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Cercando di approfondire lo studio dei grossi astigiani, ho ampliato verso le altre zecche limitrofe ed ho rilevato una incongruenza.

Mi spiego meglio. Luca Gianazza in: La circolazione monetaria nel basso Piemonte tra Due e Trecento: percorsi di ricerca, parlando del grosso tornese francese, della sua entrata e circolazione in Piemonte e di come le zecche locali abbiano coniato moneta simile, scrive:

pag. 120: Asti, Chivasso, Cortemilia, Cuneo e Torino coniano a loro volta una moneta con caratteristiche non dissimili da quelle del gros tournois, percepibili non solo in un peso perfettamente in linea con quello della moneta francese, ma anche nella tipologia, con la ripresa del doppio giro di legende e della croce patente. Non mancano tuttavia elementi di originalità. Le monete di Asti, Chivasso e Cortemilia sostituiscono l’immagine del castello con la scritta REX in cerchio che già caratterizzava i denari astesi.

Il dscorso viene ripreso qualche pagina dopo...

pag. 123: La zecca di Asti avrebbe sfruttato la diffusione del gros tournois - a sua volta, come è stato mostrato, potenzialmente "moneta cattiva" nei confronti del grosso di Venezia, e forse dello stesso imperiale milanese - per produrre una moneta in quantità che dovettero essere consistenti, come porta a pensare l'elevato numero di gros tournois di Asti sopravvissuti fino ad oggi. Le zecche di Cortemilia e Chivasso avrebbero a loro volta fatto leva su questa situazione per produrre un grosso tornese ad imitazione di quello di Asti, come suggerisce la scritta REX nel campo comune alle tre monete. Non è a questo punto un azzardo ritenere anche le monete di Cortemilia e Chivasso di valore inferiore al nominale francese. La produzione di queste zecche rimase comunque più contenuta rispetto a quella di Asti: di Chivasso conosciamo oggi un solo esemplare, emerso nel ritrovamento di Lurate Abbate, mentre per Cortemilia il numero dei pezzi resta più incerto, in ogni caso dell'ordine dei tre-cinque esemplari 11.

Nota 11: Nel CNI sono segnalati tre esemplari, dei quali due conservati a Torino e uno a Venezia. Mi è stata data segnalazione di due ulteriori esemplari, dei quali tuttavia non ho al momento ancora avuto modo di comprovare l'attendibilità.

Andando a vedere il CNI ecco che trovo l'incongruenza che dicevo all'inizio. Secondo il CNI non ci sarebbe la scritta REX ne nel grosso tornese di Cortemilia (dove sarebbe PEX per APEX) ne in quello di Chivasso (dove sarebbe FER)... quindi?!

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Modificato da adolfos
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quindi direi che hanno tutte e tre sostituito il castello con una scritta.

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Giusto! ;)

Per completezza allego anche le citazioni riportate nel CNI, che ho trovato interessanti, soprattutto quella del Novati.

Luca Gianazza è però giunto a conclusioni differenti... ha avuto modo di visionare le monete di persona?

Gavazzi G., 1902: Monete dei Marchesi del Carretto, Riv. It. Num., p. 80.

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e Novati, 1903: La leggenda del tornese d'Oddone III del Carretto, Riv. It. Num., p. 77-85.

che essendo un po' più lungo può essere letto direttamente online:

http://www.numismaticaitaliana.org/biblioteca/files/riviste/rni_1903.pdf

Modificato da Luca_AT

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quello di Chivasso ha la scritta FER

venduto nel 1963 asta M.M lotto 231 per F.SV.6200

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Per Cortemilia e Chivasso con i grossi tornesi siamo nell'imitazione dell'imitazione, i francesi, Asti e le zecche minori che traevano guadagni.

Il REX di Asti produce nelle altre zecche quelle piccole differenze per sembrare uguale, ma nel contempo differenziarsi di poco, di certo c'è il passaggio primario dal castello a REX con Asti e poi le le piccole differenziazioni di scritta per le altre due.

La storia di Cortemilia, Chivasso, ma anche Ivrea e Incisa è la storia di zecche gestite da diversi signori piemontesi che producevano moneta di bassa qualità per avere profitti in un momento di crisi monetaria.

I casi delle imitazioni dei grossi matapan, grossi tirolini e denari imperiali milanesi che poi furono banditi nelle grida di Enrico VII del 1311, è un caso emblematico di quello che avveniva in quelle zecche.

Modificato da dabbene

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A me il Gianazza non convince neanche un pò.

Non è che si debba prendere per verità assoluta quel che è scritto su un libro solo perchè è scritto su un libro.

"come porta a pensare l'elevato numero di gros tournois di Asti sopravvissuti fino ad oggi."

Ma dove mai sono sopravvissuti? In altra discussione ne ho elencati 4 più altrettanti forniti dagli amici più un paio di proprietà di musei.

Ne saranno quindi apparsi negli ultimi dieci anni non più di venti, che non sapevo fosse un numero elevato.

"Asti, Chivasso, Cortemilia, Cuneo e Torino coniano a loro volta una moneta con caratteristiche non dissimili da quelle del gros tournois, percepibili non solo in un peso perfettamente in linea con quello della moneta francese ecc"

e tre pagine dopo invece sono diventati "moneta cattiva".

Per il REX bastava documentarsi. Sfogliare il CNI era sufficente.

Boh!

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In una discussione parallela parliamo di lenta agonia di questa sezione, avevamo tre bravi curatori e non li abbiamo più, qualche problema ci sarà....

A questo punto direi che è d'obbligo, una lunga trattazione sui Del Carretto di Cortemilia, divulghiamo, cambiamo timbro e marcia....detto così non serve alla divulgazione su un forum....questo è il mio parere.

Parliamo di zecche piemontesi, geograficamente credo difficile smentirlo, leggevo Matzke ora " in una fase di crisi monetaria i piccoli principi piemontesi....", Matzke parla di Cortemilia, Busca, Acqui, Tortona, Novara, Ivrea, Vercelli....capisco che ti vuoi riferire alle origini, alla storia dei Del Carretto, è così indubbiamente, ma il tema era generale mi sembra, raccontiamo invece e avremo reso un servizio divulgativo al forum, a tutti che aspettano che chi sa dica, racconti....dire e non dire serve a poco, a nulla direi per il forum.....è inutile lamentarsi se poi ognuno non agisce per un reale e fattivo cambiamento, partiamo da qui, dai Del Carretto....diamo l'esempio....

Modificato da dabbene
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Santa Pace, la faccina sorridente pensavo servisse a qualcosa... Magari ad aprire un piccolo topic nel topic...

Quando uno vuole sdrammatizzare e invece offende, non può che esserne dispiaciuto.

Cosa diamine ci fosse nella mia frase scherzosa di così tremendo, proprio non l'ho capito. Forse sono un po' fuori dal mondo e ho bisogno di una pausa. Ciao e buon fine settimana.


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Per quanto riguarda i Del Carretto penso che se sapessero quanto è stato speso negli ultimi anni per il restauro dei ruderi del loro castello si rivolterebbero nella tomba... ma a parte questo, il loro castello o quel che ne resta domina ancora oggi l'abitato di Cairo Montenotte (SV) che seppur amministrativamente si trovi in Liguria dal punto di vista ambientale e paesaggistico fa ancora parte delle Langhe, sistema collinare che si estende a sud di Asti e di Alba, a triangolo fin verso il savonese, penetrando per l'appunto anche in Liguria. Il castello dei Del Carretto, insieme alla torre fortificata eretta a poco più di 5 km dall'abitato di Cairo, nella frazione attualmente nota come Carretto, controllavano il transito lungo l'antica via Magistra Langarum, la più importante via del sale o via marenca, lungo la quale dai vigneti della Langa partivano uve e vini, e dalla Riviera arrivavano il pesce, il sale e l'olio. Della Magistra Langarum in territorio cairese, la maggior parte del percorso probabilmente corrisponde oggi allo stesso nastro d'asfalto che attualmente unisce Cairo Montenotte a Carretto, proseguendo poi verso Santa Giulia, con pochi tratti ciottolati riscoperti solo una quindicina di anni fa!
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Per quanto riguarda la storia: "Pochi anni dopo la morte di Bonifacio del Vasto (morto forse nell’anno 1130) avvenne la divisione del cospicuo territorio: I Contadi marittimi di Savona e Noli e quello montano di Cairo vennero assegnati al figlio Enrico detto il Guercio. Il contado di Cairo abbracciava due castellanie, quella di Cairo stesso e quella di Dego. Erano soggette a quella di Cairo le terre di Rocchetta, Carretto, Vignale e Carcare per una metà. All’epoca di Enrico il Guercio i Comuni di Savona e Noli, già molto emancipati, tendevano alla totale indipendenza dell’egemonia feudale. Enrico, spazientito dalla noia che gli procuravano detti Comuni, si rivolse all’imperatore Federico Barbarossa in cerca di maggior fortuna alla corte imperiale. La sua intelligenza e fedeltà valsero ad elevarlo in breve tempo al rango di Consigliere intimo dell’imperatore stesso che lo tenne in così grande considerazione da designarlo suo delegato alle trattative per la pace di Costanza ( 1183). Ma già nel 1172, per compensare la sua fedeltà, l’imperatore lo aveva investito di tutti i suoi beni che gli erano pervenuti dall’asse paterno. Sotto la Signoria di Enrico, essendo divenuti i contadi delle Langhe più importanti che non quelli marittimi, il feudo di Cairo acquistò fama e potenza. I traffici s’intensificarono, le strade furono rese più transitabili e più sicure, tanto che la "Magistra Langarum", la strada che attraverso il ponte degli Aneti saliva al Castello del Carretto e conduceva nella Valle Uzzone e da qui passando da Cortemilia, fino ad Alba e ad Asti, visse in questo periodo il suo tempo d’oro.
Un fatto degno di nota avvenuto in questo periodo è la firma di una convenzione fra l’imperatore Federico Barbarossa ed i rappresentanti del Comune di Genova, nel castello di Rocchetta nell’anno 1171. Intermediario, naturalmente, fu Enrico del Carretto.
Egli partecipò con onore alle crociate e si distinse nei maggiori avvenimenti politici del suo tempo.
Fu, come il padre, molto liberale verso le istituzioni religiose, fondando nell’anno 1179 in Fornelli una Chiesa con annesso un ospedale capace di ricevere 12 infermi e designando quale rettore un canonico di Ferrania.
Alla sua morte (1184?); i figli Ottone ed Enrico si divisero l’asse ereditario: Ambrogio e Bonifacio che rimasero esclusi perchè ecclesiastici, furono nominati successivamente vescovi di Savona.
Ottone ebbe la Signoria di Savona e quindi di Cairo e terre vicine. Egli, però, nel 1191 vendette ogni diritto ed autorità che aveva in Savona trasferendo la sua sfera di azione nella valle Bormida e nelle Langhe assumendo il titolo Marchionale di "Del Carretto". Durante la signoria di Ottone, Cairo divenne il luogo più importante della valle Bormida. Il castello del Borgo era la dimora prediletta del marchese, il quale amava circondarsi di musici, poeti e trovatori per allietare i suoi periodi di riposo, alternando al questi passatempi battute di caccia e giostre.
Secondo la tradizione fu sotto la signoria di Ottone che, nell’anno 1213, San Francesco d'Assisi, in viaggio per la Spagna ed il Marocco, transitò per Cairo. Egli percorrendo la litoranea fino a Vado, attraverso il passo di Cadibona discese in Val Bormida, proseguendo per Cortemilia, Asti e Torino e attraverso la via delle Alpi entrò in Francia e proseguì verso la Spagna ed il Marocco.
A Cairo lo ricevette una folla plaudente e piena di amore e ammirazione per il serafico poverello. Nel castello viveva la figlia di Ottone del Carretto che era sordomuta fin dall’infanzia. Ottone in uno slancio di fede, invigorito dall’amore che nutriva per la figlia, fece chiamare San Francesco pregandolo di voler operare il miracolo. Il fraticello fra l’ammirazione, lo stupore e il delirio dei presenti esaudì l’accorata preghiera del marchese e la giovinetta riacquistò la favella. La notizia si sparse per il Borgo e le Valli limitrofe come un fulmine.
Fu un continuo pellegrinare di folla che si prolungò per tutto il soggiorno del frate in Cairo; ognuno voleva conoscere l’autore del prodigio sovrumano e toccare il misero saio del Santo. Maturò così l’idea di fondare un convento francescano. Ottone riconoscente offrì il terreno in una valle amena sulla "Magistra Langarum", i mezzi per la sua erezione e San Francesco accettò l’offerta. Il convento ebbe vasta rinomanza nei secoli ospitando un numero considerevole di frati, salvo qualche sporadico periodo, in occasione delle distruzioni subite dal Convento. La prima per opera delle soldatesche di Facino Cane e l’altra forse durante la guerra che il duca Carlo Emanuele I condusse nel Monferrato. I religiosi però non si persero d’animo e con grande coraggio riattivarono e ampliarono il convento.
Esso fu poi incendiato e distrutto durante le battaglie napoleoniche dal generale Victor nel 1799 e fu definitivamente abbandonato nel 1805, anno in cui Napoleone soppresse gli ordini religiosi e ne incamerò i patrimoni. Ora del vetusto convento non rimangono che i ruderi della Chiesa e il chiostro con le sue colonnine di pietra, le piccole cellette, e i resti di alcuni dipinti che la tradizione attribuisce al famoso Caccia di Montabone, detto "Moncalvo". Anche il misterioso cespuglio, posto al centro dell’orticello, cui per la perenne verzura la tradizione attribuisce qualcosa di mistico e di miracoloso, va appassendo.
Ottone del Carretto governò in un periodo difficile per la potestà marchionale, quando cioè i Comuni, forti per la loro crescente indipendenza contrastavano efficacemente l’assolutismo feudale. Egli, per tenersi amica la Repubblica di Genova, donò con atto 25-7-1214 il Castello di Cairo con Carretto, Rocchetta, Vignaroli, metà di Carcare, Ronco di Malo, Montecavilione, Buzile oltre al castello di Dego e le sue pertinenze, al comune di Genova che a sua volta gliene diede investitura. Tali territori, però, la Superba si fece riconsegnare nel 1223 per le noie procuratele dai Marchesi del Carretto in occasione della vendita di Pareto e Pontinvrea, fatta alla, stessa Repubblica dal Marchese Enrico di Ussescio. Seguirono guerre e scaramucce fra i Signor Del Carretto e le città ora di Alba e ora di Asti, durante le quali i poveri abitanti di Cairo furono sottomessi a due imposizioni.
Di ciò si rese ben conto il Marchese Ottone che, con atti rispettivamente del 1233 e del 1235, fece concessioni al Comune di Cairo. Morto Ottone gli successe Manfredo, il quale per mantenere la sua signoria, parteggiò un po’ con i Ghibellini e un po’ con i Guelfi. Nel 1243 fu alleato con Genova contro Savona, nel 1244 guidò papa Innocenzo IV che, da Genova attraverso Stella - Pontinvrea- Rocchetta Cairo - Carretto Cortemilia, si recava a Lione per convocare d’urgenza e in gran segreto un concilio e dichiarare la decadenza dell’imperatore.
Nei 1245 troviamo Manfredo contro Genova alla difesa, di Savona con gli uomini di Rocchetta e di Dego. Nel 1268 accolse il cugino Corradino di Svevia che con il suo esercito da Pavia muoveva alla riconquista del Regno di Sicilia, perduto dall’impero nel 1266 per opera di Carlo D’Angiò. Corradino fu accolto in Cairo con grandi onori malgrado la scomunica che Clemente IV aveva lanciato contro tutti gli amici dello Svevo. Egli ebbe l’aiuto per raggiungere Finale, ove, imbarcato il suo esercito su undici galee pisane, andò ad affrontare il nemico nella battaglia campale di Tagliacozzo (23 agosto). Così subì una dura sconfitta che in seguito gli costò la vita.
Alla morte dello Svevo (1268) crollarono le speranze di unificare l’Italia sotto l’autorità dell’impero ed i Caretteschi si salvarono per miracolo dall’ira di Carlo D'Angiò per l’aiuto offerto a Corradino. A Manfredo successe il figlio Ugone, il quale il 26-5-1302 fu investito a Genova del luogo di Cairo e pertinenze. Egli il 25-9-1307 confermò in pubblico, nella Chiesa di San Lorenzo di Cairo, gli antichi privilegi concessi dai suoi predecessori al Comune (esenzione del pagamento dei diritti di successione ecc.). Manfredino, suo successore, continuò ad agevolare i cittadini cairesi, esonerandoli il 16-9-1315 dal pagamento di L. 60 genovesi annue, obbligo assunto dalla Comunità nel 1233 verso il marchese Ottone.
E' in quest'ultimo periodo (1284-1313) che secondo il CNI vengono coniati i grossi tornesi a Cortemilia...

tratto da: Cairo nella storia della Liguria e della Nazione, Gli Aleramici. di Piero Angelo Tognoli (Lagorio, 1971)

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Bravo Luca complimenti....hai fatto divulgazione e ora sappiamo tutti qualcosa in più....

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Bella discussione! Esco solo per un attimo dal mio esilio volontario per dare, spero, un piccolo spunto alla discussione. Un grosso tornese di Cortemilia di bella qualità è apparso sul mercato qualche anno fa in asta Nummus et Ars. Non avendo il catalogo immediatamente a disposizione non ricordo esattamente la data dell'asta, ma immagino che qualcuno possa reperirlo. In caso contrario lo cercherò io stesso e farò delle scansioni. Ricordo che in asta fu molto conteso (ovviamente, vista la grande rarità e la non comune bellezza). Continuo a leggervi con piacere e perdonatemi l'intrusione.

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Bella discussione! Esco solo per un attimo dal mio esilio volontario per dare, spero, un piccolo spunto alla discussione. Un grosso tornese di Cortemilia di bella qualità è apparso sul mercato qualche anno fa in asta Nummus et Ars. Non avendo il catalogo immediatamente a disposizione non ricordo esattamente la data dell'asta, ma immagino che qualcuno possa reperirlo. In caso contrario lo cercherò io stesso e farò delle scansioni. Ricordo che in asta fu molto conteso (ovviamente, vista la grande rarità e la non comune bellezza). Continuo a leggervi con piacere e perdonatemi l'intrusione.

Una bella foto del grosso tornese di Cortemilia è presente in un ottimo articolo di Walter Ferro, Carmelo Prestipino, Gorzegno: L'ultima zecca dei Del Carretto, Estratto da Atti e Memorie Nuova Serie Vol. XLVII, Società Savonese di Storia Patria, 2011, pp. 101-118.

La foto del grosso è a pag. 108

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Se non è lecito postare la foto, chiedo scusa e ovviamente un moderatore provvederà a toglierla.

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Si, è vero aemilianus ero in sala quel giorno a Mestre, e la ricordo bene quella moneta, io andai per altro, ma fu battaglia tra grandissimi collezionisti, mi ricordo in sala quelli sgomenti che dovettero poi rinunciare venuti da varie parti d'Italia per quella moneta.

Guardavo sulle civiche di Milano, per Cortemilia nessun grosso tornese, pero' ce n'è uno fantastico di Chivasso di Teodoro I Paleologo, marchese, ( 1307 - 1338 ) come abbiamo visto col FER in campo,del peso di gr.4 e diametro 26,5 mm.

Interessanti da notare che tutte le E sono lunate.

E' giusto fare qualche cenno anche a Chivasso dopo Cortemilia, Gianazza nelle" Zecche italiane fino all'unità " parla di possibile inizio delle coniazioni anche in età aleramica, poi dopo il Manfredo IV di Saluzzo abbiamo i Paleologo, prima Teodoro I, poi Giovanni I.

Soffermandoci sulla produzione a Chivasso di Teodoro I Paleologo furono coniati sotto di lui fiorini in oro dopo il 1322,in argento grossi tornesi, grossi matapan, soldi che imitavano i soldi di Milano emessi da Azzone Visconti, in mistura invece denari imperiali.

Diciamo pure che si imitava un pò di tutto, per i grossi tornesi comunque siamo sulla rarità estrema, per Cortemilia per quello che vidi in quell'asta altrettanto......

P.S. @@aemilianus253 ti aspettiamo come vedi il tuo apporto è importante, senza fretta ovviamente....coi tempi giusti.....

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PS: forse il discorso di "moneta cattiva" era in rapporto alla moneta veneziana. Onestamente non mi ricordo gli standard veneti sullo scorcio del XIV secolo quali fossero, ma credo comunque sempre molto alti; probabilmente più alti del fino dei grossi tornesi francesi (e di conseguenza delle sue imitazioni nostrane) di quel periodo in particolare.

Awards

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L'asta era la 73 di Nummus ed Ars del 4 maggio 2010, il lotto 476, il realizzo non lo ricordo ma era molto, molto alto, è un grosso tornese di Ottone III del Carretto ( 1284 -1313 ) col PEX , una piccolissima frattura di conio a ore 1, ma di ottima conservazione per la moneta, non venivano però forniti il peso e il diametro.

Scusate per le foto prese al volo dal catalogo....

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Il realizzo fu di 7.500 euro più i diritti, partendo da una stima di 2.000. Partecipai telefonicamente, ma dovetti ben presto mollare. Mi dissero poi che era stata acquistata da un importante commerciante numismatico, sembra per la sua collezione di grossi. Complimenti a lui! Continuo a leggervi. Grazie a Mario per le sue parole. ;)

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quello di Chivasso ha la scritta FER

venduto nel 1963 asta M.M lotto 231 per F.SV.6200

buon giorno dux-sab

Ho il catalogo M M del 15 - 15 nov. 1963,( mi fu regalato insieme a tanti altri da De Falco) ma vorrei capire come mai non sono indicate le valutazioni di base d'asta dei vari lotti.

Probabilmente si tratta di una delle più importanti vendite di monete medievali italiane, ma sono anni che cerco di recuperare i prezzi di aggiudicazione senza riuscirci.

Puoi aiutarmi a recuperarli?

saluti

alfonsino


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Che poi rivedendoli i due ultimi grossi di Cortemilia sono poi lo stesso, quello postato da fra casellame e quello di nummus et ars, il che avvalora di più l'ipotesi della grande rarità di queste monete.

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quello di Chivasso ha la scritta FER

venduto nel 1963 asta M.M lotto 231 per F.SV.6200

Scusate la mia ignoranza, cosa significa: per F.SV.6200?

Tornando ai grossi di Cortemilia direi che i tre tipi presentati sul CNI si possono facilmente riconoscere al D/, nel primo giro, grazie alla presenza rispettivamente di tre, uno o due pallini sovrapposti, prima della crocetta. La moneta qui presentata direi quindi che appartiene al CNI tipo n. 1 (tav. XVIII, n. 20) che sarebbe poi la stessa moneta degli articoli di Gavazzi 1902 e Novati 1903. Questa stando a quanto riportato nel CNI faceva parte della RT, Collezione Reale di Torino, per cui probabilmente si trova ancora oggi da qualche parte a Torino.

A proposito delle diciture usate dal CNI, SM sta per collezione privata di Sua Maestà, e va bene, sapreste invece indicarmi BM e C. Pap. a cosa si riferiscono?

Mario, a proposito della E chiusa e lunata, posso dirti che ho notato una maggiore variabilità e quindi forse anche significatività cronologica nella X e nella A. Quelle del grosso tornese di Cortemilia si avvicinano in modo impressionante, stilisticamente parlando, ad un determinato tipo di grosso tornese astigiano. Non hai primissimi, bensì al tipo intermedio, quelli con la N invertita, che dovrebbero però venir prima di quelli con caratteri gotici... ma avremo ancora modo di parlarne... c'è ancora parecchio lavoro da fare e materiale da vedere, rivedere e sistemare!! :D ;)

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"Scusate la mia ignoranza, cosa significa: per F.SV.6200?"

Franchi svizzeri 6200

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Ah ok, l'ho sempre visto scritto CHF... non avevo capito... grazie! :)

Per completezza bibliografica riporto anche :

A. Morel-Fatio, 1865: Monnaies de Cortemiglia et de Ponzone, Revue de la Numismatique Belge, 4a série, tom. III + Planche XV, n. 4 e 5.

disponibile online qui, ma purtroppo manca la scannerizzazione della tavola di nostro interesse:

https://archive.org/stream/revuedelanumism03belggoog#page/n437/mode/1up

Al di là delle critiche mosse dal Novati nei confronti di Morel-Fatio, mi sembra comunque interessante quanto scrive a pag. 451:

Cette remarquable monnaie, qui fait aujourd'hui partie de ma collection, a précédemment appartenu à M. Giuseppe Giordani, de Parme. On peut voir par la comparaison avec l'exemplaire publié jadis par C. Gazzera et reproduit par San Quintino, une légère différence dans la légende de l'avers où on lit ODONI ai lieu de ODONIS. (che corrispondono al primo e al secondo tipo del CNI)
Non resta che cercare le altre illustrazioni...
Modificato da Luca_AT

Inviato

Aggiungo che BM sta per Milano, R. Gabinetto Num.di Brera e C. Pap. sta per Venezia, Collez. del Conte Papadopoli .


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Aggingo ancora i seguenti link:

Giulio di San Quintino, 1847: Discorsi su argomenti spettanti a monete coniate in Italia nei secoli XIV e XVII. Discorso terzo: intorno ad alcune monete coniate nei secoli XIV E XVII dai marchesi Del Carretto in Cortemiglia ed in Rodi. p. 17 e seguenti. + tav.

http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=mdp.39015009220024;view=1up;seq=21

Nel testo, p.24 verso il fondo, si parla di due tornesi conosciuti all'epoca battuti dal marchese Odone, entrambi molto ben conservati, ma dalla tavola riportata sembra essere la stessa moneta su cui si concentrano poi in seguito, come abbiamo già visto, il Gavazzi e il Novati.

Sempre San Quintino scrive a pag. 17: Preziosa moneta, che si può vedere, in un col suo spezzato o denaro piccolo di bassa lega, rappresentata in disegno dal cav. Gazzera nei prelodati suoi discorsi. Ciò nonostante credo ancora di fare cosa opportuna publicandola nuovamente, e per dar maggior evidenza a ciò che sono per dire, e per dimostrare il modo nel quale io penso che siano scritte veramente, e che vogliono essere lette le sue leggende.

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Di seguito riporto anche il link al Gazzera, 1834: Discorsi intorno alle zecche degli antichi marchesi di Ceva, Incisa e del Carretto. Mem. R. Acc. Sc. Torino, tomo 37, pag. 47 - Discorso terzo: Zecca e monete dei marchesi del Carretto di Cortemiglia. p. 93: http://books.google.it/books?id=3LheAAAAcAAJ&lpg=PR5&ots=WfhHzbcw-S&dq=gazzera%2C%20discorsi%20intorno%20alle%20zecche%20degli%20antichi%20marchesi%20di%20ceva%2C%20incisa%20e%20del%20carretto&hl=it&pg=RA1-PA93#v=onepage&q&f=false

Manca purtroppo la tavola del Morel-Fatio per verificare se si trattava di un'altra moneta (molto probabilmente si) e il tipo.

Modificato da Luca_AT

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