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S C (Senatus Consulto)


Illyricum65

Risposte migliori

Ciao,

 

la presente discussione pongo alla Vostra attenzione un tema a sfondo storico/numismatico (non dimentichiamoci mai che le nostre amate monete sono solo riflessi della Storia passata e di un diverso contesto sociale, politico ed economico in cui duemila anni fa vivevano persone simili) ed è presentata, forse con una certa presunzione, per dare qualche spunto di approfondimento per chi è alle prime armi e di discussione per chi è più addentro alle tematiche imperiali. Mi auguro che non risulti troppo specialistico o cervellotico per i primi e viceversa troppo leggero per i secondi… magari catturerò l’attenzione della fascia di utenti che sta nel mezzo! :D

 

In secondo luogo vorrei proporre questo mio piccolo lavoro come un umile omaggio alla figura di un grande personaggio storico di cui nel 2014 ricorre il bimillenario della morte, ovvero Gaius Iulius Caesar Octavianus Augustus più brevemente ed universalmente conosciuto come Ottaviano o Augusto, nato a Roma il 29 settembre 63 a.C. e morto a Nola il 19 agosto 14 d.C.

 

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Scultura di Augusto indossante la corona civica, dalla Gliptoteca di Monaco.

 

Svetonio lo ricorda così:

“ Magistratus atque honores et ante tempus et quosdam novi generis perpetuosque cepit.”

 

“ Ottenne magistrature ed onori prima del tempo ,alcune furono create appositamente per lui o gli furono attribuite in modo perpetuo.”

(Augustus, XXVI)

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In questo ultimo periodo sto svolgendo degli studi sulla monetazione augustea (facendo riferimento al testo CAESAR AVGVSTVS di R. Martini che ho tutt’altro che terminato di studiare) e volevo approfondire un argomento spesso frettolosamente trattato.

 

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Tiberio, dupondio; D/Augusto divinizzato.  R/ SC entro corona civica.

http://www.sesterzio.eu/patine/galleria.htm

 

Si tratta, come riporta palesemente il titolo, della “famosa” sigla S C presente sulle monete imperiali dal Primo Impero fino alla metà del III secolo d.C. e che viene talvolta descritta dagli utenti con frasi come la seguente (tratta da una discussione ripescata a caso), non errata ma … quantomeno limitativa rispetto ad un tema vasto e abbastanza complesso.
 

Al Rovescio … con SC nel campo SC= Senatus Consulto (Su approvazione del Senato) ----Nell'Alto Impero le emissioni in Rame ed oricalco venivano decise ed approvata dal Senato

 

D’altra parte proprio la complessità del tema spesso non consente una risposta più articolata ed approfondita, in quanto ciò porterebbe inevitabilmente la discussione (verosimilmente sull’identificazione di una moneta del Primo Impero) fuori dai binari rispetto alla richiesta-focus del topic iniziale.

 

Qualcosa in merito alla sigla SC si disse pure nella Sezione Storia ed Archeologia

http://www.lamoneta.it/topic/30181-senatus-consulto/

 

Vediamo quindi di trovare qualche definizione generale più approfondita.

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 Il senatoconsulto (lat. Senatusconsultum ovvero parere del senato) era una delibera emanata dal Senato dell’Antica Roma su un tema di politica statale. Nel tempo si evolse attraverso i secoli passando dalla monarchia sino al periodo imperiale e mutandosi nei secoli mantenendo comunque la forma di “decisione”, “scelta”, “parere” emesso dai senatori ovvero dalle personalità più in vista dello Stato romano. 

  • Nell’età monarchica il Senato Consulto era un parere richiesto dal Re (senza alcun vincolo giuridico da seguire da parte del monarca se non dal punto di vista “sociale”) e fornito da una sorta di “gruppo di saggi”, il Consilium Patrum.

 

  • Nell’età repubblicana il Senato Consulto è legato al rapporto tra senatori e magistrati e quindi spiega come il Senato potesse reggere le sorti politiche romane. Essendo i magistrati e gli stessi senatori provenienti dallo stesso ceto sociale aristocratico di cui il Senato rappresentava la diretta emanazione era praticamente impossibile che, al fine del mantenimento dello status quo, i privilegi e la conservazione dei rispettivi poteri individuali e di ceto, un magistrato negasse la validità del Senato Consulto sebbene quanto emesso non fosse precettivo e vincolante per lo stesso alto funzionario dello Stato romano. Il Senato comunque aveva dei mezzi per esercitare pressioni ed indirizzi nell’azione dei magistrati: in caso di rifiuto nel seguire il parere senatoriale il Senato poteva richiedere l’intervento di un magistrato di livello superiore, delegare un tribuno o un legato o promuovere una quaestio presso un tribunale qualora i diritti giuridici del Senato non fossero stati rispettati. In ambito militare il Senato poteva negare l’invio di stipendi e/o approvvigionamenti destinati alle truppe guidate da magistrati con deleghe di imperium militiae e che non avevano rispettato i pareri dei senatori; altresì potevano negare la prorogatio (ovvero il mantenimento delle funzioni sino alla scelta del successore) dopo la scadenza del mandato o la celebrazione del trionfo che decretava la fine del mandato (se l’investitura era stata finalizzata ad una determinata impresa bellica).Ad accrescere il valore giuridico del parere senatoriale (anche se non sancito a livello legislativo) nel 101 a.C. si ebbe una legge comiziale (quindi fonte del diritto romano), la Lex de Provinciis Praetoris che affermava  "… è compito di ogni magistrato o promagistrato … curare che avvenga tutto ciò che il senato ha decretato in materia."  Quindi sebbene in via non strettamente ufficiale e dichiarata il Senatus Consulto permise al Senato, oltre ai chiari ed evidenti legami tra senatori e magistrati, il  dominio della scena politica repubblicana.
  • Il passaggio dal sistema repubblicano a quello del Principato e quindi all’Impero portò a cambiamenti dell’importanza del Senato Consulto, diretta emanazione del Senato che però aveva perso la sua autonomia: l’Imperatore parlava in Senato (oratio), raccoglieva le adesioni alla sua proposta e promulgava quanto postulato in forma di senatoconsulto: quindi lo stesso Imperatore nella sua carica di Princeps Senatus decideva autonomamente e l’adesione dei senatori a quanto formulato era semplicemente una sorta di “atto dovuto” nei confronti della volontà imperiale. Nel tempo l’uso del senatoconsulto come mezzo per emanare norme esplicite fino a che con Nerva cade del tutto in disuso, sebbene mantenesse pari dignità formale di diritto rispetto della lex imperiale. Pur decadendo come importanza, nel II secolo d.C. il giurista romano Gaioaffermò comunque che

« Senatus consultum est quod senatus iubet atque constituit; idque legis vicem optinet, quamvis fuerit quaesitum. »

ovvero

« Il senatoconsulto è ciò che il Senato comanda e stabilisce; ciò tiene luogo di legge sebbene in passato sia stato oggetto di discussione. »

Gaio, Institutiones I, 4

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Questo rapido excursus vuole essere prologo al tema che più ha appassionato in questo ultimo periodo: i riflessi del Senatus Consulto nella monetazione augustea e le sue implicazioni. Si tratta di un argomento che alimenta da anni gli storici del periodo non tanto per la valenza in campo numismatico quando come riflesso dei rapporti tra il primo Imperatore e il Senato stesso.

Il primo a parlarne fu Eckhel nel 1792 che ritenne che l’S C stesse ad indicare una diarchia nel Primo Impero e che il Senato mantenesse un certo potere di controllo sulla monetazione enea e bronzea, retaggio del potere repubblicano manifestato appunto con i senatoconsulto. Dello stesso avviso fu il Mommsen (1887), che estese i presunti poteri senatoriali (paritari rispetto a quelli imperiali) a tutti gli aspetti di vita economica ed amministrativa dell’Impero. Qualche anno dopo, nel 1910, Willers manifestò perplessità nei confronti dell’ipotesi mommseniana e seppur confermando un certo controllo nella monetazione bronzea da parte del Senato propose che le monete recanti l’S C avessero una diffusione italica. Tale opinione fu commentata dai vari Regling, Pink, Grueber, Mattingly e in ultimo da Sutherland e Kraay (1975); questi ultimi inserirono le monetazioni tresvirali tra le “Regional Coinage” e nella fattispecie in quelle italiche, al pari delle emissioni ispaniche, galliche e delle zecche orientali.

Il Pink (1946 e 1952) rifiutò la “diarchia” e spiegò la presenza dell’ S C sulle monete come un “escamotage” ideato da Augusto per dare al popolo la sensazione del mantenersi della tradizione senatoriale repubblicana.  Grueber (1910) invece porta la data della riforma augustea al 15 a.C. (conseguente alle varie modifiche giuridiche attuate da Cesare Ottaviano a partire dal 38 a.C.) e che avrebbe portato non Augusto a incaricare il Senato della monetazione bronzea bensì quest’ultimo a delegare al primo il privilegio ( ovvero l’onore) dell’emissione di oro ed argento in omaggio alla sua vittoria su Sesto Pompeo. L’apposizione della sigla S C sulle monete sarebbe stata l’affermazione del Senato del mantenimento del diritto alla coniazione del bronzo. Questa teoria venne confutata dalle recenti indagini numismatiche. Mattingly (1923) invece formula l’ipotesi che per i bronzi in epoca giulio-claudia dapprima vi fosse solo una sola zecca (senatoriale quindi con apposizione della sigla S C) a Roma e quindi, dall’epoca di Caius, una seconda deputata alla coniazione di oro, argento e per breve tempo, bronzo (sesterzi senza apposizione della sigla S C), sottolineando la scarsità di dati noti nei confronti dei rapporti tra zecca/Senato/Imperatore. Anch’egli comunque propone come spiegazione alla sigla S C una sorta di privilegio concesso da Augusto al Senato che nella realtà non possedeva alcuna reale indipendenza; in pratica nega alcun potere al Senato sia nei confronti della monetazione, sia politica che economica.

Grant (1946) vuota il Senato di qualsiasi potere, accentuando quanto proposto da Mattingly in merito.  Egli infatti analizza i sesterzi di origine orientale recanti la sigla C A e la traduce con C(aesaris) A(vtorictate) anziché C(ommune) A(siae).

 

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Augustus. 27 BC-14 AD.

Æ "Sestertius" (37mm, 29.03 gm, 1h). Struck circa  25 BC. Bare head right / Large C A within laurel wreath framed by double-pelleted border. RPC I 2233; C. Howgego, "Coinage and Military Finance: the Imperial Bronze Coinage of the Augustan East," NC (1982), Class 2a; RIC I 501; SNG Copenhagen -; SNG von Aulock 6671. Near VF, river patina, minor cleaning scratches.

http://www.wildwinds.com/coins/ric/augustus/RIC_0501.9.txt

 

 e ci vede quindi un diretto controllo imperiale; sulla base di ciò reputa che successivamente la sigla S C stia a significare “coniata con deliberazione del Senato su autorità imperiale”. Quindi confuta la teoria della circolazione italica dell’S C distribuendola in tutto il settore occidentale mentre in quello orientale vi sarebbe stata la diffusione della sigla CA e, in seguito, del tipo S C in corona d’alloro emesse da Antiochia.

 

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Ae26 Augustus. Seleukis and Pieria/ Antiochia ad Orontem . AE 26(16,7 gram) . Head of augustus to the right / SC in wreath . EF-

http://www.wildwinds.com/

 

In questo quadro comunque contrasta la presenza di monete in bronzo riferite alla zecca di Ephesus

 

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RIC 486 Augustus (27 BC - 14 AD) AE25 (bronze, 25 x 28 mm, 8.87 grams), uncertain Asian mint. Bare head right, 'CAESAR' /’AUGUSTUS' within wreath. RPC 2235. 
http://www.wildwinds.com/
 

che presentano a rovescio la scritta AVGVSTVS senza alcun riferimento alla Autorità Cesarea.

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Kraft (1951-52 e 1962 e 1969) propose invece che il Senato non avesse alcun potere e la sigla S C fosse solo la testimonianza degli onori decretati ad Augusto a partire dal 27 a.C. ; questi sono reiterati e rinvigoriti dai rovesci riportanti la corona civica, a rammentare la concessione del diritto esclusivo. Tale tesi decade quando si osserva che sugli assi e quadranti da Roma compare sì la S C ma senza alcun “riconoscimento imperiale” a corredo.

Al Kraft risposte il Sutherland (1965 e 1976) che escluse la possibilità che la sigla S C e CA corrispondessero all’autorità emittente. Egli propose che sulle monete il messaggio fosse molto più complesso ed indicante:

  • Il dono (la corona civica, i rami di alloro, etc…)
  • Il donatore (Commune Asiae, Senato Romano, etc…)
  • Il ricevente (Augustus)

Il trittico dono-donatore-ricevente vale però in alcuni casi: monete asiatiche, ispaniche e talune da Roma. La critica parte dalla constatazione che nel caso degli assi tresvirali non viene rispettata questa ipotesi e nemmeno nelle ROMETAVG e nelle emissioni di Antiochia ad Orontem dove manca sempre uno dei tre termini.

 

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As. Lyon, vers 10-7 av. J-C. R/: ROMETAVG. Autel orné de figures entre deux colonnes surmontées chachune d'une Victoire. C 240. RIC 360. BN 1472. 10,20 g.

http://www.ma-shops.com/poinsignon/item.php5?id=49434〈=en

 

Per ultimo viene lo studio della Bay (1972) che afferma che in base alla tradizione repubblicana che si perpetra in Augusto (in qualità di capo-parte di tradizione repubblicana) sarebbe bastata la sola auctoritas dell’Imperatore stesso nella coniazione delle nuove monete, sulla base del pieno potere raccolto nelle sue mani. Inoltre – commenta – con un’eccessiva attribuzione di autonomia  senatoriale non si spiegherebbe la presenza di monete augustee prive di S C tra le quali le succitate C A, AVGVSTVS e ROMETAVG. Baldus (1973) abbraccia la tesi della Bay e ipotizza che il Senato avesse solo potere formale ma non effettivo nell’accettazione del sistema monetale imposto da Augusto.

 

In sostanza queste le varie ipotesi più o meno recenti proposte dagli studiosi. Più vicino a noi Sutherland (1984) nella revisione del Roman Imperial Coinage accetta quella del Kraft sulla presenza di una forma di diarchia e sulla datazione del 27 a.C. per l’inizio delle coniazioni tresvirali romane, così come il francese Giard già nel 1976. Vi sono poi stati altri interventi sul tema ma nell’insieme non vi sono, almeno a mio avviso, grosse proposte nei tempi più recenti.

 

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Qual è l’idea che nel mio piccolo mi son fatto? Difficile proporre nuove ipotesi … ma la mia condizione di umile appassionato mi permette di farlo senza rimetterci la faccia più di tanto e magari stimolare una discussione sul Forum ;) . Quindi…

 

Il buon Ottaviano era erede di quel Giulio Cesare che tanto fece per lo Stato Romano ma che con le sue imprese e mosse politiche innescò una serie di eventi che portarono al crollo della Repubblica (che già egli stesso avrebbe potuto far decadere ma per quanto vicino ci passò rifiutò sempre di arrivare al punto di non ritorno). Ben presto il giovane conquistò il popolo in qualità di figlio adottivo dello stesso condottiero e, tra triumvirati e scontri vari, assunse alla fine una posizione preminente anche rispetto allo stesso Senato. In pratica raggiunse l’apice toccato da suo zio (ovvero padre putativo) e lo superò, raccogliendo nelle sue mani in pratica il Potere assoluto divenendo Augusto. Ma cogliere in mano il Potere e divenire Imperatore non vuol dire essere per forza un rivoluzionario: restava comunque un uomo giunto al potere come uno dei capi-parte della parte finale della Repubblica romana. I suoi appelli ai valori della famiglia latina e in genere alle usanze romane e italiche erano frequenti nella parte finale del suo regno quando si occupò di organizzare il nuovo sistema. Da qui lo vedo, personalmente, combattuto in una specie di lotta interiore tra il mantenimento del Comando (pressochè assoluto) raggiunto e mantenere comunque vivo un richiamo alle tradizioni repubblicane, specie nella visione del popolo. Livia e Augusto con la loro educazione frugale ed austera fungevano da esempi  viventi di propaganda del richiamo ai costumi tradizionali e quando la figlia Giulia trasgredì le regole (benchè vada tenuto in debito conto la condizione in cui dovette vivere, imponendole regole molto ferree e imposizioni di matrimoni “politici”) alla fine ne pagò pesantemente le conseguenze. Un altro richiamo alla sobrietà di costumi è costituito dall’abitazione augustea (Domus Augustea) sul Palatino, modesta e priva di lusso (portici bassi in pietra del Monte Albano, assenza di marmo di pregio e mosaici…), quando avrebbe potuto permettersi  ben altre residenze di lusso care a suoi successori.

 

« Instrumenti eius et supellectilis parsimonia apparet etiam nunc residuis lectis atque mensis, quorum pleraquc vix privatae elegantiae sint. Ne toro quidem cubuisse aiunt nisi humili et modice instrato»

« Le suppellettili e l'arredamento [della casa di Augusto] erano semplicissimi, come si può vedere dai letti e dai tavoli rimasti ancora oggi, la maggior parte dei quali a stento appartengono ad una eleganza privata. Dicono che dormisse su un letto con modeste coperte. »

Svetonio, Augustus, 73

 

E l’apparente contrasto con la cerimonia rappresentata sull’Ara Pacis si stempera se osserviamo che in realtà Augusto vi compare come Pontefice Massimo con la famiglia e celebrante le tradizioni religiose romane.

 

Infine un ultimo tratto caratterizza la monetazione augustea: la presenza del ritratto che rompe la tradizione repubblicana ma in realtà allude a Giulio Cesare (unico ad avere l’onore di veder il suo ritratto coniato sulle monete). Quindi un particolare che richiama Cesare onorato come capiparte repubblicano di grande levatura, al quale Ottaviano Augusto si rifà: un segno che rompe la tradizione repubblicana ma nel contempo evoca e si riflette nel periodo tardorepubblicano, rimarcando una certa continuità.

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Quindi a mio avviso in ossequio alla tradizione repubblicana e alle tradizioni non avrebbe mai sciolto o annullato il Senato come fonte di potere ma piuttosto limitato le limitato le sue funzioni, mantenendolo formalmente (e di facciata) attivo. Non si atteggiò a Sovrano assoluto come quelli dell’area orientale seppure avesse in mano tutto: potere politico, militare e religioso, come invece avrebbero fatto altri dopo di lui. Un Senato che tra l’altro non poteva che essere filo-augusteo: chi si sarebbe messo contro l’uomo più potente di Roma, quello stesso uomo che aveva, all’epoca del Primo Triumvirato, eliminato fisicamente tutti coloro che avevano manifestato posizioni anti-cesariane (e quindi anti-ottaviane) e che era giunto a portare alla Guerra Civile lo Stato Romano per annullare i suoi avversari e per ultimo, benvoluto dal popolo? Quindi l’apposizione della sigla S C sulle monetazioni bronzee manifestava a mio avviso la presenza di un Senato vuotato dei più ampi poteri repubblicani ma formalmente attivo e dove lui comunque aveva ampio margine di controllo, guida e veto in qualità di Princeps Senatus. Titolo ottenuto per riconoscimento del suo personale valore morale che gli garantiva lo stato di “primo membro per precedenza”: era portavoce ufficiale, votava per primo e quindi influenzava le altrui votazioni in un’assemblea che gli era comunque favorevole. In quanto tale poteva esprimere la sua auctoritas politica e morale sugli altri senatori. Mantenne in realtà direttamente lui la gestione della monetazione più di pregio, ovvero in argento ed oro. Inoltre apro qui un inciso un po’ provocatorio: ma siamo sicuri che il bronzo fosse tenuto in gran conto dallo stesso Imperatore? Certamente di importanza ne aveva a livello di propaganda mediatica tra il popolo ma il potere d’acquisto era limitato alle piccole spese quotidiane, le quotazioni si esprimevano sì in sesterzi (moneta di raccordo nel sistema tri-metallico tra il rame/bronzo – moneta di uso popolare- e l’argento/oro dai ceti più elevati) ma le transazioni maggiori in realtà erano pagate in argento ed oro. Il vero potere era gestire i metalli nobili (mentre al Senato era delegata la fornitura alla Zecca di un metallo “minore” come il rame) così e magari anche il controllo dei sesterzi, ottenuto oltre che con il suo controllo sul Senato, come detto sopra, con il controllo delle miniere di zinco che erano di diretta proprietà imperiale.  Forse il fine ultimo di Augusto era quello di controllare direttamente la parte “nobile” della monetazione e a livello indiretto ma presente, ufficialmente come emissione del Senato da lui mediata, la parte enea/bronzea soprattutto per il significato propagandistico che trasmetteva al popolo…

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In pratica dopo la sintesi sopra presentata personalmente mi trovo abbastanza concorde con le proposte di Mattingly (1923), Pink (1946), della Bay (1972) e Baldus (1973) che mi sembrano  le più accreditabili ovvero sul principio che il Senato era stato “vuotato” (o lo aveva fatto quasi autonomamente delegando progressivamente ampi poteri ad Ottaviano Augusto) di poteri effettivi e mantenuto comunque in essere per mantenere continuità con la tradizione tardo-repubblicana; per quanto concerne la questio sulle sigle CA di area asiatica e SC di Antiochia manterrei viva l’ipotesi “tradizionalmente accolta” che con la prima si intenda C(ommune) A(siae) anziché quella proposta da Grant (1946) C(aesaris) A(vtorictate) mentre per la seconda mi è venuta in mente l’ipotesi che l’SC in questione indichi Sirya et Commagene, regione mediorientale di importanza strategica per il settore  reso Stato vassallo dall’Impero Romano dopo la sconfitta di Antonio (con cui era alleata contro Ottaviano); in pratica una “certificazione” della zona di emissione e di diffusione regionale che riporta l’effige dell’Imperatore e al rovescio la corona che rimanda allo stesso. Infatti l’autorità imperiale non avrebbe dovuto richiedere il beneplacito del Senato per emettere monete bronzee in quanto l’Imperatore, detentore dell’auctoritas militare nelle Province (incluse quelle considerate senatoriali come appunto la Siria) avrebbe potuto decretare autonomamente l’emissione di monete; la presenza della corona d’alloro confermerebbe il riferimento al potere militare, simbolo dal significato ben diverso della corona di quercia (ovvero alla corona civica) che alludeva ai diritti civili augustei .

 

Un significato analogo ritroverei nell’emissione efesina: in questo caso il significato è analogo a quello precedente dove a rovescio si omaggia l’Augusto (AVGVSTVS) e si rafforza il messaggio con il simbolo della corona, senza però indicarne l’area di provenienza e di diffusione.                                                                                                         

In pratica le tre emissioni di area asiatica (ovvero anatolico e medio-orientale) sarebbero varianti locali di una tipologia caratterizzata da un dritto con effige imperiale e dalla presenza della corona d’alloro (altro richiamo all’autorità militare imperiale) e in due casi su tre la sigla a rovescio identificherebbe l’area di emissione e circolazione. Vi pare proponibile?

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Diverso il discorso per la serie ROMETAVG

 

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Augustus, sestertius, RIC 231                                                                                                                                                                                                                                                        Obverse:   Laureate head of Augustus right  - CAESAR AVGVSTVS DIVI F PATER PATRIAE                                                                                                                                                  Reverse:  Facade of the Altar of Roma and Augustus at Lugdunum, decorated with wreathes, palmettes and garlands, flanked by two Victories on columns - ROMETAVG ,   32 mm, 25.67 g                                                                                            

http://en.numista.com/catalogue/pieces66067.html

 

che ipotizzerei essere emissioni dell’Imperatore in quanto espressione diretta della sua auctoritas e quindi di natura del tutto diversa dalle due serie precedenti. Un potere non esercitato in qualità di Princeps Senatus bensì come emanazione diretta del suo potere di Imperium (e quindi di massimo comandante delle operazioni militari con facoltà di emettere monete come nella tradizione tardo-repubblicana). Augusto infatti dal 16 a.C. soggiornò a Lugdunum in compagnia del figlio Tiberio per dirigere le operazioni sul fronte gallico-renano dove insediò ben otto legioni nel settore germano-occidentale e altre quattro per il settore illirico: per ovviare alla necessità di monetazione utile al pagamento dei salari dei militari ordinò l’anno seguente (15 a.C.) l’apertura di una zecca imperiale (affiancata verosimilmente da officine “ausiliarie” ovvero militari) che emise anche bronzi ad utilizzo regionale. Un altro dato tuttora irrisolto dai vari studiosi (Giard, Sutherland)è la datazione relativa alla produzione della serie “Altare di Lugdunum”:  divisa in due sottogruppi (I e II) di solito ha una fase iniziale generalmente collocata tra il 15-10 a.C. e dallo stesso Martini, sulla base della legenda al dritto PONT(IFEX) MAX(IMVS)(*), attribuita all’inizio del 10 a.C.

 

(*) per argomentazioni più precise in merito vedi il già citato CAESAR AVGVSTVS, pag. 153 e segg.ti.

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Non ho parlato nel dettaglio delle monetazioni tresvirali emesse dai magistrati monetali nel primo periodo augusteo. Si tratta di monete caratterizzate dalla continuità della tradizione repubblicana resa evidente per l’appunto dall’opera del magistrato monetale che era deputato responsabile verso lo Stato della vigilanza sulle emissioni di monete e sulle quali verificava la corretta corrispondenza di peso e lega. Nella monetazione bronzea augustea il loro operato è attestato dalla presenza di rovesci “standardizzati” recanti la sigla S C e legenda TRESVIR AAAFF completata dal nome del magistrato.

 

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Augustus. 27 BC-AD 14. Æ As (28mm, 11.48 g, 5h). Rome mint; M. Salvius Otho, moneyer. Struck 7 BC. Bare head left / Large S·C. RIC I 432. VF, attractive chestnut brown patina.

https://www.cngcoins.com/Coin.aspx?CoinID=183409#

 

Classificate cronologicamente in base appunto al nome dell’ufficiale incaricato, le emissioni coprono un lasso temporale che va dal 23-22 a.C. fino al 15-14 a.C., salvo riprendere dopo cinque anni di inattività limitandosi ai quadranti; se ci limitiamo al periodo 23-14 a.C. possiamo seriare le emissioni in quattro fasi e sulla base dei volumi di monete prodotte si nota che le prime due sono più rappresentate per poi calare come quantitativi. Questo dato (e il fatto che alla ripresa dell’attività si siano occupati solo della produzione di quadrans) ha portato a formulare l’ipotesi che questo decremento produttivo sia legato agli effetti della riforma monetale augustea e allo scadimento dei poteri senatoriali in favore di quelli imperiali.

 

Ringrazio quanti hanno avuto la costanza di seguire quanto ho scritto in questa discussione, fatta di molti dati e di poche immagini; sono estremamente curioso di verificare se l’argomento abbia riscontrato un buon riscontro e spero che stimoli la partecipazione di vari forumisti. Invito, oltre agli amici della Sezione Romane Imperiali interessati al periodo, ce ne sono vari ma evito di fare nomi per… evitare di dimenticare qualcuno (mea culpa) e far torto a qualcuno! ;) per alimentare un dibattito e mi permetto di allargare l’invito anche gli amici della Sezione Romane Repubblicane e ai Curatori di sezione @g.Aulisio e @L. Licinio Lucullo che hanno notevoli conoscenze specifiche del periodo a cavallo tra Tardo-Repubblica e Principato e a buon conto ritengo abbiano pieno titolo per poter dire la loro (cosa comunque non esclusa a priori a nessuno).

 

Ciao e grazie

Illyricum

:)

 

PS: per evitare di allargare troppo il tema da un punto di vista temporale, in seguito posterò una sorta di “addenda” collegata alla presente discussione con alcuni temi ad essa inerenti.

 

II PS: scusate se alcune parti del testo non rispecchiano la formattazione originale ma il copia/incolla del testo in Word inevitabilmente porta a qualche refuso.

Modificato da Illyricum65
PS
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Bella discussione Illy, ottimi spunti.

Trovo i tuoi ragionamenti corretti, sono anche io dell'opinione che il Senato non aveva nessun tipo di controllo sulle coniazioni in bronzo, così come non ne aveva in nessun altro campo.

Trovo però anche corretto il semplicistico "S C = moneta coniata con l'approvazione del Senato o richiesta dal Senato"...in quanto la teoria, in realtà, sarebbe quella.

 

Riguardo a quello che voglio esporre tra poco, non posso non tralasciare qualche informazione sulla vita di Augusto, tale da rendere più chiaro il suo rapporto con Senato e Popolo.

 

Ottaviano, seguendo le orme del "padre" non fece altro che ritrovarsi nel posto giusto al momento giusto...e a fianco alle persone giuste. Trovo Augusto uno dei miei personaggi preferiti e non voglio assolutamente sminuire i suoi traguardi...ma diciamo che ebbe una spinta e un aiuto niente male. Si parla spesso della sua inettitudine al comando militare, ecco perché solo grazie ad Agrippa egli abbia realmente e definitivamente sconfitto i suoi nemici...ed è proprio per questo che ha inviato sempre "parenti" a combattere nelle Germanie e in Asia. 

La sua amministrazione fu impeccabile: riuscì a conquistare il popolo facendogli credere che sarebbe stato al potere solo il tempo per "restaurare la repubblica", quella Repubblica che oramai era realmente corrotta da tutti quei Senatori inetti che poco altro avevano da dire e fare se non parlottare e arricchirsi alle spalle del popolo.

Ebbene, Augusto si ritrovò a capo di tutto...e per non essere linciato immediatamente e per farsi acclamare dal popolo, iniziò una serie di riforme atte a far dimenticare la sua nascosta ma evidente tendenza al potere assoluto.

La corruzione non si attenuò neanche sotto il suo principato, infatti, anch'egli era solito pagare i Senatori per portarli dalla sua parte o per far spostare l'ago della bilancia a favore suo durante le sedute in Senato che prevedevano nuove leggi o altro. Si venne a creare così un effetto "cane che si morde la coda" per il Senato, in quanto non approvavano l'assoluzione perpetua a imperatore di Augusto però si facevano facilmente corrompere sperando poi di poter rientrare fra le future grazie.

Parlando del principato di Augusto non si può non menzionare l'importanza di Livia nella coppia, che mossa dagli stessi avidi principi di supremazia fece di tutto per assicurarsi la successione dei Claudi, prima o poi. Che comunque siano stati degli innamorati devoti è risaputo...ma comunque ella stessa approvava l'adulterio di Augusto a fini "politici" (andare a letto con le mogli dei Senatori poteva portare a numerosi pettegolezzi). Tutto questo in contraddizione con i principi repubblicani che lo stesso Augusto proclamava a gran voce al popolo (e qui ritorna il famoso e già detto discorso di Giulia esiliata).

 

Insomma, tutto questo discorso, per confermare, almeno da parte mia, la totale auctoritas di Augusto nello stato romano.

 

Facendo un discorso realistico e pragmatico dobbiamo anche immaginarci come avveniva il tutto, tornando alle monete in bronzo e argento. Di sicuro, Augusto, non si svegliava la mattina e diceva che nell'anno successivo si sarebbero coniati 1000000 di quadranti con l'altare e il S C. E' molto probabile, invece, che il Senato o più precisamente l'amministratore statale, ne facesse richiesta in Senato, a quel punto, durante la seduta, si approvava o meno la coniazione. Va detto anche che non per forza il Senato doveva decidere la rappresentazione della moneta, per quanto mi riguarda, S C, infatti, vuol dire proprio approvata dal Senato ma intesa come tiratura, come emissione e infine come approvazione dell'eventuale disegno.

Si crea così un disegno dove l'immagine delle monete era affidata a dei consiglieri, probabilmente proprio gli stessi monetieri, che per crearsi una nomea, per iniziare il loro cursus, o per ricevere l'approvazione dell'Imperatore, promuovevano dei bozzetti, che ne caso dell'argento e dell'oro venivano approvati da Augusto o dai suoi più stretti consiglieri e nel caso dei bronzi, dal Senato, appunto.

 

Come però giustamente ci ha fatto notare Illy, i bronzi di Augusto, almeno sin dall'inizio della riforma, saranno molto sistematici, i Sesterzi con il OB CIVES SERVATOS, i Dupondi con AVGVSTVS TRIBVN POT e gli Assi con la testa e il S C.

 

E qui secondo me c'è stato un compromesso tra Augusto e Senato, una sorta di contentino dove l'autorità imperiale, sulla moneta del popolo (il Sesterzio, il Dupondio e il Quadrante), evitava di auto-rappresentarsi a favore di messaggi civici, cosa non accaduta, per qualche motivo nell'Asse.

 

L'importanza dei monetieri, che probabilmente svolgevano anche il ruolo di disegnatori dei bozzetti (o comunque mandatari delle richieste di bozzetto) e le relative testimonianze le troviamo in alcune monete delle serie di Augusto.

 


Fonte Cataloghi Online

In questa famosa moneta, Aquillius Florus, rappresenta un bellissimo fiore, a commemorazione, ovviamente, del proprio cognomen. Questo secondo me è un palese caso che ci dimostra come Augusto, promuovesse gli "spot" dei vari monetieri, sia a favore di loro stessi, sia a favore suo, come per esempio l'altrettanto famosa moneta con la riconsegna delle insegne partiche fatta coniare da Turpilianus.


Fonte Cataloghi Online

 

Ma fin qui, avevamo detto che a tutti tornava il fatto che il Senato non mettesse bocca sulle monete in metallo nobile.

 

Andiamo a fare riscontro a quelle in bronzo adesso.

Nello stilare il Catalogo di monete romane imperiali del Forum, mi sono soffermato in particolare su due emissioni enee di Augusto: le "teste di Numa" e le "Medaglie del Trionfo".

Sono entrambe a mio avviso delle testimonianze dirette di quanto i monetieri stessi avessero del potere diretto sulle coniazioni bronzee, tali da valicare sicuramente il Senato e molto probabilmente, almeno nel caso delle teste di Numa, anche l'Imperatore (un po' come dire "io ci metto il nome ma voi fate un bel lavoro").

Non starò a ripetere le mie tesi perché ci sono due discussioni ad hoc ad implementare le informazioni in questo bellissimo topic:

 

Teste di Numa (spero presto un articolo completo sui Quaderni lamoneta)

Medaglie del Trionfo (pubblicato interamente su Monete Antiche di Luglio 2013)

 

Questi i link ai cataloghi:

http://numismatica-classica.lamoneta.it/cat/R-AUGM15

http://numismatica-classica.lamoneta.it/cat/R-AUGTRC

 

Spero di non avervi annoiato... :D

 

Che ne pensi llly?

 

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Awards

Caro @ ,

ne hai messa di carne al fuoco! :D

 

Dunque:

siamo sommariamente concordi sul fatto che Augusto puntasse a rendere più debole il Senato e a rafforzare le sue posizioni. Tu lo vedi più sottile e “politico”: illude il popolo che stava restaurando la Repubblica e invece stava rafforzando il suo potere, io lo vedo meno assolutista ma comunque interessato a comandare e a mantenere l’ordine che aveva stabilito. Per quanto il Senato era da lui guidato, soggiogato e controllato probabilmente non voleva rischiare di fare la fine di suo "padre" Giulio Cesare e trovarsi nel bel mezzo della riedizione delle Idi di marzo (e nella parte della vittima!). Dal momento che il fine giustifica i mezzi, ricorse a tutte le tattiche possibili, anche quelle meno lecite. Ma in sintesi diciamo entrambi la stessa cosa: Augusto comandava Roma e l’Impero in barba al parere del Senato.

 

I monetieri…

se diamo retta al Martini, i bronzi dei monetieri sono così seriati:

 

I Piso-Surdinus-Rufus (23-22 a.C.)

II Gallus-Celer-Lupercus (22-21 a.C.)

III Sanquinius-Stolo-Graccus (19-17 a.C.)

IV Lamia-Censorinus-Suplicianus (15-17 a.C.)

 

abbiamo poi dopo cinque anni di sosta nella produzione delle serie successive che emettono solo quadrans:

V  Lamia-Silius-Annius (9-8 a.C.)

VI Pulcher.-Taurus-Regulus (8-7 a.C.)

 

e quindi due collegi per soli assi (?)

VII Agrippa-Otho-Tullus (7-6 a.C.)

VIII Silianus-Quinctilianus-Messalla (6-5 a.C.)

 

e infine un'ultima serie, costituita solo da quadrans:

IX Apronius-Galus-Messalla-Sisenna (5-4 a.C.)

X Bassus-Capella-Blandus-Catullus (4-3 a.C.)

 

Oltre a queste abbiamo menzione per il da te citato

 

19 a.C. Aquilius Florus: oltre all’aureo emette una serie con Sol al dritto che richiama quella del 42-43 a.C. di Marco Antonio

http://www.lamoneta.it/topic/113179-aiuto-denari-repubblicani/

http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AUGDNR/89

http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-AUGDNR/88

 

e di un altro collegio costituito da Rufus-Vinicius-Vetus che conia monete in oro e argento datate alla VII tribunicia potestas (luglio 17 –giugno 16 a.C.) e all’VIII ovvero (luglio 16 – giugno 15 a.C.).

http://medagliere-firenze.lamoneta.it/moneta/FI-AUG086/1

 

La serie “NUMA POMPILO” è stata reputata falsa dal Pink (1946) e in tempi recenti riabilitata dagli studiosi. Numa Pompilio era reputato avo della gens Calpurnia cui apparteneva il stesso Cn.Piso: per la mitografia romana era stato il primo ad emettere monete a Roma e quindi si alludeva probabilmente al un nuovo corso monetale. La testa di Augusto in un gruppo della prima serie compare laureata (ed è l’unico caso nelle tresvirali), ad eccezione delle “Emissioni trionfali”: ciò poco si accorda al carattere civile e non militare presente sui bronzi. Le serie successive si avvicinano a quelle che saranno le serie tresvirali di Piso (D: capo di Augusto scoperto e R: legenda  CN PISO … IIIVIR AAAFF ). Se diamo il valore alla serie come “inaugurazione” di nuovo corso monetale nei bronzi allora abbiamo l’apertura che poi trova continuum nella tresvirali del trio Piso-Surdinus-Rufus (23-22 a.C.). In pratica, un segnale ed un prototipo. E Augusto avrebbe lasciato un po’ le briglie sciolte al monetiere dicendogli: “trovami una moneta che abbia nesso con la tradizione romana e indichi nel contempo che una nuova monetazione sta partendo…”. Solito discorso: richiamo al passato ma contemporaneamente innovazione …

 

La serie “emissioni trionfali” è la prima serie del trio Agrippa-Otho-Tullus: contraddistinte da testa laureata di Augusto coronata dalla Vittoria alata, reggente cornucopia e corona. Sono contraddistinte da diametro maggiore degli assi e peso variabile ma superiore alla media dei comuni assi. Dovrebbe trattarsi di emissioni “speciali” di assi dove rispetto al solito si ha la particolarità della presenza della corona d’alloro (vedi sopra per l’eccezione) e della Vittoria, forse connesse al ritorno di Tiberio e al suo trionfo del 7 a.C. A mio avviso la varietà ponderale va motivata con il fatto che essendo una “tiratura limitata” aveva dei pesi che l’avvicinavano agli assi, ai dupondi e ai sesterzi (ce ne sono di 9, 11 e 20 grammi) a seconda del rango di colui che era il destinatario dell’omaggio. Non una moneta ma in pratica un medaglione commemorativo e non con fini di immissione nel normale flusso monetale. Ci può stare?

 

Quindi abbiamo una serie di “apertura nuovo corso”- NUMA POMPILIO -  e una–“EMISSIONI TRIONFALI” - di chiusura dei monetieri che stavano perdendo quell’influenza che avevano avuto durante la Repubblica. Nel mezzo abbiamo l’emissione di bronzi di buon modulo, per poi scemare verso i quadrans e dopo alcune riprese e pause produttive la scomparsa dei magistrati monetari. Che indicherebbe ancora di più l’influenza di Augusto nel controllo e supervisione anche nei bronzi. Al Senato restava solo che la ratifica e la fornitura delle materie prime e ai monetieri restava solo il compito di preparazione e controllo delle emissioni. Nati per “per fondere (flando) e battere (feriundo) bronzo (aere), argento ed oro (auro)” i Triumviri Monetales aere argento auro flando feriundo” (e a sua volta la sigla III VIR AAAFF) ,  avevano perso il controllo delle ultime due in quanto in mano imperiale dopo gli effetti della riforma; formalmente anche il controllo del bronzo, perso in realtà il controllo da parte del Senato, era divenuto imperiale e quindi il loro lavoro si era probabilmente ridimensionato a funzioni di controllo della produzione.

 

Ciao

Illyricum

:)

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Grazie Illyricum per questo bellissimo post ricco di spunti e osservazioni. Mi hai fatto ancor piu' venir voglia di procurarmi Caesar Augustus di Martini, la prossima volta che vado a trovarlo provo a chiedergli se ne ha ancora qualche copia nella sua riserva aurea... ;)

 

Segnalo che sull'eterno dibattito sul significato dell'acronimo CA sulle monete asiatiche esiste questa bella discussione di qualche anno fa dove affrontammo il problema:

 

http://www.lamoneta.it/topic/82905-c-a-certamen-actiacum/

 

Segnalo anche che il testo di riferimento per tutta la monetazione romana di area siriana compresa Antiochia e zecche limitrofe è ora il lavoro di Kevin Butcher del 2004, "Coinage in roman Syria".

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Ciao @@cliff ,

Grazie Illyricum per questo bellissimo post ricco di spunti e osservazioni. Mi hai fatto ancor piu' venir voglia di procurarmi Caesar Augustus di Martini, la prossima volta che vado a trovarlo provo a chiedergli se ne ha ancora qualche copia nella sua riserva aurea... ;)

 

Segnalo che sull'eterno dibattito sul significato dell'acronimo CA sulle monete asiatiche esiste questa bella discussione di qualche anno fa dove affrontammo il problema:

 

http://www.lamoneta.it/topic/82905-c-a-certamen-actiacum/

 

Segnalo anche che il testo di riferimento per tutta la monetazione romana di area siriana compresa Antiochia e zecche limitrofe è ora il lavoro di Kevin Butcher del 2004, "Coinage in roman Syria".

in primis ti ringrazio per i complimenti per la discussione (e altrettanto vale per l'amico Mirko e quanti mi hanno dato il loro apprezzamento pur non intervenendo fattivamente).

Ultimamente ho concentrato la mia attenzione sulla monetazione Primo Impero e questo è uno dei primi frutti ;) che mi aiuta anche a focalizzare (e discuterne con qualche altro utente, cosa sempre utile) quanto messo a fuoco.

Il Caesar Augustus del Martini è un ottimo libro anche se di lettura non facilissima; devo dire che mi ha aiutato molto il succo della corrispondenza privata che ho avuto con l'autore grazie all'aiuto di un amico del Forum che ha agevolato il contatto e che ringrazio ancora per la cortesia (non ne faccio menzione del nickname per mantenerne la privacy).  Questo testo, assieme a quelli incentrati sulle contromarche danno un buon panorama del periodo e molti spunti di riflessione.

Chiaro che in mancanza di evidenze archeologiche o di testimonianze storiche scritte scarse o di parte spesso bisogna cercare di interpretare i fatti e formulare ipotesi e lo scambio di opinioni con altri forumisti può essere utile ad uscire da qualche... cul de sac mentale! ;)

 

In ultimo grazie per il link

http://www.lamoneta.it/topic/82905-c-a-certamen-actiacum/

di cui non avevo ricordo e implementa la presente discussione con dati e considerazioni sulla sigla monetale CA. :good:

 

Pur rendendomi conto che si tratta di un'argomento abbastanza specifico e magari di non facile intelleggibilità spero che la discussione abbia interessato magari quanti sono ancora "alle prime armi" nello studio della monetazione imperiale.

 

Ciao

Illyricum

:)

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