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Inviato

Mentre il "solido" nella tarda romanità e poi nel mondo bizantino costituisce una moneta dal peso, titolo e valore ben definito e di volta in volta determinato da specifiche leggi, "follis", "silicua" e "nummus" sono, invece, concetti molto vaghi e ambigui.

Oggi vengono utilizzati, per lo più in modo inappropriato, per identificare specifiche monete: ma si tratta di denominazioni nate nel secolo XIX, o anche prima, ma dai numismatici e non corrispondono ad un uso antico e documentato. Il "follis" è un sacchetto contenente una quantità definita di monete (probabilmente annotata sullo stesso) e la "silicua" è un'unità di peso, non sempre ben chiara.

Il "nummus" è certamente una moneta di bronzo del peso di uno scrupolo e dal valore corrispondente a 1/7200 di solido: lo sappiamo con certezza in base a una novella di Valentiniano III che ne ribadisce il valore, quindi definito da una novella precedente andata perduta. Ma lo è solamente tra la fine del IV secolo e la metà del VI. Successivamente a Giustino II il nummus cessa di essere una moneta fisica, per convertirsi in un'unità di conto e, dunque, in una moneta virtuale.

Prima della fine del IV secolo, la parola "nummus" può indicare tantissime cose diverse, come brillantemente illustrato (e documentato) da Filippo Carlà. Esso indica:

- una qualunque moneta metallica in senso lato

- una cifra indeterminata di denaro (un "tot")

- uno spicciolo eneo di scarso valore

- un divisionale di una moneta di maggior valore

- ecc.

 

La riforma monetaria di Teodosio I del 388 dC definisce il nummus centennionalis con due diverse iconografie: la Victoria Avgg e la Salvs Reipvblicae. La successiva riforma del 395 dC dà origine a un'importante divisione monetaria tra i due imperi:

- in Occidente il nummus centennionalis (AE4), che forse ora viene chiamato semplicemente nummus, del peso di uno scrupolo, ora solamente con legenda Salvs Reipvblicae (quindi il primo nummo sarebbe proprio la Salvs Reipvblic[a]e che che si coniò durante mezzo secolo)

- in Oriente un AE3 del quale non conosciamo la denominazione, con un peso di circa 2 scrupoli e quindi, di fatto, un doppio nummo, con l'iconografia Virtvs Exerciti.

Tutte le altre monete enee furono ritirate dalla circolazione.

 

Personalmente sospetto che o nel 388 dC o nel 395 dC, o comunque tra queste due date, ci sia stata una novella perduta che determinava in uno scrupolo il peso del nummo e il 1/7200 di solido il suo valore, stabilendone la convertibilità.

 

Cosa ne pensate?

 

 

 


Inviato

Non vorrei essere stato troppo "espositivo", quasi fosse una certezza che il nummo Salvs Reipvblicae fosse nato con la riforma del 388 dC. Questa, semmai, è una mia ipotesi.

L'ipotesi alternativa, per esempio sostenuta da Salgado, è che questo nummo sia nato con l'ultima riforma di Teodosio, quella del 395, avvenuta pochissimo prima della sua morte.

Quello che mi fa anticipare la nascita del nummo con la Salvs Reipvblicae al 388 dC è il fatto che fu coniato in abbondanza in nome di Teodosio I, ciò che mi pare contraddittorio con il fatto che l'imperatore sia morto poco tempo dopo. La legge che stabilisce quest'ultima riforma monetaria teodosiana è del 395 dC è il 12 aprile e fu abbinata al ritiro del decargiro dal circolante (Codex Theodosianus IX,23,2): essa, dunque, anche se voluta da Teodosio, fu promulgata dopo la morte dell'imperatore (17 gennaio 395 dC) e infatti reca i nomi dei suoi due figli:

Impp. Arcadius et Honorius aa. Dextro praefecto praetorio. Centenionalem tantum nummum in conversatione publica tractari praecipimus maioris pecuniae figuratione submota. Nullus igitur decargyrum nummum alio audeat commutare, sciens fisco eandem pecuniam vindicandam, quae in publica potuerit conversatione deprehendi. Dat. prid. id. april. Mediolano Olybrio et Probino conss. (395 apr. 12).


Inviato (modificato)

CIao @@antvwaIa,

qualche notizia ( punto 13):

http://www.tulane.edu/~august/handouts/601ccdoc.htm

Ho letto che vi è la tendenza a considerare il nummus, almeno fino alla riforma del 395 d.c., direttamente collegato alla riforma del 348 d.c. in cui venivano previste un AE2 o Pecunia maiorina, un AE3 o  centenionalis pari di valore alla metà, la sua metà ed, infine, ed un AE4 o nummus fractionalis.

Nel 396 d.c., inoltre fu fissato il rapporto tra il  solido e le monete in rame in 25 libbre

Saluti

Modificato da eliodoro
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Inviato

Grazie Eliodoro! Un ottimo riferimento che non conoscevo.

 

La riforma di Costanzo II (348 dC) fissa l'esistenza di tre nominali di bronzo con un rapporto 1:2:4, ma molto rapidamente i due nominali maggiori furono ridotti allo stesso peso del minore.

 

La riforma di Valentiniano I (364 dC) ridetermina il peso dei due nominali maggiori, ma nuovamente non viene rispettato.

 

Con la riforma di Graziano (378 dC) si torna a tre nominali con rapporto di valore 1:2:4. Quello minore, del peso di uno scrupolo, ha sempre il rovescio votivo.

 

Una nuova riforma si dà con Teodosio I (388 dC) che di fatto è una svalutazione dei due nominali maggiori, che vengono tutti equiparati al minore (peso = 1 scrupolo), ma con diverse icopnografie a Occidente e a Oriente.

 

Con la riforma di Teodosio del 392 dC si torna a tre nominali di bronzo con rapporto di valore 1:2:4, ma solo per le zecche orientali, mentre che per l'Occidente si dà solamente il nummo centennionale.

 

Infine giunge la riforma teodosiana del 395 (postuma) che stabilisce la coniazione del modulo mediano per l'Oriente e di quello minore per l'Occidente.

 

Sino al 392, il termine nummus sembra indicare genericamente una moneta di bronzo e si applica a tutti i nominali. Mi pare, ma è solo una mia ipotesi, è che dopo la riforma del 392 si smise di usare il termine preciso di "nummus centennionalis" per indicare la momnetea enea da una scrupolo, per usare ormai semplicemente "nummus".

 

I due punti che vorrei chiarire sono:

1) Quando avviene che con nummus si identifica una specifica moneta e questo termine perde il suo significato generico

2) Quando si stabilisce un rapporto preciso con il solido e, di fatto, la sua convertibilità

 

Ora mi leggerò con calma la magnifica nota segnalata da Eliodoro, che ringrazio nuvamente!

 

Antvwala

  • Mi piace 2

Inviato

Il tema è molto interessante e dibattuto, per chi non lo avesse mai letto, riporto un passo da “il sistema monetario in età tardoantica – spunti per una revisione” – Filippo Carlà, non come ipse dixit, ma come ulteriore spunto di riflessione.

 

Con l’articolo si può parzialmente concordare e si può essere in parte in disaccordo, ma vengono citate moltissime fonti, quindi lo reputo comunque molto interessante e certamente “da leggere per intero”… cito la parte relativa la Nummus come termine riferito a una monete fisica e non a una unità di conto:

 

…..Solo due papiri probabilmente da datare ai primissimi anni del IV secolo sembrano utilizzare il termine per indicare non già un'unità di valore, ma un determinato pezzo coniato, presumibilmente, in effetti, il laureato grande diodezianeo: cosi PRyl IV, 607 dice che la “moneta italica" deve essere ridotta a mezzo nummus, e POslo III, 83 conferma la riduzione dei nummi  a 12,5 dracme attiche: il termine è quindi sempre utilizzato per indicare una moneta fisica, non un'unità di valore (i prezzi sono indicati in denarii, dracme, ta-lenti, miriadi ecc.) ………..


Inviato

e questo può essere un primo spunto... l'altra domanda da un milione di dollari è quando inizia e come la convertibilità numerica con l'oro.... come citata da Valentiniano III?


Inviato

Come Poemenius sa benissimo, lo studio attento e approfondito del lavoro di Filippo Carlà costituisce una pietra miliare per un numismatico dedito alla monetazione imperiale. :)


  • 2 settimane dopo...
Inviato

Ciao,

chiedo una conferma (ma si accettano di buon grado anche smentite… ;) ) su un’attribuzione temporale.

 

Sto continuando a studiare il deposito monetale di cui ho proposto qualche giorno fa un’imitativa dei Tetrici. Continuando a consultare la schedatura sono giunto alle monete del V secolo d.C. , le ultime delle quali sono le GLORIA EXERCITVS e le SALVS REI PVBLICAE. Queste ultime sono riferite ad Onorio, Arcadio o quando l’attribuzione è difficile, ad un generico Onorio/Arcadio.  Su un testo di riferimento ho trovato la seguente affermazione, riferibile ad un altro contesto grossomodo coevo:

 

“ … il tipo SALVS REI PVBLICEAE.2 della classificazione LRBC, le cui emissioni – a differenza delle altre zecche interessate alla battitura, nelle quali essa si ferma al 395- sarebbero continuate ad Aquileia ed a Roma sino ai primi anni del V secolo, rispettivamente 402 per Aquileia e 408 per Roma. Di recente però è stata indicata un’unica data, individuata nell’anno 400 circa, per la cessazione del tipo di ambedue le zecche… “

 

Mi rivolgo quindi agli specialisti del periodo per avere conferma a quanto trascritto sopra in quanto il fatto  di confermare la datazione dello stop delle emissioni suddette attorno al 400 d.C. mi darebbe conferma pressochè diretta di una deposizione legata ad eventi storici accaduti nell'area attorno al 401.

 

Ciao e ancora grazie

Illyricum

:)


Inviato

Hai sollevato un tema molto complesso la cui risposta potrebbe aiutare a capire la monetazione della prima metà del V secolo.

Personalmente penso che non vi sia continuità tra la Salvs Reipvblicae e la Salvs Reipvblice, ma che nel mezzo vi siano ben due riforme monetarie: quella del 395 e quello del 398. Mi viene anche da supporre che in quegli stessi anni ci sia stata una novella di Teodosio I fissando peso, valore e concambio del nummo, poi ribadita dalla novella di Valentiniano III.

Il fatto che tu stia studiando un ripostiglio databile al 401 potrebbe essere importatintissimo proprio al fine di determinare la conclusione dell'emissione della Salvs Reipvblicae che potrebbe addirittura essre datata intorno al 395.


Inviato

L'LRBC è un punto di partenza magnifico e imprescindibile. Ma appunto, un punto di partenza, non un punto di arrivo, né tanto meno un prerequisito.

Le pietre miliari della scienza numismatica sono i ripostigli databili con certezza: è da lì che si deducono le regole del gioco. Quindi quanto stai studiando è interessantissimo e mi auguro che tu possa ragguagliarci maggiormente.


Inviato

Grazie @antvwala ! Se vuoi ti invio un MP con maggiori dettagli per capire se ne puó venire fuori qualcosa di interessante...

Ciao

Illyricum

:)


Inviato

Sì, grazie. Mi farebbe molto piacere. E' da tempo che cerco di mettere ordine alla datazione della salvs reipvblic[a]e e del nummus


Inviato

E' un tema interessante. Molto di più di quanto non possa apparire a prima vista. Nessuno ha nulla da dire?


Inviato

Grazie di aver rinnovato la mia richiesta, Ant!

Ti ho inviato poco fa l'MP con qualche dettaglio in merito.

 

Ciao

Illyricum

:)


Inviato

Sperando che possa stimolare la discussione, avanza una mia ipotesi circa le emissioni dei nominali più piccoli di bronzo tra il 378 dC (riforma monetaria di Graziano) e il 423 dC. Ovviamente è un'ipotesi, in gran parte derivata dall'LRBC, nella quale il termine "nummus" individuerebbe una specifica moneta di bronzo forse sin dal 387-8 (riforma monetaria di Teodosio I). A partire dalla rifroma monetaria del 395 dC (di Teodosio I, ma postuma), il sistema monetario eneo sembra essersi separato tra Occidente e Oriente: in Occidente il nummo avrebbe mantenuto il peso di 1,15 g, stabile sino al 455 e quindi durante tutto il regno di Valentiniano III), mentre in Oriente si sarebbe ridotto a 0,90 g (per questa ragione anziché "nummo" l'ho chiamato "minimo", scelta arbitraria, naturalmente).

 

33o17j8.jpg

 

Insisto: la mia è solamente un'ipotesi, quindi legittimamente criticabile.

  • Mi piace 1

Inviato (modificato)

A partire dalla riforma monetaria di Costanzo II, il sistema eneo va avanti di riforma in riforma. Generalmente vi sono tre nominali tra i quali intercorre un rapporto di peso/valore 1:2:4, ma le riforme fanno costantemente cilecca, tanto che si succedono a distanza di 5-8 anni, perché i due valori maggiori, quelli coniati in più quantità, vengono progressivamente ridotti di peso e quindi perdono di valore.

Teodosio I vuole porre fine alla costante svalutazione della moneta enea facendo l'unica cosa possibile: renderne costante il peso. Ciò forse avviene nel 392 e sicuramente nella riforma (postuma) del 395, definendo l'unità di misura, il nummo, quale moneta dalñ peso di 1 sxcrupolo (1,15 g). Nel momento in cui il peso si mantiene stabile, di fatto si dà il concambio nummo:solido = 7200:1, anche se probabilmente ad un certo puntyo vi fu una novella che lo stabilì, giacché quella di Valentiniano III pare ribadirla.

Tuttavia è sian dalla riforma del 388 dC che il peso del nummo si mantiene stabile e, pertanto, è possibile il concambio con il solido. Questo, come sottolinea secondo me molto giustamente Michele Asolati, spiega perché a partire dalla fine del IV secolo nei tesoretti enei appaiono esclusivamente nummi e non i nominali di maggiore valore: infatti è solo il nummo che mantiene costante nel tempo il suo peso, mentre i nominali maggiori continuano a subire riduzioni. Quindi solo il nummo appare quale moneta nominalmente convertibile.

La volontà di stabilizzare il valore della moneta di bronzo spiega anche la legge di Teodosio I che stabilisce il ritiro forzoso di tutto il parco monetario eneo, tranne il nummo che per un breve periodo resta l'unica moneta di bronzo del circolante.

 

Non è invece chiara la ragione per cui ad un certo momento il sistema monetario del bronzo (ma non quello dell'oro) si divide nei due imperi e nell'Oriente si conia una moneta enea più leggera, da 0,90 g (e anche un multiplo da 1,80 g): ovviamente quest'ultima non può essere chiamata nummo e, soprattutto, non può essere convertibile in solidi in quanto il suo peso appare essere molto incostante e con tendenza a ridursi. In Occidente, invece, si conia solamente il nummo dal peso di 1,15 g. Quindi la comversione del nummo in solidi al cambio di 7200:1 richiamata dalla novella di Valentiniano III trovava applicazione solamente in Occidente, e probabilmente è così sino dal 395 dC o dal 404 dC (non è chiaro in che preciso momento avviene la separazione dei due sistemi enei).

Modificato da antvwaIa

Inviato

Ciao,

ipotesi molto interessante. Bisognerebbe avere la fortuna di individuare dei siti che hanno restituito monete del periodo e di cui si hanno datazioni precise in termini temporali. Qualcosa tipo i resti dei forti romani delle varie campagne augustee abbandonati e che hanno consentito la seriazione delle monete del periodo. Sulla base delle varie invasioni barbariche e non, dovrebbero essercene, bisogna poi vedere se son state eseguite le datazioni, per verificare quando è stata eseguita la diminuzione del peso ponderale nell'area orientale.

 

Ciao

Illyricum

;)


Inviato

Sta lì l'enorme importanza dei ripostigli databili con sicurezza!


Inviato (modificato)

Da Costanzo II in poi, ogni nuovo imperatore come primo gesto fa una riforma monetaria riportando intorno a 5-6 g il peso del modulo maggiore e ripristinando il rapporto 4:2:1 tra i 3 moduli, sì da presentarsi al pubblico come "restauratore del tempo antico", per poi procedere a ridurre ben presto il peso dei moduli maggiori. Se il suo regno durava abbastanza a lungo, ecco allora che le riforme monetarie si davano anche in nome dello stesso augusto, come nel caso di Teodosio I.

Helmut Mostecky (più conosco quanto ha scritto e più lo apprezzo!) in EIN SPÄTANTIKER MÜNZSCHATZ AUS SASSARI, SARDINIEN (RASMI 1993, fase. LI-LII)

fa riferimento a dei "periodi di coniazione" (Gliederung nach Reverstypen und Prägeperioden): XIII (317-348), XIV (348-364), XVa (364-378), XVb (378-395), XVIa (395-408), XVIb (408-425), XVII (425-455), XVIII (455-474).

Credo che questa sia la chiave giusta per la comprensione delle emissioni enee tardoromane, ma aggiungerei che:

a) i periodi di emissione vadano definiti molto più circoscritti nel tempo;

b) a partire dal XVI periodo le emissioni dell'Oriente  vadano gestite separatamente da quelle dell'Occidente.

Modificato da antvwaIa

Inviato

Assolutamente opportuna l'unificazione delle due discussioni, che vertono comunque sul nummus.

Mi sembra di capire che la vera innovazione rispetto a quanto scritto da Mostecky sia la presenza a un certo momento (intorno al 404) di una dicotomia ponderale e quindi anche nominale tra Occidente e Oriente.

Restano da capire le ragioni alla base di questa dicotomia (e l'abbandono dello standard dello scrupolo per il nummus in Oriente).

Dal momento che questo nominale era alla base della vita quotidiana del popolo, evidentemente c'erano ragioni politiche per tenere più basso il peso della monetina di bronzo in Oriente rispetto all'Occidente. Ma quali?

Mi sembra banale ed errato immaginare una sorta di concorrenza, sul modello dell'economia moderna (un dollaro che vale meno di un euro, anche se poi adesso il rapporto si va riducendo).


Inviato (modificato)

ICiao, vedró cosa posso fare per unirle... non l'ho mai fatto, chiedo.

E se calo ponderale fosse legato semplicemente ad una minor disponibilitá di materia prima da parte della parte occidentale?

Che ci sia stata una minore disponibilitá di metalli è comprovato fin dalla fine del III secolo. Ad esempio Diocleziano adotta gli elmi composti di origine sasanide perchè piú leggeri di quelli precedenti, alla luce di dover provvedere al riarmo dell'esercito che veniva da anni di guerre.

Figuriamoci un secolo dopo, tra invasioni barbariche, guerre civili e operazioni nel settore orientale...

Potrebbe essere una causa plausibile?

Ciao

Illyricum

:)

Modificato da Illyricum65

Inviato

Tra Occiedente e Oriente sembra esserci un cambio di politica monetaria.

In Occidente lo standard del nummo a partire da Onorio sino alla fine del regno di Valentiniano III è sempre di 1,10-1,15 g, cioè di uno scrupolo: l'ho verificato personalmente su una base di dati di oltre 1.000. In Occidente lo standard del minimo sembra essere di 0,90 g (secondo la letteratura, non ho una base dati così grande da verificarlo personalmente, almeno non ancora, perché la sto costruendo). L'altro aspetto è che in Ocidente si conia solamente il nummo, mentre in Oriente si conia il minimo e un AE4 con peso 1,80 g, il doppio del minimo.

 

OK per unificare le due discussioni! :)


Inviato

Il fatto è che i sacri mostri della numismatica hanno scritto che il nummo di Teodosio II pesa mediamente 0,90 g, ma quando sono andato a pesarlo, non è esattamente quello che ho riscontrato. A me risulta pesare un po' più di 1 g. Ma purtroppo non dispongo ancora di una base dati stratificata per ogni tipologia, sì da poter dire con sicurezza quanto pesa la Concordia Avgg con crocetta, oppure la crocetta anepigrafa, o la victoria Avgg, ecc.

Questi sono i pochi dati di cui dispongo in questo momento:

mc82o7.jpg

 

Ecco perché nei post precedenti uso spesso il condizionale: finché non comprovo qualcosa personalmente, non lo considero accertato, anche quando è affermato da un sacro mostro (come li chiama LegioII Italica!).  Pensate che sono così diffidente che non credo neppure alle promesse dei politici e ai dati della BCE!

  • Mi piace 1

Inviato (modificato)

Grazie @luke_idk

 

per la riunificazione delle due discussioni!

 

Ciao

Illyricum

:)

Modificato da Illyricum65

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