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I Romani e il denaro , inteso come ricchezza


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I Romani antichi , quelli dei primi 400/500 anni della loro storia , non erano assolutamente un popolo ricco di monete o di oggetti d’ argento e d’ oro , infatti quasi tutta l’ economia interna e il patrimonio personale si basavano sul bronzo , principale lega di metalli di rame e stagno con percentuale di quest’ ultimo metallo variabile tra l’8<>10% e con presenza minore di minerali secondari , metallo sul quale si fondava la ricchezza della Repubblica , il poco oro e il piu’ diffuso argento servivano principalmente per le operazioni commerciali estere con i popoli confinanti , specialmente con quelli di matrice greca .
Famosa , come esempio di questa situazione di penuria di metalli nobili , e’ una frase di Marco Porcio Catone , riportata da Plutarco , che rende bene l’ idea della rarita’ e preziosita’ presso i cittadini romani della Repubblica al tempo di Catone dei due metalli nobili : quando Catone comandava una guerra in Spagna intorno al 204 a.C. , alla richiesta dei suoi Legati di Legione di dividere tra i piu’ coraggiosi dell’ esercito l’ oro razziato dopo un assedio e la conseguente conquista di una citta’ spagnola , alla proposta , rispose che non avrebbe diviso l’oro , bensi’ l’argento , in tal modo avrebbe fatto felice , ma meno ricca , una massa maggiore di soldati , anziche’ rendere ricchi pochissimi soldati se avesse acconsentito invece a dividere l’oro ; oro che sarebbe andato all’erario statale come patrimonio comune della Repubblica insieme alla rimanenza dell’argento .
Famosa anche un’ altra frase di Marco Porcio Catone riportata da Aulo Gellio in Notti Attiche , XI , XVIII , XVIII : “I ladri di beni privati passano la vita in carcere e in catene , quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori” , frase che ricorda , specialmente nella sua seconda parte e in modo sconcertante , alcune situazioni dei nostri giorni , altra prova de : “la storia si ripete”
Un altro fatto eclatante del rapporto degli antichi romani con la ricchezza ci giunge da Tito Livio , da Virgilio e da Dante Alighieri , quando raccontano il fatto di Caio Fabricio Luscino riferito alle trattative con i Sanniti prima e con Pirro dopo , questo famoso Romano antico fu’ Console nel 282 a.C. e rifiutò per due volte , nel 282 a.C. dai Sanniti , e nel 280 da Pirro , cospicui doni in oro rivolti a corromperlo , fu di nuovo console nel 278 a.C. . Da allora venne preso a modello come esempio di austerità e di disprezzo della ricchezza dagli antichi scrittori romani “parvoque potentem / Fabricium”, Virgilio , Eneide , VI 843-4 ; la sua figura venne ripresa come modello di virtù perfino da Dante, che lo ricorda nel De Monarchia come “altum... exemplum avaritiae resistendi” , cioe’ di “alto esempio di resistenza all'avidità” ed anche nel XX canto del Purgatorio , dove lo pone , seppur pagano : “ Seguentemente intesi o buon Fabrizio , con povertà volesti anzi virtute ; che gran ricchezza posseder con vizio”

Questi furono solo alcuni esempi del rapporto con la ricchezza dei prischi Romani o comunque di gran parte della classe dirigente romana dell’ alta e media Repubblica romana ; purtroppo con la fine della terza guerra Punica iniziarono le guerre in Oriente che portarono a Roma grande quantita’ di ricchezze di ogni genere , ricchezze gia’ assaporate in precedenza con la conquista di Taranto nel 272 , avvenuta nel corso della seconda guerra punica .
La ricchezza se non ben gestita e distribuita adeguatamente , non arreca benessere al popolo ; inoltre provoco’ la corruzione negli antichi costumi e di conseguenza ingordigia di nuova e sempre maggiore ricchezza ; forse il buon Catone , nemico della cultura greca , si sarebbe rivoltato nella tomba .
Alcuni passi di alcune opere romane di epoca imperiale che meglio chiariscono l’ uso e il concetto del denaro , inteso come ricchezza :

Petronio : Satyricon , 77
“Credete a me : noi valiamo per quello che abbiamo , più possiedi , più sarai considerato”

Seneca : De vita beata , 26
“Le ricchezze sono al servizio del saggio , mentre comandano allo stolto”
Publilio Siro : Sententiae
“Il denaro è governo di tutte le cose”

Plinio il Vecchio : Naturals Historia , XXXIII , 48
“...con la moneta è nata la prima causa dell'avidità...di colpo è divampata come un delirio rabbioso quella che non era più desiderio ardente ma vera fame dell'oro”

Fedro : Fabulae , IV, 23
“L’uomo dotto ha sempre con sé le sue ricchezze”

Fedro, Fabulae , II , I due muli e i ladri
Due muli camminavano sotto il peso del loro carico : uno portava ceste colme di denaro , l'altro sacchi rigonfi di orzo . Il primo , quello dal carico prezioso , procede a testa alta e scuote con il collo la sonagliera tintinnante ; il compagno lo segue con passo tranquillo e placido . All'improvviso i briganti piombano addosso da un'imboscata e nella mischia feriscono il mulo a colpi di spada , arraffano i soldi e trascurano l'orzo di nessun valore . Allora mentre il mulo depredato piangeva la sua sorte , l'altro disse : "Sì , io sono proprio contento di essere stato trascurato , perché non ho perso nulla e non ho subito nessuna ferita" . Questo prova che la povertà mette l'uomo al sicuro ; le grandi ricchezze sono esposte ai pericoli .

Marziale : Epigrammi , Libro II , XXX
“Ti chiedevo ventimila sesterzi in prestito che pure a farne un regalo non sarebbe stato dono gravoso : poichè aveva ricevuto la richiesta di un collega sia felice sia vecchio e la cui cassaforte è piena zeppa di quattrini . Egli mi disse :"sarai ricco se farai l'avvocato" . Dammi ciò che ti chiedo , o Gaio , non chiedo un consiglio”

Marziale : Libro IV
Il povero Gauro pregava il pretore da cui era ben conosciuto di donargli centomila sesterzi : diceva che questi soli mancavano ai suoi trecentomila per poter applaudire l'imperatore da perfetto cavaliere . Il pretore gli dice : ”Tu sai che io dovrò pagare Scorpo e Tallo e volesse il cielo che bastassero centomila sesterzi ” Ah vergogna , vergogna , per il tuo ingrato forziere , indegno delle sue ricchezze ! Ciò che non vuoi dare al cavaliere , vuoi darlo , o pretore , al cavallo ?

Marziale : Libro VI
Ti ho chiesto , o Febo , in prestito, centomila sesterzi, perché tu mi avevi detto :” Dunque non mi chiedi nulla ?” . Tu indugi , tentenni , e tormenti te e me per dieci giorni . Ormai, ti prego , o Febo , rifiutameli .

Marziale : Libro VIII , XIII
Era considerato uno scemo e l'ho comprato per ventimila sesterzi . Restituiscimi il denaro , o Gargiliano : quello capisce bene .

Marziale , Libro X , XV
“Tu dici che non resti inferiore a nessuno dei miei amici . Ma che fai , ti chiedo , o Crispo , perché ciò sia vero ? Ti ho chiesto un prestito di cinquemila sesterzi , e tu me l'hai negato , benché la tua pesante cassaforte non riuscisse a contenere tutto il tuo denaro . Quando mi hai regalato un modio di fave o di farro , benché coloni egizi arino le tue terre ? Quando mi hai mandato una corta toga nella stagione del freddo imverno ? Quando mi è arrivata una mezza libbra di argenteria ? Non vedo altra ragione per cui ti possa credere mio amico al di fuori del fatto che tu , o Crispo , suoli spetazzare in mia presenza”.

Marziale : Libro XI , LXXVI
“O Peto , mi obblighi a pagarti il debito di diecimila sesterzi , perché Buccone te ne ha fatti perdere duecentomila . Non mi far pagare , ti prego , il fio per colpe non mie : tu che puoi perdere duecentomila sesterzi , perdine pure diecimila .

Marziale : Libro XII , XXV
“Quando ti chiedo soldi senza garanzia , mi dici : "Non li ho" ; se mi fa da garante un campicello , mi dici : "Ce li ho" : il credito che tu non dài a un tuo vecchio amico , lo dài , Telesino , ai miei cavoli , ai miei alberi . Ecco , Caro il delatore ti accusa : ti assista il campicello . Cerchi qualcuno che vada con te in esilio : vada il campicello !

Marziale : Libro IV , LXI
“O Mancino poco fa pieno di gioia ti sei vantato con fierezza che un amico ti aveva regalato duecentomila sesterzi , quattro giorni fa nel circolo dei poeti , mentre si chiacchierava , hai detto che quel tuo mantello del valore di diecimila sesterzi era un dono di Pompulla e hai giurato che Bassa e Celia ti avevano dato una sardonice di tre cerchi e due acque marine . Ieri sei scappato improvvisamente dal teatro mentre Pollione cantava e fuggendo , hai detto che ti era arrivata un'eredità di trecentomila sesterzi ; stamani te ne è arrivata una di centomila sesterzi e un'altra di centomila sesterzi nel pomeriggio . Che male così grande ti abbiamo fatto noi amici ? O crudele , abbi ormai pietà e taci una buona volta . O , se codesta tua lingua non può tacere , comunicaci finalmente ciò che desideriamo ascoltare”

Res Gestae Divi Augusti , 101( Testamento di Augusto )
Lasciò al popolo romano quaranta milioni di sesterzi, alle tribù tre milioni e mezzo, ai pretoriani mille sesterzi a testa, a ciascun soldato delle coorti urbane cinquecento e trecento ai legionari. Ordinò di pagare questa somma senza ritardo, perché l'aveva tenuta sempre di riserva nella sua cassetta. Fece altri lasciti d'importanza variabile, e alcuni non superavano i ventimila sesterzi; per il pagamento stabilì un anno di tempo, scusandosi per la modestia del suo patrimonio personale e dichiarando che ai suoi eredi non sarebbero andati più di centocinquanta milioni di sesterzi, perché, sebbene negli ultimi venti anni i testamenti degli amici gli avessero procurato quattro miliardi di sesterzi, egli li aveva quasi totalmente spesi per lo Stato, insieme con i suoi due patrimoni e tutte le altre eredità.

Svetonio , Nerone , 30
“A proposito delle ricchezze e del denaro pensava che non vi era altro motivo di averne se non per sperperarlo , e considerava come sordidi e avari coloro che tenevano nota delle spese , mentre stimava munifici e splendidi quelli che abusavano delle loro sostanze e le dilapidavano . Ammirava ed esaltava suo zio Gaio soprattutto perché in poco tempo aveva fatto fuori le immense ricchezze lasciate da Tiberio . E così non ebbe misura né nelle sue liberalità né nelle sue spese . Per ricevere Tiridate prelevò dal tesoro ottocentomila sesterzi al giorno , e quando se ne andò gliene diede più di cento milioni . Il citaredo Menecrate e il mirmillone Spicolo ricevettero da lui case e patrimoni di trionfatori . Dopo aver arricchito l'usuraio Panerote Cercopiteco con possedimenti situati in città e in campagna , gli fece funerali quasi regali . Non portò mai due volte lo stesso vestito . Ai dadi giocò fino a quattrocentomila sesterzi per punto e andò a pescare con una rete dorata trattenuta da corde intrecciate di porpora e filo scarlatto . Si dice che non viaggiò mai con meno di mille vetture , con muli ferrati d'argento , con vetturini vestiti di lana di Canusio e con una schiera di vari corridori coperti di decorazioni e di braccialetti”

Svetonio , Vespasiano , 19
“In occasione dei giochi celebrati per l'inaugurazione della scena nuovamente restaurata del teatro di Marcello , aveva anche richiamato vecchi artisti . Donò all'attore tragico Apollinare quattrocentomila sesterzi , ai citaredi Terpno e Diodoro duecentomila ciascuno , ad alcuni centomila , agli altri per lo meno quarantamila , senza contare le numerose corone d'oro . Per di più offriva spesso banchetti , la maggior parte sontuosi e completi, per far guadagnare i mercanti di commestibili . Distribuiva doni non soltanto agli uomini , durante i Saturnali , ma anche alle donne per le calende di marzo . E nonostante queste elargizioni , la sua antica reputazione di avidità non si affievolì . Gli abitanti di Alessandria continuarono a chiamarlo Cibiosacte , soprannome di uno dei loro re che era stato della più sordida avarizia . Per di più , in occasione dei suoi funerali , Favore il capo dei mimi , che portava la maschera dell'imperatore e , secondo l'usanza , imitava i suoi gesti e le sue parole , domandò pubblicamente ai procuratori quanto costavano il convoglio e le esequi e poiché quelli avevano risposto : dieci milioni di sesterzi , gridò di dargliene centomila e poi di buttarlo anche nel Tevere”

Petronio , Satyricon , LXXVI (Trimalcione )
“Ad ogni modo , come gli dei han voluto , in quella casa divenni io il padrone , e il mio signore faceva tutto di testa mia . Che altro dovrei dirvi ? Mi nominò erede unico insieme all'imperatore , lasciandomi un patrimonio da senatore . Ma nessuno ne ha mai abbastanza , e così mi buttai nel commercio . Per non farvela troppo lunga , feci costruire cinque navi , le caricai di vino che in quel tempo era oro colato e lo spedii a Roma . Però , nemmeno a farlo apposta , le navi andarono a picco dalla prima all'ultima . È la verità, mica una frottola . In un solo giorno il mare si pappò trecentomila sesterzi . Credete che mi sia scoraggiato ? Manco a pensarlo : la cosa non mi fece né caldo né freddo , come se non fosse successo un bel niente . Invece feci costruire altre navi , più grosse , più robuste e più fortunate , così che tutti andassero a dire in giro che ero uno che non si scoraggia . Lo sapete benissimo , più una nave è grande , più diventa resistente . Imbarcai di nuovo vino , lardo , fave , cosmetici e schiavi . In quel frangente fu Fortunata a compiere un bel gesto davvero : vendette in massa gioielli e guardaroba e mi mise in mano cento monete d'oro . E per le mie finanze questo gruzzolo fu come lievito . Quando poi il cielo ti assiste , le cose filano ch'è un piacere . Con un viaggio soltanto mi misi in tasca dieci milioni di sesterzi . Riscattai subito la terra che era stata del mio padrone , mi tirai su una casa , acquistai schiavi e bestie da soma . Tutto quello che toccavo , cresceva come fosse stato un favo . Quando mi resi conto di esser più ricco di tutta la mia città messa insieme , la piantai col commercio e mi misi a prestare a interesse ai liberti . A essere sinceri , non lo facevo volentieri quel traffico , ma a spingermi a continuare fu un astrologo che dalle nostre parti ci era capitato per caso, un greco di nome Serapa , che quanto a consigli poteva darne anche agli dèi . Riuscì a elencarmi per filo e per segno anche quelle cose che ormai io mi ero bello che dimenticato . Sembrava in grado anche di leggermi negli intestini e poco mancò che mi sapesse dire anche quello che avevo mangiato il giorno prima . Sembrava avesse passato con me una vita intera”

Petronio : Satyricon , LXXI
"Qui riposa G. Pompeo Trimalcione Mecenaziano . Gli decretarono il sevirato mentre lui era assente . Pur potendo far parte di qualsiasi decuria di Roma , non lo volle . Devoto , forte , leale , anche se venuto su dal nulla , lasciò trenta milioni di sesterzi , senza mai dare ascolto a un filosofo . Salute anche a te"

Come riporta Petronio , Anche numerose epigrafi funerarie esaltano o condannano la ricerca della sfrenata ricchezza , sintomo che i beni terreni erano considerati anche dai pagani in modo completamente opposto .

Sotto , probabile busto di Marco Porcio Catone , il Censore , in eta' avanzata , volto che ben si adatta all' austerita' del personaggio ; Riproduzione di gemma antica raffigurante Marco Porcio Catone , il Censore , in eta' matura

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Modificato da Legio II Italica
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Sintomatiche alcune frasi scritte nei Classici latini da diversi autori , riferite alla ricchezza corruttrice dello Stato e al modo di viverla ; frasi che si adatterebbero perfettamente anche ai nostri giorni .

Un brevissimo estratto :
 
Tacito : "Le leggi sono moltissime quando lo stato è corrottissimo"
Plauto : "Il saggio si plasma la fortuna da solo"
Cicerone : "Con la virtù come guida e la fortuna come compagna"
Ovidio : "Propendiamo sempre per ciò che è vietato e desideriamo ciò che ci è negato"
Fedro : "Non è mai sicura l'amicizia con un potente"
Publio Siro : "Accettare un beneficio equivale a vendere la libertà"
Plinio : "Nessun mortale è saggio a tutte le ore"
Seneca : "Nessuna cosa è bella da possedere se non si hanno amici con cui condividerla"


Inviato (modificato)

Complimenti Legio II Italica, come sempre un articolo stupendo!

Volevo solo aggiungere alla tua carrellata di personaggi e citazioni la figura del triumviro Crasso, l'archetipo del ricco-avido della storia romana. Floro nelle "Epitomae de Tito Livio" racconta che, a seguito della disfatta di Carre, Crasso venne decapitato e che, per ordine del re partico Orode, nella sua bocca venne versato dell'oro fuso. Usando le parole di Floro:"Il reciso capo e la destra di Crasso, recati al re, furono argomento di ludibrio, né immeritatamente. Oro fuso fu versato nella spalancata bocca, perché essendo stato stimolato dall'avidità dell'oro, anche dopo morte l'esangue corpo se ne satollasse".

Tipico esempio di legge del contrappasso che testimonia la fama della sua ricchezza anche fuori dal limes dell'impero.

Il fatto viene inoltre ricordato anche da Dante nel canto XX del Purgatorio:"Crasso, dilci, che ‘l sai: di che sapore è l’oro?"

Modificato da Ross14
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Inviato

Ciao @@Ross14 , grazie per questa citazione tratta dall' Epitome di Anneo Floro , da te riportata , che conferma come gli uomini antichi , reagivano nei confronti della ricchezza accumulata avidamente nel tempo , vedi Crasso , oppure offerta per comprarne i favori , vedi Fabrizio , in modo completamente opposto .

Ad averne voglia e tempo nel rileggerli , chissa' quanti di questi esempi sono presenti nei classici greci e latini ; per ora accontentiamoci di questi brevi estratti .


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