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Perchè i denari a stampo largo ?


dabbene

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Da molto non vedo discussioni generaliste e allora proviamoci con questa....

I denari a stampo largo indubbiamente affascinano e incuriosiscono ....e allora vediamo cosa ne sappiamo ....sono una prerogativa delle emissioni dell' Italia settentrionale, databili nel periodo tra circa l'860 e l'896, c'è un aumento dei diametri dei denari scodellati da circa 24 mm. a 34 mm. pur mantenendo però il peso originale.

La prima conseguenza di questo è che gli spessori diventano sottilissimi, la moneta è molto fragile, spesso si vede quello che è stato coniato sull'altra faccia.

A Milano per esempio questa tipologia scompare con le emissioni di Lamberto del 896 e il ritorno a diametri più piccoli, consueti, di circa 22 mm.

L'evidente fragilità della moneta portava a rotture, fessurazioni, a un uso difficile delle stesse e probabilmente il problema venne evidenziato presto con un ritorno a diametri tradizionali dei tondelli.

A Milano abbiamo comunque diverse emissioni, a dir la verità tutte molto rare, a Pavia altrettante nel periodo, con attribuzioni a una zecca piuttosto che a un'altra in cui il MEC spiega le possibili differenziazioni e comunque alcune di incerta attribuzione.

La domanda che mi pongo e che vi pongo è perché a un certo punto vennero fatti dei denari con queste caratteristiche ? 

Ho cercato qualche fonte, il Brambilla per Pavia pensa che siano monete per utilizzi particolari, per eventi, omaggi il che spiegherebbe l'appariscenza delle stesse, ma dobbiamo ricordare anche che  il Brambilla attribuisce a Pavia solo quelle di Arnolfo e di Arnolfo e Berengario I, quindi con una visione decisamente circoscritta.

Il MEC richiama invece i miliarensi bizantini, anche se differenti per metodo di coniazione e anche se appannaggio più del Sud Italia che del Nord.

Il richiamo almeno alla forma potrebbe essere possibile, la moneta era usatissima nei commerci del Mediterraneo, affermata, anche se Bisanzio era in lento declino. 

Un'altra fonte tratta da internet , un sito dal nome " Moneta e civiltà " a cura dell'Università degli Studi di Roma " Tor Vergata " a tal proposito parla di denari sempre con forma più allargata forse per significare un apprezzamento del loro valore  fino a Lamberto di Spoleto che riportò il diametro alle misure precedenti forse anche per una necessità di riequilibrio tra lega metallica e peso.

Vediamo se qualcuno vuole dire la sua più che altro sulla motivazione della coniazione di questi denari di stampo largo....come puro esempio riporto un denaro di Pavia di Arnolfo e Berengario I ( 894 - 896 ) dell'Asta Ratto , 24-26/11/1960, lotto 197.

 

 

 

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Bello spunto Mario, leggendo il MEC a pag. 251 però mi viene un dubbio...

Grierson e Blackburn sostengono che "There is usually a conspicuous circular ring surrounding the legend, and the outside borders are somewhat turned up.Italian scholars are accustomed to describe such coins as scodellati.".  Osservando le monete mi sembra però che questo tipo di scodellatura non sia dovuto al differente diametro dei conii (come accadrà successivamente dall XI secolo in poi) ma sia simile appunto ai bordi non coniati delle monetazioni bizantine e barbariche, sbaglio?. Quindi penso che un'ispirazione - almeno a livello formale - dal mondo bizantino ci fosse...

 

Un'altra domanda, poi giuro che smetto  :crazy: : Brambilla sostenendo l'ipotesi di "monete per utilizzi particolari, eventi, omaggi" mi sembra ipotizzi un uso simile alle monete di presentazione; ma allora come mai si tratta dell'unico circolante prodotto in quelle decadi? Oppure ho frainteso io?

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Dai...un altro parere è di un amico nostro Leopoldo Pozzi, Pozzi ha scritto un articolo dal titolo " Il tesoretto di Briosco", Briosco è un paesino della Brianza dove fu trovato un ripostiglio di 63 monete d'argento, denari del IX - X secolo di stampo largo, tutti rarissimi, le monete di cui stiamo parlando.

Le definisce Pozzi monete dall'alto potere d'acquisto, che venivano utilizzate per transazioni molto importanti, e per questo probabilmente furono occultate, quindi bastavano pochi pezzi di queste per un importante acquisto o transazione.

Quindi una moneta per pochi, non certo del popolo, lo definisce " un tesoretto di ricchi e potenti ".

Pozzi sottolinea che non è chiaro lo scopo per cui furono fatti questi denari larghi, forse perché l'aspetto era più appariscente, forse piacevano di più a ricchi e mercanti, forse la popolazione ne apprezzava la grandezza.

Così Leopoldo Pozzi....non vorrei mettervi in soggezione ... :blum: in fondo anche Pozzi ha dato delle ipotesi come gli altri...ognuna può avere la sua dignità ....

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Se non ci fossi tu Antonio.... :blum:, una influenza bizantina ci può essere stata senz'altro, qui siamo però nel campo del grande scodellato direi con i bordi poco rialzati, quasi piatti a volte, purtroppo non ne maneggio spesso :blum: :blum:, sul Brambilla poi non la pensa neanche tanto diversamente da Pozzi, in realtà Brambilla pensava a una coniazione sola per Arnolfo e per Arnolfo e per Berengario I, in realtà non era così, il MEC lo chiarisce molti di quelli che il CNI dava per Milano sono da intendersi per Pavia, con differenze minime, ma c'erano....quindi la problematica è più complessa, l'essenza del ragionamento potrebbe essere anche non poi inverosimile, l'immagine almeno sicuramente conta qui....

Ma su come erano fatte queste monete qui potrebbero rispondere, e molto bene..., in veramente tanti, le letture fanno piacere, ma il confronto è l'anima del forum, anche sbagliando ....tanto di ipotesi stiamo parlando....o magari invece no...

Modificato da dabbene
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Crippa...come non poter andare sul suo ultimo volume 1, Crippa non entra nel merito sul perché siano stati fatti così, evidenzia invece un continuo e graduale aumento del diametro, pone invece molto lo sguardo sulle differenziazioni tra le emissioni di Milano e quelle di Pavia.

Un importante ritrovamento di questi denari ben 240 è del 1934 in Pavia durante i lavori di scavo per la posa di condutture telefoniche, sono attualmente nei Civici di Pavia, abbiamo dei Carlo il Grosso, Guido da Spoleto re e altri come imperatore, Berengario I e anche degli antiquiores della zecca di Roma.

Sono suddivisi tra le zecche di Pavia e Milano e alcuni sono solo dei frammenti, d'altronde la moneta era fragile....

C'è un articolo di Luigi Cremaschi sull'argomento " Circa il ritrovamento monetale in Pavia , 1934 " che penso possa essere di grande interesse e da leggere....

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Un importante ritrovamento di questi denari ben 240 è del 1934 in Pavia durante i lavori di scavo per la posa di condutture telefoniche, sono attualmente nei Civici di Pavia, abbiamo dei Carlo il Grosso, Guido da Spoleto re e altri come imperatore, Berengario I e anche degli antiquiores della zecca di Roma.

Mentre scrivevi io mi stavo riguardando il bellissimo "Gli Antiquiores romani" di Fusconi e effettivamente in questo periodo anche a Roma qualcosa cambia...Forse il punto in cui lo stampo largo si fa più evidente si ha con Giovanni X (914 - 928); diamo un'occhiata ai MEC 1072 (Fusconi 38/A) e MEC 1073-1074 (Fusconi 38/B), entrambi in associazione a Berengario (915 - 924). Guardando la tavola 49 del MEC la differenza di diametri si vede benissimo, specialmente i 1073 - 1074...e siamo una ventina d'anni dopo rispetto a Milano...

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Giusta osservazione il MEC 1073 e 1074 sono eloquenti, ma questo dimostra che non c'è discussione a scatola stagna, le interconnessioni storiche e monetali possono coinvolgere tutto e tutti, d'altronde non è neanche poi strano gli Imperatori scendevano in Italia spesso passando da Pavia e puntavano a Roma, e poi ritornavano, e non è quindi escluso a parte gli spostamenti sul territorio anche una influenza sulla tipologia monetale.

Il periodo è poi quello, sarebbe interessante sapere da @@giollo2 qualcosa di più su gli antiquiores romani trovati in quel di Pavia insieme ai denari di stampo largo di Milano e Pavia....credo che sia comunque importante la lettura del Cremaschi...

Dispiace che siamo sempre in due a parlare qui che tra l'altro ci vediamo anche personalmente, la cosa si ripete ormai troppe volte e per fortuna che ci sei tu...o forse non interessa o è un argomento top secret ....non so cosa pensare, certo non invoglia a fare altre discussioni di questo tipo in fondo generaliste e che sul forum negli 11 anni di vita non sono mai state trattate...ma così è con letture di utenti, visitors e anonimi che sono poi quelli che potrebbero intervenire di più...il forum è condivisione di conoscenze .....in mancanza di questo decade il motivo di esserci, di partecipare....

 

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Riporto sull'argomento da " La monetazione del Regnum Italiae e l'evoluzione complessiva del sistema monetario europeo tra VIII secolo e XII secolo " di Andrea Saccocci che trovate anche in rete :

 

" Un simile incremento del diametro a parità di peso, che trova paralleli nella monetazione aurea bizantina dello stesso periodo, nonché nei bratteati tedeschi di qualche secolo posteriori, rappresenta una complicazione tecnica tale che a nostro avviso non può essere giustificata soltanto da motivi estetici o soggettivi. Per questo abbiamo ritenuto e scritto che esso possa essere giustificato soltanto da una ragione importante, quale potrebbe essere la necessità di marcare in qualche modo il progressivo aumento di valore, cioè di potere d'acquisto, della moneta. Non a caso,infatti, questo aumento si presenta in modo progressivo e soprattutto precede di poco , sia in Italia che a Bisanzio, le prime svalutazioni nell'intrinseco della moneta. Evidentemente ci si trovava di fronte ad uno squilibrio fra domanda ed offerta di moneta coniata che portava quest'ultima ad apprezzarsi in modo sensibile. All'inizio si cercò di rimediare alla cosa dando un valore nominale sempre più alto alle monete via via prodotte, con il trucco di farle apparire soltanto più grandi ( una sorta di primitiva renovatio monetae, basata sulle dimensioni anziché sulla tipologia ), poi evidentemente ci si dovette rassegnare all'idea di ridurre la quantità di metallo presente in ogni singolo esemplare......"

 

e continua...consiglio di leggerlo attentamente e poi , se riterrete, commentarlo....certo siamo sul pezzo, questo è sicuro....

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ci potrebbe essere qualche connessione con i denari riattribuiti dal Grierson da Milano a Venezia? intendo quelli per Berengario, Ugo e Rodolfo, oltre ai primissimi ottoniani. Anche lì si assiste ad un fenomeno a mio parere peculiare: i denari con il bordo largo rialzato (non scodellati) potrebbero avere un significato o un'origine parallela agli stampi larghi milanesi. Giustamente, come dice Andreas, non giustificabile con ragioni estetiche o soggettive ma da quel che intendo più prettamente economiche e inflazionarie -mi si passi il termine. Si vedono a volte denari veneziani con un bordo spropositato, di diversi millimetri oltre al conio, per es. quelli attribuibili agli Ottoni.

 

Un esperimento durato comunque diversi decenni, mi pare di intuire, ma poi rientrato.

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Grazie intanto dell'intervento @@gigetto13, il quesito è intrigante su come si pone in tutto Venezia e le sue monete, ci sono collegamenti ?

Sul diametro direi di no, sono più piccoli sulla fattura sicuramente ci sono delle differenziazioni sul tipo di bordo, potrebbe essere un segno distintivo dalle altre zecche ulteriore o potrebbe entrarci un ragionamento di tipo economico anche qui ? Forse potrebbe dircelo chi è sul pezzo....anche se guardando sul BDN e raffrontando dei Berengario I Re di Pavia e di Venezia, vedo nel primo  pesi sul 1,80/1,90 e diametri sul 32 mm. di contro a Venezia vedo diametri sul 22 mm. e pesi un po' più bassi ma non equivalenti sul 1,50/1,55 gr., comunque con altri regnanti vedo una certa variabilità dei pesi tale forse da essere difficile generalizzare.

Comunque leggendo Saccocci ne esce un quadro in cui mi sembra di capire che Bisanzio è collegata per i rapporti che c'erano, che i motivi estetici non sono da considerare, ci si basa più su fattori economici, sull'aumento di valore della moneta.

Una manovra che non durò molto se poi si torno' a diminuire il diametro, e a ridurre il metallo.

Interessante l'accenno di Saccocci sul fatto che questo potrebbe essere stato il momento in cui la monetazione italiana inizia ad affrancarsi da quella germanica il che porterà poi a una svalutazione delle monete....nel tempo....

 

Ho guardato anche il MIR Milano che ci illustra il fenomeno ma non perché si crea, sul BDN ci sono classificazione dei pezzi della Collezione Reale, distinzioni tra le varie zecche, però non si entra nello specifico su questo problema....

 

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Visto che siete stati così gentili da citarmi,  allora vi segnalo l'articolo dove ho affrontato specificatamente il tema, poi ripreso in modo cursorio nel lavoro sul Regnum Italiae:

 

L’aumento di diametro nelle monete: soltanto un fatto di natura tecnica?, “Quaderni Ticinesi di Numismatica e Antichità Classiche”, XXVIII (1999), pp. 347-356.

 

Purtroppo non ho un pdf di questo lavoro.

Nonostante i 16 anni trascorsi nessuno che io sappia ha commentato la mia ipotesi, a parte la gentile ripresa nel sito "Moneta e civiltà" citato da dabbene. No, ad essere sinceri, Cécile Morrisson mi ha bacchettato in un Survey perché non ho citato un paio di suoi articoli il cui tale allargamento e la conseguente curvatura del tondello, in alcune serie bizantine, veniva spiegata con la necessità tecnologica di compensare l'indurimento del metallo conseguente al peggioramento della lega, onde evitare fratture sul bordo, immagino. 

In realtà non li ho citati, come poi ho spiegato nel lavoro sul Regnum Italiae, proprio perché mi occupavo di monete che venivano prodotte sempre più larghe pur mentenendo perfettamente le caratteristiche originali di peso e di lega, perché proprio quello era il fatto da spiegare.

 

Comunque, visto il silezio, io ho mantenuto quella opinione. Anzi, ne sono sempre più convinto

Cari saluti,

Andreas

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Io vado a ruota libera ormai....la speranza è che poi uno dica alt adesso arrivo io..... :blum:....l'impressione è che germanici, Regno Italico, Bisanzio siano collegabili tra loro

Saccocci sottolinea anche due aspetti credo importanti, uno quanto fosse ancora importante la moneta bizantina nel Nord Italia, più di quanto si possa pensare, sia come moneta di conto che effettiva, l'altro il fatto è che c'era una certa vitalità commerciale comunque nel periodo 855-896 che dimostrerebbe questa esigenza monetaria di dare un aumento di valore alle monete.

Abbiamo parlato molto di Regno Italico e i bizantini e Venezia come si posero in tutto questo nel periodo ? Ne rimase indenne e defilata Venezia ?

In attesa di eventuali risposte consiglio anche di leggere sempre di Andrea Saccocci il contributo scritto " L'aumento di diametro nelle monete : soltanto un fatto di natura tecnica ? ", già la domanda indirizza un poco la risposta :blum:, ma indubbiamente centrerà in pieno il tema della discussione....

Comunque all'inizio parlavo di discussione generalista, per tutti, certo capisco che l'argomento non è banale, né semplice, ma gli attori richiamati sono tanti, Milano, Pavia, Venezia, Bisanzio, Roma, i germanici, il Regno Italico e chissà cosa ancora.....

Modificato da dabbene
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Ringrazio @@Andreas dell'intervento sull'argomento molto importante.....mentre scriveva scrivevo anch'io, quindi il consiglio alla lettura del secondo contributo è arrivato in modo decisamente autonomo, ma ripeto credo sia di estremo interesse....

Questa è già una chiosa importante per la discussione, ma ovviamente ognuno può rilanciare, le argomentazioni e le monetazioni connesse sono varie e diverse.....che potrebbero meritare ulteriori rilanci....in caso contrario accontentiamoci..... :blum:

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Sono andato a leggermi il libro di Giorgio Fusconi " Gli antiquiores romani ", in realtà i pezzi trovati a Pavia insieme ai denari di stampo largo sono ascrivibili a 1 esemplare di Niccolò i con Ludovico II e ben 10 esemplari di Formoso con Guido da Spoleto ( tipo24/A ) del catalogo.

Quindi il riferimento è più che altro quello di Formoso ( 891 - 896 ), il diametro di questi è però di circa 20 - 21 mm., quindi diciamo che non rientrano nella tipologia a stampo largo, rimane  l'aspetto però delle rotte fatte da Roma verso Pavia e probabilmente magari anche oltre e viceversa  per spiegare la composizione del bel gruzzoletto.

Modificato da dabbene
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Concluderei con un esempio visivo di tutto questo, sono tutti pezzi eccezionali, di grande rarità, spesso fratturati o fessurati, di veramente importante valore commerciale, con questo Carlo il Grosso ( 879 - 887 ) della zecca di Milano, peso gr. 1, 37 e diametro 31 mm., dall'asta Cronos 8, primavera 2014, lotto 81, anche in questo caso il tondello è fratturato

rif. MIR 13, Crippa 2

Ultima riflessione tutti questi denari di stampo largo di Milano e Pavia hanno l'iconografia della croce con globetti al diritto e al rovescio il tempio tetrastilo....quindi da questo punto di vista omogeneità.....

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  • 2 settimane dopo...

Ogni volta che troverò un parere sui denari a stampo largo lo riporterò qui per avere più punti di vista.

La lettura di " Le monete del Museo Civico di Legnano ", a cura di Rodolfo Martini porta uno spunto ulteriore dell'autore stesso.

Cosa dice Martini ? Martini punta sull'aspetto della circolazione dei denari di questa tipologia ritenendo che ci siano seri dubbi su una reale ed effettiva circolazione di questi.

Precisa che anche le esigue quantità conosciute di questi denari, anche nei ritrovamenti, poteva essere dovuta anche allo loro estrema fragilità e deperibilità degli stessi.

Indubbiamente la possibilità che fossero monete dall'alto potere d'acquisto, quindi per pochi e grandi transazioni, porta ad escludere un circolante per tutti ....che ne pensate ?

 

 

 

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Non esageriamo con "l'alto potere di acquisto" .. erano pur sempre denari - anche se di stampo largo il doppio dei denari normali.

Non potevano certo avere potere liberatorio oltre un certo livello altrimenti tutto il sistema economico sarebbe andato a pallino .. : poteva bastare stampare denari sottili e di diametro doppio per quadruplicarne il potere di acquisto ? Ne dubito fortemente.

Certamente una differenziazione di moneta di maggior pregio o valore poteva starci ma non oltre limiti assai contenuti.

 

Esiste anche un'altra tipologia di monete che incremento' in breve tempo il diametro : le bracteate tedesche per le quali abbiamo sia diametro normali (piu' piccoli di un denaro) sia diametri imponenti (piu' grandi di un denaro largo).

 

In ogni caso in Italia il fenomeno fu di assai breve durata, diverse per le bratteate che circolarono molto piu' a lungo.

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certamente su un denaro largo si potevano scrivere più parole e più grandi e di più facile lettura. questo può essere piaciuto sia a chi le coniava che a chi le riceveva. di contro la sua fragilità può averne provocata la fine.

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Fatemi dire la stupidaggine delle 7.30 di mattina: il denaro largo non potrebbe esser stato prodotto per le stesse ragioni (tecniche, pratiche, estetiche) che in precedenza avevano portato alla nascita del tremisse largo e sottile?

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Ogni domanda o riflessione non può che arricchire la discussione su un quesito dove si sono espressi in pochi come sottolineava prima @@Andreas, sicuramente per passare da diametri di 24 mm. a 34 mm. circa delle motivazioni ci saranno state, quindi tecnico si, forse anche estetico come alcuni pareri riportati prima, pratico direi di no o almeno non si dimostrò tale vista la fragilità delle monete, credo più al fatto comunque di una richiesta di maggior potere d'acquisto, d'altronde l'aumento del diametro è considerevole circa un terzo in più, fu un fatto in effetti di pochi anni, circoscritto, ma che ci fu, poi si tornerà ai tradizionali scodellati.

Oltre al fatto della evidente fragilità della moneta credo che un altro fatto che abbia fatto desistere sia stato la difficile lettura delle leggende per gli spessori sottilissimi. 

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Nel leggere alcuni commenti mi sono reso conto che forse sono necessarie alcune precisazioni, per evitare che la mia spiegazione sull'aumento di valore possa essere fraintesa. Io credo che nessuno abbia voluto aumentare il valore delle proprie emissioni a piacere, per me niente che riguardi la moneta è una scelta soggettiva dei 'potenti' (solo la tipologia, e non sempre); si tratta sempre di risposte ad esigenze di mercato, risposte che molto spesso erano (e sono, come dimostra il dibattito sull'euro) sbagliate.

 

Nel caso di questo fenomeno io semplicemente penso, sulla scorta delle teorie per me sempre valide di Carlo Maria Cipolla, che lo sviluppo economico successivo all'unificazione carolngia, sempre più accelerato avvicinandosi al mille, portò ad un aumento della domanda di moneta, aumento che naturalmente causò la crescita del prezzo della loro materia prima, cioè l'argento.

 

Di fronte ad una stuazione del genere l'autorità emittente trovava grandi difficoltà nel battere moneta, perché l'argento non arrivava più alle zecche, visto che non era conveniente trasformarlo in monete che avevano un valore nominale (cioè un potere d'acquisto) più basso dell'argento stesso; non arrivava dalle miniere, perché anche all'autorità pubblica conveniva farlo circolare come lingotti a peso che non come monete; non arrivava dalle rendite e dai tributi, perché  evidentemente chi doveva pagare tali obbligazioni faceva di tutto per evitare l'uso della moneta, oppure adattava privatamente queste la moneta al valore del metallo (tosandola). L'autorità, al contrario, doveva pagare le sue obbligazioni al valore nominale fissato dalla legge stessa (qualche vecchio collezionista di decimali forse si ricorderà che tra gli anni sessanta-settanta era molto proficuo andare nelle sedi della Banca d'Italia chiedendo di cambiare una certa somma in pezzi da due o da una lira. Se la banca le possedeva, infatti, era costretta a fornirle al loro valore nominale, quando il loro valore collezionistico era già dalle 50 alla 500 volte superiore, a seconda degli anni).

 

Come si poteva risolvere questi problema? Visto che allora nella moneta valore intrinseco e valore nominale erano in stretta relazione (non uguali, perché c'erano anche i costi di produzione, detti 'brassaggio',  ed i variabilissimi guadagni della zecca, detti  'signoraggio'), le soluzioni possibili erano due:

 

1) diminuire la quantità di argento presente in ogni singolo pezzo, adattandolo al valore di mercato del metallo

 

2) lasciare il contenuto intrinseco così com'era, ma aumentare il valore nominale della moneta fino a fargli raggiungere quello del metallo, che si era incrementato.

 

La prima soluzione è quella che venne quasi sempre adottata, ma portava immancabilmente alle tesaurizzazione delle monete precedenti, se effettuata con la riduzione di peso; se effettuata  con il peggioramento della lega in genere la passava liscia, ma era sicuramente considerata una specie di imbroglio, soprattutto dalle autorità religiose (si v. il caso di Filippo il Bello).

 

La seconda soluzione venne adottata in pochissimi casi (ed è molto più difficile da individuare per noi, se non ci sono  riferimenti documentari precisi), soprattutto perché richiede un presupposto ineludibile, non facile da realizzare: l'immediata distinguibilità fa nuovi e vecchi esemplari. In caso contrario anche le monete già in circolazione avrebbero beneficiato di questo aumento di valore nominale, facendo gudagnare i loro possessori, ma svantaggiando l'autorità pubblica, che avrebbe dovuto accettare ad un valore nominale più alto monete che aveva immesso nel mercato a quello tradizionale più basso.

 

Distinguere le monete non era difficile, ma come si poteva evitare che tale distinzione portassa alla tesaurizzazione delle monete 'vecchie', che di fatto venivano sottovalutate rispetto alla nuove? Nelle aree dove una circolazione meno intensa e localizzata consentiva un sufficiente controllo da parte dell'autorità (come quelle Germaniche) con il ritiro forzato delle vecchie monete e la loro sostituizione con monete nuove di tipo differente dal valore nominale più alto (ad esempio  si dovevano dare 12 vecchie monete per averne 10 di nuove), cioè con le famose renovationes monetae, che nel XIII secolo arrivarono ad essere effettuate anche ogni due anni.

 

Ma in area mediterranea, dove la circolazione era molto più sviluppata e così a largo raggio da non consentire operazioni simili? Non lo sappiamo, ma io penso che quell'incomprensibile aumento di diametro, a parità di peso e di lega, fosse un tentativo di rendere visibile e quasi accettabile proprio tale differenza nel valore nominale di denari vecchi e nuovi. Forse all'inizio funzionò, data la difficoltà per una persona normale dell'epoca di verificare il peso di una moneta di 1 g e mezzo, ma poi naturalmente si rivelò un insuccesso, e non a caso, infatti, pochissimi anni dopo il manifestarsi di questo fenomeno, sia in Italia che a Bisanzio, le monete cominciarono a peggiorare nella lega, cioè venne adottato il sistema più efficace per rimediare all'aumento di valore del metallo prezioso, come abbiamo visto. Prioprio questa coincidenza, più alcune fonti bizantine, a mio avviso possono costituire una prova dell'ipotesi da me sostenuta.

 

Niente di certo, ovviamente.

 

Cari saluti,

Adreas

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