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Decargiro: ma quanto valeva davvero?


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Inviato (modificato)

Quindi ritieni che il riferimento sia veramente a un multiplo di 10 e non a 10 parti di qualcosa, giusto?

 

ho pensato se potesse riferirsi a 10 silique d'argento, ovvero 1,90 g circa su quasi 5 g di moneta, ma non so, mi pare assai improbabile, la moneta sarebbe di una mistura ben diversa in colore dalle monete che conosciamo oggi....

Modificato da Poemenius

Inviato

in 

M.G. Sirivianou et al., The Oxyrhynchus Papyri, Volume LVI. Graeco-Roman Memoirs, No. 76 

 

http://quod.lib.umich.edu/b/basp/0599796.0028.001?node=0599796.0028.001:12&view=text&seq=97&size=100

 

 

 

Leggo

 

3874, an account (c. AD 340-50), has 8eKapyupov (46), so far unique in Greek, for decargyrus nummus, a coin which was abolished not much later than the time of writing.

 

Quindi chiedo a voi:

Il Decargyrus nummus è stato introdotto da Costanzo II nel 248?


Inviato

Quindi ritieni che il riferimento sia veramente a un multiplo di 10 e non a 10 parti di qualcosa, giusto?

 

ho pensato se potesse riferirsi a 10 silique d'argento, ovvero 1,90 g circa su quasi 5 g di moneta, ma non so, mi pare assai improbabile, la moneta sarebbe di una mistura ben diversa in colore dalle monete che conosciamo oggi....

No, assolutamente! Nel post #41 dico che, quale ipotesi plausibile, un decargiro poteva essere equivalente a 5 AE4, ma escludo che potesse valere di più.

 

Il riferimento di San Vicente è importante: che fosse semplicemente un termine orientale per pecunia maiorina: infatti il decargiro è coniato solamente in Oriente!

 

Nella legge CTh 9.23.2 si parla di "maioris pecunia" e quasi tutti i numismatici lo prendono quale sinonimo di "nummum decargyrum", di cui poco dopo. Secondo me sbagliano tutti. "Maioris pecunia" va tradotto come "i numerari di maggiore dimensione" e cioè gli AE2 e gli AE3, mentre quando si riferisce al "nummum decargyrum" si riferisce unicamente a quella specifica moneta, per la quale se ne proibisce il cambio e pure la confisca.

Poiché gli altri nominali sono stati ritirati dal circolante, quello che si proibisce è il cambio con l'AE4. Dunque tale cambio era svantaggioso per il fisco. E infatti, se l'AE4 ha un valore nominale pari all'intrinseco, come ritengo sia, e invece il decargiro è fiduciario e quindi sopravvalutato avendo un valore nominale equivalente a 5 AE4, ai privati conviene cambiare decargiri con nummi e poi rifondere i nummi vendendo il bronzo con un guadagno di circa il 15-15%.

 

Nel 248 viene introdotta la maiorina con un tenore d'argento, che sparisce dopo pochi anni. E' improbabile che si chiamasse dacargiro, perché la terminologia greca non era ancora prevalente. Invece penso possibile che già al tempo di Graziano gli AE2 in Oriente venissero chiamati decargiri: non dico che fosse così, non ne ho idea e non ho nessun elemento per affermarlo: dico solo che potrebbe essere possibile.


Inviato

Sto iniziando a capire la tua posizione...

Dai, le ripetizioni aiutano :)


Supporter
Inviato

Onorio, 22 mm., 3.85 gr,, moneta dall'aspetto un po' particolare, leggera pur non essendo di fatto molto consumata (e' comunque un modulo sottile)

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Supporter
Inviato

Onorio ridotto, 14 mm  1.81 gr.

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Inviato (modificato)

@@antvwaIa hai già avuto modo di guardare le monete delle raccolte online dei musei? Nel British Museum forse qualcosa c'è, ma prima di cercare volevo sapere se le hai già viste :)

Modificato da Matteo91
Awards

Inviato

Di grande qualità, perporius :)

 

Rispondendo a poemenius:

 

Non ho nessuna certezza per poter negare che al decargiro corrispondesse un valore facciale di 10 nummi (AE4): posso solo dire che un sistema così sporporzionato nella fiduciarietà di un modulo rispetto all'altro, non poteva reggere.

 

Teodosio non era un coglione, tutt'altro, e queste cose le capiva. Infatti durante il regno teodosiano la moneta godette di relativa stabilità, nonostante due grossi impegni bellici (contro Massimo e contro Eugenio) che richiesero un enorme capitale per poter essere portati avanti.

 

Dunque dubito che il decargiro potesse avere un valore nominale superiore a 5 AE4, ma non mi ci gioco gli zebedei che fosse certamente così.

 

Piuttosto c'è un altro aspetto che mi pare importante.

 

Molti tra i grandi guru della numismatica ritengono:

 

a) che nel CTh 9.23.2 "maioris pecuniae" e "decargyrum nummu" siano usati quali sinonimi. Sbagliano. Dicono una castroneria,

Intanto "maioris pecuniae" suppone tutt0altra cosa che "pecuniae maiorinae". Il primo è un concetto generico per indicare che si sospende la coniazione di tutti gli AE2 e fli AE3, decargiri compresi (che erano nei due moduli).

 

b) che la cosa riguardasse fondalmentalmente l'Impero d'Occidente poiché in oriente Arcadio cotinua a coniare un AE3. Altra castroneria. La legge CTh 9.23.2. è promulgata a Milano ma reca la firma di Arcadio e Onorio, quindi non c'è ragione alcuna per pensare che fosse riferita al solo Occidente. Inoltre i decargiri di entrambi i moduli (AE2 e AE3 ridotti) sono coniati solo dalle zecche orientali. Infine la disposizione dice che si sospende la produzione di quei moduli, non dice che non saranno mai più coniati in avvenire!

 

Il nocciolo della questione è capire perché dopo così breve tempo dall'inizio della produzione, tutti i moduli AE3 e AE2 venenro sospesi e, soprattutto, perché si proibì il cambio del decargiro.

La risposta che mi viene ovvia è: esagerarono con la fiduciarietà e il mercato punì lo Stato acaparrando il nummo. Già. Ma con questo torniamo al post #1 (senza passare dal Via! e senza ritirare le 20.000 lire): qual'era il valore del decargiro?


Inviato (modificato)

@@antvwaIa hai già avuto modo di guardare le monete delle raccolte online dei musei? Nel British Museum forse qualcosa c'è, ma prima di cercare volevo sapere se le hai già viste :)

Viste: ci sono anche su acsearch

 

Mim mancano i dati delle monete del Museo di Berlino: ma il loro sito è in lingua germanica e non ci capisco un tubo!

Modificato da antvwaIa

Inviato

Antwala credo che la composizione del metallo per la Maiorina sia diversa rispetto al Nummus.

Ciò giustificherebbe la maggior quantità di nummi necessari per cambiare in Maiorina rispetto al rapporto ponderale.


Inviato

Grazie, Teodato. Hai dei dati di analisi fisiche che lo comprovino?


Inviato

No purtroppo no, però ho visto alcune Maiorine dall'aspetto bronzeo, il Forzoni per il nummus parla di rame.

In effetti non ho mai visto Nummi AE4 che non siano abbondantemente ricoperti da patina.

Sarebbe interessante avere i dati sulla composizione dei 2 metalli.


Inviato (modificato)

@@antvwaIa @@teodato..

non so se già siete a conoscenza di un articolo a firma di C.Canovaro, I. Calliari, S. Gottardello e M. Asolati, lo studio è condotto su 10 monete di età tardo romana

In particolare i risultati delle indagini compiute su di un AE3 del periodo 404 - 408 di produzione occidentale ci dicono che la composizione chimica è costituita da una lega binaria di rame - stagno, con alte percentuali di piombo ( 20%)...

La differenza fondamentale tra coniazioni occidentali e coniazioni orientali è data dal fatto che, mentre le zecche occidentali utilizzavano leghe con forte presenza di stagno nella misura del 5%, in Oriente, invece, utilizzavano leghe del tutto prive o con bassissime percentuali di stagno...

Le percentuali elevate di piombo veniva spiegato dagli autori dell'articolo, con il fatto che il piombo, oltre ad essere più economico dello stagno, abbassava il punto di fusione del rame e permetteva una migliore colata del fuso. L'unico punto dubbia dell'analisi chimica riguarda il fatto che, non essendo stata invasiva, riguarderebbe solo gli strati superficiali della moneta, almeno questo mi sembra di aver capito.

Modificato da eliodoro

Inviato

ho trovato un recentissimo commentario al libro IX del cod Teod.

ha si e no 400 anni :)

 ho messo le pagine in cui si cita il Penta e il Decargiro

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Inviato

ecco la "nostra"

 

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Inviato

in più parti causa peso files

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Inviato

fine

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Inviato

se le immagini si leggono male, scaricatevi il testo intero da Google books - cerando - Codex Theodosianus cum perpetuis commentariis Iacobi Gothofredi


Inviato (modificato)

Grazie Poemenius. Non avevo questa versione del Codex Theodosianus, ma solo (cartacea) quella di Haenel del 1842.

 

Mi sto dannando gli occhi (spero non l'anima) leggendo e traducendo da pag 176 a 189, ma con poco successo: nel senso che non ci cavo notizie davvero interessanti.

Di fatto buona parte del commento di Gotofredi (1665) è poi ripreso nelle Dissertazioni del du Fresne (Charles du Fresne, De imperatorum Constantinopolitarum … numismatibus dissertatio, Roma 1755), che avevo già ampiamente saccheggiato. Gotofredo parte dalla convinzione che il decargiro fosse di mistura e prende quale riferimento la legge CTh 9.23.3 per dimostrare che le maiorine nate dalla riforma di Costanzo II contenevano una parte d'argento, il che è vero, anche se per breve tempo. Ma non dimostra assolutamente che il decargiro di cui nella legge di Arcadio e Onorio avesse una parte d'argento.

 

In modo molto empirico, avendo qui ad Achao un modesto decargiro di Onorio, ho provato a vedere con semplici saggi che richiedono reagenti chimici che ho potuto reperire nel Liceo locale (acido nitrico, ammoniaca, acido acetico), se vi siano tracce d'argento (sono laureato in chimica), ma il risultato è sttao negativo: niente argento.

I collezionisti ora saranno orrorizzati perché, ovviamente, dal saggio analitico la moneta non ci ha proprio guadagnato un bel nulla, perché quelle minime gocce dei reagenti hanno lasciato il segno. Ma nel mio animo lo spirito dello studioso primeggia ampiamento su quello del collezionista: più esattamente, qualla parte di me che è il numismatico non esita a mettergliela in quel posto a quell'altra parte di me che è il collezionista... e così ho sacrificato lo sventurato decargiro .... :(

 

dm8ad4.jpg

 

Comunque mi sono divertito. Sono tornato indietro di quasi cinquant'anni, quando nelle esercitazioni di chimica analitica rincorrevamo le nostre compagne domandando loro se quel il colore di quel precipitato fosse il "calipso intenso" oppure "indaco verdoso". :rofl:

 

 

San Vicente forse stà nella ragione. Decargiro potrebbe essere un termine orientale di carattere genrale, corrispondente al latino pecunia.

Modificato da antvwaIa

Inviato (modificato)

Ho ricevuto un MP che mostra una certa dose di disappunto per il mio decargirocidio, ritenendo il mio interlocutore che io debba essere castigato con pena severissima et esemplarissima, tale da dissuadere altri (improbabili) imitatori della mia scempiaggine.

Quale attenuante della mia colpa (mi dichiaro colpevole, Vostro Onore), posso aggiungere che in quella parte la moneta era già rovinata, e allora ho lasciato depositato per qualche decina di minuti dell'acido nitrico che poi ho lavato con una pipetta e acqua destillata, facendo scivolare il liquido in un matraccino sul quale poi ho eseguito l'analisi qualitativa per determinare la presenza d'argento.

Mi condannate alla massima pena o mi concedete delle attenuanti?

Ora provvederò a pulire bene quella parte e poi a incerarla, poiché ovviamente resta molto attiva in quanto completamente priva di ossidazione. Forve Vandalo85 mi suggerirà qualche buona crema idratante e protettiva....

 

A scanso di equivoci, la presenza dell'argento non è stata determinata in base al colore "calipso intenso" oppure "indaco verdoso" della soluzione del matraccio, ma con uno spettrofotometro a fiamma in dotazione del laboratorio del Liceo. Insomma, l'analisi, per quanto scandalosa sia poiché ha comportato un criminale decargirocidio, non è stata compiuta nella cucina o nella stalla di casa mia, ma nel laboratorio del Liceo.

 

A complemento informativo, non è stato trovato argento, bensì Sn, Pb, Zn, Sb, Bi e Fe.

Trattandosi di moneta orientale, la presenza di piombo potrebbe sembrare strana. Tuttavia credo che nella seconda metà del IV secolo la materia prima per fabbricare monete fosse data dal ritiro di monete vecchie e che, quindi, la composizione rispecchiasse soprattutto la natura delle monete usate quale materia prima.

 

 

Per coloro che sono rimasti sotto choc per il trattamento infliutto al povero decargirino, devo far sapere che è stato poi sottoposto ad accuratissimo e prolungato lavaggio con acqua destillata, intervallato da numerose asciugature e nuove immersioni. Quindi incerato con cera d'api vergine sciolta in benzina rettificata e poi, dopo ulteriore asciugatura, asportata in modo parziale mediante strofinatura con panno di lana.

Ero incerto se alla fine di tutto ammorbidire la superficie della monetina usando "CulProt", pomata favolosa per il culetto arrossato dei neonati: ma alla fine ho desistito. Mi pareva che il decargiro ne avesse avuto abbastanza.

Ora è così (secondo me è uguale a com'era prima di fare questa piccola analisi, e quindi respingo l'accusa di decargirocidio e chiedo che sia derubricata a semplici "danni minori con prognosi inferiore ai 40 giorni".

 

ae5opf.jpg

Modificato da antvwaIa

Inviato

Inviato

Cita Gotofrdo, tal quale. L'avevo già scaricato e messo in bibliooteca


Inviato

Ciao Antwala, spero di non essere odiato o gravemente vituperato per la cosa scandalosa che sto per proporti:

L'ideale sarebbe fare un indagine ai raggi x che ci darebbe anche la % dei vari metalli in modo non distruttivo.

In mancanza andrebbe bene anche un indagine qualitativa su un nummo/centennionale Teodosiano per comprovarne la composizione.

Naturalmente dovrebbe trattarsi di moneta poco leggibile e su una parte già danneggiata così come ha fatto per la precedente analisi.

  • Mi piace 1

Inviato

Sarebbe la tecnica ideale la difrattometria RX, assolutamente non distruttiva. Mi stupisce che sia poco utilizzata. Ovviamente, se la si usa senza toccare nenache minimamente la moneta, solo sgrassandola, il risultato sarà meno preciso, ma pur sempre sufficiente a dare risposta ai quesiti numismatici.Non ho mai compreso perché questa tecnica analitica sia, invece, poco usata.

 

Tornando al valore del decargiro, sono sempre più propenso a pensare alla possibilità che fosse stato fortemente sopravvalutato, e che quindi fosse altamente fiduciario, e che per questa ragione fosse poi subentrata la necessità di demonetizzarlo e, soprattutto, di proibire il suo cambio con altra moneta, "Nullus igitur decargyrum nummum alio audeat commutare", che chissà perché i numismatici hanno dato per scontato che quell'altra moneta sia il nummo. Ma la legge non dice quello, bensì parla genericamente di altra moneta, e io comincio a sospettare che con "alio" il legislatore si riferisse soprattutto al solido!

 

Gira che ti rigira, si torna sempre al quesito del post iniziale di questa discussione: quesito che, dunque, non era né banale né di semplice risposta.

 

Pearce, l'autore del IX tomo del RIC (che più lo sfoglio più lo trovo scadente, con buona pace di coloro che ritengono bestemmia criticare le "Grando Opere"), semplicemente fa lo gnorri e pur citando il CTh 9.23.2 fa finta che il termine decargyrum lì proprio non appaia. Vigliacco!


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