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IGNORED

a proposito di Pablo Neruda


antvwaIa

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Poco dopo il nostro arrivo nella capitale spagnola, "lui" volle accogliere nel nostro alloggio madrileño un'amica, Delia del Carril, affinché gli facesse da segretaria poiché stava scrivendo Residencia en la Tierra, una nuova raccolta di poesie[1]. Ben presto mamma vide che non era solo la sua segretaria e un'amica, ma che divenne la sua amante  e poiché avevano camere da letto separate - io avevo bisogno di molte cure e mamma dormiva con me per accudirmi ache di notte, quando necessario - Delia non esitava a introdursi nel suo letto. Mamma vedeva, ma subiva e taceva: pur di trattenerlo accanto a sé sopportava quell'indegno triangolo coniugale. Delia era una cinquantenne sgraziata, estrema in ogni sua idea: nonostante sopravvanzasse Pablo di vent'anni, in lei trovò quell'affinità culturale che non provò per mamma[2].

Mamma sembrava a volte sentirsi in colpa per la mia invalidità, come se essa fosse stata causata da qualche difetto del suo ventre, o forse fu "lui" che glielo fece credere. Con gli altri rifiutava di accettarmi qual'ero e mi dipingeva tanto diversa dalla realtà. O forse davvero mi vedeva come a volte mi descriveva: allegra, sempre sorridente, bella e intelligente[3].


[1] In Residencia en la Tierra, pubblicato a Madrid nel 1935, Neruda abbandona il suo precedente stile poetico caratterizzato dalla semplicità dei suoi versi, per adottarne uno surrealista.

[2] Delia del Carril, argentina, era nata nei pressi di Buenos Aires nel 1884. Aveva studiato a Parigi le forme artistiche più d'avanguardia, per dedicarsi infine all'impegno politico nel partito comunista spagnolo: fu lei che condusse Neruda ad abbracciare la sua stessa fede politica, mentre precedentemente egli era stato un anarchista. Nel 1943 si sposarono.

[3] Il 3 febbraio 1935 Maruca scrisse una lettera ai genitori di Neruda nella quale parlando delle condizioni di salute della bambina scrisse: "Malva ha 5 1/2 mesi e ora è molto dolce. E' cresciuta ed è pure molto ingrassata. Quando nacque era alta 47 cm e ora lei è alta 71 cm […]. E' una bambina molto allegra che non piange mai e sorride tutto il tempo. Tutti la amano e la trovano bella e intelligente. Pochi giorni fa ha iniziato a mangiare il porridge come un adulto. Beve anche succo d'arancia, pomodori e uva con lo zucchero e qualche goccia di olio di fegato di merluzzo. Sta seguendo un trattamento UV per dare vigore per le sue ossa […]".  (Bernardo Reyes, Neruda. Retrato de familia 1904-1920. San Juan Puerto Rico, 1996, p. 125-126).

Modificato da antvwaIa
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Io non sono obiettivo: lo so. Sto dalla parte di Malva Marina, le voglio bene e la sua sofferenza è la mia sofferenza e il suo sentire è il mio sentire.

Ma questo non è corretto nei confronti di chi legge. Non può comprendere se non conosce anche l'altra immagine della realtà, se non la osserva anche con gli occhi di Pablo Neruda.

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"Sbagli, Malva Marina, figlia mia. Anche se tu non vuoi chiamarmi padre, e lo comprendo e hai ragione a non volermi chiamare padre, tuttavia sbagli: giudichi solamente senza comprendere. Le animitas non dovrebbero giudicare, poiché a loro è data la possibilità di comprrendere - tu stessa lo hai detto - e quando si comprende non si giudica, si perdona. Tu, invece, mi giudichi e non mi perdoni e al non perdonarmi non puoi trovare la pace e continui a vagare ovunque quale animita penando.

Sono stato un padre del tutto assente, per te, quello è vero, e ti chiedo di perdonarmi, anche se è troppo tardi. Ora che anch'io ho varcato la soglia che conclude questa nostra breve vita terrena, mi rendo conto dei miei tantissimi errori e me ne pento. Ma è ormai troppo tardi.

Fu generata a causa di un malinteso. Io non volevo avere un figlio, non con Maruca almeno, dalla quale pensavo separarmi e questo prima ancora di ottenere il posto di console a Buenos Aires. Maruca lo sapeva, così come sapeva che io non volevo avere un figlio, e fu di proposito che restò incinta. Erano ormai rare tra noi le occasioni di vita coniugale, anche se ancora dormivamo nello stesso letto: mi fece credere che era non era nel suo periodo fertile e invece lo era. Tu non hai nessuna colpa di questo inganno, Malva Marina, ma fu ciò che m'allontanò da te prima ancora che tu venissi al mondo. Maruca in questo modo mi trattenne al suo fianco: ma per me fu una catena che imprigionava la mia vita esuberante, una vera palla al piede.

Si lamentava, Maruca. Sempre. Non le andava mai bene nulla di me, della mia vita, dei miei amici. Avrebbe voluto che io mi dedicassi ai compiti amministrativi del consolato, che brigassi per fare carriera, che mi facessi avanti. Non ha mai compreso che io ero un poeta, che volevo essere un poeta, che era quella la mia ragione di vita, la mia stessa essenza. Maruca rifiutava la mia poesia: ma così facendo rifiutava me stesso. Non ha mai letto un mio verso. Quando usciva una mia raccolta di poemi e le porgevo il volume che ancora profumava d'inchiostro, lo guardava distrattamente, che ci avrebbe dato uno sguardo più tardi e con calma, mi diceva, e lo appoggiava dove capitava e lo dimenticava subito. Mai espresse un parere sulla mia poesia, mai mi suggerì un verso, mai ebbe una parola d'incoraggiamento per quell'arte che divorò per tutta la vita il mio essere.

I miei amici non le piacevano, ma soprattutto non le piaceva il nostro modo di vivere: non amava uscire di casa, frequentare i circoli letterari, trascorrere una nottata chiaccherando tra amici con qualche bottiglia di pisco sul tavolino aspettando l'apparire delle prime luci dell'alba. Era noiosa, monotona, priva d'interessi. Mi idolatrava, è vero, ma in realtà non idolatrava me, come davvero sono, ma un'immagine che lei aveva di me e che in nulla corrispondeva al vero.

Delia. Ne parli, figlia mia, come se sin dal principio avessimo cospirato per divenire amanti. Quanto sbagli! Delia avrebbe potuto essere mia madre. Se tua madre, Maruca, m'avesse aiutato nella stesura delle mie raccolte di poemi, nella preparazione delle bozze per gli editori, nella loro correzione, non avrei mai cercato una segretaria. Certo, era un'amica che conoscevo da tempo: un'amica, non un'amante. E' vero che spesso facevamo venire il mattino discutendo nella mia camera da letto: ma parlavamo di arte, di poesia, di letteratura, soprattutto di politica, di come sarebbe stato possibile costruire un mondo nuovo, una società giusta, non più fondata sulla disuguaglianza. Quello che sorse e si sviluppò tra noi fu una comunione di idee e di ideali, non una sfrenata sessualità, come tu sembri alludere. Delia e io eravamo due anime gemelle: ce ne rendemmo conto subito che non avremmo mai potuto incontrare nessuno, né lei né io, con il quale potessimo condividere in modo così totale e profondo il nostro sentire. Con Delia diventammo prima di tutto una sola anima. Poi, è vero, ci unimmo anche fisicamente, ma l'amplesso dei nostri corpi fu solo un complemento marginale di quell'amplesso delle nostre anime che durò quasi due decadi e che ci aiutò a superare insieme la persecuzione politica del generale Videla e l'esilio.

Non ti sei mai chiesta perché per ancora due anni restammo insieme a Madrid? Per qual ragione non ci separammo già allora e non mi unii subito a Delia, che è ciò che avrei tanto desiderato fare?L'ho fatto per voi due, per te Malva Marina, e per tua madre Maruca: perché non volli lasciarla sola in un momento così tragico per la sua vita. Tu ti domandi se mamma ti vedeva davvero com'eri, con la tua terribile sofferenza, o ti vedeva così come ti descriveva. Ti rispondo sbito figlia mia: ti vedeva per quello che davvero eri, una bimba gravemente invalida con un'enorme testa che le impediva quasi di muoversi, incapace di parlare e di comunicare. E ti dico anche che tua madre non era capace di accudirti, si sentiva perduta davanti alle tue necessità, felice che una balia potesse liberarla dai suoi obblighi. Nessuno poteva guardarti senzza provare dolore vedendo quella tua enorme testa implacabile che aveva divorato i tratti del tuo viso[1]. Nel tempo ci fu un grande miglioramento, è certo, ma fu solo negli anni a venire. Allora era questo il tuo aspetto. Non parlavi, è vero, ma allora neppure cantavi ma piangeva, Dio mi quanto piangevi!, incessantemente, selvaggiamente, atrocemente. Premerti una mano sulla bocca, tacitare quel tuo grido e porre fine alla tua infelice vita, sarebbe stato un gesto pietoso. Ci pensai, a volte, che bastava poco per liberare te delle tue sofferenze e me delle mie catene: ma non lo feci. Restai ancora due anni con voi, ma poi non ce la feci più e me ne andai".[2]


[1] Così è descritta Malva Marina da Vicente Aleixandre, poeta spagnolo (premio Nobel per la litteratura nel 1977) che frequentava la casa madrileña di Pablo Neruda tra il 1934 e il 1936 (Revista Atenea, n° 471, Concepción, Chile 1995).

[2] Nel mese di settembre/ottobre 1935 Neruda pubblicò la versione completa del suo libro "Residencia en la tierra", una delle sue pubblicazioni più importanti. Le poesie di questo libro rappresentate dieci anni di lavoro e ha avuto un grande ripercussione in Spagna. Molti dei testi su questo libro sono scritti in uno stile strano e complesso che, invece di chiarire il messaggio, indica l'umore del poeta in quel momento. Solitudine, dolore e tristezza sono i temi con cui il poeta si avvicina all'apice di un processo di negazione della vita. Diverse poesie in questo libro esprimono una disperazione estrema, il vuoto e di un aggressivo smantellamento di esistenzae almeno tre poesie in questo libro riflettono la malattia di Malva Marina e i problemi tra Maruca e Neruda: "Melancolía en las familias", "Maternidad" e "Enfermedades en mi casa".

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Grazie Piergiorgio.

Ho il libro di Bernardo Reyes il quale, nonostante il titolo, dice ben poco su Malva Marina.

Sostanzialmente è una legittima difesa di Pablo Neruda.

 

Nel 2010 scrissi un breve articolo in spagnolo su Malva Marina che ho recemntemente postato in Academia.edu (https://www.academia.edu/19366493/Malva_Marina_son_mis_nombres) e volli tradurlo in italiano.

Quando inizai a tradurlo, mi è venuta l'idea di svilupparlo maggiormente, tenendo in conto anche il punto di vista di Pablo Neruda.

In realtà, su Malva Marina è molto poco quanto si sa. Su internet sembra esserci abbastanza, ma quando uno lo analizza si rende conto che sono tutti testi che si copiano vicendevolmente e hanno tutti, come punto di partenza, un'intervista concessa alcuni anni fa da Frederik Julsing.

 

Ho avviato qui la discussione perché mi era parso un modo di partecipare alla giornata del disvalido, anche se non è nata quella discussione sul tema che speravo potesse nascere.

Avevo anche la speranza, molto remota a dire il vero, che tra coloro che frequentano il forum ci fosse qualcuno interessato alla biografia di Pablo Neruda, ma anche documentato, che per mezzo della discussione potesse arricchire quanto sto scrivendo proponendo idee molto diverse dalle mie e con le quali confrontarmi. La possibilità era molto remota, ma pensavo che sarebbe valso la pena tentarla e che non avevo nulla da perdere.

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