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La moneta romana attraverso la storia


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Inviato

In seguito a riflessioni personali vorrei aprire questo Post con la speranza di avere chiarimenti dai professionisti della materia e mi scuso nel caso l’ argomento fosse stato gia’ trattato in precedenza nel Forum , nella quale evenienza chiederei il rimando , grazie .
Chiunque si interessa di storia romana e in particolare i numismatici del periodo romano , dalla Repubblica alla fine dell’ Impero compresi , sanno benissimo che la produzione monetale romana , in circa 1200 anni di storia , e’ stata immensa non numerabile o quantificabile , neanche ipoteticamente se non in svariati miliardi di esemplari ; attualmente ci sono disponibili per studio e collezionismo , per modo di dire , forse piu’ monete romane che stelle in cielo , tanto e’ che a livello collezionistico , in generale , la moneta romana nel suo complesso e’ definita come reperibilita’ legale : “comune” .
Fatta questa breve premessa mi sono spesse volte chiesto quali valori reali potevano avere le vecchie emissioni monetali ad esempio della Repubblica in oro , argento e bronzo nel corso dell’ Impero alto e basso e di conseguenza le monete dell’ alto Impero negli stessi metalli nel corso del basso Impero , fino alla fine . Credo che la grande abbondanza odierna delle monete arcaiche e antiche che hanno attraversato le varie epoche della storia di Roma non sia casuale , cioe’ dovuta solo a rinvenimenti isolati o di ripostigli o magari a forme arcaiche di collezionismo arrivate fino a noi , bensi' penso che queste monete arcaiche e antiche siano comunque rimaste in corso legale attraverso i secoli , come peso per i bronzi e come valore intrinseco del metallo per gli argenti e gli ori . Solo considerando tale corso legale attraverso i secoli , si potrebbe spiegare l’ enorme quantita’ di monete antiche che hanno attraversato tutta la storia di Roma dall’ inizio alla fine , anche facendo riferimento alle grandi perdite di esemplari avvenute per i piu’ svariati motivi nel corso del tempo .
Ora , se il discorso precedente e’ valido , la domanda e’ : ad esempio un grande asse repubblicano in bronzo , un denario o un aureo , che rapporto di valore poteva avere nell’ alto e basso Impero con le corrispondenti monete in corso del periodo ? di conseguenza e in particolare , un grande sesterzio in bronzo , un denario o un aureo dell’ alto Impero che rapporto di valore poteva avere nel basso Impero con le corrispondenti monete in corso ? Mi scuso se queste domande possono sembrare banali o scontate , ma da solo riesco solo ad ipotizzare senza trovare una soluzione plausibile , se esiste , considerando tutte le variazioni di peso e di leghe avvenute nel corso delle emissioni romane ; per questo vorrei avere vostri pareri , grazie .

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Inviato (modificato)

In seguito a riflessioni personali vorrei aprire questo Post con la speranza di avere chiarimenti dai professionisti della materia e mi scuso nel caso l’ argomento fosse stato gia’ trattato in precedenza nel Forum , nella quale evenienza chiederei il rimando , grazie .

Chiunque si interessa di storia romana e in particolare i numismatici del periodo romano , dalla Repubblica alla fine dell’ Impero compresi , sanno benissimo che la produzione monetale romana , in circa 1200 anni di storia , e’ stata immensa non numerabile o quantificabile , neanche ipoteticamente se non in svariati miliardi di esemplari ; attualmente ci sono disponibili per studio e collezionismo , per modo di dire , forse piu’ monete romane che stelle in cielo , tanto e’ che a livello collezionistico , in generale , la moneta romana nel suo complesso e’ definita come reperibilita’ legale : “comune” .

Fatta questa breve premessa mi sono spesse volte chiesto quali valori reali potevano avere le vecchie emissioni monetali ad esempio della Repubblica in oro , argento e bronzo nel corso dell’ Impero alto e basso e di conseguenza le monete dell’ alto Impero negli stessi metalli nel corso del basso Impero , fino alla fine . Credo che la grande abbondanza odierna delle monete arcaiche e antiche che hanno attraversato le varie epoche della storia di Roma non sia casuale , cioe’ dovuta solo a rinvenimenti isolati o di ripostigli o magari a forme arcaiche di collezionismo arrivate fino a noi , bensi' penso che queste monete arcaiche e antiche siano comunque rimaste in corso legale attraverso i secoli , come peso per i bronzi e come valore intrinseco del metallo per gli argenti e gli ori . Solo considerando tale corso legale attraverso i secoli , si potrebbe spiegare l’ enorme quantita’ di monete antiche che hanno attraversato tutta la storia di Roma dall’ inizio alla fine , anche facendo riferimento alle grandi perdite di esemplari avvenute per i piu’ svariati motivi nel corso del tempo .

Ora , se il discorso precedente e’ valido , la domanda e’ : ad esempio un grande asse repubblicano in bronzo , un denario o un aureo , che rapporto di valore poteva avere nell’ alto e basso Impero con le corrispondenti monete in corso del periodo ? di conseguenza e in particolare , un grande sesterzio in bronzo , un denario o un aureo dell’ alto Impero che rapporto di valore poteva avere nel basso Impero con le corrispondenti monete in corso ? Mi scuso se queste domande possono sembrare banali o scontate , ma da solo riesco solo ad ipotizzare senza trovare una soluzione plausibile , se esiste , considerando tutte le variazioni di peso e di leghe avvenute nel corso delle emissioni romane ; per questo vorrei avere vostri pareri , grazie .

Ciao @@Legio II Italica,

Me lo sono sempre domandato anch'io...

Infatti svariate pubblicazioni affermano che le monete prodotte in certo periodo rimanevano in circolazione per moltissimi anni, se non secoli, dove peso e percentuali di fino delle nuove emissioni erano invece completamente differenti. Anche considerando solo il periodo imperiale, a meno di un sistema quasi completamente fiduciario, un denario di Augusto (3,89g - 97% di fino) dubito potesse essere scambiato alla pari con uno di Settimio Severo (2,95g - 58% di fino).

 

Gli assi repubblicani post 211 potrebbero invece essere stati scambiati alla pari con quelli della riforma augustea (forse per il rame, a differenza di argento ed oro, un utilizzo fiduciario poteva essere accettato di buon grado). Probabilmente per questo motivo Augusto aveva deciso di mantenere le stesse denominazioni repubblicane pur  stravolgendole in molti casi: il sesterzio in oricalco sarebbe stato posto alla pari del sesterzio in argento repubblicano e l'asse repubblicano al nuovo asse più leggero. Il denario rimaneva al contrario più o meno lo stesso.

Pur avendo pesi simili, ritengo invece improbabile uno scambio alla pari tra asse repubblicano e sesterzio, poiché l'oricalco era considerato con un valore di circa 2 volte quello del rame (anche dal punto di vista psicologico, il colore dorato avrà sicuramente sortito un certo effetto).

 

Quelle che ho scritto sono solo mie supposizioni: vedrò se riuscirò a trovare informazioni su qualche testo.

Modificato da Ross14
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Inviato

Ciao @@Ross14 , mi e' piaciuta la tua analisi fino al periodo alto e medio Impero , sarebbe interessante arrivare al basso Impero quando le coniazioni in rame erano in generale di basso e bassissimo peso , l' argento numismatico scarseggiava , mentre l' oro numismatico godeva di grande prosperita' ; chissa' che rapporti avevano queste monete con le corrispondenti monete dei secoli precedenti , questo sempre se la nostra ipotesi di "validita' di corso delle antiche monete" sia valida .

Ciao e grazie per la tua risposta

Claudio


Inviato (modificato)

Ciao @@Ross14 , mi e' piaciuta la tua analisi fino al periodo alto e medio Impero , sarebbe interessante arrivare al basso Impero quando le coniazioni in rame erano in generale di basso e bassissimo peso , l' argento numismatico scarseggiava , mentre l' oro numismatico godeva di grande prosperita' ; chissa' che rapporti avevano queste monete con le corrispondenti monete dei secoli precedenti , questo sempre se la nostra ipotesi di "validita' di corso delle antiche monete" sia valida .

Ciao e grazie per la tua risposta

Claudio

E' un quesito di difficilissma soluzione. Non riesco proprio ad immaginare come ad esempio un sesterzio imperiale potesse essere correlato ad un follis di Costantino.

Condivido comunque con te l'ipotesi di validità di corso, altrimenti le monete vecchie sarebbero state "buttate via" (molto improbabile: si facevano nominali di bronzo sempre più piccoli e si gettavano i vecchi migliori?) o rifuse per produrne di nuove (penso proprio di no, dato il grande numero di nominali alto imperiali e repubblicani ritrovati)

Modificato da Ross14

Inviato

Altra osservazione:

L'usura degli assi repubblicani è nella grande maggioranza dei casi molto alta, comunque in linea generale superiore a quella di sesterzi ed assi imperiali (con le dovute eccezioni ovviamente). Anche questo fatto potrebbe essere indizio di un periodo di circolazione molto lungo (ben oltre i 2 secoli dal 211 ad Augusto)


Inviato

In attesa , speriamo , di interventi dei piu' esperti numismatici storici del Forum , proviamo ad ipotizzare in quale modo poteva essere rapportato dal popolo , se questo avvenne realmente , ad esempio un grande Asse repubblicano oppure un Sesterzio dell' alto Impero , entrambi in bronzo anche se il Sesterzio era piu' pregiato per il colore e perché piu' "sonante" come lo chiamavano i contemporanei in quanto contenente insieme al rame lo zinco anziché lo stagno dell' Asse , con un piccolo rame di circa 2 grammi degli ultimi periodi dell' Impero : esistevano tabelle o documenti statali di cambio che facevano riferimento ai diversi pesi ? cioe' un Asse o Sesterzio antico veniva cambiato con quante piccole monete in rame ? esistevano tabelle governative come avveniva per i Solidi d'oro bizantini che per averne uno occorrevano poco meno di 6000 Nummi , oppure il popolo si regolava nel cambio per conto proprio ?

Per le monete corrispondenti in Argento ed Oro dei diversi periodi storici il problema , forse , era di minore entita' in quanto , a parte il contenuto fine di Argento contenuto diverso , le differenze dei pesi pero' erano meno marcate , come anche per i pesi di quelle in Oro che contenevano metallo aurifero praticamente puro in tutte le epoche .

Insomma , se avvenne cosi' , chi ci rimetteva era il popolo , come sempre avviene , che maneggiava per la vita quotidiana principalmente monete in bronzo o rame . 


Supporter
Inviato

Il grandissimo numismatico Gnecchi affermava che ai suoi tempi(tra 800 e 900)non era infrequente trovare nelle cassette delle elemosine delle chiese di piccoli borghi remoti,piccoli bronzi,usuratissimi,del basso impero. Sembra incredibile,ma quelle monete avrebbero SEMPRE circolato,soprattutto nei luoghi con modestissima attività economica,ancora esistenti nella Italia rurale e arcaica di allora.

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Inviato

Il grandissimo numismatico Gnecchi affermava che ai suoi tempi(tra 800 e 900)non era infrequente trovare nelle cassette delle elemosine delle chiese di piccoli borghi remoti,piccoli bronzi,usuratissimi,del basso impero. Sembra incredibile,ma quelle monete avrebbero SEMPRE circolato,soprattutto nei luoghi con modestissima attività economica,ancora esistenti nella Italia rurale e arcaica di allora.

 

Grazie del tuo intervento @@RobertoRomano , segnalazione importante quella di Gnecchi che avalla l' ipotesi di un continuo utilizzo delle antiche monete romane , specialmente di piccoli esemplari in bronzo o rame , attraverso i secoli .

 


Supporter
Inviato

Ricordavo a memoria,ecco il testo

post-8064-1450375000,66_thumb.jpg

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Inviato

Grazie Roberto , bel contributo e molto interessante lo scritto di Francesco Gnecchi , ricco anche di sfumature poetiche come era consuetudine scrivere alla sua epoca .


Inviato

E' emozionante vedere una piccola parte della grande collezione di monete romane del Gnecchi al Museo Nazionale Romano al Palazzo Massimo .


  • 1 mese dopo...
Inviato (modificato)

Discussione molto interessante, io stesso mi son sempre posto tali domande fin da quando iniziai a collezionare monete antiche. Che fine facevano le vecchie lire di allora :pardon: ?Mi rendo conto che il mio intervento non risponde assolutamente alla domanda di @@Legio II Italica, ma spero possa essere uno spunto interessante per discutere proprio di tali "migrazioni" nel tempo e nello spazio delle monete romane, in questo caso repubblicane.

Lo scorso anno, sul finire del mio liceo, studiavo in latino Tacito il quale, nel suo excursus sui Galli (c. 98 d.C.) dice:

 

 

« Est videre apud illos argentea vasa, legatis et principibus eorum muneri data, non in alia vilitate quam quae humo finguntur; quamquam proximi ob usum commerciorum aurum et argentum in pretio habent formasque quasdam nostrae pecuniae adgnoscunt atque eligunt. Interiores simplicius et antiquius permutatione mercium utuntur. Pecuniam probant veterem et diu notam, serratos bigatosque. Argentum quoque magis quam aurum sequuntur, nulla adfectione animi, sed quia numerus argenteorum facilior usui est promiscua ac vilia mercantibus »

Germania, V

 

 

 

 

« Si possono vedere presso di loro vasi d’argento, dati in dono ad ambasciatori e principi, tenuti in considerazione non più di quanto lo siano quelli in terracotta; tuttavia le popolazioni più vicine ai nostri confini danno valore all’oro e all’argento a causa delle relazioni commerciali e riconoscono ed apprezzano certi tipi delle nostre monete: le tribù dell’interno invece ricorrono all’antico e semplice scambio delle merci. Apprezzano di più le monete di vecchio conio, a loro già note, i denari dentellati e quelli con la biga. Ricercano l’argento molto più dell’oro, non per una predilezione particolare, semplicemente perché il numero delle monete in argento si presta meglio al commercio dei beni di uso comune e di scarso valore » 

 

 

Mi colpì estremamente il riferimento a dei denari con la biga e dentellati. Ovviamente aspetto vostre smentite, ma nella mia inesperienza pensai fosse uno spunto molto interessante da approfondire, sebbene non ne avessi né il tempo né i mezzi necessari. Dal mio punto di vista, correggetemi voi se dico una fesseria, mi sembrava un riferimento ai denari repubblicani, tipici per essere dentellati e con la biga (possibile in uso presso i Galli in un periodo di certo molto più tardi??). Questo è un esempio per farvi capire cosa intendo (L. Cornelius Scipio Asiagenus, 106 a.C.):

 

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Ovviamente, ribadisco, la mia non fu una supposizione basata su prove concrete oltre al testo riportato. Non so se le popolazioni galliche producessero denari di questo genere in quel tempo, e comunque, anche se così fosse, suppongo fossero imitazioni di moneta circolante romana (comunque molto tardi per parlare ancora di Repubblica Romana e denari quali quello raffigurato, Tacito stesso parla di monete "di vecchio conio"). Che ne dite voi? Spero possa essere uno spunto interessante :) (è stato uno dei temi trattati nella mia tesina, contestualizzato a dovere ovviamente).

 

 

Saluti

Modificato da Sator
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Inviato

Ciao @@Sator , il passo di Tacito ben conosciuto dovrebbe fare riferimento alle campagne di Cesare in Gallia , quando oltre ad azioni militari contro popolazioni ostili , Cesare intavolava anche trattative diplomatiche con altre , tipo gli Edui .

Nel corso di queste trattative intervenivano anche scambi commerciali e alcune popolazioni "amiche" dei Romani richiedevano come pagamento solo questo tipo di Denari serrati ; non e' ben chiaro il motivo di questa emissione particolare di Denari , forse era dovuta per la dimostrazione che il tondello era costituito , anche all' interno , di solo Argento .

Un Denario serrato della Gens Antonia emesso nell' 83/82 a.C.

post-39026-0-46051400-1453228661_thumb.j

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Inviato

Molto interessante, grazie, non lo sapevo, e anche sul libro non era affatto specificato si riferisse alle campagne di Cesare....


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