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IGNORED

a proposito di Pablo Neruda


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Inviato

Premio Nobel per la letteratura, celebrato come un grande poeta.

Io la poesia la capisco poco e non mi pronuncio sul suo valore quale poeta, ma se tanti nel mondo lo ritengono un grande, avranno certamente ragione loro. Personalmente il Nobel glielo avrei dato a Violeta Parra e a suo fratello, Nicanor Parra.

 

Ma tralasciando di discutere se quel nobel come poeta l'aveva meritato o non meritato, come Uomo secondo voi è altrettanto grande che come poeta? L'uomo Neruda è coerente cone il Neruda poeta, contore dell'amore?


Inviato

Vorrei non intervenire più in questa discussione, ma che lo facesse Malva Marina Trinidad Reyes Hagenaar, la figlia di Pablo Neruda.


Inviato (modificato)

Mi chiamo Malva, Malva Marina Trinidad Reyes Hagenaar, e sono una piccola anima. Un'animita (*) giudea.

Amo i miei nomi, poiché la malva è un fiorellino grazioso: ha quel particolare colore del cielo subito prima che spunti l'alba, un colore bellissimo, e io sono una bimba bella, come quel fiore. Ma è pur vero che tutte le animitas sono belle: almeno quelle della bambine buone e io fui buona. I miei occhi sono castani, i miei capelli scuri, il mio sorriso allegro, sono dolce e affettuosa. E' così che mi ricorda Frederik, fratello mio adottivo: se pensa in me rammenta il mio volto garbato, il mio bel sorriso. Mi piacciono i miei nomi perché mi fanno pensare al suono del mare che s'infrange contro la scogliera, impetuoso e maestoso, alla ninnananna della risacca sulla spiaggia, al profumo delle alghe che seccano al sole e a quel senso d'infinito che si prova osservando il mare via via sino all'orizzonte, cove il suo colore si confonde con il colore del cielo. Mi piacciono i miei nomi, perché sono come un poema bello.

Amo il mare e ora che sono un'animita e posso godere con solo ammirarlo e la sua vista non mi delude mai. Eppure morii senza conoscerlo: a Gouda, un piccolo borgo tra Rotterdam e Amserdam, nella primavera del 1943, cuando lo stivale nazista calpestava il suolo della mia patria olandese. E' là si trova la mia tomba. Avevo appena nove anni quando morii - ero nata a Madrid nell'estate del 1934, durante l'afoso mese di agosto.

 

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Malva Marina all'età di 5 anni. (Foto © Fred Julsing)

 

(*) In Cile viene chiamato animita lo spirito di un bambino defunto quando non trova pace.

Modificato da antvwaIa

Inviato

Noi animitas non abbiamo mai pace, siamo semprre inquiete, in pena. Alcune è per loro colpa, è vero; ma non lo è mai per le animitas delle bambine come me. Ora possa capire quanto prima non riuscivo a capire: e così vedo quanto fu triste e sventurata la mia povera vita. Nacqui malata, di una di quelle malattie che non perdonano, è vero, ma non fu quella a darmi tanta amarezza. No, non fu la salute ciò che mi mancò, ma l'amore del padre mio. Hendrik mi ricevette con affetto, è così: forse mi volle bene come se fossi stata sua figlia: chissà... però non era lui mio padre. Hendrik e Gerardina: furono loro ad accogliermi perché mio padre non mi volle. mi respinse.

"Ma perché sei un'animita?" sento che qualcuno di voi mi sta domandando. "Le animitas non trovano riposo perché la loro vita fu troncata con violenza, in forma crudele... ma tu moriste a causa di una malattia....". No! Non è vero! Non è così! Io morii accoltellata sin dal giorno stesso in cui nacqui. Accoltellata proprio dal padre mio.


Inviato

Ma è meglio se andiamo con ordine...

La mamma mia si chiamava Maruca: è così che le dicevamo, ma il suo nome era Maria Antonieta Hagenaar Vogelzanz. Quanto era ingenua quando conobbe mio padre: incredibilmente ingenua, eppure aveva sei anni più di lui. Mammina era olandese, ma la sua famiglia viveva in Indonesia,a Batavia, una bella città. Non era ricchi, ma stavano bene. Era una famiglia ebrea, ma non andavano spesso in sinagoga: erano ebrei assimilati, come si soleva dire.

Era una donna colta, mammina, ed era alta e molto bella. Praticava molti sport ma quello che prediligeva era il tennis. E proprio una partita a tennis fu la sua disgrazia: sì, perché fu così che conobbe mio padre, che non si chiama mica Pablo Neruda, anche se si fa chiamare così: il suo vero nome è Ricardo Reyes Basoalto. Quell'uomo (non posso chiamarlo padre) aveva 26 anni quando conobbe mammina: lo avevano nominato console del Cile a Batavia pochi mesi prima. Non era un diplomatico, ma un poeta: bohemien e dongiovanni. Per mammina fu il suo primo amore, il suo unico amore. Si sposarono il 6 dicembre 1930, appena quattro mesi dopo essersi conosciuti.

 

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Maruca Hagenaar e Pablo Neruda poco dopo il loro matrimonio.

 

Erano anni difficili quelli. La crisi del '29 ebbe un impatto terribile anche in Cile e il Governo, per contenere le spese, decise di chiudere quegli uffici consolari che non erano davvero indispensabli, come quello di Batavia. Fu così che "lui" e mammina andarono a vivere a Santiago. Ma lei non si trovava bene in Cile: non parlava spagnolo, non le piaceva la vita notturna, aveva una sola amica: Maria Luisa Bombal. Tuttavia per mammina la sua felicità era quella di stare insieme al suo Pablo, non importa in quale luogo del mondo fosse, purché insieme a lui. Lui, invece, si era ormai annoiato di mammina: quando parlava di lei, lo faceva con fatsidio, senza nessuna tenerezza; la tradiva con le sue vecchie amanti di un tempo. Come se ciò non bastasse, la famiglia Reyes mostrav antipatia per lei: a loro non piaceva e non facevano nulla per dissimularlo. Che delusione, dopo essere stata così follemente innamorata!

Tuttavia nel 1933 sembrò che la situazione potesse migliorare: il "poeta" fu nuovamente nominato console, questa volta a Buenos Aires, anche se con un incarico marginale. Fu così che nell'agosto di quello stesso anno si stabilirono nella capitale argentina e mammina s'illuse che tutto sarebbe tornato come prima: fu come una seconda luna di miele quel soggiorno a Buenos Aires, quando mi concepirono.

Tuttavia non restarono a lungo nella città del Rio de la Plata, perché pochi mesi dopo trasferirono il "poeta" in Spagna: quindi nel maggio dell'anno 1934 raggiunsero Barcellona e da lì Madrid, dove si stabilirono. E poco dopo colà io diedi il mio primo vagito: era l'8 agosto 1934, quando ancora il giusto tempo della gestazione non era ancora giunto al suo termine naturale.

 

 

 

 


Inviato

Lui sembrava contento, mammina era doppiamente felice: perché io ero giunta e perché "lui" sembrava di nuovo sereno. Ma fu una serenità che durò solamente un istante! Bastarono pochi giorni perché dovessero affrontare la verità, che io ero invalida, e allora "lui" mi accoltellò: fu la mia prima ferita, la più profonda, la più dolorosa, quella definitiva. Il poeta restò cieco di fronte al poema del mio sguordao, alla promessa del mio sorriso, a quel mio dolce cantare che eppure era muto. I suoi occhi che sapevano vedere la bellezza persno in una scarpa rotta (*), in me videro solamente la mia invalidità...."Mia figlia, o ciò che così chiamo, è un essere perfettamente ridicolo, una specie di punto e virgola, una vampira che pesa tre chili": è così che mi descrisse (**).

Rifiutò me come rifiutò mammina. Se ne andò via, lontano, alla ricerca di altre labbra da baciare. Due anni più tardi quel poeta bugiardo ci abbandonò entrambe al nostro destino.

 

(*) Neruda scrisse un poema dal titolo "Ode a un zapato roto".

(**) Mi hija, o lo que yo así denomino, es un ser perfectamente ridículo, una especie de punto y coma, una vampiresa de tres kilos”.


Inviato

Agghiacciante!  Non lo sapevo!  :mega_shok:


Inviato

Interrompo la narrazione di Malva Marina, perché altrimenti sarebbe solo un monologo, e un forum non serve per postare un monologo ma è un'arena per dibattere delle ideee e degli argomenti.

Di argomenti, Malva Marina ce ne ha dati tantissimi.

Che un essere umano in pubblico sia spesso molto diverso da com'è in privato, credo che non sorprenda nessuno. Grandi comici che nell'intimità della propria casa si rivelano quali persone tristi; artisti brillanti che nell'ambiente famigliare sono piatti e noiosi; grandi moralisti che in segreto coltivano terribili vizi. Nell'intimità uno mostra se stesso, mentre in pubblico mostra la facciata di se stesso. A volte vi è un abisso tra quello che uno è davvero, quello che uno crede di essere, quello che uno vuol fare credere di essere e quello che uno sembra di essere. Altre volte non è un abisso: ma questi quattro volti di ogni persona, quasi quattro anime diverse, non coincidono mai.

Neruda, grande vate dell'amore, in realtà è un uomo che "ama" mille donne, che passa costantemente da un talamo all'altro, e così farà sino quasi alla sua morte (che ora si sa non essere dovuta al tumore che aveva in corpo, ma a un'iniezione fattagli dai militari di Pinochet: l'autopsia ha rivelato i retroscena). Amare mille donne significa essere incapaci di amarne veramente una. Soprattutto significa restare un eterno adolescente: questo è il ritratto che ne esce dalle parole di Malva Marina. Un adolescente incapace di stabilire un rapporto amoroso durevole con una donna, incapace di assumersi le sue responsabilità di padre, incapace di rispettare un impegno coniugale, poiché il matrimonio è prima di tutto un impegno reciproco. Ma è colpevole una persona per non essere matura? Forse uno può maturare in base alla sua volontà? No, non può. E' dunque l'eterna e immatura adolescenza di Neruda è una colpa? L'incapacità di amare veramente, è una colpa?

Ma non è questa la discussione che vi propongo. Non ancora, almeno, perché prima di avviarla vorrei che conosceste maggiormente Pablo Neruda e il suo rapporto con Maruca così come si svlse negli anni successivi. Ci sono avvenimenti sostanziali che vanno conosciuti prima di dibattere questo aspetto.

E' un altro l'argomento che vi propongo e ora ve lo espongo.

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Inviato

Malva Marina nacque con una patologia di spina bifida non particolarmente grave in se stessa, ma molto grave nelle complicanze che spesso questa patologia produce. Più avanti sarà Malva Marina stessa a parlarcene, ora, attraverso le atroci parole di suo padre, il "lui" del suo racconto poiché si rifiuta di chiamarlo padre (ma è giusto il suo rifiuto?), "è un essere perfettamente ridicolo, una specie di punto e virgola", comprendiamo che è idrocefala, un piccolo corpo nato prematuramente con un'enorme testa. Agli occhi di Neruda, innamorato della bellezza, quel corpo grottesco, anche se generato da lui stesso, suscitò solamente orrore. Nessuna pietà.

Facile sarebbe il moralismo di dire: "quale orrore il comportamento di Neruda!". Troppo facile.

Siamo sicuri che saremmo stati diversi? Avremmo accettato un figlio gravemente deforme? O lo avremmo abbandonato alle istituzioni fingendo che fosse nato morto?

Se durante i primi tre mesi della gravidanza scopriamo che quel figlio che stiamo gestendo è gravemente deforme, destinato a una corta vita solo di sofferenza ed emarginazione, porteremmo lo stesso a compimento la gravidanza o faremmo la scelta pietosa dell'eutanasia?

Nel 1934 determinati esami clinici non esistevano. Oggi la spina bifida può essere diagnosticata molto precocemente, durante il terzo mese di gravidanza, e può essere anche curata nel feto. Ma nel 1934 non era così: non poteva essere diagnosticata e neppure curata.

Ma supponiamo che neppure oggi potesse essere curata. Se prima della conclusione del terzo mese i medici ci dicessero che nostro figlio è affetto da spina bifida e dalle frequenti complicanze che ne derivano (idrocefalia, grave compromissione nella deambulazione, malformazione cardiaca, limitate prospettive di sopravvivenza), cosa decideremmo: di portare ugualmente a termine la gravidanza?

Malva Marina nasce deforme: la sua idrocefalia è resa assai più evidente poiché il suo corpo prematuro è minuto. Il suo aspetto è quello di un "punto e virgola". Ma quanto è difficile accettare la deformità, soprattutto in un figlio. Ci vuole coraggio, ci vuole forza d'animo.

A Pablo Neruda mancavano sia il coraggio, sia la forza d'animo. E' una colpa non averli? E' colpevole Pablo Neruda?


Inviato

@antvwala sei continuamente fonte di ispirazione e sapere, e ti ringrazio. Scusate la sviolinata pubblica ma te lo meriti! :)

Anche io ero all'oscuro di questa tristissima vicenda. Che l'anima di un artista sia più incline agli "slings and arrows of the outrageous fortune" è risaputo, ma questo è a dir poco orribile. Ma fu mai condannato per quest'atto?

Mi permetto di ricordare poi, molto più prosaicamente, anche il film "la spina del diavolo" che pur con un canovaccio horror e un po' commerciale tratta proprio di questa patologia e di come veniva vista in passato.


Inviato

L'animita di Malva Marina mi è particolarmente cara, tanto che ad Achao nel mio giardino le ho fatto un altarino dove le offro spesso qualche dono: il primo ortaggio raccolto nell'orto, dei semi di grano, delle fragole selvatiche....


Inviato (modificato)

Nessuno ha nulla da dire su un tema così delicato e doloroso?

O è la paura di dire ciò che davvero si pensa?

 

Oggi, 3 dicembre, su celebra la giornata de disabile e aprire questa discussione mi sembrava un modo corretto di aderire alla celebrazione: ma evidentemente ho fatto un buco nell'acqua....

Modificato da antvwaIa

Inviato

Io, personalmente, ho sempre sentito dentro di me il comandamento morale di difendere il più debole, quando e dove possibile.

Il che se ci riflettiamo è contro la natura e l'evoluzione di qualsiasi altra specie vivente, dove l'individuo debole o malato viene pacificamente lasciato al suo destino.

Se questo comandamento derivi da una componente trascendentale, da una valutazione sociale o altro non lo saprei dire, posso solo constatare che purtroppo non è così per tutti.

Ma che si arrivi CONSAPEVOLMENTE a porre fine all'esistenza di un individuo che, pur con le sue disabilità, potrebbe vivere tranquillo e sereno questo sì, lo trovo disumano.

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Inviato (modificato)

 

Ma che si arrivi CONSAPEVOLMENTE a porre fine all'esistenza di un individuo che, pur con le sue disabilità, potrebbe vivere tranquillo e sereno questo sì, lo trovo disumano.

 

Infatti. Anche - ipoteticamente - ragionando da non credente, non riesco a non dire che l'aborto è e rimane un omicidio, in qualunque caso.

In questo caso c'è anche un'aggravante non da poco: l'aver dato atto a dei procedimenti, per così dire..."eugenetici", di "selezione" di quello che piace o non piace, anche nei confronti di una vita umana.

 

Certo: dire (o scrivere) queste cose è un conto...sembra anche di fare della retorica.....Poi, mettendosi nei panni di una madre incinta (magari giovane, inesperta...e terrorizzata)..è un altro paio di maniche.

 

D'altra parte,in quegli anni, sicuramente, non esisteva tutta la cura e l'attenzione, anche da parte delle istituzioni, nei confronti di questi casi;

ma oggi....se una mamma non si sente in grado di affrontare una situazione così difficile,

può benissimo contare su di una marea di istituzioni nate appositamente per seguire le mamme e i loro bambini....per esempio i Centri di Accoglienza alla Vita.

 

L'interruzione di gravidanza, comunque, è solo la punta dell'iceberg di un problema molto più grande....cioè l'impostazione, fin da piccoli, di una corretta educazione sessuale, che prima di tutto deve essere un' educazione

al significato universale della Vita

e al significato universale della Persona,

due dimensioni (strettamente collegate) che non possono essere ridotte a "oggetti" manipolabili a proprio piacimento.

 

...Qualche anno fa ero stato in Armenia con degli amici e compagni di studi; a Yerevan avevamo visitato una casa gestita dalle suore di Madre Teresa,

le quali si occupavano di bambini rifiutati dai genitori proprio perché affetti da patologie gravi fin dalla nascita,

e che, altrimenti, avrebbero fatto una brutta fine...Un'esperienza veramente toccante.

Modificato da Georg

Inviato (modificato)

 

Malva Marina nasce deforme: la sua idrocefalia è resa assai più evidente poiché il suo corpo prematuro è minuto. Il suo aspetto è quello di un "punto e virgola". Ma quanto è difficile accettare la deformità, soprattutto in un figlio. Ci vuole coraggio, ci vuole forza d'animo.

A Pablo Neruda mancavano sia il coraggio, sia la forza d'animo. E' una colpa non averli? E' colpevole Pablo Neruda?

 

...Il grado di colpevolezza morale può, comunque, essere attenuato da tanti fattori....a volte, addirittura annullato. Non possiamo sapere "cosa" esattamente abbia provocato quello sconvolgimento nell'animo di Pablo..tale da portarlo ad un rifiuto così radicale.

 

Forse non è stato colpevole solo Pablo Neruda......

 

 Amare mille donne significa essere incapaci di amarne veramente una. Soprattutto significa restare un eterno adolescente: questo è il ritratto che ne esce dalle parole di Malva Marina. Un adolescente incapace di stabilire un rapporto amoroso durevole con una donna, incapace di assumersi le sue responsabilità di padre, incapace di rispettare un impegno coniugale, poiché il matrimonio è prima di tutto un impegno reciproco. Ma è colpevole una persona per non essere matura? Forse uno può maturare in base alla sua volontà? No, non può. E' dunque l'eterna e immatura adolescenza di Neruda è una colpa? L'incapacità di amare veramente, è una colpa?

 

 

Probabilmente è stato proprio per via di questa immaturità...Cosa che, in sé, non è una colpa.

 

E di questa non è stato certamente colpevole solo lui in prima persona...

 

L'episodio in questione, probabilmente, è stato solo il risultato finale di una serie di problemi (magari anche psicologici...) mai affrontati adeguatamente

e mai completamente risolti...E , magari, di un'educazione insufficiente....che lo ha portato a sviluppare enormemente certi aspetti della sua creatività, ma ha trascurato altri aspetti legati alla sua crescita personale, o magari li ha in qualche modo "distorti"....

 

 

Dal momento che ascolto parecchia musica, ho sempre a che fare con gli "Equalizzatori", con quella serie di "cursori" che servono a regolare alti, bassi..ecc;

ecco: a differenza delle persone normali , che hanno i cursori tutti più o meno alla stessa altezza,

io penso che tutti i "Geni" abbiano sempre uno o più cursori "sparati" più in alto o più in basso rispetto agli altri....

E a regolare questi "cursori", un ruolo fondamentale lo possiede certamente l'educazione, unitamente all'ambiente in cui si cresce......

Modificato da Georg

Inviato

Io penso che un individuo abbia il diritto di decidere se porre o non porre fine alla porpia vita, ma non quello di decidere per la vita di un'altro.

Tuttavia non so se sia peggio l'aborto o l'abbandono.

Comprendo che vi siano genitori incapaci di diventare adulti, di affrontare la sofferenza: è incapacità, la loro, e non sta a me giudicarla. Ma certamente la respingo.

Mia suocera, tanti anni fa, adottò un bambino che aveva 3 o 4 anni. Mia moglie allora ne aveva pochi di più e quando giunse a casa con questo piccolino, ella esclamò stupito e anche delusa: "ma è storpio! Perché l'hai scelto storpio?". "Perché se non lo avessi scelto io, non lo avrebbe voluto nessuno".

Io sto dalla parte di mia suocera e mia moglie, che comprese e che poi volle molto bene a quel suo fratellino sfortunato, stette dalla parte di sua madre.


Inviato

Lui non seppe mai vedere la mia bellezza, eppure altre persone sì che la videro! La vide Federico Garca Lorca, che volle dedicarmi un'ode:

 

Malva Marina, chi saprà vederti

delfino d'amore sopra le antiche onde,

quando il valzer della tua America

distilla veleno e sangue di una colomba mortale!

L'Elefante bianco stà pensando

se ti porgerà una spada o una rosa;

Hiava, fiamme d'acciaio e mano verde,

il mare del Cile, valzer e corone.

Bimbetta di Madrid, Malva marina,

non voglio darti né fiori né giocattoli;

un ramo di sale e amore, una lucina azzurra

adagio pensoso sulla tua bocca[1].

 

Ma per lui io non fui mai nulla di più che un ridicolo mostro con la forma di un punto e virgola.

Quano avrei voluto che lui mi prendesse nelle sue braccia, che giocasse insieme a me, che accarezzasse i miei capelli, che ascoltasse il mio canto. Perché io non potevo parlare, ma cantavo sempre, per tutto il giorno, nonostante l'amarezza del mio cuore: o forse proprio per tacitare la mia amarezza.

Per due lunghi anni lui restò insieme a noi: umiliandoci, disprezzandoci, accoltellandomi giorno dopo giorno.


[1] ¡Malva Marina, quién pudiera verte / delfín de amor sobre las viejas olas, / cuando el vals de tu América destila / veneno y sangre de mortal paloma! / El Elefante blanco está pensando / si te dará una espada o una rosa; / Java, llamas de acero y mano verde,/ el mar de Chile, valses y coronas. / Niñita de Madrid, Malva Marina, / no quiero darte flor ni caracola; / ramo de sal y amor, celeste lumbre /  pongo pensando en ti sobre tu boca.


Inviato (modificato)

Com'era ingenua, mamma! Come s'illudeva! "Mio marito sì che è un uomo nel quale avere fiducia - diceva alle sue amiche - su di lui ci si può sempre contare. E' un console del Cile!". E non si rendeva conto che non si era sposata con un console del Cile, ma con un poeta impostore. Sì, impostore! Come potete negare che sia un impostore quel poeta che scrive i più bei versi d'amore quando lui non sa amare?

Cento donne ebbe il poeta, cento donne infelici che pure gli donarono il loro cuore. Però lui il suo cuore non lo donò mai a nessuno. Amava solamente se stesso. O forse solamente non sapeva amare.

Per due lunghi anni mamma credette di essere amata, quando infine ci abbandonò: era il 1936. No, sono stata imprecisa: avrei dovuto dire quando infine "formalizzò il suo abbandono", poiché ci aveva abbandonate già due anni prima, pochi giorni dopo ch'io conobbi la luce, quando dovette rendersi conto della mia invalidità e che essa non avrebbe mai avuto guarigione.

Modificato da antvwaIa

Inviato

Io penso che un individuo abbia il diritto di decidere se porre o non porre fine alla porpia vita, ma non quello di decidere per la vita di un'altro.

Tuttavia non so se sia peggio l'aborto o l'abbandono.

Comprendo che vi siano genitori incapaci di diventare adulti, di affrontare la sofferenza: è incapacità, la loro, e non sta a me giudicarla. Ma certamente la respingo.

Mia suocera, tanti anni fa, adottò un bambino che aveva 3 o 4 anni. Mia moglie allora ne aveva pochi di più e quando giunse a casa con questo piccolino, ella esclamò stupito e anche delusa: "ma è storpio! Perché l'hai scelto storpio?". "Perché se non lo avessi scelto io, non lo avrebbe voluto nessuno".

Io sto dalla parte di mia suocera e mia moglie, che comprese e che poi volle molto bene a quel suo fratellino sfortunato, stette dalla parte di sua madre.

 

...Sicuramente (e questo ce lo dice la stessa Malva...) esistono dei modi di uccidere molto più dolorosi,

che non comportano il togliere la vita...

Quel "non uccidere" ha un significato estremamente più ampio della semplice uccisione "fisica"....

Comporta prima di tutto il rendersi conto di cosa sia la Vita e cosa sia la Persona....


Inviato

questa storia mi colpisce personalmente e non riesco a parlarne. Dico solo attenzione a giudicare chi abbandona i figli o decide di interrompere la gravidanza a seguito di una grave malattia. Soprattutto se non avete visto e vissuto i luoghi dove si consumano queste tragedie.

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Inviato

Credo giulira che sempre si debba fare molta attenzione prima di giudicare.


Inviato

Ci mancherebbe...!  ...Per questo, dicevo che bisognerebbe mettersi nei panni di queste persone...

Dicevo anche che, al giorno d'oggi, certe situazioni non sono più lasciate "in abbandono" come forse avveniva decenni fa,

ma ci sono degli aiuti concreti.

 

Poco fa, Mattarella, durante l'incontro con la delegazione dell'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, ha detto che

" non c'è cecità peggiore di chi chiude gli occhi di fronte alle difficoltà degli altri. Di chi si sottrae al dovere, elementare, di rendersi conto e farsi carico dei problemi degli altri.
Chi invece mostra un sincero atteggiamento di solidarietà e di premura verso chi è in difficoltà, avverte gratificazione. Aiutare gli altri, più che un dovere, è un arricchimento della propria vita."

 

Ecco il discorso completo:

http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Discorso&key=193


Inviato

Ci rinuncio a portare avanti discussioni che abbiano un po' di contenuto, che facciano riflettere. Sul forum ci sono fanatici che lo impediiscono. Ho sbagliato io ad avviarle.


Inviato

Ci riprovo ad andare avanti, poiché un lamonetiano me lo ha chiesto.

Questa discussione, voglio rammentarlo, l'ho aperta il 2 dicembre per ricordare che in quella data si celebrava il giorno dell'invalido e, attraverso il racconto di Malva Marina, volevo tentare di fare una riflessione su quanto sia difficile accettare l'invalidità non solo per chi la soffre, ma anche per coloro che vivono con un invalidop e che giorno dopo giorno sono posti di fronte alle sue sofferenze.

La vicenda di Malva Marina è legata indissolubilmente al fallimento del matrimonio di Neruda e quello che la bimba vede come cattiveria del padre è soprattutto conseguenza del fallimento del rapporto di coppia.

Non si tratta di giudicare: giudicare non serve a nulla, tanto meno giudicare il passato.

Si tratta di comprendere: comprendere è sempre utile, non importando se gli eventi e i sentimenti che comprendiamo si collocano nel passato o nel presente.


Inviato (modificato)

Riprendo il filo del mio discorso, o piuttosto della mia lettera aperta: a tutti, ma soprattutto a mio padre, il poeta impostore.

 

All'inizio del 1934 fui concepita e per un breve momento a mamma parve che quel soggiorno a Buenos Aires potesse divenire quasi una seconda luna di miele. Mamma soffriva molto per tenermi nel suo grembo. Fu una gravidanza difficile la sua e temeva che un'altra volta potesse concludersi con la perdita del frutto del suo amore. Ella non amò mai la vita notturna, trascorsa passando da un locale all'altro, da una coppa all'altra, sino a quando l'alba rischiarava le strade della città e solo allora si faceva ritorno: allora non di rado un'invito a trascorre fuori la nottata diventava l'occasione per liti furibonde[1]. L'insofferenza di mamma acuì quella di Pablo che mai volle rinunciare alla sua vita bohémien: fu così che la mia presenza nel ventre materno, anziché rasserenare il burrascoso rapporto tra i miei genitori, lo condusse sulla china della rottura.

A consolare la sua solitudine dal Cile giunse María Luisa Bombal, l'unica vera amica che ebbe nella sua vita coniugale e a Buenos Aires sorse l'amicizia tra Pablo e il grande poeta spagnolo Federico García Lorca: un sodalizio che durò la vita intera. Federico sottolineava come la Repubblica spagnola fosse un grandioso crogiolo di idee e che là, in quella terra e in quegli anni, ci fosse la giusta dimora di un poeta. Pablo gli fece caso e grazie alle sue amicizie nella cancelleria cilena ottenne rapidamente un trasferimento presso ill consolato cileno a Barcellona. Tuttavia la difficile gravidanza di mamma non permise loro di viaggiare immediatamente per la Spagna, come avrebbe voluto Pablo, ma dovettero attendere sino alla fine di maggio, e anche questa attesa fu ragione di accesi diverbi. A Barcellona, poi, rimasero pochissimo tempo perché ottenne di essere trasferito a Madrid quale addetto culturale all'ambasciata e nei primi giorni di agosto si stabilirono nella capitale spagnola in un alloggio che poi Pablo rese famoso nelle suo odi con il nome di "Casa de las flores". E poco dopo fu a Madrid ch'io diedi il mio primo vagito: era il 18 agosto 1934, quando il giusto tempo della gestazione non era ancora giunto al suo termine naturale.

Lui per un breve istante parve contento quando udiì il mio primo vagito, e mamma era doppiamente felice: perché io ero giunta e perché "lui" sembrava di nuovo sereno. Ma fu una serenità che durò solamente un istante! Bastarono pochi giorni perché dovessero affrontare la verità, che io ero invalida e  gli parve che gli crollasse addosso e la deformità della mia testa gl'impedì di scorgere la mia bellezza.


[1] La scrittrice cilena María Yáñez Flores, in quei mesi ospite a Buenos Aires dei coniugi Reyes, ebbe occasione di assistere a uno di quetsi frequenti litigi: "Dopo cena Neruda suggerì di concludere la serata al "Signo", un centro di scrittori. Allora Maruca scomparve nella camera da letto, facendo prima un cenno Neruda affinché la seguisse. Poco dopo sentimmo le urla di una disputa violenta […]. Neruda e Maruca uscirono dalla camera da letto, egli come il più triste indio, lei ancora scossa dalla rabbia". (Maria Flora Yáñez: “Historia de mi vida. Fragmentos”. Santiago de Chile 1980, p. 251-253).

Modificato da antvwaIa

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