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Impegnamoci nella difesa delle tradizioni nostrane


antvwaIa

Risposte migliori

Non solo in ogni aula scolastica, ma anche nelle aule dei tribunali e negli uffici pubblici. Poi, in quanto bella immagine del lato B, accontenta tutti, omo ed eteri :)

Modificato da antvwaIa
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...e soprattutto, non capisco cosa c'entri la venere callipigia con le tradizioni nostrane; quali "tradizioni"??

Quella di far vedere il sedere?..

Che cavolata.

Modificato da Georg
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Credo che l'intento di Antvwala sia quello di dimostrare, con un post ironico, che nella ricerca di una "tradizione originaria", in realtà si finisca presto per scoprire che questa non esiste, perchè ce n'è quasi sempre almeno un'altra anteriore.

 

E messa così, è una provocazione che ha il suo senso, sempre se presa cum grano salis: posto che le culture si alternano e si superano nel corso del tempo, direi nel nostro caso che, se è vero - e vorrei ben vedere - che le radici della nostra cultura sono greco-romane e in molti ambiti esse sono ancora vive e influenti , dal punto di vista religioso ( non me ne vogliamo coloro che vedono in ogni aspetto del cristianesimo "romano" un mero occultamento più o meno sincretico del paganesimo antico, spesso prendendo topiche clamorose) possiamo tranquillamente parlare di "tradizione cristiana" come uno dei fondamenti dell'identità nazionale italiana (da non confondersi col più recente stato unitario nazionale).

 

Con tutto che la Venere Callipigia ha sempre i suoi ottimi argomenti!

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Bravo Druso Galerio.

La cultura occidentale è il risultato di una pluralità di "tradizioni originali" che si sono sovrapposte nel tempo e nel significato in un enorme crogiuolo il cui prodotto finale è la cultura occidentale. Il pensiero cristiano è un aspetto essenziale della cultura occidentale, così come quello islamico lo è, ad esempio, per la cultura magrebina e mediorientale. Ma il pensiero cristiano è a sua volta un prodotto del pensiero giudaico: la stessa parola "giubileo" non viene dal latino "iubilum", gioia, ma dall'ebraico "jobal", perdono (quindi Francesco facendo della misericordia e del perdono il tema conduttore del giubileo, gli sta restituendo l'antico senso della celebrazione giudaica). Ma possiamo forse considerare marginale nella cultura occidentale l'apporto della tradizione greco-romana?.

Gran parte delle celebrazioni che oggi sembrano avere un preciso connotato culturale, sono semplicemente l'ibridazione di tradizioni precedenti che, per sopravvivere, si sono di volta in volta rivestite di una facciata consona alla cultura dominante del momento.

Così la celebrazione del solstizio d'inverno, probabilmente la più importante celebrazione del mondo antico sin dal neolitico (quando assume importanza la conoscenza del calendario e della stagionalità) si è rivestita di spirito cristiano trasformandosi nella celebrazione della nascita di Gesù (nato con ogni probabilità ad aprile e non a dicembre). Nulla di male, al contrario: le tradizioni non devono essere espreessioni museale e immutabili, se così fossero sarebbero morte, ma in quanto vive evolvono e si adattano ai tempi. Ma è una mancanbza di rispetto alla ragione, alla logica e alla storia pretendere che il natale sia unicamente una celebrazione religiosa e negarne la parallela laicità, che merita altrettanto rispetto.

E così avviene con l'albero di natale, probabile reminiscenza di un'usanza sorta nell'età del bronzo (bellissimo al proposito uno studio di Paul Hermann pubblicato nel 1952), che non ha nulla a che vedere con la nascita di Gesù. O con la notte dei morti e delle streghe, celebratissima ovunque nell'Europa precristiana, e ora vilipendiata e banalizzata da una riverniciatura nordamericana che nulla ha a che vedere con la tradizione davvero occidentale.

Se io affermassi che la cultura occidentale è figlia di quella grecoromana, direi una cavolata, perché ignorerei l'apporto fondamentale del cristianesimo, ma anche dell'islam (apporto troppo spesso volutamente ignorato), delle tradizioni dei popoli germanici, nuclei costituenti di gran parte della nazionalità attuali dell'Europa, dell'Illuminismo e della Rivoluzione francese che ne fu il frutto.

Ma è altrettanto vero che dicono un gran cavolata coloro che vedono nella cultura occidentale soprattutto un'espressione del cristianesimo.

Quindi sforziamoci per essere maturi, anziché integralisti, apprezzando tutti gli apporti che sono convogliati nel crogiuolo che ha generato la presente cultura occidentale, senza integralismi oscurantisti volti a negare l'apporto di un pensiero diverso dal proprio e la stessa storia.

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Beh, è però il caso di evidenziare che esiste la possibilità, per ciascun ambito che si voglia individuare, e per qualcunque criterio si voglia costruire come strumento d'analisi, di valutare per più aspetti la "portata" (termine scorrettissimo, mi rendo conto), di questi contributi.

Per cui se, in termini assoluti, i contributi sono numerosissimi, una volta scelti degli indicatori e degli ambiti che riteniamo significativi, ci possiamo rendere conto che il loro influsso è più o meno importante.

 

Alcuni di essi spaziano su una lista di ambiti amplissima, e in ciascuno di essi lasciano tracce o comportano cambiamenti di assoluto rilievo.

Altri influiscono su ambiti numerosi, ma scarsamente, oppure in pochi aspetti, ma profondamente.

Alla fine dei giochi, credo che il Cristianesimo sia stato e sia quello che copra una delle maggiori liste di "campi d'azione" e che abbia a loro interno determinato nel tempo grandi cambiamenti.

 

Insomma, i fenomeni storici di cui tenere conto, giustamente, sono tanti, ma quelli di portata realmente rivoluzionaria che informano  di sè l'identità di uno o più popoli sono oggettivamente pochi.

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E quanto hanno influito il giudaismo e l'ellenismo sul cristianesimo?

Il pensiero greco ha avuto un'enorme importanza su quello giudaico ed è grazie al senso di libertà e di libero arbitrio, proprio della filosofia greca, che sorse il fariseismo, in contrapposizione ai sadducei che non ammettevano libertà nell'interpretazione della scrittura. In realtà la contrapposizione tra farisei e saddudcei si è poi riprodotta nel cristianesimo e in buona parte è quella che contrappone protestanti a cattolici.

Il fatto è che il pensiero umano, preso in un determinato momento storico, qualsivoglia esso sia, è sempre il punto di arrivo del pensiero che l'ha preceduto, ed è quello di partenza del pensiero che verrà dopo. Ecco perché se da un lato vedo nella società attuale il risultato finale (finale ad oggi, non finale in assoluto) delle molte correnti di pensiero che l'hanno preceduta, non mi pare possibile sistinguere quanto ognuna di queste correnti abbia pesato sul risultato finale, poiché è impossibile discernere quanto ognuna di esse abbia pesato sulle altre.

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Per esempio, la Venus Callipigia che avvia questa discussione corrisponde all'arte greca del IV secolo aC. Eppure vi è un'evidente continuità con questa Venus romana presente in un aureo di Vibio Varo:

 

282j7yu.jpg

 

 

Come è evidente che la classica raffigurazione mariana deriva da quella classica che vediamo in un exasolido di Fausta:

 

r9lky9.jpg

 

la quale a sua volte risente tantissimo dell'iconografia di Isis Faria (così come il culto mariano è per alcuni aspetti debitore a quello isiaco):

 

10ngxe1.jpg

 

Nella tarda romanità il culto isiaco era forse il più radicato e difficile da rimuovere, tanto che il cristianesimo ne ha colti molti aspetti iconografici e il culto isiaco stesso è riuscito ancora a sopravvivere a lungo "riverniciato" da culto mariano, allo stesso modo come il natale del Sole è sopravvissuto mascherandosi da natale di Gesù di Nazareth.

 

Non solo vi è continuità nel pensiero, ma anche elevata ibridazione delle sue componenti.

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Di questi due aspetti ne parlammo tempo fa, e personalmente, come forse ricorderai,  dissento: specie per la questione del Natale sono ormai molti gli esperti di storia delle religioni che hanno rivisto in termini opposti la questione, e ad anche l'eventuale influenza del culto isiaco su quello mariano non è da porsi alla maniera che indichi qui e indicasti appunto in discussioni passate....Ma non è il caso di rinverdire ogni anno gli stessi argomenti, altrimenti è una noia! :)

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La celebrazione odierna è un esempio di quanto siano ibride le tradizioni nella loro origine.

 

Un Sommo Pontefice (Pontifex Maximus, massima autorità religiosa pagana in tempo repubblicano) apre la porta santa (a guisa dell'apertura della porta del Tempio di Giano per avviare una campagna militare) per dare l'avvio al Giubileo (cioè la celebrazione giudaica del jobal), campagna per la diffusione della tolleranza..

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La ritualità ha origini remote, forse già nel paleolitico superiore.
Quale è il suo scopo? Suggestionare e mettere in soggezione l'umana gente verso qualcosa che vuole esercitare un potere sull'emotività delle masse medesime. L'irrazionale deve sostituire il razionale per essere creduto e solo con riti scenografici di massa si può stordire anche chi è provvisto di una certa cultura razionale.
Il carisma dei grandi sciamani si amalgama bene con la ritualità e l'irrazionale diventa realtà. Una realtà dominante e soffocante che mette a tacere tutto ciò che è razionale, al di fuori di quella razionalità necessaria alla ritualità medesima.

 

Questo probabilmente è l'aspetto che aveva la celebrazione del natale, cioè del solstizio d'inverno, a Stonehenge, un millennio prima della conquista romana:

 

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Gran parte delle tradizioni odierne hanno origini antichissime, ma in un modo o nell'altro vi è stata continuità nel tempo e progressivamente ritualità e simbolismi sono evoluti adeguandosi alla trasformazione delle credenze e dei gruppi detentori del potere.

 

Spesso nell'attualità si osservano tentativi di far rivivere alcune tradizioni nella loro forma originaria: succede a Stonhehenge, come si osserva nella foto, oppure con le tante feste della primavera tipiche della Svezia e della Norvegia. Tentativi legittimi, ma che non so quanto possano essere intimamente "veri".

La tradizione è intimamente connessa alla patrimonialità, ovvero alla trasmissione di padre in figlio di una ritualità e del significato dei simbolismi propri di tale ritualità. La celebrazione del natale cristiano, ad esempio, ha queste caratteristiche che vengono trasmesse dai genitori ai figli. Invece la festa del solstizio tenuta ormai annualmente a Stonehenge, è priva di patrimonialità. Nel primo caso, la tradizione è vissuta in modo viscerale e intellettuale, nel secondo, solo intellettuale.

Modificato da antvwaIa
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Mi sfugge il nesso fra ritualità e irrazionalita'. Forse intendevi fra religiosità e irrazionalità?

E da dove si evincerebbe che essa, sempre e ovunque, avrebbe come scopo il potere ottenuto tramite "suggestione"?

Scusa Antvwala, ma aldilà delle legittime opinioni personali, non ti sembra una visione molto semplicista?

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Druso Galerio: uso il termine "irrazionalità" nel suo senso più letterale e senza nessuna valenza negativa, al contrario. Esiste una sfera della razionalità ed una che sfugge alla razionalità. La ritualità in tutte le sue forme sfugge alla razionalità, ma non per questa è irreale. Per esempio, la preghiera collettiva, con la ripetizione di suoni (esempio magnifico è quella dei monaci tibetani con la ripetizione continua di OM MANI PADME OM) produce uno stato di enorme suggestione irrazionale, ma che produce un profondo senso di benessere reale. Quante volte la fede assoluta nell'intervento divino, per esempio a Lourdes ha provocato la guarigione? Quanto avviene a Lourdes è assolutamente irrazionale, poiché appartiene ad un'altra sfera (quella fideistica), ma è assolutamente reale.

Una delle grosse deformazioni della Società attuale, a mio vedere, è che esalta unicamente la razionalità e nega o anche disprezza tutto cià che fuori esce dalla razionalità. Vedere l'uomo solamente quale essere razionale, e non anche irrazionale, è a mio vedere una castrazione.

 

Polemarco domandò una volta quale fosse il senso del mio avatar, supponendo che indicasse le stagioni. Può anche essere utilizzato quale loro raffigurazione, ma è una lettura molto marginale e banale. Uno dei suoi significati fondamentali è prorpio la rappresentazione dell'uomo nella sua completezza, ciò che porta alla saggezza. Ecco come lo descrivo nel libro Mapu Domo:

 

"....La Pincoya ti ha aiutato a raggiungere il terzo gradino, il gradino delle sensazioni, quello che ci rende capaci di vedere ciò che è veramente importante e che non è mai quello che sembra. Poi Rey Kusé ti ha aiutato a raggiungere anche il quarto gradino, quello della intuizione: ti ha insegnato a creare le forme che tu hai nella tua mente, a dar vita ai tuoi sogni, a renderli reali. Lalén Kusé, poi, ti ha donato il quinto gradino, quello dell’immaginazione: andare alla ricerca del tuo destino costruendo passo dopo passo gli elementi necessari che hai potuto intuire. Antüwala, infine, ti ha aiutato a raggiungere il sesto gradino, quello della cognizione: grazie alla cognizione puoi comprendere pienamente ciò che le sensazioni, le intuizioni e l’immaginazione comunicano alla tua anima. E’ dal perfetto equilibrio da questi quattro dominî dell’anima umana - sensazione, intuizione, immaginazione e cognizione - quando nessuno prevale sull’altro ma tutti si integrano in maniera sinergica, che l’essere umano acquista la conoscenza vera e si trasforma in un kimche, in un uomo saggio e capace di essere partecipe dell’anima universale, il Pu-am....". (da Mapu Domo, p. 197-198, https://www.academia.edu/12231363/Mapu_Domo).

 

La cultura occidentale così cpme oggi si presenta, esalta solo la razionalità, a tal punto che a quanto fuoriesce dalla razionalità, e quindi è irrazionale, è giunta a dare una valenza affatto negativa. Nel medioevo, invece, la sfera mistica era altrettanto importante di quella razionale.

La ritualità, comunque essa sia, si dirige proprio a esaltare la sfera dell'irrazionalità, del sentire, dell'intuire e dell'immaginare piuttosto che del conoscere.

Perché sempre di più stiamo osservando gruppi di persone che si rifugiano nella ri-costruzione di ritualità del passato, morte ormai da tempo e probabilmente mal conosciute? Credo che sia proprio perché si sentono soffocare da una società che solamente celebra la razionalità e sentono il bisogno di recuperare la sfera dell'irrazionale e ci provano anche ri-costruendo una ritualità antica che in realtà non conosciamo ma solamente immaginiamo.

In tutto questo ci leggo un enorme bisogno di spiritualità.

Vicino a Cuneo esiste un frate che ha fatto una scelta di vita che lo riporta alla spiritualità del cristianesimo più antico: vive isolato, da solo, in una minuscola baita priva di ogni comodità, anche le più elementari, su un giaciglio di foglie, alimentandosi delle offerte di cibo (a volte accetta un capo di vestuario, mai del denaro) che riceve dalle poche persone che sanno della sua esistenza e vanno a visitarlo. Parla molto poco a coloro che giungono alla sua baita, ed è solamente per dire loro di unirsi a lui in preghiera. Conosco questo caso perché un'amica mia me ne ha parlato e mi ha portato a conoscerlo: un uomo molto anziano che emana un carisma straordinario. Una scelta di vivere soprattutto nella sfera dell'irrazionalità: l'ammirro e nutro per questa sfera un'enorme rispetto.

 

Mi danno fastidio coloro che parlano di prove dell'esistenza di Dio o della correttezza della loro fede.

Dio e la fede fanno parte della sfera dell'irrazionalità: non possono essere ridotti, sminuiti, a quella della razionalità e della comprensibilità. Dio non può essere com-preso, poiché la com-prensione è una limitazione e un Dio comprensibile è un dio finito, non un Dio infinito. Né può essere descritto, poiché si descrive circoscrivendo l'oggetto della nostra descrizione, cioò stabilendo una frontiera tra ciò che è e ciò che non è: quindi un essere infinito non può avere una frontiera tra iò che è e non è, perché se infinito non può "non essere", e quindi non può essere descritto.

Tutti questi ragionamenti ci portano nell'ambito dell'irrazionalità e la ritualità, che fuoriesce dalla ragione, aiuta a entrare in sintonia con la sfera dell'irrazionalità.

Per questo, mi pare, tutte le forme fideistiche hanno nella ritualità un fattore fondamentale.

 

Ad Achao, quando terminai di costruire la casa dove ora vivo, sin dalla prima notte (vivevo solo in quel periodo) sentii molto distintamente la presenza dello spirito di un bambino: Non lo vedevo né lo udivo, ma percepivo la sua mano che prendeva la mia. Interrogai una vicina e mi disse che per due volte affittò a dei giovani una stanza della sua casa e in entrambi i casi scapparono via al giorno dopo terrorizzati dicendo che c'erano degli spiriti. Lei stessa sentiva una presenza in quella stanza che le dava paura e ormai erano anni che la teneva chiusa a chiave e non ci metteva più piede.

Io non ebbi paura, perché lo percepii quale spirito di un bimbo: gli parlai, gli chiesi di farmi capire di cosa avesse bisogno, perché fosse venuto da me, poiché se era venuto è perché voleva comunicare qualcosa. Nel frattempo stavo facendo uno scavo nel terreno di casa mia, accanto al recinto che lo separava da quella vicina, e trovai i resti di un corpicino. Compresi che era quello dello spirito che aveva preso dimora nella mia casa. Allora gli diedi un nome di bambina, Likanray, e percepii che ne fu contento. Likan è un lapillo bianco scagliato dai vulcani durante le eruzioni al quale nessuno dà valore quando invece è prezionso e -ray è una desinenza tipica dei nomi femminili ed è l'abbreviazione di rayén, fiore. Poi feci un rito - nuovamente il bisogno di un rituale - dove le porsi delle piccole offerte, grano e sidro, e poi depositai una piccola lapide di legno con il suo nome là dove c'erano i suoi pochi retsi, e le dissi che casa mia era la sua casa, che la sua presenza era molto gradita e che le volevo bene. Infine continuai con quanto stavo costruendo in quel luogo: un capanno degli attrezzi. Achao è piccola e non fu difficile venire a saperne di più e ricostruire la storia avvenuta una quindicina di anni prima che è quella di un infanticidio sepolto poi nel mio giardino in quanto io ero da tempo lontano e l'autrice dello stesso temeva a seppellire il corpicino nel suo terreno: temeva il suo catsigo.

A volte chiamo Likanray, solo per salutarla, e sento che quando lo faccio appoggia la sua manina sul mio braccio e la sua compagnia mi fa un grande piacere, perché le voglio bene (capite ora il perché scrissi quell'articolo sull'animita di Malva marina, la figlia di Neruda? perché sento così intensamente il suo dolore?).

Tutto quanto ho raccontato rientra nella sfera dell'irrazionalità e, come vi ho detto, si lega indissolubilmente a una ritualità.

 

L'uomo ha un enorme bisogno dell'irrazionalità, ma non lo vuole comprendere, così come ha un enorme bisogno della ritualità.

Difendere le tradizioni vuole prima di tutto dire preservare la ritualità che costituisce un aspetto essenziale della tradizione.

Non è forse una ritualità addobbare l'albero di natale o costruire il presepe? E che altro è se non ritualità tutto quanto ieri compiuto in nome dell'avvio del giubileo?

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Dissento con te @@antvwaIa , forse gli omo (maschi) avrebbero preferito un Ermes di Prassitele ........ :blum: :rofl: :rofl: :rofl: :rofl:

 

Tornando seri, le tradizioni cosa sono se non pratiche che si ripetono nel tempo, che apparentemente non si modificano nel breve termine, ma lo fanno nel medio lungo termine.

 

Avevo già sfruttato questo esempio ma lo vorrei rimarcare: gli addobbi dell'albero natalizio 50 anni fa nel Nord potevano essere costituiti da arance, oggi mi dite chi ancora mette le arance sull'albero? Ma la tradizione degli addobbi natalizie non si è persa perché non si usano più questi frutti, si è solo modificata, o meglio, si è evoluta.

Quindi la tradizione? Un substrato resta sempre, ma si evolvono tutti quegli elementi che in un dato momento storico e in un preciso contesto sociale sono considerati dalla maggioranza dei consociati come superflui e quindi modificabili o sostituibili.

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Mi danno fastidio coloro che parlano di prove dell'esistenza di Dio o della correttezza della loro fede.

Dio e la fede fanno parte della sfera dell'irrazionalità: non possono essere ridotti, sminuiti, a quella della razionalità e della comprensibilità. Dio non può essere com-preso, poiché la com-prensione è una limitazione e un Dio comprensibile è un dio finito, non un Dio infinito. Né può essere descritto, poiché si descrive circoscrivendo l'oggetto della nostra descrizione, cioò stabilendo una frontiera tra ciò che è e ciò che non è: quindi un essere infinito non può avere una frontiera tra iò che è e non è, perché se infinito non può "non essere", e quindi non può essere descritto.

Tutti questi ragionamenti ci portano nell'ambito dell'irrazionalità e la ritualità, che fuoriesce dalla ragione, aiuta a entrare in sintonia con la sfera dell'irrazionalità.

Per questo, mi pare, tutte le forme fideistiche hanno nella ritualità un fattore fondamentale.

Caro Antvwala, il tuo ragionamento e la tua esposizione sono corrette, ma partono dal postulato che, pur senza attribuzione di valore, il fenomeno religioso sia di per sè estraneo alla sfera della razionalità.

Questo è tutto da dimostrare, e non in senso astratto, generico, riferendoci alla "religione" in senso lato, ma analizzando nel merito i singoli fenomeni religiosi.

 

La descrizione che tu fai della religione in termini di "irrazionalità" si adatta abbastanza bene alle esperienze dello sciamanesimo, ad alcuni misticismi orientali, e molto altro, ma non ad esempio, a quell'elefante nella stanza (relativamente a questo discorso) che è cristianesimo cattolico, che invece pretende di dimostrare che la sua fede è razionale.

Affermazione che non può essere smontata dal semplice postulato di cui sopra, che risulterebbe apodittico, ma che va affrontata nel merito.

 

Altrimenti il discorso rischia di diventare ideologico e quindi autoreferenziale.

Ho evidenziato una parte del tuo discorso proprio per portarti questa citazione della Dichiarazione del 2000 della Congregazione della Dottrina della Fede Dominus Iesus che ora ricopio.

Bada bene! A me non interessa affatto il contenuto religioso della dichiarazione. E' però un esempio di come alcune religioni affermino palesemente il fatto che l'esperienza religiosa reale - non suggestione fideistica, ma oggettivo contatto col divino - sia un fenomeno razionale.

 

Sono queste affermazioni che, chi vuole e chi può, dovrebbe smontare con argomentazioni di merito.

Altrimenti parlare di religione come "fenomeno irrazionale" è un punto di partenza retto sul nulla, troppo generico, che prescinde da tutto quello che la sociologia della religione di ha illustrato e dimostrato.

 

"4.  Il perenne annuncio missionario della Chiesa viene oggi messo in pericolo da teorie di tipo relativistico, che intendono giustificare il pluralismo religioso, non solo de facto ma anche de iure (o di principio). Di conseguenza, si ritengono superate verità come, ad esempio, il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo, la natura della fede cristiana rispetto alla credenza nelle altre religioni, il carattere ispirato dei libri della Sacra Scrittura, l'unità personale tra il Verbo eterno e Gesù di Nazareth, l'unità dell'economia del Verbo incarnato e dello Spirito Santo, l'unicità e l'universalità salvifica del mistero di Gesù Cristo, la mediazione salvifica universale della Chiesa, l'inseparabilità, pur nella distinzione, tra il Regno di Dio, Regno di Cristo e la Chiesa, la sussistenza nella Chiesa cattolica dell'unica Chiesa di Cristo.

Le radici di queste affermazioni sono da ricercarsi in alcuni presupposti, di natura sia filosofica, sia teologica, che ostacolano l'intelligenza e l'accoglienza della verità rivelata. Se ne possono segnalare alcuni: la convinzione della inafferrabilità e inesprimibilità della verità divina, nemmeno da parte della rivelazione cristiana; l'atteggiamento relativistico nei confronti della verità, per cui ciò che è vero per alcuni non lo sarebbe per altri; la contrapposizione radicale che si pone tra mentalità logica occidentale e mentalità simbolica orientale; il soggettivismo di chi, considerando la ragione come unica fonte di conoscenza, diventa « incapace di sollevare lo sguardo verso l'alto per osare di raggiungere la verità dell'essere»;8 la difficoltà a comprendere e ad accogliere la presenza di eventi definitivi ed escatologici nella storia; lo svuotamento metafisico dell'evento dell'incarnazione storica del Logos eterno, ridotto a mero apparire di Dio nella storia; l'eclettismo di chi, nella ricerca teologica, assume idee derivate da differenti contesti filosofici e religiosi, senza badare né alla loro coerenza e connessione sistematica, né alla loro compatibilità con la verità cristiana; la tendenza, infine, a leggere e interpretare la Sacra Scrittura fuori dalla Tradizione e dal Magistero della Chiesa.

In base a tali presupposti, che si presentano con sfumature diverse, talvolta come affermazioni e talvolta come ipotesi, vengono elaborate alcune proposte teologiche, in cui la rivelazione cristiana e il mistero di Gesù Cristo e della Chiesa perdono il loro carattere di verità assoluta e di universalità salvifica, o almeno si getta su di essi un'ombra di dubbio e di insicurezza.

....È quindi contraria alla fede della Chiesa la tesi circa il carattere limitato, incompleto e imperfetto della rivelazione di Gesù Cristo, che sarebbe complementare a quella presente nelle altre religioni. La ragione di fondo di questa asserzione pretenderebbe di fondarsi sul fatto che la verità su Dio non potrebbe essere colta e manifestata nella sua globalità e completezza da nessuna religione storica, quindi neppure dal cristianesimo e nemmeno da Gesù Cristo. Questa posizione contraddice radicalmente le precedenti affermazioni di fede, secondo le quali in Gesù Cristo si dà la piena e completa rivelazione del mistero salvifico di Dio. Pertanto, le parole, le opere e l'intero evento storico di Gesù, pur essendo limitati in quanto realtà umane, tuttavia, hanno come soggetto la Persona divina del Verbo incarnato, «vero Dio e vero uomo»,13 e perciò portano in sé la definitività e la completezza della rivelazione delle vie salvifiche di Dio, anche se la profondità del mistero divino in se stesso rimane trascendente e inesauribile. La verità su Dio non viene abolita o ridotta perché è detta in linguaggio umano. Essa, invece, resta unica, piena e completa perché chi parla e agisce è il Figlio di Dio incarnato. Per questo la fede esige che si professi che il Verbo fatto carne, in tutto il suo mistero, che va dall'incarnazione alla glorificazione, è la fonte, partecipata, ma reale, e il compimento di ogni rivelazione salvifica di Dio all'umanità,14 e che lo Spirito Santo, che è lo Spirito di Cristo, insegnerà agli Apostoli, e, tramite essi, all'intera Chiesa di tutti i tempi, questa «verità tutta intera» (Gv 16,13)"

Come vedi, qui si ribadisce il fatto che il Cristianesimo intende basarsi non su una rivelazione puramente mistica, ma su una rivelazione ottenuta tramite un preciso fatto storico, reale, esperibile per i presenti e razionalmente conoscibile da altri in futuro mediante la trasmissione dei fatti e l'utilizzo delle potenzialità umane.

 

Ora, non importa qui certo discutere se il fatto in questione sia vero o meno, non è il tema della discussione; quel che importa è che esistono religioni che asseriscono di essere razionali, dando al termine razionalità lo stesso significato che gli si dà in generale ( se non sarebeb un gioco di parole).

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Non ho compreso ben ein cosa dissenti, Ares, perché mi pare che diviamo le stesse cose.

Le tradizioni, se sono vive, evolvono nel tempo e per questa ragione sono perplesso quando si tenta di far rivivere trdaizioni che ormai sono scomparse da tempo, oppure hanno avuto un'evoluzione tale che non sono più riconoscibili in quelle che furono alla loro origine.

 

La ritualità, componente centrale delle tradizioni, c'introduce nel mondo dell'irrazionalità, nella sua valenza altamente positiva. Ma non solo questo.

La ritualità delle tradizioni e il loro perpetrarsi costituiscono un fattore importantissimo d'identità di gruppo. Noi ci sentiamo partecipi di un gruppo proprio perché partecipiamo dei suoi momenti rituali e delle sue tradizioni.

L'ebraismo distingue molto bene, a mio vedere questo aspetto, quando usa due termini molto diversi nel loro significato (anche se i non ebrei li confondono e li credono sinonimi). ebraismo e giudaismo.

Essere ebreo vuol dire appartenere a un'identità, la quale viene essenzialmente trasmesso attraverso il ruolo materno: infatti è ebreo colui che è figlio di madre ebrea, mentre non lo è chi è figlio di padre ebreo e di madre non ebrea; vi sono ebrei che non sono di religione giudaica.

Essere giudeo vuol dire aver abbracciato una fede religiosa: vi sono non ebrei che sono giudei per conversione.

Il rispetto delle 160 regole del Talmud, o quante esse siano, non lo ricordo bene, non rendono l'uomo giusto al cospetto di Dio (lo sto guardando nell'ottica ebraica), ma lo rendono partecipe di una comunità specifica, la comunità ebraica. Quindi l'osservanza dello shabbat è una dichiarazione di appartenenza ad una comunità e non un gesto meritorio agli occhi di Dio. Invece è meritorio ai suoi occhi la bontà e l'amore per il prossimo, come afferma il rabbino Hillel, dal quale Gesù trasse molte massime (e forse ne fu discepolo). Ecco perché l'affermazione rabbinica che nel Cielo i figli di Israelre potrebbero essere una piccola minoranza: perché in Cielo vanno gli uomini giusti, appartengano o mneo al "popolo eletto"; mentre il fatto di appartenere a tale popolo non costituisce nessun merito (affermazione talmudica).

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La mia cultura è sciamanica, Druso Galerio, e quindi sei nel giusto quando dici che tale è il mio punto di vista.

Invece non ho compreso la tua citazione: la fede è un atto d'amore, affermazione dei padri della Chiesa, e non la conseguenza di un ragionamento, perché se fosse tale non sarebbe più fede ma scienza.

La religione (non solo quella cristiana) si basa su dogmi che sono inspiegabili ma verità di fede, e in quanto inspuegabili irrazionali.

 

Maria è madre di Dio, Dio è eterno ed esiste sin da prima della creazione: perciò anche Maria è eterna ed esiste si da prima della creazione. Questo è un ragionamneto di tipo razionale. Ma è respinto dalla Chiesa che invece, pur ribadendo che Maria è madre di Dio, nega la sua eternità assoluta, nel senso che le attribuisce un inizio (la nascita).

Analogamente, se Maria è madre di Dio (il concilio di Efeso dibatté se Maria fosse Theotokos, cioè madre di Dio, oppure Christotokos, cioè madre solamente di Cristo, e concluse proclamandola Theotokos) e Dio è costituito da tre persone uguali e distinte ma inscindibile, allora Maria è madre di tutte e tre le persone che contituiscono Dio e non solo di Gesù (come per esempio nell'interpretazione data dalle cosiddette Vierges Ouvrantes, dove in seno a Maria viene collocata la Trinità: eppure nel 1500 queste immagini non solo furono dichiarate eretiche, ma si ordinò che venissero distrutte, e infatti ne sopravvissero pochissime.

 

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Antvwala, probabilmente ci confodiamo nei termini: inspiegabile non è sinonimo di irrazionale.

 

Irrazionale è ciò che è contrario alla ragione, dando per scontato che la ragione sia quella

manifestazione del pensiero che nasce da precise facoltà e caratteristiche umane, e mi riferisco a organi di senso, un sistema nervoso centrale di un certo tipo e via dicendo.

 

Ma irrazionale, cioè che supera o non è relativo alle capacità della ragione, non equivale a illogico e neanche a tout court inconoscibile.

 

Una verità di fede, come ad esempio, l'esistenza di un Dio creatore, trascende le capacità della ragione di esperirla, ma non quelle di comprenderla, nè tantomeno implica l'illogicità dell'affermazione (riferendosi ad un tipo di logica "classica" di tipo aristotelico), bensì il contrario.

Quindi l'atto di fede di credere in un Dio creatore,quale che sia, che non posso esperire con la sola ragione, si coniuga ed è sostenuto dall'utilizzo della ragione che me ne può far comprendere l'esistenza nei suoi termini logici di necessario inizio (In un universo dominato dalla seconda legge della termodinamica, la ragione suggerisce, e la logica indica come necessario, che l'Energia, che non nasce dal nulla, sia stata messa lì da qualcuno o qualcosa).

 

Oppure - in ambito specificamente cristiano - l'affermazione  che il Dio d'amore sia laTrinità, non posso comprenderla sensibilimente, ma la stessa ragione mi fa vedere la logica di una simile affermazione, visto che l'amore implica necessariamente una relazione fra più soggetti, e non è un'esperienza solitaria.

 

Poi certo, per vivere interiormente queste cose nel loro lato mistico, i fedeli si affidano non alle potenzialità della ragione, ma a quelle dell'anima che credono di avere, che dovrebbe avere a sua volta le capacità adatte per fare esperienze "di un altro tipo".

E queste sono sì, non trasmissibili razionalmente.

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Secondo me, Druso Galerio, non stiamo dicendo cose molto diverse, ma forse non c'intendiamo sul significato della parola irrazionale.

Sono d'accordo quando dici che inspiegabile non è sinonimo di irrazionale: sono livelli diversi. Moltissime cose sono razionali, ma la nostra mente non è in grado di comprenderle e quindi appaiono inspiegabili.

Ma vi sono postulati religiosi - per tutte le religioni ve ne sono, anche per l'animismo - che sono irrazionali.

Per esempio, la maternità virginale di Maria: è un contetto che contraddice la ragione, e quindi è irrazionale, non è solamente inspiegabile.

Razionale vuol dire fondato sulla scienza, studiato rigorosamente e con studio e metodo, che si svluppa per deduzione logica a partire da principii, comprrensibile poiché spiegato in modo esplicito, che riguarda il rigore di un procedimento dimostrativo. Quando si va nel campo delle tradizioni e della ritualità, si esce da tutto questo, poiché siamo in una dimensione affatto diversa da quella scientifica e propriamente razionale.

La religione, in senso lato, è irrazionale in quanto al di fuori della razionalità. Ovviamente irrazionale non vuol dire che sia sciocca! Personalmente considero la dimensione religiosa - in senso lato - come quella più importante dell'essere umano.

Credo che il malinteso nasca per il fatto che mi pare che tu, Druso galerio, attribuisca una valenza negativa o diminutiva all'aggettivo "irrazionale", mentre io lo uso con una valenza assolutamente positiva e considero l'uomo incapace di razionalità come un essere invalido, privo di una dimensione intellettuale fondamentale.

Al dire "intellettuale" sto già inserendo l'irrazionalità all'interno dell'intellettualità, e quindi nell'irrazionale ci vedo un aspetto dell'intelletto.

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Torniamo al tema iniziale, la difesa delle tradizioni nostrane, sebbene non poss afare a meno di sottolineare, con molta soddisfazione, che siamo scivolati su un terreno "pericoloso", eppure ne abbiamo discusso con reciproco rispetto, con apertura mentale e con serenità, e questo va celebrato.

 

Difendere le tradizioni proprie assume crescente importanza quando la propria identità è sentita minacciata.

In quella cittadina lombarda dove un preside con più buona volontà che logica e cognizione di causa voleva sostituire la celebrazione del natale con una sorta di celebrazione multietnica dell'inverno, c'è stata una grande protesta diffusa. Dire che è stata cavalcata dalla lega per fini politici, è vero ma molto riduttivo. Ormai si è arrivati a un livello di squallore che non avevo mai visto prima nei miei settant'anni di vita, dove tutte le forze politiche cavalcano ogni possibile ragione di malcontento per un bienco tornaconto elettorale. Ma si può cavalcare un sentimento popolare, solo quando questo sentimento esiste realmente.

La protesta popolare, in quella cittadina, è diventata una sorta di bandiera "vogliamo il presepe", dove, credo di non sbagliare, tanti di coloro che la sventolarono nella propria abitazione non fecero nessun presepe e, credo, non glie ne importava nulla se a scuola si fosse o non si fosse costruito un presepe. Eppure improvvisamente hanno fatto propria quella bandiera.

La ragione è semplice: la presenza di un numero elevato di gente di altre etnie e culture, cresciuto troppo rapidamente, impetuosamente e senza regole, fa percepire a molti come messa in discussione la propria identità. Quindi dietro la difesa del presepe, in realtà vi era qualcosa di molto più ampio, poiché coinvolge anche gli agnostici, che è la difesa dell'identità originaria. Ed è in questo che si traduce il preservare le tradizioni patrimoniali: nel preservare l'identità, collante fondamentale dell'aèèartenenza al gruppo.

Viviamo in un momento storico-sociale, una vera e propria trasformazione epocale, caratterizzata dall'omologazione planetaria. I mass media stanno rapidamente favorendo un modo di pensare e di comportarsi dove vengono a meno le specificità locali; la tecnologia costruttiva ha cancellato le diversità e ora in tutte le città del mondo si costruiscono edifici identici, con gli stessi materiali e con la medesima estetica; la scuola sta cancellando le differenze culturali, il primo passo fu la cancellazione dei dialetti; eccetera.

Tutto questo produce una giustificata reazione poiché abbiamo tutti la senzazione, giustificata e reale, che stanno venendo a meno le basi culturali e ideologiche che ci caratterizzano in quanto gruppo. La difesa delle tradizioni, quali che siano, diventa così un disperato tentativo di opporsi alla strisciante e veloce omologazione che si sta producendo, nella quale tutti sentono di essere solamente dei numeri privi di connotato proprio.

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Volevo @@antvwaIa solo ironizzare sull'idea che la Venere da te scelta, che personalmente apprezzo sotto molteplici aspetti, non sarebbe invece così apprezzata da utenti omo maschi , come affermavi, i quali magari avrebbero piuttosto preferito una statua maschile (v. magari Ermes od altro).

 

 

Nei concetti del post ci ritroviamo d'accordo .

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A me pare che un bel posteriore dovrebbe comunque non suscitare il loro fastidio, ma questo andrebbe domandato agli utenti omo: non so se qualche forista vuole intervenire su questo spefico aspetto del lato B.

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Bravissimi..bellissima discussione..sono molto appassionato delle religioni, ma mi sento impreparato a partecipare a questo alto dibattito. .

Aggiungo delle notizie più frivole per sottolineare la mescolanza del cristianesimo con il paganesimo e, quindi, il rapporto tra la fede e l'irrazionalità...

Orbene, dalle mie parti pullulano fenomeni quali i Battenti:

http://www.pietrelcinanet.com/battentiguardiasanframondi.php

http://www.napoliflash24.it/i-battenti-o-anche-detti-fujenti-nella-tradizione-pasquale/

o la festa del giglio;

http://www.giugnonolano.com/la-festa

Eventi religiosi che presentano, evidentemente, molti aspetti pagani...

A proposito di paganesimo e ricordi degli dei, volete sentire il nome di qualche paese nella mia zona?

Bene..: Bellona, Giano Vetusto, Casagiove ( Casa di Giove, presenza in loco di un tempio ad esso dedicato), Casapulla ( Casa di Apollo presenza di un tempio in loco convertito, con l'arrivo del crisitianesimo, in una chiesa), Ercole, Capua ( che viene da Capys nonno di Enea)..

Riguardo il culto mariano...beh..qualche ricordo pagano c'è dalle mie parti:

la Mater Matuta

http://www.sanniti.info/mater.html

Scusate per le frivolezze...

Saluti Eliodoro

Modificato da eliodoro
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Bravo, @@eliodoro: le tue non sono frivolezze, ma alcuni dei tanti esempi di come spesso si passa dalla festa pagana a quella cristiana senza una una reale interruzione, ma con la graduale sostituzioni di simboli pagani con i simboli cristiani: una sostituzione che non di rado non è mai giunta a termine.

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