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IGNORED

Le più belle rappresentazioni di guerrieri


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Altro esemplare di questa rara moneta di Aptera. 

 

CRETE: Aptera. Ca. 330–300 BC. AR stater.
Le Rider 273, pl. ix, 16 (same dies). Svoronos 1,
pl. 1, 7 (same obverse die). Very rare. Struck from slightly
worn dies. Nicely toned. Good very fine

Ex Münzen und Medaillen 66, 22–23 October 1984, lot 106.

Mail Bid 13 closed FRIDAY, AUGUST 25TH, 2006.

Sold for 2650 [ $3047.5, or approx 2377.05 EUR, 1584.7 GBP ] including the 15% buyers fee.

From the Freeman & Sear Mail Bid Sale 13, Closed August 25th, 2006.

 

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Gli opliti greci erano armati di un grande scudo rotondo, di una lancia, una spada, elmo, corazza e schinieri.

            La lancia, impugnata con la sola mano destra, era lunga circa due metri e mezzo, era di legno di corniolo o di frassino con la punta in ferro; a volte anche all’altra estremità veniva apposta una punta metallica in modo da aumentare la potenzialità offensiva dell’arma. La lunga lancia  era formidabile per affrontare il nemico corpo a corpo perché consentiva di avvicinarlo e di colpirlo frontalmente senza doversi più limitare a scagliare frecce e aste da lontano, avanzando e ritirandosi.       Oltre alla lancia ciascun uomo disponeva di una corta spada in ferro (xiphos). Il copricapo più diffuso era l’elmo corinzio che copriva gran parte del collo e della testa fino alla clavicola ed era munito di paraguance e paranaso, elemento, quest’ultimo, di cui era privo il meno usato elmo attico. La maggior parte degli elmi di età arcaica e della prima età classica (VI-V secolo a.C.) era sormontata da un pennacchio di crini di cavallo che faceva sembrare più alto chi lo indossava.

            Ma l’elemento più importante dell’armatura era lo scudo (hoplon, da cui deriva il nome “oplita“) dal  diametro di circa un metro e dalla grande robustezza: era costituito da una solida struttura in legno rivestita da una lamina esterna in bronzo e sostituiva il vecchio scudo di legno e di vimini che copriva l’intera persona. Sulla parte esterna dello scudo veniva raffigurato  un emblema (generalmente un animale) che era il simbolo personale del singolo guerriero o del clan a cui apparteneva. Per lo sfavillìo del bronzo sotto il sole e per i colori vivaci e la foggia bizzarra dell’emblema riprodotto su di esso, lo scudo incuteva terrore agli avversari e, insieme all’elmo dall’alto pennacchio, conferiva al guerriero che lo imbracciava un aspetto davvero feroce. Il grande scudo rotondo dell’oplita veniva sorretto stabilmente con il braccio sinistro che veniva fatto passare in una cinghia mentre la mano andava ad afferrare una presa: in questo modo il peso veniva distribuito lungo tutto il braccio e non rimaneva concentrato solo sulla mano e sul polso. La presa salda e comoda dello scudo permetteva di maneggiarlo agevolmente per parare i colpi di lancia, proteggere il fianco sinistro e, contemporaneamente, offrire riparo al fianco destro del compagno che stava a sinistra nella fila della formazione.

Completavano l’equipaggiamento dell’oplita la corazza, i bracciali e gli schinieri. La corazza in origine era un semplice corsaletto in piastre metalliche dalla caratteristica forma a campana per non intralciare il movimento delle anche durante la marcia o la corsa; a partire dagli inizi del V secolo a.C. fece la sua comparsa un modello di corazza in bronzo a due piastre, più leggera, con parti in cuoio e in tessuto. Gli schinieri in lamina di bronzo proteggevano polpacci e stinchi fasciando la gamba del guerriero dalla rotula fino alla caviglia; erano tenuti fermi con stringhe di cuoio o metallo che passavano in appositi fori. Anche gli avambracci venivano protetti con dei bracciali in bronzo.

Questo complesso di armi (panoplia) era piuttosto costoso ma era comunque più accessibile della dotazione del cavaliere per cui rientrava nella disponibilità anche dei cittadini della classe media. In seguito le singole poleis fornirono la panoplia a tutti i cittadini, permettendo così anche ai meno abbienti di entrare nella falange oplitica. Solo gli opliti spartani erano obbligati a dotarsi di armature tutte uguali; nelle altre poleis si stabilivano solo le dotazioni che ciascun soldato doveva  necessariamente avere ed ogni singolo oplita se le procurava in base ai suoi gusti ed alle sue possibilità, personalizzandole nel modo desiderato.

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Alessandro, tiranno di Fere in Tessaglia dal 369 al 356 a.C., rappresentato in tenuta da cavaliere al rovescio di un bellissimo e raro statere da lui coniato.

 

Silver stater circa 369-358 BCE of Alexander of Pherai, Thessaly.  Head of Ennodia,

an ancient Greek goddess associated with Artemis, Hecate, or Persephone on obverse.
Reverse shows Alexander of Pherai riding.  A very rare coin, this sold for $661,421 last month.

 

Provenienza immagine:

http://cerebralboinkfest.blogspot.it/2011/06/unsung-artisans-of-ancient-world.html

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Da notare sulle due monete precedenti l'elmo beotico indossato da Alessandro di Fere.

L'elmo beotico era un elmo leggero in uso nell'età classica ed ellenistica per la cavalleria, particolarmente tra i Tessali ed i Macedoni, nonostante l'origine beota (da cui il nome). L'elmo beotico, a differenza dell'elmo corinzio, non limitava la visibilità né creava ostacoli all'udito, pur proteggendo le orecchie, soprattutto dai colpi provenienti dall'alto. L'elmo era piuttosto leggero e molto comodo, anche se non disponeva di nasale e guanciali, aveva tuttavia un paranuca ed una grande visiera ed era così adatto alla cavalleria che Filippo II ed Alessandro lo resero obbligatorio alla cavalleria dell'esercito macedone.

Nella foto: cavaliere tessalo con elmo beotico (dal sarcofago di Alessandro).

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Modificato da King John
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Freeman & Sear - Gemini I, Session 1
Lot: 192

SELEUCID KINGDOM. Seleucus I Nicator (312-281 BC). Silver-plated tetradrachm (subaeratum) (14.75 gm). Susa,
ca. 305/4-295 BC. Head of hero right (assimilating Seleucus, Alexander, and Dionysus), wearing helmet
covered with panther skin and adorned with bull's ear and horns, panther skin tied around neck / BASILEWS
SELEUKOU, Nike standing right, crowning trophy, PA (retrograde) in lower left field, AX between Nike and
trophy, PA monogram in lower right field. Cf. SC 173.12-15. Perhaps from ESMS die A8. Numerous hairline
scratches in obverse field, otherwise extremely fine

This interesting item may be an ancient forgery rather than a dishonest product of the Susa mint. It conflates
the controls of at least two official issues (the AP and PA monogram occur together on SC 173.15, while the control
AX appears on several preceding issues). The retrograde P tends to argue against its being an official issue, but the
style is very fine. If this piece is an official issue, it would fall between SC 173.14 and 173.15. It appears
to have been struck from an official obverse die, but perhaps one belonging to an earlier phase of the trophy
coinage. Estimated Value: $ 1,750

Sold for $1,400 USD [ approx 1064 EUR, 742 GBP ] plus 15% buyers fee.

Gemini I Auction Closed Jan 11-12, 2005. 

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Modificato da King John
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Crete, Aptera AR Stater. Signed by Pythodoros. Circa 4th century BC. Α[ΠΤAΡΑΙΩΝ] around head of Artemis Aptera to right, with hair elaborately curled upwards around a stephane ornamented with palmettes; she wears an elaborate crescent and solar-disk pendant earring with three drops and a pearl necklace; to right in smaller letters the artist’s signature: ΠΥΘΟΔΟΡΟΥ / Warrior hero Apteros, called Ptolioikos, standing facing, his bearded head left, wearing crested helmet and cuirass, holding in his left hand a spear and shield decorated with a sunburst, his right is raised towards a sacred fir tree in left field; ΠΤΟΛΙΟΙΚΟΣ around. Le Rider, Monnaies crétoises, p. 36, 269-70, pl. 9, 11-12; Svoronos, Crète, p. 15, pl. 1, 10 (same dies); BMC 1, pl. 2, 3 (same dies); BMFA Suppl. 108 (same dies); LIMC VII/1, p. 588, VII/2, sv. Ptolioikos 2 (same rev. die); for the engraver’s signature see L. Forrer, Notes sur les signatures de graveurs sur les monnaies grecques, Bruxelles 1906, pp. 277-284. 11.78g, 24mm, 12h.

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Un paio di  denari repubblicani :

 

db_file_img_94094_690x0.jpgQ. Minucius Thermus

db_file_img_94096_690x0.jpgL. Titurius L. f. Sabinus

 

Inviato

Un paio di  denari repubblicani :

 

 

Due scene molto movimentate.... Molto belli!

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Thessaly, Pelinna AR Obol. Circa 425-350 BC. Horse walking left / Warrior in throwing stance to left, wearing petasos and chiton, holding shield and javelin, ΠEΛIN around; all within incuse square. BCD Thessaly II 515 (same dies). 0.96g, 13mm, 7h.

 

tredici millimetri  :   °°°°°°°°°   :o

Inviato

Il guerriero dell'ultimo post indossa il petaso, cappello a falda, di cuoio, feltro o paglia. Talvolta la falda costituisce con la calotta un unico cono slargato, e la calotta è coronata da un bottone ornamentale al vertice (petaso tessalico e macedonico, o causia usato anche dai re macedoni. Ma per lo più nel petaso la calotta è ben distinta dalla falda, ora calzante, ora piccolissima e solo decorativa. La falda può essere orizzontale o conica, scendente o rialzata. Spesso il petaso è trattenuto sotto il mento con due nastri annodati, che permettono di lasciarlo pendere sulle spalle. Per lo più non ha guarnizione, ma vi sono talvolta petasi ornati sulla falda rialzata con coccarde o altri ornamenti applicati, o figure a rilievo, pure applicate, in materiale diverso.

 

Era usato nei paesi caldi da chi doveva ripararsi dal sole, quindi specie da contadini, pastori, pescatori, guerrieri, viaggiatori, ecc. I Greci lo attribuivano al messaggero celeste, Ermete, per cui lo ornavano di alette, come i calzari, e a parecchi dei loro eroi: Bellerofonte, Perseo, Edipo, Teseo. Dopo le guerre persiane venne di moda nell'abbigliamento ginnico insieme col chitone corto, la clamide, e il lungo bastone a manico ricurvo. È questo il costume degli efebi nel fregio del Partenone e in molte pitture vascolari dello stile severo (da Treccani.it).

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Anche questo elegantissimo giovane aristocratico, raffigurato su un vaso del IV secolo a.C., indossa il petaso.

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Modificato da King John
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Il cavaliere al rovescio di questo tetradramma di Filippo II, invece, non indossa il petaso ma la causia (in greco antico καυσία),  un cappello di feltro di forma simile ad un coperchio più o meno convesso, che era a volte fermato sotto la gola con delle stringhe.
Esso fu in uso tra gli antichi macedoni e le popolazioni confinanti nel periodo ellenistico e, forse, anche prima di Alessandro Magno tra le classi povere per proteggersi dal sole.

 

 

Gitbud & Naumann > Auction 37

KINGS OF MACEDON. Philip II (359-336 BC). Tetradrachm. Amphipolis. 

Obv: Laureate head of Zeus right. Rev: ΦIΛIΠΠOY.  Horseman, wearing kausia, on horseback left, right hand raised; cock standing left under raised foreleg.

Le Rider pl. 30, 177.
  Condition: Good very fine.  Weight: 14.36 g. Diameter: 23 mm. Estimate: 200 EUR

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Altro esempio di petaso indossato da un uomo in armi

 

 

 

Roma Numismatics Ltd > Auction 10

Lot number: 236  Price realized: Unsold

Lot description:  Thessaly, Pharsalos AR Drachm. Circa 424-404 BC. Head of Athena right wearing Athenian Helmet with cheek-guards, TH behind / Horseman wearing petasos, on horseback trotting right, mace over shoulder, ΦΑΡΣ around, ΤΗ below. Lavva, Pharsalos 101. 5.91g, 21mm, 8h.

Near Extremely Fine. Estimate: 1500 GBP

 

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Appare interessante che il copricapo causia sia presente anche sulla testa del cavaliere nel rarissimo didramma di Cora, attuale Cori (LT), noto in soli due esemplari (a Parigi e a Napoli), provenienti da due diverse coppie di conii, emessi nel 264-250 a.C.

Riporto quello di Parigi, anche se non in buona conservazione:

 

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Cosa ci faceva la causia, che riecheggia la cavalleria macedone, su una moneta emessa nella zona dei Monti Lepini?

 

In realtà si ha notizia che esisteva una cavalleria corana, che partecipò valorosamente come alleata dei Romani nella battaglia del Ticino del 1° dicembre 218 a.C. (Silio Italico, Pun., 4, 219-229) e un contingente di Cora combatté a fianco dello schieramento romano nella celebre battaglia di Canne nel 216 a.C. (Silio Italico, Pun., 8, 376-385).

Quindi la cavalleria di Cora, a metà del III secolo a.C., desiderava rifarsi al mito della famosa cavalleria macedone.

 

Il copricapo causia è meglio visibile nell'esemplare di Napoli, che desidero pubblicare in un aggiornamento della mia monografia su Cora.

 

 


Supporter
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@@acraf

 

Forse ti riferisci all'esemplare della foto che ho in archivio?

 

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apollonia


Inviato

Appare interessante che il copricapo causia sia presente anche sulla testa del cavaliere nel rarissimo didramma di Cora, attuale Cori (LT), noto in soli due esemplari (a Parigi e a Napoli), provenienti da due diverse coppie di conii, emessi nel 264-250 a.C.

Riporto quello di Parigi, anche se non in buona conservazione:

 

attachicon.gifCORA SNG Paris 234 6,07 3.jpg

 

Cosa ci faceva la causia, che riecheggia la cavalleria macedone, su una moneta emessa nella zona dei Monti Lepini?

 

In realtà si ha notizia che esisteva una cavalleria corana, che partecipò valorosamente come alleata dei Romani nella battaglia del Ticino del 1° dicembre 218 a.C. (Silio Italico, Pun., 4, 219-229) e un contingente di Cora combatté a fianco dello schieramento romano nella celebre battaglia di Canne nel 216 a.C. (Silio Italico, Pun., 8, 376-385).

Quindi la cavalleria di Cora, a metà del III secolo a.C., desiderava rifarsi al mito della famosa cavalleria macedone.

 

Il copricapo causia è meglio visibile nell'esemplare di Napoli, che desidero pubblicare in un aggiornamento della mia monografia su Cora.

Ci sono discussioni aperte sulle tipologie di copricapi anche per quanto riguarda la Macedonia stessa e i suoi sovrani... Causia, petaso... Qui in effetti sembra più un pileo tra l'altro... Ci andrei piano con i "quindi" in assenza di specifici riferimenti delle fonti antiche a questa presunta ispirazione...
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A proposito di copricapi indossati da guerrieri: l'elmo indossato da Alessandro o Seleuco I dei post 32-33 è meglio visibile su questa moneta. E' ricoperto di pelle di leopardo e decorato con le orecchie e le corna di un toro: sembra un vichingo... Anche il cavallo è adornato con corna di toro.

No.: 289

Schätzpreis-Estimation: DM 15 000,-

Drachme, ca. 293 - 280, Ekbatana. Kopf des jugendlichen Herakles im Löwenskalp rechts. Rs: BAS ILEWS / SELEYKOY. Der König (Seleukos oder Alexander der Große), der einen mit Stierhörnern verzierten Helm und eine im Wind sich blähende Chlamys trägt, zu Pferde nach rechts galoppierend, in der Rechten eine eingelegte Lanze haltend; das Pferd ist ebenfalls gehörnt und trägt anstatt eines Sattels ein Pantherfell auf dem Rücken; im Feld links unten SW, unter dem Pferd zwei Monogramm. ESM 481 = F. Imhoof - Blumer, NZ 27 (1895), Taf. 2, 13 = O. Mørkholm, Early Hellenistic Coinage (1991), S. 248 und Taf. VIII, 142 (das Exemplar im Münzkabinett der Staatl. Museen Berlin). 4,26 g, St. 5.

Äußerst selten. Ausgezeichneter Stil, vorzüglich.

Aus Münzen und Medaillen AG, Auktion 32 (20. Oktober 1966, Basel), Nr. 141, und aus Bank Leu AG, Auktion 33 (3. Mai 1983, Zürich), Nr. 413.

Bei dem auf der Rückseite dargestellten König, der einen mit Stierhörnern verzierten Helm trägt und ein gehörntes Pferd reitet - in dieser Form einzigartig in der gesamten seleukidischen Münzikonographie - handelt es sich vermutlich nicht um Alexander den Großen, sondern um Seleukos selbst, der sich in der Münzpropaganda seinen Untertanen auch sonst als legitimer Nachfolger des großen Eroberers präsentieren ließ; dies könnte die Anspielung auf das berühmte Schlachtroß Alexanders, Bukephalos (,Ochsenkopf"), erklären.

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Dracma d’argento (5,65 g) coniata ad Argo nel 370-350 a.C. D.: testa di Hera a destra con corona decorata con palmette. R.: Diomede, con una clamide poggiata sulle spalle e  spada in pugno, sottrae il Palladio di Troia; legenda: ARGEIWN, “(moneta) degli argivi”. Questa rara moneta è stata venduta all’asta nel 2006 a 53.742 dollari! (LHS Numismatik AG, asta n.96 dell’8/05/2006, lotto n.1067).

 

Con questa rara moneta Argo omaggia il suo epico re Diomede che partecipò alla spedizione contro Troia al comando di ben ottanta navi e fu, accanto ad Achille, il più coraggioso ed eroico dei greci. Omero ricorda la speciale protezione di cui egli godeva da parte di Atena e le numerose imprese militari che lo videro cimentarsi in combattimento contro i maggiori eroi troiani, come Ettore ed Enea, e persino contro gli dèi che di volta in volta si schieravano al fianco dei troiani. Soltanto a lui, infatti, fra tutti i guerrieri greci, la dea Atena aveva tolto dagli occhi il velo di nebbia che impediva ai mortali di distinguere gli dèi in battaglia: così Diomede potè ferire Afrodite, che stava difendendo Enea, e lo stesso Ares. Insieme ad Ulisse Diomede si travestì da mendicante ed entrò a Troia dove riuscì a rubare il Palladio, il simulacro di Pallade Atena che rendeva imprendibile la città: sulla moneta al rovescio è rappresentato proprio questo avventuroso episodio.

 

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Dracma d’argento (5,65 g) coniata ad Argo nel 370-350 a.C. D.: testa di Hera a destra con corona decorata con palmette. R.: Diomede, con una clamide poggiata sulle spalle e  spada in pugno, sottrae il Palladio di Troia; legenda: ARGEIWN, “(moneta) degli argivi”. Questa rara moneta è stata venduta all’asta nel 2006 a 53.742 dollari! (LHS Numismatik AG, asta n.96 dell’8/05/2006, lotto n.1067).

 

Con questa rara moneta Argo omaggia il suo epico re Diomede che partecipò alla spedizione contro Troia al comando di ben ottanta navi e fu, accanto ad Achille, il più coraggioso ed eroico dei greci. Omero ricorda la speciale protezione di cui egli godeva da parte di Atena e le numerose imprese militari che lo videro cimentarsi in combattimento contro i maggiori eroi troiani, come Ettore ed Enea, e persino contro gli dèi che di volta in volta si schieravano al fianco dei troiani. Soltanto a lui, infatti, fra tutti i guerrieri greci, la dea Atena aveva tolto dagli occhi il velo di nebbia che impediva ai mortali di distinguere gli dèi in battaglia: così Diomede potè ferire Afrodite, che stava difendendo Enea, e lo stesso Ares. Insieme ad Ulisse Diomede si travestì da mendicante ed entrò a Troia dove riuscì a rubare il Palladio, il simulacro di Pallade Atena che rendeva imprendibile la città: sulla moneta al rovescio è rappresentato proprio questo avventuroso episodio.

 

Moneta di grande fascino e bellezza. il Rovescio è stato realizzato con una cura e una proporzione dei dettagli da lasciare a bocca aperta, tutto in un diametro di un paio cm. L'incisore ha realizzato una vera opera d'arte. Francamente, battuta oggi nell'asta giusta, credo possa realizzare anche di più...

Modificato da skubydu
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Dalla CNG 94, lotto 462

 

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MYSIA, Pergamon. Mid-late 330s BC. AV Stater (17mm, 8.60 g, 1h). Head of Herakles right, wearing lion skin / Archaistic Palladion: statue of Pallas Athena standing facing, holding spear aloft in right hand, preparing to strike, on left arm, a shield adorned with a four-point star and fillet hanging below; to lower left, a crested Corinthian helmet right; all within concave circular incuse. Callataÿ, Statères 2j (D2/R3 – this coin); Von Fritze, Pergamon 7 = Saida 36 var. (rev. not incuse); SNG France 1557 = De Luynes 2493 = Saida 37; Gulbenkian 699 var. (same); Jameson 2580 var. (same); PCG pl. 28, 25 var. (same). Superb EF, fully lustrous.


From the Clearwater Collection.

Although lacking a legend, this series has been attributed to Pergamon, based on similar silver fractions which also contain the city ethnic, ΠEPΓA(M) (SNG France 1558-66). On the other hand, the date of this issue is less certain. SNG France placed it circa 310-284 BC, though ignoring that two examples of this type were found in the Saïda hoard (IGCH 1508 = CH VIII 190), which Westermark dated to circa 323/20 BC. She also saw a correlation between these staters and those of Philippi in Macedon (an example of which was in the hoard), and accordingly dated them to after 336 BC (echoed by G.K. Jenkins and M. Castro Hipólito in the Gulbenkian catalog), based on Mørkholm's placement of the Philippi issues during the reign of Alexander (EHC pp. 84-5). Mørkholm's dating, however, was based on the single coin of Philippi in the Saïda hoard (Saïda 34), which was of such high grade that he thought it must have been struck near the date of the hoard's deposit. Other numismatists, however, have placed these Philippi staters earlier, circa 356-345 BC (Bellinger, Philippi p. 37, and N. Waggoner in SNG ANS). The hoard also contained ten of the twelve known examples of an extremely rare gold issue of Kios. Significantly, this issue of Kios and the fact that the Pergamene staters have a close stylistic affinity with the coinages of Philip II and Alexander III – offer a potential clue toward identifying when and why they were struck.

More recently, F. de Callataÿ has revisited the issue by examining the examples of this issue that have appeared on the market over the last decade (F. de Callataÿ. “Les statères de Pergame et les réquisitions d’Alexandre le Grand: l’apport d’un nouveau trésor (‘Statères de Pergame 2004’)” in RN 169 [2012]). Exhibiting no traces of circulation wear, these coins are closer to the full Attic weight than the two more worn specimens in the Saïda hoard, suggesting an earlier date for this issue than circa 323/20 BC. Callataÿ also demonstrated (along with the two specimens in the Saïda hoard) that in total five obverse and seven reverse dies by two engravers were used in striking this issue, all of which are die-linked. The obverse dies share a close stylistic similarity to early Alexandrine issues of Miletos (cf. Leu 81, lot 182) and Abydos (cf. CNG 70, lot 92), as well as earlier staters of Philippi (cf. Triton IX, lot 724). Likewise, the control marks which appear on these Pergamene coins (Corinthian helmet, rose, and eagle [or cock]), are symbols typically found on coins from early in thereign of Alexander III. The apparently brief but intense minting of these Pergamene staters, with their links to Macedonian types struck early in the reign of Alexander III, suggests that these coins were struck from funds requisitioned locally for the Macedonian troops in Asia Minor of Alexander himself in 334 BC (cf. Diod. Sic. 17.19-21; cf. Plut. Vit. Alex. 16.1-8; cf. Arr. Anab. 1.14-16).

 

apollonia

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Supporter
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Questo è un mio tetradramma di Anfipoli coniato poco dopo la morte di Alessandro (ca 323-320 a. C.) in stile ‘lifetime’.

 

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La moneta (17,029 g) con la raffigurazione nel campo a sinistra di Atena Promacos in piedi verso destra con scudo e lancia proviene da un’asta Varesi ed è catalogata come Price 105 e Müller 649.

L’Atena Promachos, cioè prima in battaglia o combattente in prima linea, era una colossale statua di bronzo scolpita da Fidia nell’Acropoli di Atene.
Atene era la dea della saggezza e dei guerrieri e la protettrice di Atene.

apollonia

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