte assolute, mi pare.

Modificato da Tinia Numismatica
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