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In effetti anche a me era sfuggita l'immagine del Paolucci di pagina 108. Sperando di fare cosa gradita, riproduco le immagini dal volume.

 

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  • 1 mese dopo...
Supporter

Buona serata

 

Beh, credo proprio che abbiate capito che il doge Antonio Venier (e la sua monetazione) mi suscita molto interesse.

 

Fu un uomo tutto di un pezzo, diremmo oggi; non aveva qualità elevate, non era nessuno politicamente e la Cà Venier era tra quelle "nuove" e non aveva quindi pedigrée da vantare.

 

Non aveva ricoperto alcuna carica importante prima di assurgere al dogato; mai stato nel Consiglio dei Savi, tanto meno in quello Ducale, perché si sa, in politica ci vuole la lingua sciolta e "Antoniazzo" (come lo chiamavano gli amici) non ce l'aveva ... figurarsi se poteva avere almeno chances nella carriera diplomatica.

 

Il Venier si distinse solo come militare, dove ci vuole poca diplomazia e molta fermezza.

 

Insomma, un vero outsider e ce la fece a diventare doge per caso, potremmo dire; solo perché gli altri concorrenti si scannavano tra loro senza ricavare nulla.

 

Le biografie lo ricordano soprattutto per la tragica vicenda del figlio.

 

Questi, non contento di essersi portato a letto la moglie del nobile Dalle Boccole, con l'aiuto di alcuni amici, appese alla porta della sua casa un bel paio di corna, accompagnate da scritte ingiuriose nei confronti di tutta la famiglia. Preso e messo nei pozzi in attesa che pagasse la multa di Lire 100 e poi partire per il bando, si ammalò gravemente in quelle insane carceri di qualche infezione virale fino a morirne; i giudici stessi fecero capire al Doge che sarebbe bastato un suo cenno e loro avrebbero prescritto la sospensione della pena, ma il Venier fu irremovibile; la legge era uguale per tutti ed il suo pensiero al riguardo è ricordato nell'epitaffio del suo monumento funebre.

 

Taluni storici hanno elogiato la sua fermezza, portata fino all'estremo sacrificio di veder morire il proprio figlio, per rispetto nei confronti della legge; altri l'hanno biasimato considerando il suo gesto quello di un folle che antepone alla ragione la sua inesauribile giustizia.

 

Non sta a me, ovviamente, giudicare il suo operato; preferisco parlarvi delle sue monete e di ciò che mi passa per la testa da parecchio tempo.

 

Abbiamo letto della prova del grosso mai nato e del grosso che, benché di fattura solita, riporta inequivocabilmente il viso del doge; abbiamo anche letto che il Prof. Stahl ritiene che il 30% dei grossi del III° tipo riportino il viso barbuto di Antonio Venier.

 

Ma quanti di questi si sono conservati integri?

 

E' un aspetto che sto monitorando da quasi un anno e vi posso dire che, eccezion fatta di quello che @@fabry61 ha postato nella discussione, tutti quelli che ho trovato io in rete, sono tutti bucati.

 

Non è una indagine scientifica, perché in tanto tempo ne ho trovati solo altri 3, ma sono tutti bucati e quello che mi sconcerta è che il buco non è posizionato in modo che la moneta potesse essere attaccata ad un braccialetto o ad una collana o comunque in qualche modo che potesse essere indossata, almeno con una faccia diritta; i buchi sono messi a casaccio e spesso in modo deturpante (fortunatamente non sul viso del doge).

 

Questo mi fa pensare che fossero cuciti sui vestiti, come usava (e usa ancora), in alcuni paesi; oppure che questi grossi, differenti dallo standard per via di quel viso "strano e non conforme" fossero considerati falsi e quindi inchiodati.

 

Di seguito vi posto le immagini di quelli che ho raccolto, senza dubbio me ne saranno "scappati", ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. :pardon: 

 

saluti

luciano 

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Supporter

Eccoli, in ordine sparso ....

 

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questo è quello integro

 

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di questo, mi spiace, ma non ho l'altra faccia :pardon:

 

 

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Fatemi sapere, se lo desiderate, se avete questa tipologia di grosso (integro o bucato) e se volete, aggiungete anche il vostro.

 

saluti

luciano

Modificato da 417sonia
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Ciao Luciano mi sembra di notare che il grosso n.1 e 2 abbiano fori da chiodo (evidente il n.2) mentre il 3 ha più un foro da catena o bracciale. Questo

suggerirebbe 2 indirizzi

Il buco nel 3 è senza dubbio più regolare e rotondo, però mi sembra anch'esso un po' slabbrato, non sembra un buco da fustella e poi ... caspita, se lo vuoi attaccare ad un monile, perché non fare il buco in modo che una faccia sia almeno diritta?

 

Sono io che sono troppo perfezionista? :rofl:

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Ciao Luciano mi sembra di notare che il grosso n.1 e 2 abbiano fori da chiodo (evidente il n.2) mentre il 3 ha più un foro da catena o bracciale.

 

 Perché è quadrato? E' normale. I chiodi allora erano quadrati o rettangolari (come ad esempio i chiodi per ferrare cavali e buoi). E' il foro tondo che fa pensare ad un punteruolo e non a un chiodo.

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Il buco nel 3 è senza dubbio più regolare e rotondo, però mi sembra anch'esso un po' slabbrato, non sembra un buco da fustella e poi ... caspita, se lo vuoi attaccare ad un monile, perché non fare il buco in modo che una faccia sia almeno diritta?

 

Sono io che sono troppo perfezionista? :rofl:

 

 Indubbiamente non sono buchi fatti per appendere una moneta e farne vedere le figure. O sono fori fatti per "annullare" la moneta (ma non mi sembra il caso), o per usare la moneta come monile ma senza alcuna cura ed interesse per le figure della stessa, ma solo per la moneta come dischetto d'argento (uso "arabo"?).

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Supporter

Questo è l'esemplare che ho in collezione, purtroppo è deturpato sul volto  :cray:

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Modificato da ak72
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Car.mi,  

e' opportuno ricordare che le attuali rarità o comuni...tà  (mmm, non credo sia il termine giusto); comunanza? (neppure, temo).... vabbé frequenza, diffusione ecc. non sono affatto indicativi della situazione originale di una serie monetale, soprattutto se si tratta di monete di alto valore (quindi soggette o meno a fenomeni di tesaurizzazione e rifusione). Sono troppi i fattori di disturbo che potrebbero alterare completamente la consistenza di una determinata emissione; può essere ad esempio che una moneta sia stata prodotta in milioni di esemplari, ma che sia completamente stata cancellata da diffusi fenomeni di rifusione perché il metallo con cui era realizzata subì una forte rivalutazione subito dopo la sua emissione; al contrario può essere che tutti i mille esemplari di una emissione limitatissima siano sopravvissuti perché l'unica cassetta in cui erano raccolti venne nascosta e poi non più recuperata, per essere riscoperta ai giorni nostri (quindi risultando comunissima ai nostri occhi). Questo è ancora più vero se raccogliamo  dati principalmente nei cataloghi d'asta, nelle collezioni private o in rete (dove in genere i ripostigli non compaiono come tali, per ovvi motivi di convenienza economica e.... di opportunità legale). Così può capitare che vi si trovino solo esemplari bucati o contromarcati, cosa che potrebbe dare l'impressione che tutta quella serie sia stata soggetta a tali fenomeni, quando invece è solo la conseguenza del fatto che tutto il mercato in un certo periodo è stato rifornito da un nucleo di monete bucate. Temo proprio questo sia il caso del grosso di Antonio Venier. Ad esempio in un altro ripostiglio di c. 700 grossi da Giovanni Soranzo ad Antonio Venier, pubblicato sul Numismatic Chronicle del 2002, soltanto l'1% delle c. 200 monete di Venier con doge barbuto risulta invece bucata; lo stesso dicasi di un ulteriore ripostiglio pubblicato da Stahl sulla RIN del 1984, nel quale una sola delle 27 monete di Venier con testa barbuta appare bucata.

Riguardo all'origine del buco, si tratta sicuramente di un fenomeno di montatura a gioiello di tipo arabo, visto che in un esemplare del ripostiglio del Chronicle, successivamente acquisito dal Fitzwilliam Museum di Cambridge e quindi illustrato nel futuro MEC 12, è sopravvissuta anche la catenella che si agganciava al buco. L'origine orientale (meglio, egiziana) del gruzzolo, poi, è dimostrata dal fatto che lo stesso ripostiglio conteneva anche un centinaio di monete mammalucche.

A chi è interessato alle monete del Venier, come il nostro @@417sonia, suggerisco la lettura del lavoro sul Chronicle del 2002 (pp. 265-291), perché ricco di spunti e di suggerimenti per la classificazione, con anche bei disegnini.

Buona notte,

Andreas 

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Ho letto con attenzione gli interventi di Alan Stahl in merito ala 'fisiognomica' presunta del ritratto del doge nel grosso di Antonio Venier.

Difficile confermare del tutto tale ipotesi anche se certamente interessante e suggestiva. Osservando attentamente la fisiognomica del ritratto trova un bel parallelo anche nel viso di S. Marco, nel senso che anche il suo ritratto appare avere tratti fisiognomici . Indubbiamente ci troviamo di fronte ad un incisore di particolare talento!

Nei grossi il piccolo modulo rende difficile eccessivi virtuosismi eppure troviamo esempi di tentativi di caratterizzazioni specifiche del personaggio rappresentato che sono sorprendenti. Ad esempio abbiamo un grossetto di Borso d'Este per Ferrara, dove il duca ( o all'epoca era solo ancora marchese? ) e' rappresentato in piedi di fronte al santo , essendo riconoscibile per il suo inconfondibile copricapo nel quale si distingue, in piccolissimo modulo, addirittura il vistoso gioiello appuntato sopra, e anche i tratti del duca sono riconoscibili pur nell'infimo modulo.

La moneta era un potentissimo mezzo di propaganda e il Signore non esitava ad avvalersene...

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Supporter

Car.mi,  

e' opportuno ricordare che le attuali rarità o comuni...tà  (mmm, non credo sia il termine giusto); comunanza? (neppure, temo).... vabbé frequenza, diffusione ecc. non sono affatto indicativi della situazione originale di una serie monetale, soprattutto se si tratta di monete di alto valore (quindi soggette o meno a fenomeni di tesaurizzazione e rifusione). Sono troppi i fattori di disturbo che potrebbero alterare completamente la consistenza di una determinata emissione; può essere ad esempio che una moneta sia stata prodotta in milioni di esemplari, ma che sia completamente stata cancellata da diffusi fenomeni di rifusione perché il metallo con cui era realizzata subì una forte rivalutazione subito dopo la sua emissione; al contrario può essere che tutti i mille esemplari di una emissione limitatissima siano sopravvissuti perché l'unica cassetta in cui erano raccolti venne nascosta e poi non più recuperata, per essere riscoperta ai giorni nostri (quindi risultando comunissima ai nostri occhi). Questo è ancora più vero se raccogliamo  dati principalmente nei cataloghi d'asta, nelle collezioni private o in rete (dove in genere i ripostigli non compaiono come tali, per ovvi motivi di convenienza economica e.... di opportunità legale). Così può capitare che vi si trovino solo esemplari bucati o contromarcati, cosa che potrebbe dare l'impressione che tutta quella serie sia stata soggetta a tali fenomeni, quando invece è solo la conseguenza del fatto che tutto il mercato in un certo periodo è stato rifornito da un nucleo di monete bucate. Temo proprio questo sia il caso del grosso di Antonio Venier. Ad esempio in un altro ripostiglio di c. 700 grossi da Giovanni Soranzo ad Antonio Venier, pubblicato sul Numismatic Chronicle del 2002, soltanto l'1% delle c. 200 monete di Venier con doge barbuto risulta invece bucata; lo stesso dicasi di un ulteriore ripostiglio pubblicato da Stahl sulla RIN del 1984, nel quale una sola delle 27 monete di Venier con testa barbuta appare bucata.

Riguardo all'origine del buco, si tratta sicuramente di un fenomeno di montatura a gioiello di tipo arabo, visto che in un esemplare del ripostiglio del Chronicle, successivamente acquisito dal Fitzwilliam Museum di Cambridge e quindi illustrato nel futuro MEC 12, è sopravvissuta anche la catenella che si agganciava al buco. L'origine orientale (meglio, egiziana) del gruzzolo, poi, è dimostrata dal fatto che lo stesso ripostiglio conteneva anche un centinaio di monete mammalucche.

A chi è interessato alle monete del Venier, come il nostro @@417sonia, suggerisco la lettura del lavoro sul Chronicle del 2002 (pp. 265-291), perché ricco di spunti e di suggerimenti per la classificazione, con anche bei disegnini.

Buona notte,

Andreas 

Buona giornata

 

Grazie Andrea delle indicazioni e suggerimenti. Molto interessanti.

 

saluti

luciano

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Purtroppo ultimamente l'attitudine a spaccare il capello in quattro di noi accademici ha fatto si che sia difficile capire cosa è e cosa non è un ritratto medievale, senza aver seguito almeno un paio di master post-dottorato in 'psicologia della percezione' e/o 'mentalità medievale'. Col risultato che leggiamo cose diversissime tra loro, dove ognuno dice ciò che gli pare, sulla base essenzialmente delle proprie impressioni. Siccome io sono pervicacemente  affezionato all'idea che una sorta di oggettività possa esistere anche nelle discipline umanistiche, ritengo invece che possano e debbano esserci elementi riconoscibili, per poter parlare di ritratto. Ed essenzialmente questi elementi a mio avviso  dovrebbero essere 'tratti fisionomici che normalmente non compaiono nella rappresentazione ideale di un soggetto e sono propri di un personaggio reale', ad esempio un doppio mento, un naso adunco, gli occhi sporgenti,  una particolare pettinatura etc. 

Venendo al piccolo ritratto' del doge nella moneta qui postata (cosi raffinata da far pensare al 'prototipo' di tutta l'emissione con il doge barbuto), vediamo che lo zigomo molto pronunciato e assolutamente orizzontale, staccato dalla parte mandibolare, è un tratto del tutto nuovo, così come lo sono la barba appuntita e quei distanziati segni  verticali sulla mandibola, che rappresentano la barba in modo tale da suggerire una notevole magrezza delle guance. Ora, guardando i ritratti noti di Antonio Venier, qui sotto, appare evidente l'assoluta vicinanza fra le due rappresentazioni. E' anche possibile che all'incisore fosse stato chiesto di realizzare un' immagine più vicina al generico look dei dogi di quel tempo (infatti lo stesso punzone è usato anche con monete di MIchele Steno), non un ritratto vero e proprio, ma essendo attivo sotto Antonio Venier, chi volete che abbia preso a modello della  sua raffigurazione, un doge precedente, tanto per farsi benvolere dal suo capo? Un doge ancora da eleggere, perché si dilettava di predizioni?. Per questo secondo me si tratta di un ritratto assolutamente attendibile di Antonio Venier, sono d'accordo con Stahl. 

Se poi guardiamo alla raffiguazione di San Marco, sulla stessa moneta, è vero che questa è realizzata con notevole attenzione anatomica, però è anche vero che i singoli elementi (zigomi, barba, naso, occhi) pur essendo rappresentati in  forme un po' diverse  rispetto all'immagine del redentore al rovescio (occhi più aperti, fronte più piatta, barba più sottile) rispondono  assolutamente al medesimo schema compositivo e seguono le stesse proporzioni, il che ci fa capire che non può trattarsi in alcun modo di un ritratto (immagino di un modello, non credo si volesse intendere proprio di San Marco), al massimo di riproduzione  di una raffigurazione generica del Santo presa chissà da dove.

Saluti,

Andreas

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 Ad esempio abbiamo un grossetto di Borso d'Este per Ferrara, dove il duca ( o all'epoca era solo ancora marchese? ) e' rappresentato in piedi di fronte al santo , essendo riconoscibile per il suo inconfondibile copricapo nel quale si distingue, in piccolissimo modulo, addirittura il vistoso gioiello appuntato sopra, e anche i tratti del duca sono riconoscibili pur nell'infimo modulo.

 

Borso fu duca dal 1452 al 1471, quindi  per quasi tutto il periodo di regno (solo negli anni 1450-1452 era stato solo marchese), ma di Modena e Reggio, non di Ferrara, mentre fu duca di Ferrara (il titolo da lui più ambito) solo dall'aprile all'agosto del 1471. Poiché nelle sue monete con ritratto (i ducati ed i grossetti) la legenda non riporta esplicitamente il titolo di Duca di Ferrara o addirittura lo nega: la legenda DVX ETC. FERARIE ETC. implica infatti che era duca di qualcos'altro e 'qualcos'altro' (marchese, immagino)  di Ferrara, non certo che era 'Duca di Ferrara': sempre che il latino non sia un' opinione), appare ovvio ritenere che tali monete siano precedenti all'aprile del 1471, nonostante ribadite opinioni contrarie.

Andreas 

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Sulla vexata quaestio della datazione del ducato di Borso con ritratto battuto a Ferrara molto è stato scritto ed è difficile liquidare sbrigativamente la questione.

Sarà utile per i nostri venticinque lettori che Luke Syson ( ex curatore dei dipinti italiani alla National Gallery di Londra - The Image of the Individual) ) e Bellesia (nel suo volume La zecca di Ferrara) hanno sostenuto una datazione tarda per il ducato di Borso con ritratto - legando l'emissione alla proclamazione a duca di Ferrara del Signore avvenuta il 14 aprile 1471 pochi mesi prima della sua morte.

Valeria Vettorato in un bell'articolo sui NAC 2008 ha ripercorso le varie ipotesi di datazione, inclusa quella di Saccocci che proponeva una datazione attorno agli anni Sessanta (del Quattrocento) , apportando elementi iconografici, mutuati da codici coevi , che certamente costituiscono un valido supporto per stabilire paralleli stilistici tra le miniature (databili tra la metà degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta) e il ritratto sul ducato.

 

Vi sono poi le medaglie, tre datate all'anno 1460 e probabilmente fuse per celebrare la visita , in quell'anno del papa Pio II , dal quale dipendeva l'assegnazione del ducato a Borso, titolo per lui ambitissimo. Queste medaglie , di Petrecino da Firenze, Jacopo Lixignolo e Antonio Marescotti, riproducono un ritratto assai corrispondente, per tratti ed età,  a quello del ducato.

Esiste poi una medaglia antecedente, dell'orafo Amadio da Milano , che ci restituisce un ritratto molto giovanile di Borso databile a prima dell'investitura dei ducato di Modena e Reggio e forse risalente addirittura a prima della morte del padre Niccolo' avvenuta nel 1441.

 

Forse pero' le legende di queste medaglie possono offrire dei contributi interessanti per la definizione della sequenza temporale per  il ducato in questione.

La medaglia dell'Amadio (quella giovanile ) menziona DOMINVS BORSIVS MARCHIO ESTENSIS ETC: quando appunto Borso era solo 'Signore' di Ferrara

In quella del Petrecino abbiamo :

BORSIVS DUX MVTINE Z (etc.) REGII MARCHIO ESTENSIS RODIGII COMES

chiaramente si fa riferimento al titolo di Borso come duca di Modena e Reggio (concessogli dall'imperatore Federico III nel 1452)

 

Simile è la legenda nella medaglia del Lixignolo, mentre Marescotti è l'unico che (finalmente ) fa apparire il nome di Ferrara:

DIVUS BORSIVS DVX PRI [mus][Mutine] AE E REGII PRINCEPS FERRARIAE MARCHIO Z AC COMES RODIGII

 

C'è pero' un'altra legenda ancora che vorrei riportare , quella di una medaglia di Ercolo I :

HERCVLES DUX FER MUT REGII MARCHIO ESTENSIS

 

Come si vede non bisogna dare tutto per scontato e un'analisi attenta, possibilment comparativa, sul materiale  noto potrebbe apportare un ulteriore  contributo

 

§

 

Riguardo la presunta fisiognomica del doge Antonio Venier , guardando il secondo esemplare di grosso riportato al post 28, devo dire che faccio fatica da un lato ad accettare che la figura a sinistra possa identificarsi , senz'ombra di dubbio, nel doge in questione oppure - accettando che lo sia - immagina che quello a sinistra sia un ritratto fisiognomico e che invece il ritratto a destra - san Marco - non lo possa essere. Come diceva Panofski - probabile questione di sensibilità critica ....

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Supporter
Riguardo la presunta fisiognomica del doge Antonio Venier , guardando il secondo esemplare di grosso riportato al post 28, devo dire che faccio fatica da un lato ad accettare che la figura a sinistra possa identificarsi , senz'ombra di dubbio, nel doge in questione oppure - accettando che lo sia - immagina che quello a sinistra sia un ritratto fisiognomico e che invece il ritratto a destra - san Marco - non lo possa essere. Come diceva Panofski - probabile questione di sensibilità critica ....

Buona Domenica numa

 

Beh ... di per se anche due occhi, un naso e una bocca sono fisiognomica; ma in verità la testa di San Marco non risponde - a mio vedere - ad un viso "normale", salvo che San Marco fosse idrocefalo; è il doppio della testa del doge!

 

Che poi quest'ultima non sia molto chiara come negli altri esemplari, ci può stare; si vede anche una ombreggiatura nel corno, forse dovuta ad una ribattitura.

 

Saluti

luciano

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Sulla vexata quaestio della datazione del ducato di Borso con ritratto battuto a Ferrara molto è stato scritto ed è difficile liquidare sbrigativamente la questione.........Come diceva Panofski - probabile questione di sensibilità critica ....

Concordo decisamente con il Panofski, questione di sensibilità critica.

Per quanto riguarda la vexata quaestio, non mi pare di aver liquidato sbrigativamente la questione cronologica, anzi devo dire che non mi pare proprio di averla affrontata, visto che oltretutto conta su una bibliografia un tantino più vasta di quella accennata sopra. Ho semplicemente sostenuto che fra tutte le date proposte ce n'è una sicuramente sbagliata che è il 1471, perché la legenda DVX ETC. FERARIE ETC. non può in alcun modo essere letta come Duca di Ferrara  etc. (et cetera, in fatti, come l'italiano ecc., chiude una proposizione e quindi non può mai essere collocato a metà della stessa (ve l'immaginate una legenda così 'Duca di ecc. e di Ferrara, marchese di ecc. e d'Este, conte di di Rovigo'?). 

Si tratta di una semplice questione linguistica, niente di più. Ora nessuno è obbligato a rispettare le regole di una lingua interpretando le legende monetarie, però secondo me un tantino aiuterebbe. A proposito: la legenda della medaglia del Pretecino non è DVX MUTINE ETC. REGII...ma DVX MUTINE ET REGII. perché 'Z' da sola è l'abbreviazione di ET, mentre solo 'ZC' quella di ETC.

Buona notte,

Andrea

Modificato da Andreas
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Allora e' Un refuso come Pretecino :) ...

Cercavo di attirare l'attenzione sul contenuto epigrafico delle tre medaglie che , pur coeve ( o almeno si potrebbero supporre tali) al ducato con ritratto, adottano epigraficamente soluzioni differenti, non menzionando Ferrara che in un caso , ma evidentemente il richiamo non e' stato colto...

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Si è un refuso come Pretecino, ma a differenza di quello è un refuso involontariamente malizioso, perché potrebbe far pensare che 'etc' fosse usato anche come semplice congiunzione 'e', in netto contrasto con quanto avevo detto io.

Per il resto non ho colto e continuo a non cogliere, hai ragione.

Io ho solo parlato di un problema linguistico che  rende impossibile che il ducato d'oro si riferisca a Borso come Duca di Ferrara. Ripeto, ognuno è libero di non tenere conto della correttezza linguistica, interpretando una legenda, ma non vedo cosa aggiunga alla questione la presentazione di una serie di legende di medaglie ben note e studiate in rapporto al ducato d'oro (soprattutto dal Nussbaum, ma anche da me, più modestamente), il cui significato è chiarissimo e non presentano alcun problema di interpretazione, naturalmente nella corretta versione originale: la legenda della medaglia del Marescotti con il nome Ferrara (esemplare unico del British Museum) è in parte coperta dal busto, ma in effetti riprende quella di una più antica medaglia di scuola ferrarese (dove il busto di Borso è chiaramente e decisamente più giovane), che appare completa e corretta, cioè  DIVVS BORSIVS DVX PRIMVS MVTINAE ET REGII PRINCEPS FERRARIAE MARCHIO AESTENSIS AC COMES RODIGII. Tra l'altro è stranissimo che la testa del busto obliteri una legenda già composta (lo si vede benissimo nell' immagine al sito del British Museum: 

http://www.britishmuseum.org/collectionimages/AN00240/AN00240588_001_l.jpg.

Possibile che un  incisore come il Marescotti, pur avendo sbagliato le misure del modello, non le abbia corrette? Mah. E se magari il Marescotti (o forse qualcun' altro al posto suo, la data di morte non è conosciuta, ma viene collocata dopo il 1463, data dell'ultima medaglia nota) fosse stato colto all'improvviso dall'attesissima nomina di Borso a Duca di Ferrara, nel 1471, al punto da intervenire su bozzetti di medaglie già pronti, trasformando la legenda DVX MVTINE ET REGII PRINCEPS FERRARIAE  'Duca di Modena e Reggio, Principe di Ferrara', in qualcosa che alla bell'e meglio potesse essere anche letto come DVX ET REGII PRINCEPS FERARIAE, cioè 'duca di Ferrara e principe di Reggio?'  Dal punto di vista del latino la forma è correttissima, perché in questo caso la posizione della parole non è significativa, perché il gioco delle desinenze  non crea ambiguità. E' difficile da spiegare, ma penso che potrò avere il conforto di quanti amano quella lingua. In ogni caso quella medaglia avrebbe una data certa. 

Comunque credo che stiamo andando abbondantemente OFF TOPIC, no?.

Andreas

Modificato da Andreas
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perdonatemi ma intervengo ancora una volta a cercare di "sistemare" la sequenza delle medaglie di Borso - a mio avviso importante -

In seguito eventualmente potremo aprire una discussione apposita sulla datazione del ducato e il contributo che l'iconografia coeva, incluse le medaglie e l'epigrafia possono apportare.

 

Occorre pero' prima dare dei riferimenti piu' precisi per le  medaglie citate sopra altrimenti i nostri lettori rischiano di andare in confusione.

 

HILL 69 (utilizzero' la catalogazione di Hill - A corpus of Italian medals before Cellini)

Cominciamo con il dire che l'unica medaglia che ritrae Borso da giovane - con un ritratto quindi che precede sia quello del ducato che quelli delle tre medaglie datate 1460 - è quella di AMADIO - un orafo milanese che sappiamo aver lavorato a Ferrara dal 1437 -

La legenda della medaglia è : DOMINVS BORSIVS MARCHIO ESTENSIS

una medaglia per il fratello Leonello porta il medesimo titolo, quindi le medaglie precededono la morte del padre Niccolo' III ( 26.12.1441) cui succede Leonello.

Borso ha quindi 28 anni o anche meno e il suo ritratto appare veramente giovanile.

 

HILL 82   medaglia di ANTONIO MARESCOTTI

 

HILL 94   medaglia di JACOPO LIXIGNOLO

HILL 96   medaglia di PETRECINO of FLORENCE

Tutte e tre le medaglie sono datate 1460 - verosimilmente prodotte in occasione dell'importante visita del papa Pio II che Borso voleva ingraziarsi . Le ultime due sono assai simili nel ritratto e anche nella legenda (con una 'Z' nell'una che sostituisce un 'ET' nell'altra) ma non nei tipi del rovescio.

 

La medaglia di Marescotti invece riporta una legenda piu' lunga e completa anche se interrotta, in alcuni punti ,  dal berretto del duca. Cio' è dovuto non a imperizia dell'incisore bensi al fatto che Marescotti - cosi come altri artisti/incisori dell'epoca come ad esempio anche l'AMADIO - solevano utilizzare degli anelli di legenda mobili preparati a parte e inseriti nello stampo.

La medaglia del British citata sopra - lungi dall'essere un unicum - è una fusione antica ma probabilmente non originale cui era stata rimossa preventivamente l'iscrizione del rovescio.

 

infine la famosa 'Scuola Ferrarese' segue - e non precede - la produzione delle medaglie sopra descritte.

HILL 116 ci descrive una medaglia "di restituzione" con la legenda

DIVVS BORSIVS DVX PRIMVS MVTINAE ET REGII PRINCEPS FERRARIAE MARCHIO AESTENSIS AC COMES RODIGII

che è ne piu' né meno la legenda usata da Marescotti - solo che la sua risulta incompleta per le intrusioni del berretto di Borso grazie all'artificio dell'uso degli anelli mobili della legenda.

Ma quella di Marescotti precede non segue (!) quella della Scuola Ferrarese - accettata da tutti gli studiosi come successiva per stile e qualità delle fusioni.

Altre speculazioni sulla posizione del Ferrariae per simulare un titolo (DUX FERRARIAE) di ambigua interpretazione credo non possano essere sostenute interpretando correttamente la cronologia delle medaglie a nostra disposizione.

Chiudo menzionando l'esistenza di numerose altre medaglie con variazioni di queste legende, composizioni del diritto e del rovescio, placchette con ritratti dle duca etc. - tutti già noti e inquadrati dalla letteratura come variazioni antiche ma piu' tarde delle fusioni originali, restituzioni ad opera della Scuola Ferrarese , oppure modificazioni di originali con fusioni mal riuscite.

 

Mi sembrava importante puntualizzare - ai fini di un corretto inquadramento della questione - la successione/contemporaneità delle medaglie menzionate e credo sarebbe molto stimolante poter dibattere anche il problema della datazione del ducato di Borso- ma in una discussione a patre che di questa abbiamo abusato anche troppo (e il buon Luciano avrebbe tutte le ragioni a ricacciarci nei nostri domini estensi via dai possedimenti  della Serenissima :))

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Mi pare che sia il caso di non andare oltre. La questione era puramente incidentale e su base linguistica, riguardando la possibilità che il ducato di Borso potesse essere datato al 1471 oppure no:, cioè:  BORSIVS DVX ETC. FERRARIE ETC. può indicare che Borso era già Duca di Ferrara?

E' una questione molto semplice che poteva prevedere tre semplici e brevi risposte:

 

A - Sì, nella lingua latina quella legenda indica proprio  Borso come Duca di Ferrara  per le seguenti ragioni....... e quindi il ducato deve essere datato al 1471

B - No, la lingua latina non può accettare una simile lettura, però è probabile che nella coltissima corte ferrarese del '400 facessero errori del genere, per le seguenti ragioni....., quindi il ducato può essere datato al 1471

C - No, non è possibile, per le seguenti ragioni... quindi la moneta va datata prima del 1471

 

Non si è in grado di dare queste risposte? Bene, non si interviene OFF TOPIC in  questa  sede e se si vuole si apre un'altra  discussione sulla cronologia del ducato di Borso d'Este, e, prendendo esempio che so, dal Nussbaum oppure anche da qualche altro autore minore che ha usato questo metodo già nel 1991, si confronta il ducato con quelle medaglie, per trarne suggerimenti. Parteciperò volentieri a quella discussione, sempre che, ahimè, riesca a capire le argomentazioni degli intervenuti :whome:. 

 

Detto questo, se Hill  e gli altri ritengono che la medaglia "di scuola ferrarese", come disegno, sia posteriore  a quella del Marescotti, semplicemente hanno sbagliato alla grande, vista l'evidente disparità di età dei due ritratti, succede anche ai migliori. Se invece intendono che è una copia tarda e stanca di una medaglia non nota, come farebbe pensare l'accenno alla pessima fusione (altrimenti non capisco cosa c'entri, non è che le pessime fusioni appartengono ad un'epoca piuttosto che ad un'altra), allora posso anche concordare. Ma questo decisamente non è un argomento da trattare in una discussione sul ritratto... 'dal vivo' di San Marco nel grosso di Antonio Venier  :lol:.

Andreas 

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Chi si e' applicato nello studio delle medaglie non si e' svegliato una mattina e ha cominciato a tirare giu' a casaccio gli esemplari come capitavano

Gli autori delle medaglie sono noti anche per riferimenti nella letteratura coeva o posteriore che fa riferimento ad esse. Molte medaglie sono anche datate e per altre possiamo ipotizzare una cronologia abbastanza sicura . Ergo si e' ' proceduto a stilare una sequenza che con il tempo si e' consolidata.

Ipotizzare l'antecedenza di una medaglia anonima- di Scuola - e quindi come tale che 'segue' un archetipo tracciato da maestri precedenti - puo' anche essere possibile

Ma allora occorre dare riferimenti precisi, riscontrabili , chiari , in modo che si possano confrontare con gli elementi agiografici - come la sequenza dei ritratti - che abbiamo a disposizione

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Ok, prendo atto. Ora mi sembra sia proprio il caso di non approfittare più della pazienza dei 'serenissimi'

A.

Modificato da Andreas
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Supporter

Questo è il mio (le foto non sono il massimo):

 

attachicon.gifIMG_1415.jpg

attachicon.gifIMG_1416.jpg

Buona giornata

 

Il tuo grosso rientra nel tipo normale, quello col viso del doge "anonimo" e stereotipato.

 

Grazie per averlo condiviso.

 

saluti

luciano

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