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IGNORED

tetradramma di Patraos


Caio153

Risposte migliori

Sinceramente penso che i magistrati monetari avessero altri mezzi di controllo ( come i successivi maestri di zecca) per le verifiche inerenti le quantita' di metallo impiegato per la coniazione etc.

Come spieghi questo simbolo stranissimo che non assomiglia a nessuna lettera greca a noi nota? Per me questo simbolo che indica la quantità di 10 dracme è proprio una prova principe che i monogrammi indichino grandezze monetarie... 

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E cosa dire di tutto quanto è stato scritto in precedenza in questa discussione sul famoso numero 50 (composto dalla D inscritta nella P) che ricorre su varie monete: quale prova migliore che, almeno in quei casi, i monogrammi sono dei numeri?? Perchè tanta resistenza ad accettare l'idea che i monogrammi siano dei numeri che indicano la pezzatura dell'emissione?

Mettiamoci nei panni degli antichi greci: quando andavano a coniare monete tutte uguali tra loro, specie se sprovviste di simbolo (come queste di Alessandro di cui da ultimo ci stiamo qui occupando) era impossibile per loro distinguerle e dividere. L'indicazione della tiratura su di esse, riportata spesso con due notazioni distinte, ed in modo spesso diverso dall'emissione precedente e da quella successiva, era proprio un elemento che serviva a distinguere e conteggiare i pezzi via via coniati. E' proprio un'eresia questo concetto?

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Sinceramente penso che i magistrati monetari avessero altri mezzi di controllo ( come i successivi maestri di zecca) per le verifiche inerenti le quantita' di metallo impiegato per la coniazione etc.

Quello di riportare su ogni singola moneta dell'emissione la tiratura dell'emissione stessa, poi, poteva benissimo essere un uso o un preciso obbligo di legge...

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Quando ho contattato il Professore Francois de Callatay per chiedergli l'indirizzo a cui potergli inviare il libro "I numeri svelati", gli ho accennato brevemente di cosa si trattava lui si è dimostrato subito molto interessato. In risposta mi ha inviato un suo articolo, che già conoscevo, in cui si accenna alla possibilità che, almeno in alcuni casi, i monogrammi sulle monete greche siano numeri ed in cui ci si lamenta della mancanza di uno studio sistematico sull'argomento. Che i monogrammi siano composti da numeri e non da lettere, quindi, non è solo una mia fantasia... Allego qui due pagine di questo articolo.

 

P.S.: il professor de Callatay come si può immaginare è molto impegnato ma mi ha assicurato che nei primi giorni di novembre leggerà il libro. Incrociamo le dita... Vi prometto che vi dirò tutta la verità circa il suo giudizio.

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Guarda che quel simbolo nel campo a sinistra del decadramma è una piccola ape, come si legge nella didascalia al post # 239 qui riprodotta con la frase interessata in neretto

 

 

The Prospero Collection of Ancient Greek Coins. KINGDOM OF MACEDON. Alexander III, The Great (336-323 B.C.), Silver Dekadrachm, 42.28 g. Minted at Babylon, struck during the lifetime of Alexander, c.325-323 B.C. Head of young Herakles facing to right, wearing a lion’s skin headdress. Rev. AΛEΞANΔPOY , Zeus, naked to waist, his left foot resting on a footstool, enthroned to left, holding an eagle in his outstretched right hand and a sceptre in his left, a small bee in the left field, a monogram and M below the throne (M. Price, ‘Circulation at Babylon in 323 B.C.’, Mnemata: Papers in Memory of Nancy M. Waggoner, p. 69, 8 (this coin); also p. 69, 7, pl. 15 = Price 3618A = Spink Coin Auction 71, 11 October 1989, lot 49 (these dies); Nelson Bunker Hunt Collection, Sotheby’s New York, 19 June 1990, lot 102 (this obverse die); Coin Hoards I, 1975, fig 6, 1; Kraay – Hirmer pl. 173, 572). A few light surface marks, attractive iridescent toning, well-struck in high relief, good very fine, superior to the Bunker Hunt Dekadrachm, a spectacular example of Hellenistic die-engraving, of the greatest rarity and importance, apparently the second known example of this varie ty. This coin published in ‘Circulation at Babylon in 323 B.C.,’ M. Price, Mnemata: Papers in Memory of Nancy M. Waggoner (1989), p. 69, 8. Purchased from Spink & Son Ltd., London, 1989 This exceedingly rare dekadrachm was struck at Babylon, in the far East of Alexander’s empire.

 

 

apollonia

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Guarda che quel simbolo nel campo a sinistra del decadramma è una piccola ape, come si legge nella didascalia al post # 239 qui riprodotta con la frase interessata in neretto

 

 

The Prospero Collection of Ancient Greek Coins. KINGDOM OF MACEDON. Alexander III, The Great (336-323 B.C.), Silver Dekadrachm, 42.28 g. Minted at Babylon, struck during the lifetime of Alexander, c.325-323 B.C. Head of young Herakles facing to right, wearing a lion’s skin headdress. Rev. AΛEΞANΔPOY , Zeus, naked to waist, his left foot resting on a footstool, enthroned to left, holding an eagle in his outstretched right hand and a sceptre in his left, a small bee in the left field, a monogram and M below the throne (M. Price, ‘Circulation at Babylon in 323 B.C.’, Mnemata: Papers in Memory of Nancy M. Waggoner, p. 69, 8 (this coin); also p. 69, 7, pl. 15 = Price 3618A = Spink Coin Auction 71, 11 October 1989, lot 49 (these dies); Nelson Bunker Hunt Collection, Sotheby’s New York, 19 June 1990, lot 102 (this obverse die); Coin Hoards I, 1975, fig 6, 1; Kraay – Hirmer pl. 173, 572). A few light surface marks, attractive iridescent toning, well-struck in high relief, good very fine, superior to the Bunker Hunt Dekadrachm, a spectacular example of Hellenistic die-engraving, of the greatest rarity and importance, apparently the second known example of this varie ty. This coin published in ‘Circulation at Babylon in 323 B.C.,’ M. Price, Mnemata: Papers in Memory of Nancy M. Waggoner (1989), p. 69, 8. Purchased from Spink & Son Ltd., London, 1989 This exceedingly rare dekadrachm was struck at Babylon, in the far East of Alexander’s empire.

 

 

apollonia

Ops!! Sorry. Ritiro tutto relativamente al simbolo nel campo a sinistra... Quanto invece da me sostenuto circa le notazioni sotto il trono di Zeus potrebbe essere fondato: si tratterebbe dell'ennesima moneta su cui sono riportate  due notazioni diverse che però indicano la medesima tiratura, nel caso di specie un milione di dracme. Ma la mia, in questo caso specifico, è da considerare una pura ipotesi.

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Personalmente, almeno dall’idea che ho potuto farmi finora, credo che i monogrammi possano anche far riferimento alla tiratura, ma non necessariamente ed esclusivamente ad essa. Bisogna considerare caso per caso, come nella somministrazione della Santa Eucarestia alle coppie divorziate o risposate secondo la decisione del recente Sinodo. E soprattutto non bisogna vedere numeri dappertutto!

 

 

apollonia

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Personalmente, almeno dall’idea che ho potuto farmi finora, credo che i monogrammi possano anche far riferimento alla tiratura, ma non necessariamente ed esclusivamente ad essa. Bisogna considerare caso per caso, come nella somministrazione della Santa Eucarestia alle coppie divorziate o risposate secondo la decisione del recente Sinodo. E soprattutto non bisogna vedere numeri dappertutto!

 

 

apollonia

Bel paragone ma rende l'idea. Ovviamente hai perfettamente ragione...

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Anch'io penso che alcuni monogrammi possano indicare dei numeri. Non ho preconcetti su questo . Tutto sta a individuare "quali" numeri ...

Non e' una questione di scetticismo, bensi di rigore. Come visto nel simbolo dell'ape che un e' stato facile scambiare per un simbolo numerico, prima di sLtare a determinare conclusioni vale forse la pena approfondire maggiormente.

E soprattuftonon generalizzare : nontutte le emissioni greche riportavano simboki numerici bensi 'queste' particolari emissioni delle quali De Callatay , presente a Taormina, e' buon conoscitore. Che poi questi simboli numerici stiano ad indicare la tiratura e' un'ipotesi affascinante ma ancora da dimostrare in modo compiuto.

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Anch'io penso che alcuni monogrammi possano indicare dei numeri. Non ho preconcetti su questo . Tutto sta a individuare "quali" numeri ...

Non e' una questione di scetticismo, bensi di rigore. Come visto nel simbolo dell'ape che un e' stato facile scambiare per un simbolo numerico, prima di sLtare a determinare conclusioni vale forse la pena approfondire maggiormente.

E soprattuftonon generalizzare : nontutte le emissioni greche riportavano simboki numerici bensi 'queste' particolari emissioni delle quali De Callatay , presente a Taormina, e' buon conoscitore. Che poi questi simboli numerici stiano ad indicare la tiratura e' un'ipotesi affascinante ma ancora da dimostrare in modo compiuto.

Potrei averlo scritto io... Anzi e' da oltre un mese che esprimo questo stesso identico pensiero (forse in maniera "un pò" più polemica; dipende dal mio carattere... :P ). Ma "sta alla comunità numismatica giudicare, non certo ad un singolo".... Mi pare che la comunità numismatica stia iniziando a farlo...

Modificato da Caio153
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Domanda di servizio:

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Tetradrachmon, ca. 200-190, Kolophon in Ionien. Kopf des jugendlichen Herakles im Löwenskalp rechts. Rs: ALEXANDP[OY]. Zeus mit Adler und Szepter nach links sitzend; im Feld links Monogramm und Lyra. Price - (vgl. S. 259, 1863). Müller -. 16,86g, St. 0. Selten. Ausgezeichneter Stil, leicht getönt, vorzüglich/fast vorzüglich.

Come lo sciogliete questo monogramma?

Grazie a tutti!

 

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E cosa dire di tutto quanto è stato scritto in precedenza in questa discussione sul famoso numero 50 (composto dalla D inscritta nella P) che ricorre su varie monete: quale prova migliore che, almeno in quei casi, i monogrammi sono dei numeri?? Perchè tanta resistenza ad accettare l'idea che i monogrammi siano dei numeri che indicano la pezzatura dell'emissione?

Mettiamoci nei panni degli antichi greci: quando andavano a coniare monete tutte uguali tra loro, specie se sprovviste di simbolo (come queste di Alessandro di cui da ultimo ci stiamo qui occupando) era impossibile per loro distinguerle e dividere. L'indicazione della tiratura su di esse, riportata spesso con due notazioni distinte, ed in modo spesso diverso dall'emissione precedente e da quella successiva, era proprio un elemento che serviva a distinguere e conteggiare i pezzi via via coniati. E' proprio un'eresia questo concetto?

 

 

Quello di riportare su ogni singola moneta dell'emissione la tiratura dell'emissione stessa, poi, poteva benissimo essere un uso o un preciso obbligo di legge...

Se fosse stato un uso universalmente diffuso o un obbligo di legge sarebbe molto probabile che qualcosa a riguardo si conservasse nelle fonti letterarie o epigrafiche antiche.

Non è un'eresia, ma quantunque tu ne dica, non l'hai assolutamente dimostrato. Mi pare un pò folle "Mettiamoci nei panni degli antichi greci: quando andavano a coniare monete tutte uguali tra loro, specie se sprovviste di simbolo (come queste di Alessandro di cui da ultimo ci stiamo qui occupando) era impossibile per loro distinguerle e dividere."

Primo non è che gli antichi Greci fossero proprio un'entità unitaria monopensante...

Secondo, all'interno di un'emissione siamo proprio sicuri che coniassero monete con simboli/monogrammi differenti nello stesso momento? Mi pare più plausibile che ciò avvenisse in momenti differenti nel tempo all'interno di una sequenza delle produzioni. Se erano tutte uguali in un determinato momento che necessità c'era di distinguerle?

Se poi volevano conteggiarle è un altro discorso. Sicuramente doveva essere un'esigenza, ma certamente non l'Esigenza. Penso ci potessero essere molti altri elementi più significativi e di facile lettura per l'usufruitore normale della moneta da mettere in bella mostra sopra di essa. Che poi in alcuni casi, o molti se preferisci, siano numerali mi sembra, mi voglio sbilanciare, quasi certo. Ma poi capire cosa vogliano dire questi numeri è un altro discorso.

Tu sei partito dalla tua idea e hai cercato di dimostrarla spiegando tutto alla luce di essa. Ma hai mai consultato degli studi statistici sulla quantità di monete prodotte? I numeri da te proposti mi paiono decisamente sballati verso l'alto... ti faccio un solo esempio: tra l'ultimo terzo del IV secolo e i primi anni del terzo sono attestati circa tremila conii di dritto per i tetradrammi a nome di Alessandro (il tipo con Zeus Aetoforo) per una stima attorno alle 60 milioni di monete emesse in tutto il "mondo macedone"... tu parli di singole emissioni da milioni di pezzi: se considerassi tutte le zecche di quel periodo storico e tutte le emissioni, a quante centinaia di milioni di pezzi arriveresti?

Terzo. Ribalto la domanda. Ti sembra un'eresia porti dei dubbi sulla tua tesi?

Quarto. E' molto probabile che venissero tenuti i conti delle monete prodotte, ma mi pare più plausibile che venissero tenuti privatamente su appositi registri ad uso interno della zecca. Come fare dunque i conteggi? Ti propongo un'ipotesi che ho tratto dall'ottimo testo "Epigrafia greca" di Margherita Guarducci.

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Non è che magari raggruppavano determinate quantità di monete (forse anche a peso) all'interno di cassette o scaffali numerati? O magari anfore o bauli?, il concetto non cambia.

Prova almeno a considerare, senza preconcetti, queste mie affermazioni.

Davide

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premetto che non ho ancora acquistato il volume e spero di farlo entro la fine dell'anno, ma ho troppo poco tempo.

 

tuttavia, anche rileggendo la discussione mi pongo degli interrogativi:

 

1) come si fa realmente a distinguere un monogramma che rappresenterebbe un emissione in quantità rispetto a normali monogrammi?

2)  se un emissione doveva essere prodotta e contraddistinta da un simbolo che ne riporta la quantità emessa, come consideriamo l'arco temporale delle emissioni circolate?, considerando anche la sovrapposizione di monete che già circolavano da tempo.

3) le emissioni erano prodotte normalmente per uso interno, come circolante tra la popolazione o come soldo per soldati/mercenari (per finanziare campagne interne ed esterne), mi viene spontaneo chiedermi, visti questi grandi numeri di produzione, quanta fosse la popolazione delle poleis che poteva usare moneta?

grazie

 

skuby

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premetto che non ho ancora acquistato il volume e spero di farlo entro la fine dell'anno, ma ho troppo poco tempo.

 

tuttavia, anche rileggendo la discussione mi pongo degli interrogativi:

 

1) come si fa realmente a distinguere un monogramma che rappresenterebbe un emissione in quantità rispetto a normali monogrammi?

2)  se un emissione doveva essere prodotta e contraddistinta da un simbolo che ne riporta la quantità emessa, come consideriamo l'arco temporale delle emissioni circolate?, considerando anche la sovrapposizione di monete che già circolavano da tempo.

3) le emissioni erano prodotte normalmente per uso interno, come circolante tra la popolazione o come soldo per soldati/mercenari (per finanziare campagne interne ed esterne), mi viene spontaneo chiedermi, visti questi grandi numeri di produzione, quanta fosse la popolazione delle poleis che poteva usare moneta?

grazie

 

skuby

Provo a rispondere io:

1) al momento propendo per questa idea: non è possibile dato che le tirature non venivano riportate sulle monete. Normali monogrammi? Tranne alcuni casi evidenti, la maggior parte dei monogrammi sono comunque di lettura e interpretazione incerta...

2) accettando per un attimo la sua teoria, direi che dato che l'uso di questi "monogrammi di tiratura" era ad uso interno alla zecca e presumibilmente non comprensibile ai più (sempre secondo la sua teoria), una volta che le monete entravano in circolazione gli addetti alla zecca non dovevano avere problemi di conflitto con eventuali nuove coniazioni con monogramma analogo. (Ribadisco: non la penso così)

3) più che su quanta fosse la popolazione mi interrogherei su quanta moneta potesse effettivamente essere coniata.Ossia sulla quantità di metalli preziosi disponibili. Il periodo post conquista asiatica fu un momento nel quale affluirono enormi ricchezze nelle casse macedoni e ciò contribuisce a spiegare l'enorme quantità di monete coniate a quell'epoca: 60 milioni di tetradrammi, 66 milioni di dramme, 24 milioni di stateri d'oro (vedi post precedente)... I periodi seguenti (e precedenti) non furono certo caratterizzati da una così aurea prosperità: nel libro l'ordine di grandezza dei numeri proposti è sempre analogo. Si parla cioè in tutti i casi di cifre minimo a cinque zeri, spesso a sei. Di certo la quantità di tetradrammi di un'emissione di Alessandro ad Amfipoli nel 323 a.C., non poteva essere la stessa o comunque paragonabile per dimensioni a quella di Corinto della prima metà del IV secolo o in Battria all'inizio del II secolo.

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Anch'io penso che alcuni monogrammi possano indicare dei numeri. Non ho preconcetti su questo . Tutto sta a individuare "quali" numeri ...

Non e' una questione di scetticismo, bensi di rigore. Come visto nel simbolo dell'ape che un e' stato facile scambiare per un simbolo numerico, prima di sLtare a determinare conclusioni vale forse la pena approfondire maggiormente.

E soprattuftonon generalizzare : nontutte le emissioni greche riportavano simboki numerici bensi 'queste' particolari emissioni delle quali De Callatay , presente a Taormina, e' buon conoscitore. Che poi questi simboli numerici stiano ad indicare la tiratura e' un'ipotesi affascinante ma ancora da dimostrare in modo compiuto.

 

Anch'io penso che alcuni monogrammi possano indicare dei numeri. Non ho preconcetti su questo . Tutto sta a individuare "quali" numeri ...

Non e' una questione di scetticismo, bensi di rigore. Come visto nel simbolo dell'ape che un e' stato facile scambiare per un simbolo numerico, prima di sLtare a determinare conclusioni vale forse la pena approfondire maggiormente.

E soprattuftonon generalizzare : nontutte le emissioni greche riportavano simboki numerici bensi 'queste' particolari emissioni delle quali De Callatay , presente a Taormina, e' buon conoscitore. Che poi questi simboli numerici stiano ad indicare la tiratura e' un'ipotesi affascinante ma ancora da dimostrare in modo compiuto.

Il mio problema è stato che mi sono inserito in questa discussione, iniziata a tutti altri fini, "a gamba tesa" e, nel desiderio spasmodico di affermare le mie tesi e, diciamolo, di far conoscere il libro ho commesso una serie di errori di cui sono perfettamente consapevole e di cui non riesco (e non riuscite) a perdonarmi. In tal modo mi rendo conto di aver veicolato un'immagine sbagliata del personaggio "King John". Ma io la tesi non la formulo qui, sul forum, ma nel libro. Per scrivere quel diavolo di libro ho impiegato dieci anni, ci crediate o no (comincio a pensare che era meglio se me ne andavo in palestra...). Nel libro io non affermo che TUTTE le emissioni greche riportavano notazioni numeriche, non tutte ma ALMENO quelle analizzate nel testo che non sono poche: parliamo di ALCUNE emissioni di Alessandro (tetradrammi e stateri d'oro), alcune emissioni di Tolomeo Sotere come satrapo d'Egitto, alcune emissioni del regno di Battria, la monetazione di Corinto quale polis indipendente, la monetazione di Atene nel nuovo stile, la monetazione di Velia e di altre città della Magna Grecia, un'emissione di tetradrammi di Agatocle e per concludere con alcune notazioni numeriche riportate su altri oggetti prodotti in serie nell'antica città di Velia: mattoni e blocchi di pietra. E' lì che ho cercato di essere quanto più rigoroso possibile, lì ho portato tantissime prove e dimostrazioni che non credo sia onesto liquidare dicendo che siano solo coincidenza. Ho imparato la lezione e per il futuro mi guarderò bene dall'avanzare qui ipotesi che non abbia in precedenza riguardato da ogni punto di vista. Però così come è stato deprecabile da parte mia prendere degli svarioni (si tratta di una discussione che uno porta avanti magari mentre è in ufficio o casa davanti alla televisione), così credo che sia altrettanto deprecabile giudicare quello che vado dicendo da tempo solo sulla base di questa discussione senza leggere il libro o, peggio ancora, leggere il libro per il gusto di cogliermi in fallo e dire che è tutto ciò che vi ho scritto non è serio.

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E soprattuftonon generalizzare : nontutte le emissioni greche riportavano simboki numerici bensi 'queste' particolari emissioni delle quali De Callatay , presente a Taormina, e' buon conoscitore. Che poi questi simboli numerici stiano ad indicare la tiratura e' un'ipotesi affascinante ma ancora da dimostrare in modo compiuto.

Ribadisco che non ho mai detto che tutte le monetazioni greche riportavano notazioni numeriche e non ho affatto la presunzione di aver dimostrato in modo compiuto qualcosa del genere. Io ho semplicemente acceso una spia, ho aperto una strada, ho messo la pulce nell'orecchia che quelle lettere siano in realtà dei numeri, ho lanciato un sasso nello stagno ma sono rimasto fregato perchè lo stagno è.... ghiacciato e il sasso e rimasro su... 

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@@King John

Rispondere puntualmente a qualche domanda specifica invece di continuare ad affermare sempre la stessa generica cosa? Hai detto di essere disponibile al dialogo, ma non hai controbattuto a NESSUNA delle mie critiche. Anzi ogni volta che qualcuno ti fa una domanda che non ti va a genio, come ti ha fatto notare lo stesso Apollonia, non rispondi e spesso ti limiti a postare la foto di una moneta dicendo: "vedete! Quello è il numero 3.000.000"...

P.S. guarda che non c'è nulla di personale nel fatto che non credo alla tua teoria. Magari confutando nello specifico le mie critiche...

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Se fosse stato un uso universalmente diffuso o un obbligo di legge sarebbe molto probabile che qualcosa a riguardo si conservasse nelle fonti letterarie o epigrafiche antiche.

 

 

Quante scoperte archeologiche sono state fatte senza aver avuto il supporto di fonti letterarie o epigrafiche? Io ricostruisco la mia ipotesi partendo dall'osservazione delle monete e propongo delle ipotesi che mi sembrano ragionevoli. Così come sei restìo ad accettare la mia tesi perchè non trova riscontro nelle fonti letterarie ed epigrafiche, allo stesso modo non credo che sia intellettualmente onesto respingerla solo perchè non vi è riscontro in quelle fonti. Sarebbe stato un elemento importante, certo, ma in loro assenza non credo che sia impossibile avanzare delle ipotesi sulla base di altri elementi.  

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@@King John

Rispondere puntualmente a qualche domanda specifica invece di continuare ad affermare sempre la stessa generica cosa? Hai detto di essere disponibile al dialogo, ma non hai controbattuto a NESSUNA delle mie critiche.

P.S. guarda che non c'è nulla di personale nel fatto che non credo alla tua teoria. Magari confutando nello specifico le mie critiche...

Dammi tempo. Devo badare contemporaneamente a 3.000 cose

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Questa era la minore delle mie critiche... Quanto al tempo io aspetto, ma avendo tu scritto un libro su questo argomento credo che non ci sia bisogno di documentarsi ulteriormente. Uno dei problemi di fondo, a mio parere, è che hai basato le tue osservazioni (cit."Io ricostruisco la mia ipotesi partendo dall'osservazione delle monete e propongo delle ipotesi che mi sembrano ragionevoli.") soprattutto (o solamente in molti casi solamente) sull'osservazione delle monete e su ciò che a te sembrava ragionevole alla luce della tua teoria, senza considerare possibili alternative che potessero smentirle.

Io penso che se qualcuno decide di scrivere e pubblicare un libro, che tra l'altro io ho acquistato, debba essere pronto a replicare di fronte ad eventuali critiche, altrimenti è meglio che tenga le sue considerazioni per sè.

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Secondo, all'interno di un'emissione siamo proprio sicuri che coniassero monete con simboli/monogrammi differenti nello stesso momento? Mi pare più plausibile che ciò avvenisse in momenti differenti nel tempo all'interno di una sequenza delle produzioni. Se erano tutte uguali in un determinato momento che necessità c'era di distinguerle?

 

 

Prendiamo il caso di Velia di cui parlo nel libro che tu hai acquistato. Se ogni emissione riporta un monogramma diverso che può essere sciolto in una cifra che indica sempre la stessa quantità di dracme e/o di didrammi, o di entrambi  insieme, IN ASSENZA DI SPIEGAZIONI  ALTERNATIVE CONVINCENTI, a me sembra ragionevole ipotizzare che si tratti effettivamente di numeri. Poi, sicome da un certo momento in poi in aggiunta alle notazioni numeriche, DALLE MONETE e non dalla mia fantasia, viene fuori che ogni emissione è contraddistinta da un simbolo diverso, mi pare ragionevole dedurre che per distinguere le emissioni si adoperavano simboli e notazioni numeriche diverse. Che c'è di scandaloso in questa ipotesi? Mi prendo la briga di ricostruire per intero un'emissione per verificare se la cifra ipotizzata di 500.000 didrammi per ogni emissione è plausibile oppure no e dalla ricostruzione vine fuori di sì perchè per coniare un simile quantitativo di monete da ciascun conio di diritto e da ciascun conio di rovescio sono state ricavate un numero di monete non esagerato, in linea con le stime quantitative fatte da studiosi come Carter o Callatay. Che c'è di strampalato in questo modo di argomentare?

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Uno dei problemi di fondo, a mio parere, è che hai basato le tue osservazioni (cit."Io ricostruisco la mia ipotesi partendo dall'osservazione delle monete e propongo delle ipotesi che mi sembrano ragionevoli.") soprattutto (o solamente in molti casi solamente) sull'osservazione delle monete e su ciò che a te sembrava ragionevole alla luce della tua teoria, senza considerare possibili alternative che potessero smentirle.

 

Anche Margaret Thompson quando negli anni sessanta studiò la monetazione ateniese nel nuovo stile si basò soprattutto sull'osservazione delle monete in assenza di fonti scritte ed epigrafiche. A lei parve RAGIONEVOLE ipotizzare che le lettere riportate sull'anfora indicassero i mesi dell'anno durante i quale le monete, sempre secondo lei, venivano coniate. Queste affermazioni sono accettate come ragionevoli e fondate e noi ci dobbiamo ritenere soddisfatti da uno studio fatto negli anni sessanta.

Vado io ad osservare le monete ateniesi e a formulare una diversa ipotesi sono fantasioso, mi improvviso, non sono esperto, sono pazzo, c'ho le allucinazioni...

Bah....

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Tu sei partito dalla tua idea e hai cercato di dimostrarla spiegando tutto alla luce di essa. Ma hai mai consultato degli studi statistici sulla quantità di monete prodotte?

 

Questa domanda già me l'hai fatta una volta e già ti ho risposto. Di questa cosa ne parlo diffusamente nel testo. Dagli studi statistici e quantitativi fatti da studiosi come Carter e Callatay si ipotizza una certa resa per i conii impiegati: io ricostruisco  alcune emissioni di cui indico la tiratura che SECONDO ME è indicata sulle monete. Dividendo quella tiratura per il numero dei conii da me individuati vengono fuori le rese dei vari conii che non sono molto dissimili da quelle ipotizzate negli studi statistici. La novità però è che adesso abbiamo un elemento che PER ME è certo: la tiratura indicata sulle monete che permette di ottenere risultati meno opinabili e più verificabili. E' una cavolata questo modo di ragionare???

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Tu sei partito dalla tua idea e hai cercato di dimostrarla spiegando tutto alla luce di essa. Ma hai mai consultato degli studi statistici sulla quantità di monete prodotte? I numeri da te proposti mi paiono decisamente sballati verso l'alto... ti faccio un solo esempio: tra l'ultimo terzo del IV secolo e i primi anni del terzo sono attestati circa tremila conii di dritto per i tetradrammi a nome di Alessandro (il tipo con Zeus Aetoforo) per una stima attorno alle 60 milioni di monete emesse in tutto il "mondo macedone"... tu parli di singole emissioni da milioni di pezzi: se considerassi tutte le zecche di quel periodo storico e tutte le emissioni, a quante centinaia di milioni di pezzi arriveresti?

 

 

Io trovo entusiasmante il mio libro proprio perchè apre la strada a nuovi studi  sulle dinamiche macroeconomiche dell'antichità che erano ragguardevoli. E su queste le tanto agognate fonti storiche ci sono eccome. Te ne riporto qualcuna:

 

Aristofane nella commedia Le vespe del 422 a.C. riferisce che le entrate di Atene si aggiravano intorno ai 2.000 talenti all’anno (un talento corrispondeva a seimila dracme) ed erano costituite dai tributi delle città alleate, dalle decime, dalle tasse, dai diritti di porto e di mercato, dal frutto delle miniere, dalle pritanìe e dalle confische. La campagna militare che Pericle  mosse nel 440 a.C. contro Samo (per risolvere alcune dispute di confine tra Mileto e Samo degenerate in guerra aperta) non potendo essere finanziata con i tributi correnti, fu condotta con il contributo del tesoro di Atena (una sorta di banca statale attica amministrata da propri tesorieri e rifornita con le decime di bottini di guerra e di pene pecuniarie e da donazioni religiose) che mise a disposizione denaro per un ammontare di ben 1.300 talenti: questa somma a fine conflitto fu addossata ai Samii come debito da pagare nei 26 anni successivi in “comode” rate annuali da 50 talenti ciascuna.

Quando nel 188 a.C. i Romani sconfissero Antioco III, re della Siria, che aveva ambito ad espandersi in Grecia, gli imposero il pagamento di un’indennità di guerra di 15.000 talenti: 500 subito, 2.500 alla ratifica della pace da parte del senato e del popolo romano, 1.000 talenti all’anno per  dodici anni. Ad Ariodarte, re della Cappadocia, che aveva sostenuto Antioco III, i Romani inflissero una multa di trecento talenti. Nel trionfo tributato a Roma a Lucio Cornelio Scipione, il vincitore di Antioco, furono fatte sfilare le favolose ricchezze sottratte al re asiatico tra cui anche “duecentoventiquattromila tetradrammi attici” (Tito Livio, Ab Urbe Condita, Libro XXXVII).

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