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TAGLIO : 5 Cent

STATO : San Marino

TIRATURA 2002 : 120.000

AUTORE : Frantisek Chochola - Lorenzo Frapiccini

TEMA : Castello della Guaita

MATERIALE : Acciaio (94,35%) placcato con rame (5,65%)

DIAMETRO : 21,25 mm.

SPESSORE : 1,67 mm.

PESO : 3,92 gr.

CONTORNO : Liscio

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San Marino - Lire 1.000 in argento del 1988

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La Guaita o Prima Torre, è la più antica delle tre rocche che dominano la Città di San Marino.

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Grazie all'ultimo restauro risalente al 1930 è accessibile ai visitatori.

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Fu il rifugio dei primi abitatori del Monte Titano e risale all'undicesimo secolo, due cinte murarie difensive proteggono la torre.

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La cinta esterna, coronata da merlature, fu costruita a difesa della città

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La torre ha pianta pentagonale e non ha fondazioni in quanto poggia direttamente sulla roccia del monte.

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Alcuni locali interni furono usati dalla metà del XVIII secolo fino al 1970 come carceri,

venivano ospitati coloro che dovevano scontare pene non superiori ai sei mesi,

per pene superiori era previsto il trasferimento nelle carceri italiane.

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Nel cortile sono presenti alcuni pezzi di artiglieria,

due mortai e due cannoni con i quali la Guardia di Rocca spara a salve durante i giorni di festa, dono di Vittorio Emanuele III.

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Nel cortile sono presenti alcuni pezzi di artiglieria,

due mortai e due cannoni con i quali la Guardia di Rocca spara a salve durante i giorni di festa, dono di Vittorio Emanuele III.

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aggiungerei fabbricati a napoli

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TAGLIO : 10 Cent

STATO : San Marino

TIRATURA 2002 : 120.000

AUTORE : Frantisek Chochola - Lorenzo Frapiccini

TEMA : Basilica di San Marino

MATERIALE : Nordic Gold

DIAMETRO : 19,75 mm.

SPESSORE : 1,93 mm.

PESO : 4,10 gr.

CONTORNO : Rigato con zigrinatura spessa

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A San Marino, nel piazzale Domus Plebis, troviamo la Basilica, è la chiesa principale dedicata al patrono della Città e dello Stato.

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Nel luogo dove oggi sorge la Basilica già nel IV secolo sorgeva una pieve dedicata a San Marino diacono.

Fu abbattuta nel 1807 poichè in grave degrado, nello stesso luogo, nel 1826, cominciarono i lavori per la costruzione della nuova chiesa.

Vista posteriore della Basilica:

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Fu solennemente inaugurata il 1838 e nel 1926 fu elevata al rango di basilica minore da papa Pio XI.

L'interno è costituito da tre navate, composte da sedici colonne corinzie.

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l'altare maggiore è ornato dalla statua di San Marino diacono opera del Tadolini, allievo del Canova.

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Sotto l'altare sono conservate le reliquie del santo ritrovate nel 1586.

Nel 1595 alcune sono state donate all'isola di Arbe (Croazia), luogo natale di San Marino Diacono.

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Il 29 agosto 1982 fu visitata da Giovanni Paolo II che omaggiò le reliquie del Santo.

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ANDORRA 1,2,5 cent 2014

 

TAGLIO : 1 Cent
STATO : Andorra
MATERIALE : acciaio (94,35) placcato con rame (5,65%)
DIAMETRO : 16,25 mm
SPESSORE : 1,670 mm
PESO : 2,30 gr.
CONTORNO : Liscio

 

TAGLIO : 2 Cent
STATO : Andorra
MATERIALE : Acciaio (94,35%) placcato con rame (5,65%)
DIAMETRO : 18,75 mm.
SPESSORE : 1,67 mm.
PESO : 3,06 gr.
CONTORNO : Filetto orizzontale in incuso

 

TAGLIO : 5 Cent
STATO : Andorra
MATERIALE : Acciaio (94,35%) placcato con rame (5,65%)
DIAMETRO : 21,25 mm.
SPESSORE : 1,67 mm.
PESO : 3,92 gr.
CONTORNO : Liscio

 

Le monete da 5,2 ed 1 cent andorrane , con data a partire dal 2014 ( coniate dalla zecca di Madrid ) , rappresentano animali tipici della fauna dello Stato, con sullo sfondo un tipico paesaggio pirenaico e sulla sinistra un po’ angolato, la scritta Andorra e l’anno di emissione . Sono molto significative in quanto in un immagine rappresentano flora, fauna , paesaggio , insomma la natura di Andorra . L’autore di questi disegni è Ruben da Silva Carpio .

In particolare si vede in primo piano un camoscio pirenaico , in secondo piano un gipeto in volo e sullo sfondo una montagna dei Pirenei . Diamo un breve saggio su questi animali e su questa catena montuosa così imponente:

Il camoscio pirenaico o camoscio dei Pirenei (Rupicapra pyrenaica) è un'antilope caprina che vive sui Pirenei, sui Monti Cantabrici e sui Monti Appenninici. Appartiene alla sottofamiglia Caprinae, all'interno della famiglia dei bovidi, insieme a pecore e capre. Piccola curiosità, è la mascotte della Nazionale di rugby andorrana, appunto . Il suo mantello estivo è bruno-ruggine; in inverno è bruno/nero con macchie più scure attorno agli occhi. Sia i maschi che le femmine hanno corna uncinate rivolte all'indietro lunghe fino a 20 cm. Si nutre di erba, licheni e germogli di alberi. Agile e ben saldo sulle sue zampe si trova in ogni tipo di ambiente montano, fino ai 3000 m di quota. La lunghezza totale del corpo, misurata dall’estremità della testa alla radice della coda, varia tra 100 e 110 cm. L’altezza media, misurata al garrese, è di 70 cm. Il peso corporeo è influenzato dall’età, dal sesso: nei maschi adulti tale valore oscilla tra i 25 e i 40 kg, nelle femmine adulte tra i 25 e i 32 kg . Cacciati fino quasi all'estinzione negli anni quaranta del Novecento, la popolazione ha mostrato una forte riprese e nel 2002 è stata stimata una popolazione di 25.000 esemplari . L’animale è infatti, per adesso , classificato “ a rischio minimo “ di estinzione.

 

Il gipeto (Gypaetus barbatus) è un uccello rapace della famiglia Accipitridae . Comunemente noto come "avvoltoio barbuto" o "avvoltoio degli agnelli", fa parte degli avvoltoi del Vecchio Mondo, ed è l'avvoltoio di maggiori dimensioni tra quelli nidificanti in Europa.Tipicamente stanziale, nidifica sui dirupi in alta montagna nell'Europa meridionale ( Alpi,Carpazi, Pirenei, Caucaso ), in Africa ( Atlantide, Tunisia , Acrocoro etiope ), in India ed in Tibet ( sulle montagne dell’Himalaya), deponendo una o due uova. È stato reintrodotto con successo sulle Alpi, ma continua ad essere uno dei più rari avvoltoi d'Europa ( infatti viene classificato come “prossimo alla minaccia” di estinzione. Come altri avvoltoi è un necrofago, cioè si nutre principalmente di carcasse di animali morti, ed ha una dieta estremamente specializzata, nutrendosi in particolare delle ossa e del midollo osseo. Un comportamento tipico è quello di lasciar cadere le ossa di carcasse da grandi altezze, per frantumarle e quindi nutrirsene. L'adulto può raggiungere una lunghezza di 110-115 cm (la sola coda, a forma di cuneo, misura 42–44 cm), con un'apertura alare di 266–282 cm e con un peso di 5–7 kg . Nell'adulto il colore del piumaggio presenta un netto contrasto tra le parti ventrali e la testa, chiare, e le parti dorsali e le ali, scure. Le penne timoniere e le penne copritrici delle ali e del dorso, pur essendo di colore grigio scuro, sono dotate di un rachide biancastro che produce delle sfumature chiare.Sul capo, costantemente bianco, spiccano i ciuffi di vibrisse nere che circondano l'occhio e scendono fin sotto il becco a formare una specie di "barba". L'iride è gialla ed è circondata da un anello perioculare membranoso di colore rosso che diventa particolarmente evidente nei momenti di eccitazione. Il gipeto è piuttosto longevo (20–25 anni in natura, fino a 40 in cattività) ed è caratterizzato da un ciclo riproduttivo lungo. La riproduzione occupa, infatti, la maggior parte dell'anno, dall'autunno, con la preparazione del nido, fino all'abbandono del territorio da parte dei giovani quando gli adulti iniziano le parate nuziali per un nuovo ciclo. Ogni coppia è monogama ed occupa un territorio che può raggiungere anche i 300 km2 di estensione.

 

I Pirenei sono una catena montuosa che forma il confine fra la Francia e la Spagna, all’interno della catena ( nei Pirenei orientali )vi è , appunto il Principato di Andorra. Separano la penisola iberica dalla Francia e si estendono per circa 430 km dal Mar Cantabrico (golfo di Biscaglia) fino al Mar Mediterraneo (cap de Creus). La vetta più alta dei Pirenei è il Picco d'Aneto (3.404 m s.l.m.), situato sul versante spagnolo. I sedimenti che compongono i Pirenei furono inizialmente depositati in bacini litoranei durante le ere paleozoica e mesozoica. Nel periodo cretaceo inferiore, il fondale marino sotto il Golfo di Biscaglia si è alzato spingendo la Spagna contro la Francia e ponendo gli strati di sedimento in una sorta di stretta. La pressione e il sollevamento della crosta terrestre in primo luogo hanno interessato la parte orientale ed hanno influenzato progressivamente l'intera catena, con un culmine nell'eocene. La parte orientale dei Pirenei è costituita in gran parte da granito e da rocce di gneiss, mentre nella parte occidentale le cime composte da granito sono fiancheggiate da strati di calcare. L'aspetto voluminoso e "nuovo" della catena viene dalla relativa abbondanza di granito, che è particolarmente resistente all'erosione, così come un'evoluzione glaciale scarsa.

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10 Euro Cent della Repubblica Italiana

 

TAGLIO : 10 centesimo di euro

STATO : Italia

ANNO : 2002/...

AUTORE : Claudia Momoni, nata a Roma il 27 Novembre 1963, si diploma al Liceo Artistico Statale di Roma nel 1981, e poi frequenta la "Scuola dell'Arte della Medaglia Giuseppe Romagnoli" dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, dove si diploma nel 1985; dopo di che incomincia a lavorare nel settore dell'oreficeria, per cui fa esperienza nella lavorazione dello sbalzo, del cesello, nella modellazione della cera, della fusione a cera persa e nel disegno del gioiello.

Dal 1993 lavora come incisore alla Zecca di Roma.

Sono sue opere:

Ø la moneta d'oro da 50.000 lire del 1985, celebrante l’VIII Centenario della Nascita di S. Antonio da Padova - Basilica del Santo -";

Ø il rovescio della 500 lire bimetallica del 1997, per la ricorrenza del “70 Anniversario della Fondazione dell'Istat”;

Ø la faccia nazionale della moneta da 10 centesimi di euro italiano.

TEMA : Volto di Venere

DATA DI EMISSIONE : 01/01/2002

MATERIALE : Nordic gold (rame 89% - alluminio 5% - zinco 5% - stagno 1%)

DIAMETRO : 19,75 mm

SPESSORE : 1,93 mm

PESO : 4,1 g.

CONTORNO : Zigrinato; la zigrinatura cambia a seconda del conio e del mllesimo

Bordo : Leggermente alzato e piatto

 

La faccia nazionale riporta il volto di Venere, fino alle spalle, con la parte inferiore ad arco, estrapolato dalla tela la "Nascita di Venere" di Sandro Botticelli.

Alla destra del volto vi è il monogramma della Repubblica Italiana (R e I, in maiuscolo e sovrapposte) e sopra il millesimo; alla sinistra del collo di Venere, tra la chioma legata e i capelli fluenti il segno della Zecca di Roma (R, in maiuscolo).

In cerchio a racchiudere la rappresentazione, subito all’interno del bordo, 12 stelle a cinque punte a rappresentare l'Unione Europea; a ore 7:30, fra due stelle, le iniziali dell'autrice Claudia Momoni, costituite dalle lettere “CM” in maiuscolo – tali lettere sono morfologicamente diverse per variazione di conio per il millesimo 2002 e per i millessimi successivi.

 

La tela raffigurante la Nascita di Venere, opera d'arte iconica del Rinascimento italiano, simbolo della pittura del 400 italiano, è attualmente conservata nelle sale 10 – 14 della Galleria degli Uffizi a Firenze.

Capolavoro di grazia e delicatezza pittorica, questa celebre opera formava probabilmente un trittico insieme alla Primavera e a Pallade e il Centauro.

Commissionata da Lorenzo il Magnifico verso il 1482 a Sandro Botticelli, che la realizzò tra il 1482 ed il 1485, ma non sono noti contratti, diari, registri di bottega coevi che lo attestino; a tale datazione si è pervenuti per considerazioni stilistiche. Molto probabilmente l'opera era destinata ad abbellire una Villa della famiglia Medici, la Villa medicea di Castello.

Le dimensioni sono di 172.5 x 278.5 cm (l’altezza originaria era probabilmente di cm 207,5)

Il titolo con cui il dipinto è noto risale al secolo scorso, in quanto, precedentemente si era creduto che l'opera fosse il tentativo del Botticelli di rappresentare la Venere Anadiomene, antico dipinto perduto del pittore greco Apelle.

Si tratta di una delle opere maggiormente rappresentative del rinascimento italiano, con la quale si pone in essere l'esaltazione della bellezza spirituale della donna, attraverso l'allegoria della nascita della dea, celebrata nel suo massimo splendore.

Venere sorge dalla schiuma delle acque, nuda su una conchiglia, sospinta dai venti verso la riva di una grande baita (secondo la narrazione l'isola di Cipro o Citera), dove Flora la accoglie con un drappo fiorito.

Non è certo il primo nudo dell’arte rinascimentale, ma è il primo nudo a proporsi come immagine di seduzione. Questo quadro fu probabilmente una delle ultime opere a rappresentare la Firenze umanistica di Lorenzo il Magnifico. Siamo negli ultimi anni del governo umanistico di Lorenzo il Magnifico. Dopo la sua scomparsa, il clima culturale nella città di Firenze cambiò totalmente influenzato dalle predicazioni del Savonarola, il cui intento era una moralizzazione della società fiorentina del tempo. Mentre con il Magnifico Firenze emulava lo splendore dell’Atene classica, con il Savonarola doveva divenire la nuova Gerusalemme.

Venere nasce dalle acque pure così come rinasce spiritualmente colui che viene purificato dall'acqua santa; analizzata in tal modo la composizione ricorda il Battesimo cattolico.

Venere, nei propositi di Botticelli, fa da collegamento tra Dio e l'uomo. È posta al centro del dipinto, a sinistra Zefiro che sostiene Aura, la brezza, mentre dal cielo piovono rose. Venere è nuda, ha una lunga e folta chioma, in parte mossa dal vento, e con una cui ciocca copre il pube, mentre con la mano sinistra nasconde parzialmente i seni; ha una pelle bianchissima a rappresentare la pura spiritualità.

Sulla destra, probabilmente una delle Ore, con i capelli raccolti in una lunga treccia, con addosso un abito bianco ricamato con fiordalisi, e una cintura di rose al di sotto del petto, e lo scollo del vestito decorato con delle foglie di mirto, e pronta a vestire Venere con un mantello rosa trapunto da vari fiori, tra cui soprattutto margherite.

Sullo sfondo a destra ci sono dei melaranci, con le fronde punteggiate d’oro. In primo piano, nel prato si scorgono delle violette, simbolo di amore e sulla riva delle canne o “tife”; il mare sembra uno specchio d’acqua lacustre dato il colore, l’increspatura e le leggerissime linee di contorno che rappresentano le onde che lambiscono la riva erbosa.

La composizione più che rappresentare la nascita della dea, come tradizionalmente si ritiene, rappresenta il suo arrivo al lido.

Il tema deriva dalla letteratura latina ed esattamente dalle Metamorfosi di Ovidio. Nell’opera si leggono anche dei riferimenti alla famosa opera poetica delle Stanze di Agnolo Poliziano, contemporaneo di Botticelli e massimo poeta neoplatonico della corte medicea.

Il collo di Venere è più lungo del normale, le spalle troppo ricurve e anche il braccio sinistro è più lungo dell’altro, la dea sta in piedi sull’umbone della conchiglia, la cui parte interna è rivolta verso il cielo, con una posizione innaturale per mantenersi in equilibrio pur se precario, ma questi aspetti asimmetrici e innaturali non scompongano il dipinto nel suo complesso, anzi non vengono neppure notati se non con una attenta osservazione fatta a zone.

La dea viene ripresa dal Botticelli in altre opere, oltre alla Nascita, che rappresenta la celebrazione per eccellenza della bellezza della divinità, la ritroviamo nella Primavera e in Venere e Marte.

La Nascita di Venere è citata con certezza per la prima volta da Giorgio Vasari nella edizione delle Vite del 1550, in cui l’opera è ricordata nella Villa di Castello che Cosimo I de’ Medici eredita dal padre Giovanni delle Bande Nere, posta nella “Camera del Granduca terrena”, come si evince da un inventario del 1598; lì rimase fino al 1761, data dell’ultimo inventario della villa. Sono incerte l’originaria collocazione della tela, il committente, la data e l’occasione della sua esecuzione. Per via del tutto indiziaria, la critica è stata spesso orientata ad attribuire la commissione a Lorenzo di Pierfrancesco e a ritenere Villa di Castello il luogo di destinazione originaria dell’opera e la data di realizzazione tra il 1482 e il 1485. In realtà nessuna opera in cui sia riconoscibile la Nascita di Venere è riportata negli inventari della villa del1498, 1503 e 1516, per cui venne sicuramente lì trasportata in un secondo momento prima della visita di Vasari. Al tempo del riferimento vasariano l'edificio era di proprietà di Cosimo I de' Medici, che aveva potuto ereditare il dipinto dai suoi antenati del ramo "Popolano", ma anche averlo acquistato per conto personale o averlo sottratto durante una confisca di stato.

Portata a Palazzo Pitti, nel 1815 all’aprirsi della Restaurazione il dipinto botticelliano fu trasferito nella Guardaroba dietro espresso desiderio del granduca Ferdinando III di Lorena. Il direttore degli Uffizi, Giovanni Degli Alessandri però chiese e ottenne il quadro per i corridoi del proprio museo, dove nello stesso anno fu posta anche la Primavera.

La Nascita di Venere è il più antico dipinto su tela di grandi dimensioni realizzato in Toscana. Da esami e studi effettuati in occasione del restauro del 1986 – 1987 si è scoperto che il supporto è costituito da due teli di lino cuciti in senso orizzontale e in seguito venne aggiunta un'imprimitura a base di gesso tinto con un po' di blu, in modo da dare il particolare tono azzurrato a tutto il dipinto.

Dopo essere stata dipinta la tela è stata inchiodata su una tavola di legno; anche i bordi ripiegati lungo i bordi del piano ligneo sono dipinti e proprio attraverso essi si è osservato il timbro coloristico originale, non essendo stati esposti alla luce.

La tela prima di essere dipinta è stata spennellata per l’intera estensione con una mistura di colla animale e gesso, probabilmente a base di polvere alabastrina fine tinto con un po' di blu, in modo da dare il particolare tono azzurrato a tutto il dipinto, ma è priva d’imprimitura

La pittura usa la tecnica della tempera magra, cioè dei colori sciolti in colle animali e vegetali come leganti, che diede una straordinaria luminosità avvicinandosi alla resa dell'affresco.

Il disegno è stato disteso ‘a secco’, forse col carbone, e poi ripassato con il pennello e il colore bruno liquido. Durante l’esecuzione pittorica Sandro Botticelli ha cambiato dei dettagli del disegno: i capelli erano delineati anche a sinistra, ma si è preferito accentuare l’effetto di spinta del vento; piedi, mani e un occhio della dea sono stati ridisegnati; è stato aggiunto il collo del mantello.

Nella campitura corrispondente agli incarnati manca la stesura verdolina (il cosiddetto “verdaccio” toscano), che il Botticelli è solito dare sulle tavole.

La tecnica pittorica adottata è una tempera povera di olii e di sostanze agglutinanti; i colori sciolti in colle animali e vegetali come leganti, che diedero una straordinaria luminosità avvicinandosi alla resa dell'affresco.

Nella stesura del colore, Botticelli ha dato sottili velature, utilizzando pigmenti molto diluiti con pennellate leggere che lasciano ben visibile il fondo. La conchiglia ha un effetto quasi opalescente e una particolare velatura di verderame è stata stesa sulle parti vegetali e sull’acqua.

Le dorature, date in forma lineare lungo i contorni o a tratteggio nelle foglie e nei capelli, sono state applicate a pennello, a mordente e a missione (applicando la foglia d’oro su un collante). Molte dorature a missione, nelle ali, nelle foglie, nei tronchi, sono state aggiunte dopo che l’opera era stata posizionata nella cornice.

Come le altre composizioni allegoriche di Botticelli, anche la Nascita di Venere è stata oggetto di innumerevoli studi volti a individuare una corretta chiave interpretativa della composizione, ma nonostante i vari contributi interpretativi il significato della Nascita di Venere è ancora oggi non chiarito. La proposta lettura che ha avuto più seguito, vede nel dipinto la rappresentazione della Humanitas, la virtù superiore incarnata nella sublime bellezza, nata dall’unione dello spirito con la materia, dell’idea con la natura.

 

Opera:

dipinto raffigurante la Nascita di Venere

Autore:

Alessandro Filipepi, detto Sandro Botticelli (Firenze 1445 – 1510)

Committente, collezionista:

Pierfrancesco o Lorenzo il Magnifico

Data di esecuzione:

1482 – 1485

Ubicazione attuale:

Firenze, Galleria degli Uffizi, sale 10 – 14, inv. 1890 n. 878

Dati Tecnici:

tempera su tela costituita da due teli di lino cuciti in senso orizzontale per una dimensione totale di cm 184,5x285,5 (l’altezza originaria era probabilmente di cm 207,5)

Provenienza:

Villa di Castello (dalla realizzazione fino almeno al 1761); Palazzo Vecchio, Guardaroba (1815); Palazzo degli Uffizi (dal 1815).

 

Sandro Botticelli, è lo pseudonimo di Alessandro Filipepi. (Firenze 1445 – 1510), pittore italiano, tra i massimi artisti del Rinascimento fiorentino. Dopo l'apprendistato artistico, compiuto prima presso un orafo e poi presso Filippo Lippi, collaborò con il Pollaiolo e lavorò nella bottega del Verrocchio, dove conobbe Leonardo da Vinci.

Aperta una propria bottega verso il 1470, fu per quasi tutta la vita al servizio dell'aristocrazia della città, in primo luogo dei Medici. A tale periodo il suo stile è completamente formato e si produce in capolavori straordinari, da cui traspare la leggera poesia del Poliziano.

A illustri esponenti della potente famiglia fiorentina furono dedicati numerosi ritratti (celebre quello di Giuliano de' Medici, 1475 – 76, conservato al National Gallery of Art, Washington), ma allusioni o riferimenti espliciti alla loro cerchia tornano anche in opere realizzate per altri committenti (ad esempio, nell'Adorazione dei Magi, 1476 – 77, conservata agli Uffizi di Firenze). Alla corte di Lorenzo il Magnifico, Botticelli conobbe i filosofi Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, attraverso i quali si accostò al pensiero neoplatonico. L'intento di conciliare la cultura e il mondo classici con il pensiero cristiano gli ispirò le sue opere più celebri, La Primavera (1478 circa) e la Nascita di Venere (1482 circa), oggi conservate agli Uffizi.

A Botticelli si devono anche opere a soggetto religioso, in particolare tele raffiguranti la Madonna, come la Madonna del Magnificat (1485 circa), la Madonna della melagrana (1487), l'Incoronazione della Vergine (1490), tutte agli Uffizi, e Madonna e santi (1485, al Staatliche Museen di Berlino). Altre opere religiose sono San Sebastiano (1473-74, al Staatliche Museen di Berlino), l'Adorazione dei Magi (1473 circa) della National Gallery di Londra e un affresco con Sant'Agostino (1480, chiesa di Ognissanti, Firenze). Nell’esecuzione delle “Madonne giovanili” il Botticelli appare molto legato al maestro, e all’ambiente pollaiolesco. Ben presto però si ha il superamento di tutti questi suggerimenti ed il raggiungimento di uno stile che rivela problematiche che non hanno riscontro in altri artisti del tempo. Il soggetto in sé sembra lasciarlo indifferente: passa dal tema sacro, al pagano, al tema allegorico che egli tratta con la stessa intima religiosità: cosi la Madonna del Magnificat e la Nascita di Venere hanno lo stesso purissimo volto assorto. Quello che è costante nella sua arte è la ricerca del movimento ottenuto con una linea modulata, funzionale perché essa crea il modellato mentre il colore ne è un complemento.

Nel 1481 fu chiamato a Roma da Papa Sisto IV della Rovere per collaborare con altri pittori alla decorazione delle pareti della Cappella Sistina: a Roma dal 1481 al 1482 fu della schiera dei frescanti fiorentini nelle pareti della Cappella Sistina, dove dipinse Mosè e le figlie di Jetro, La punizione di Core e Le prove di Cristo; più che l’insieme delle sue storie bibliche, forzatamente grandiose, apprezziamo i singoli episodi che ci riportano ai sereni affreschi di Villa Lemmi, ora al Louvre, ove le divinità partecipano al rito nuziale di Giovanna Tornabuoni.

Negli anni Novanta, quando i Medici furono espulsi da Firenze (1494) e Girolamo Savonarola cominciò la sua predicazione pubblica contro i costumi corrotti, il Botticelli visse una profonda crisi religiosa e psicologica testimoniata da linee non più fluenti, ma dure, spezzate, e insistentemente reiterate insieme a colori e toni sordi, drammatici e quasi lividi delle sue ultime opere (Compianto su Cristo morto, 1490 – 1495, al Alte Pinakothe di Monaco; Pietà, 1495 circa, al Museo Poldi Pezzoli di Milano; Crocifissione, 1496 circa, al Fogg Art Museum di Cambridge Massachusetts; Natività mistica, 1501, al National Gallery di Londra). Anche nei dipinti a soggetto profano di quel periodo, tra cui si ricorda la Calunnia di Apelle (1495, agli Uffizi di Firenze) e le Storie di donne illustri (1500, all’Accademia Carrara di Bergamo e all’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston) si nota un’atmosfera cupa, mesta. Solo le illustrazioni del Paradiso dantesco sembrano rispecchiare in questi anni la sognata atmosfera della Primavera.

Nel 1510, quando muore, il Botticelli è un artista ormai superato tanto è evidente il suo ritorno pittorico ad un certo arcaismo e ad una religiosità quasi allucinata, per cui non è il Botticcelli delle opere della maturità in cui lo stile agile, la linea sottile e il colore delicato trasfigurano la realtà con una perfezione di forme che rientra nella concezione culturale umanistica medicea. Le scene allegoriche ora liriche, ora drammatiche sono dipinte con plastica leggerezza: dinamismo e cromatismo delicato sono le caratteristiche salienti.

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2 Euro Finlandia

 

TAGLIO: 2€

STATO: Finlandia

ANNO: 1999-in corso

TIRATURA:     CIRCOLANTI

                    1999 - 16.000.000

                    2000 - 8.590.000

                    2001 - 29.042.000

                    2002 - 1.239.000

                    2003 - 8.833.500

                    2004 - 8.960.000

                    2005 - 8.720.500

                    2006 - 8.424.400

                    2007 - 5.137.000

                    2008 - 8.236.500

                    2009 - 6.256.500

                    2010 - 3.938.000

                    2011 - 5.155.000

                    2012 - 3.234.000

                    2013 - 841.500

                    2014 - 200.000

                

AUTORE : Raimo Heino
TEMA : Foglie e bacca di Rubus Camemorus (Camemoro o lampone artico)
MATERIALE Parte esterna: rame-nichel (rame 75% - nichel 25%)
MATERIALE Parte interna : nichel-ottone (rame 75% - zinco 20% - nichel 5%)
DIAMETRO : 25,75mm
SPESSORE : 2,20mm
PESO : 8,50g
CONTORNO : Zigrinato con in incuso il nome della nazione nelle due lingue ufficiali (finlandese e svedese) "SUOMI FINLAND" seguito da tre teste di leoni stilizzate.
                       image007.jpg
 
Descrizione del soggetto
 
Il camemoro (Rubus chamaemorus L.) è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Rosaceae diffusa nella zona settentrionale dell'Eurasia e del Nord America.
Si trova nella tundra, nelle foreste boreali e miste, dal 78°N al circa 55°N; lo si trova molto raramente fino al 44°N, soprattutto nelle aree montane. Questa pianta palustre è presente in natura nelle torbiere di sfagni nei paesi nordici, negli stati baltici, in Russia, Bielorussia, Germania, Regno Unito, Irlanda, Canada e Stati Uniti.
 
La pianta ha uno stelo alberato alto tra 10 e 25 cm, foglie lungamente picciolate e pentalobate, un unico fiore bianco composto da cinque petali e cinque sepali, frutto composto da piccole drupe carnose (polidrupa), dal sapore dolce con una nota astringente. Il camemoro è dioico, con organi riproduttivi maschili e femminili portati su due piante distinte. Il frutto prima è verde-giallo e nascosto dentro sepali chiusi, poi diventa rosso e appare tra i sepali combacianti. In questo periodo è ancora inodore ed insapore. Сon la maturazione i sepali si spiegano, il frutto diventa arancione, semitrasparente, morbido, gustoso e profumato, si separa facilmente dalla base. La fioritura avviene secondo a latitudine in maggio o in giugno mentre il frutto matura in luglio o in agosto. La disseminazione avviene per mezzo di animali che ingeriscono i frutti carnosi e ne disperdono i semi, ma predominante è la moltiplicazione vegetativa - attraverso rizomi. 
 
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Rubus_chamaemorus_111_PS0009_Paul_Sokolo

Descrizione della moneta
Contornata dalle 12 stelle che rappresentano l'Unione Europea, al centro sono rappresentate due bacche di lampone artico "rubus camemorus", con due foglie, spesso erroneamente scambiate per due grandi fiori. Sotto di essi il millesimo di conio.
Il disegno è stato selezionato precedentemente all'adozione della moneta unica, ed è stato scelto per la moneta da 2 euro in seguito alla morte dell'autore.
 
Variazioni del disegno
1999-2006
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In basso a destra del soggetto c'è una M, simbolo del Direttore di Zecca Makkonen Raimo.
 
 
2007
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Per rispettare la raccomandazione della Commissione europea del 03/06/2005 (le facce nazionali devono recare l’indicazione dello Stato membro di emissione) la moneta viene modificata: a sinistra sul bordo esterno c’è il simbolo di zecca, e a destra sotto il fiore il segno “FI”, identificativo della Finlandia.
 
2008-2010
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Nuova moneta con il simbolo di zecca situato a sinistra all’interno sotto il fiore.
 
2011-OGGI
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Nuova moneta con il nuovo simbolo di zecca situato al posto del vecchio.
 
Errore di conio - Faccia comune nuova 2006
 

Fonte Cataloghi Online                           

Fonte Cataloghi Online
 
55.000 esemplari del 2 euro 2006 sono stati erroneamente coniati con la nuova faccia comune, che doveva invece essere coniata sulle monete solo a partire dal 2007. Gravissima negligenza per la quale pagarono con il licenziamento il vicedirettore della zecca, il caporeparto ed i tre addetti a quella macchina. Successivamente, dopo un comunicato da parte della Zecca Finlandese che ammetteva l'errore, oltre 35.000 pezzi vennero trovati e consegnati dai cittadini a varie banche per essere cambiati con 2 euro normali.
 
 
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STATO : Cipro

TAGLIO : 10 - 20 - 50 Cent.
TIRATURA 2008 : 70.000.000/65.000.000/30.000.000
AUTORE : Erik Maell e Tatiana Soteropoulos
TEMA : Nave di Kyrenia
MATERIALE : Nordic Gold

Sulla moneta "Cipro" in greco : ΚΥΠΡΟΣ
ed in turco : KIBRIS

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(un modellino in scala)
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(una funzionale ricostruzione moderna in mare)
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La Nave di Kyrenia è il relitto di un barcone mercantile affondato in vista del porto cipriota di Kyrenia nel IV secolo a.C.

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Fu scoperta nel 1967 durante una spedizione subacquea nei pressi di Capo Kyrenia a Cipro.

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Il recupero dei legni componenti lo scafo della nave è continuato sino al 1970.

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Reperto importantissmo poichè rappresenta l'unica nave arrivata fino a noi dall'antica Grecia.

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Viene considerata dagli archeologi ben conservata per circa il 75 %.

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Gli interventi conservativi e protettivi sono frequenti e minuziosi.

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Si trova al "Museo del Naufragio Antico" all'interno del Castello di Kyrenia

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Data la sua importanza storica era stata raffigurata sulla banconota cipriota pre-euro di maggior taglio:

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Questo straordinario reperto solcava il Mar Mediterraneo durante il periodo di Alessandro il Grande.

(Kyrenia)
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20 Euro Cent della Repubblica Italiana

 

TAGLIO : 20 centesimo di euro

STATO : Italia

ANNO : 2002/...

AUTORE : Maria Angela Cassol, nata a Nettuno (Roma) il 27 Ottobre 1956, ha conseguito, nel 1976, il diploma di Maturità d'Arte Applicata (sezione arte dei metalli ed oreficeria), presso l'Istituto Statale d'Arte di Anzio e nel 1981 si è diplomata presso l'Accademia di Belle Arti di Roma, partecipando al corso di scultura tenuto dal Prof. Emilio Greco. Ha frequentato anche il triennio alla Scuola dell'Arte della Medaglia “Giuseppe Romagnoli” dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

Dal 1983 ha lavorato In esclusiva per la Galleria d'Arte il Babuino e nel 1987 è stata assunta all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. È l’autore di alcune monete commemorative in lire e di molte monete in euro coniate dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (Zecca di Roma) per la normale circolazione e commemorative sia in oro che in argento.

TEMA : Forme uniche di continuità nello spazio

DATA DI EMISSIONE : 01/01/2002

MATERIALE : Nordic gold (rame 89% - alluminio 5% - zinco 5% - stagno 1%)

DIAMETRO : 22,25 mm

SPESSORE : 2,14 mm

PESO : 5,74 g.

CONTORNO : Liscio con sette rientranze ("Fiore spagnolo")

Bordo : Leggermente alzato e piatto

 

La faccia nazionale riporta la scultura "Forme uniche di continuità nello spazio", opera del 1913 dell’artista futurista Umberto Boccioni, tra il monogramma della Repubblica Italiana (R e I, in maiuscolo e sovrapposte) – alla sinistra per l’osservatore – e il millesimo con al di sopra di 3 mm della prima cifra (unità di migliaia) il segno della Zecca di Roma (R, in maiuscolo) – alla destra dell’osservatore; a ore 6:30, tra i blocchi di base della scultura, leggermente al di sotto, le iniziali dell’autore, Maria Angela Cassol, costituite dalle lettere “MAC” in maiuscolo

In cerchio a racchiudere la rappresentazione, subito all’interno del bordo, 12 stelle a cinque punte a rappresentare l'Unione Europea.

 

Forme uniche della continuità nello spazio, famosa scultura dell’artista futurista Umberto Boccioni, considerata uno dei capolavori del Futurismo, rappresenta simbolicamente il movimento e la fluidità, la velocità e la forza del dinamismo nell'arte. Boccioni vuole rappresentare un "continuum sintetico" del movimento, invece di una "discontinuità analitica" che egli vedeva raffigurata da altri artisti come František Kupka e Marcel Duchamp e respinge la scultura tradizionale per creare quest’opera.

Se ne conoscono varie versioni: al Museo del Novecento di Milano, alla Kunsthalle di Mannheim, alla Tate Modern di Londra, al Tate Gallery/Art Resource di New York, al Metropolitan Museum di New York, al Museum of Modern Art (MoMA) di New York, e al Museo Kröller-Müller di Otterlo (Paesi Bassi).

L'opera originale di Boccioni è in gesso, e non è mai stata prodotta la copia in bronzo nel corso della vita dell'autore. Il gesso è in mostra al Museo di Arte Contemporanea, a San Paolo del Brasile.

Boccioni intendeva riprodurre plasticamente l'interazione tra i corpi e lo spazio che li circonda.

Se si osserva la scultura lateralmente, si riconosce una figura umana in cammino, ma senza le braccia e senza, per così dire, “l’involucro esterno”. La figura appare per un verso come uno "scorticato" anatomico, in cui si riconoscono alcuni muscoli, come i polpacci, e l’articolazione del ginocchio, ma per un altro verso appare come una "macchina", come un ingranaggio in movimento. L’opera si sviluppa mediante alternarsi di cavità, rilievi, pieni e vuoti che determinano un frammentato e discontinuo chiaroscuro fatto di frequenti e repentini passaggi dalla luce all'ombra. Osservando la figura da destra, il torso appare pieno, ma se la si osserva da sinistra appare come una cavità vuota: in tale modo la figura si modella a seconda dello spazio circostante ed è lei che plasma le forme.

Anche la linea di contorno si sviluppa come una sequenza di curve concave e convesse in alternanza: così i contorni irregolari non limitano la figura, ma la dilatano espandendola.

L’interno della statua è attraversato da solchi e spigoli che la tagliano in piani, come se le figure fossero più di una e si sovrapponessero di continuo.

Se vista lateralmente, la statua dà l’impressione di un movimento avanzante che si proietta velocemente in avanti; se la si guarda frontalmente o a tre quarti si nota una torsione o avvitamento delle forme nello spazio; tale conformazione suggerisce un’ulteriore espansione delle forme.

 

 

Umberto Boccioni, nato il 19 ottobre 1882 a Reggio Calabria Reggio Calabria 1882, dato che il padre lavorava come usciere di prefettura, fu costretto spesso a spostarsi lungo il territorio nazionale sin da fanciullo, in base alle esigenze di servizio del genitore. Ma fu a Roma, città in cui si trasferì nel 1901che apprese i primi rudimenti della pittura, frequentando lo studio di un cartellonista, e frequentando spesso la casa della zia Colomba, s'innamorò di una delle sue figlie, Sandrina. In questo periodo conobbe Gino Severini, e frequentò, a Porta Pinciana, lo studio del pittore divisionista Giacomo Balla. All'inizio del 1903 Umberto e Severini frequentarono la Scuola libera del Nudo, dove incontrarono Mario Sironi, anch'egli allievo di Balla, col quale strinsero una duratura amicizia. In quell'anno Umberto dipinse la sua prima opera Campagna Romana o Meriggio.

Con l'appoggio dei genitori viaggiò anche all'estero: da aprile ad agosto del 1906 stette a Parigi, poi in Russia e l’anno successivo andò a Monaco di Baviera.

Nell'aprile del 1907 Umberto si iscrisse alla Scuola libera del Nudo del Regio Istituto di Belle Arti di Venezia. Al ritorno da Monaco di Baviera disegnò e dipinse laboriosamente e fece le prime esperienze nel campo dell'incisione, pur reputando la cultura italiana essenzialmente "cultura di provincia".

Durante questi anni di formazione, visitò molti musei e gallerie d'arte.

Nell'autunno del 1907 si trasferì a Milano, dove da alcuni mesi abitavano la madre e la sorella e capì subito che era conforme alle sue aspirazioni dinamiche. Diventò amico di Romolo Romani e frequentò Previati, di cui risentì qualche influsso nella sua pittura che sembrava rivolgersi al simbolismo. Divenne anche socio della Permanente.

Frequentò i divisionisti e nel 1910 con Filippo Tommaso Marinetti, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini scrisse il “Manifesto dei pittori futuristi”, cui seguì, sempre nel 1910, il “Manifesto tecnico del movimento futurista”: obiettivo dell'artista moderno doveva essere, secondo gli autori, liberarsi dai modelli e dalle tradizioni figurative del passato per volgersi risolutamente al mondo contemporaneo, dinamico, vivace, in continua evoluzione; quali soggetti della rappresentazione si proponevano dunque la città, le macchine, la caotica realtà quotidiana. E nelle sue opere, Boccioni, quale pittore e scultore, teorico e principale esponente del movimento futurista, seppe esprimere magistralmente il movimento delle forme e la concretezza della materia.

Benché influenzato dal cubismo, cui rimproverò l'eccessiva staticità, Boccioni evitò nei suoi dipinti le linee rette e adoperò colori complementari. In quadri come Rissa in galleria (1910, collezione Jesi, Pinacoteca di Brera, Milano), Stati d'animo n. 1. Gli addii (1911,  collezione privata, New York), Forze di una strada (1911, Kunstmuseum, Basilea), Dinamismo di un giocatore di calcio (1911, collezione privata, Roma), e Dinamismo di un ciclista (1913, collezione Mattioli, Milano) i moti dell'animo sono espressi attraverso lampi di luce, spirali e linee ondulate disposte diagonalmente e la raffigurazione di uno stesso soggetto in stadi successivi nel tempo suggerisce efficacemente l'idea dello spostamento nello spazio.

Lo stesso proposito è proposto anche nella scultura di Boccioni, per la quale spesso l'artista trascurò materiali nobili come marmo e bronzo, preferendo il legno, il ferro e il vetro, del resto ciò che interessava era illustrare l'interazione di un oggetto in movimento con lo spazio circostante.

Nel 1912 Boccioni cominciò ad ampliare il raggio delle sue ricerche con le prime sperimentazioni sulla scultura; contemporaneamente organizza le sue idee nel “Manifesto tecnico della scultura”, pubblicato a Milano nello stesso anno. Il punto di partenza della scultura di Boccioni va rintracciato nell'opera dello scultore Medardo Rosso (1858 – 1928) e in particolare nel suo tentativo di rendere sulla superficie delle figure "le influenze d'un ambiente e i legami atmosferici che lo avvincono al soggetto" (Boccioni, Tutti gli scritti 25; 1911). Intervenire sulla scultura portava con sé un forte contenuto polemico; il carattere sperimentale della scultura di Boccioni si misura già in Sviluppo di una bottiglia nello spazio del 1912, dove la forma a spirale rende il senso di espansione del corpo dell'oggetto. L'idea delle trasformazioni impresse nei corpi dal dinamismo universale è alla base di Forme uniche della continuità nello spazio del 1913, dove il concetto di "continuità" dà conto della sintesi delle tre dimensioni spaziali nella forza travolgente del movimento.

Aggiornato sulle più interessanti direzioni di ricerca dell'arte europea, Boccioni introdusse nella scultura l'uso di materiali diversi e per nulla tradizionali. Cavallo +cavaliere + case del 1914, (Venezia, Peggy Guggenheim Collection) è costruita con legno, cartone, latta e rame; data la scelta dei materiali estremamente deperibili e di difficile conservazione, l'opera è una delle rarissime di questo tipo che non sia andata distrutta. La ricerca di Boccioni sull'uso di materiali diversi segue quella dei collages cubisti e si affianca alle analoghe sperimentazioni che Prampolini andava eseguendo nello periodo

Quando, nel 1915 l'Italia entrò in guerra, Boccioni, da buon interventista, si arruolò volontario, ma si ricredette rispetto alla teoria futurista enunciata da Marinetti, secondo cui la guerra è «sola igiene del mondo». In una lettera dal fronte dell'ottobre del 1915 Boccioni scrisse che la guerra «quando si attende di battersi, non è che questo: insetti + noia = eroismo oscuro...» (Umberto Boccioni, Gli scritti editi e inediti, Milano, Feltrinelli, 1971, p. 384).

Il 17 agosto del 1916 Umberto Boccioni morì, cadendo dalla cavalla, imbizzarritasi alla vista di un autocarro, durante un'esercitazione militare, in Via Boscomantico, una traversa di Via Angelo Berardi, della località Sorte di Chievo, a Chievo, frazione di Verona, dove oggi si trova la sua lapide commemorativa. La salma di Umberto Boccioni è sepolta nel cimitero monumentale di Verona, nei calti antichi del secondo campo; sul marmo che chiude loculo si possono osservare le testimonianze scritte lasciate da artisti e conoscenti in visita.

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Inviato

Va ricordato che di questa moneta , si dice, ne furono coniate 1.179.355 esemplari datati 1999 , se con dolo o errore involontario non è dato sapere . La maggior parte furono distrute, come da legge , qualcuna , stavolta con dolo, varcò i confini della Zecca per essere forse vendute , ma va ricordato che è illegale la detenzione, la vendita e l'uso , come da decreto .

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  • 2 settimane dopo...
Inviato

Taglio : 20 cent

Nazione : Slovenia

DATA DI EMISSIONE : 01/01/2007

MATERIALE : Nordic gold (rame 89% - alluminio 5% - zinco 5% - stagno 1%)

DIAMETRO : 22,25 mm

SPESSORE : 2,14 mm

PESO : 5,74 g.

CONTORNO : Liscio con sette rientranze ("Fiore spagnolo")

Bordo : Leggermente alzato e piatto

 

Sulla moneta da 20 cent slovena sono rappresentati una coppia di cavalli di razza Lippizani e l'iscrizione “LIPICANEC”. In basso il millesimo di conio tra 2 delle 12 stelle a 5 punte rappresentanti l'Unione Europea. Tra 10 stelle la scritta SLOVENIJA .

Gli autori sono Miljenco Licul, Maja Licul e Janez Boljka.

 

Nato per trainare carrozze imperiali, il Lipizzano fu utilizzato anche nell'esercito ed è proprio durante l'impiego in guerra che dimostrò grande facilità nell'apprendimento delle figure di difesa o di attacco. La fama di questi cavalli bianchi risale ai tempi dei Greci. Le prime documentazioni certe su questa razza risalgono al 1580, quando l'arciduca austriaco Carlo II acquistò dall'arcivescovo di Trieste il villaggio di Lipizza ( ora appunto in Slovenia ) e i terreni circostanti con lo scopo di creare un allevamento per fornire alla corte cavalli idonei alle carrozze e alla sella. Il villaggio fu scelto per le sue caratteristiche: un crinale roccioso a 400 m. di altezza sopra Trieste, lontano dal clima mite dell'Adriatico, su di un altopiano battuto dal vento 8 mesi l'anno, in una zona carsica scavata dall'acqua, dove resistono all'erosione solo le rocce granitiche. Rocce che hanno reso gli zoccoli del lipizzano tra i più compatti . Successivamente furono introdotte anche linee di sangue Napoletano, Kladruber e Frederiksborg. Il 1781 segnò la fine della pace per i bianchi cavalli di Lipizza: le guerre napoleoniche costrinsero tutto il contingente dell'allevamento a una marcia forzata .

 

Il suo carattere è volenteroso, obbediente, docile e vivace.

Questo cavallo ha il mantello generalmente grigio, raramente baio, sauro, morello e roano. La testa è di media grandezza, piuttosto allungata, con profilo generalmente rettilineo. Il collo, di lunghezza media è ben attaccato, arcuato e ornato da una criniera fitta e setosa. Il garrese è poco rilevato, ma largo e ben muscolato. La groppa è ampia, muscolosa e arrotondata. La coda è stupendamente portata, con attaccatura alta e crini lunghi e fini. Gli arti sono forti e resistenti con stinchi anch'essi corti, i piedi sono forti e ben conformati, non troppo grandi.

Le proprie attitudini sono sella (dressage e Alta Scuola), tiro leggero, tiro medio e lavori agricoli.

 

 

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  • 2 mesi dopo...
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2 € Commemorativo italiano 2004

“World Food Programme”

 

TAGLIO : 2 euro

STATO : Repubblica Italiana

ANNO : 2004

DATA DI EMISSIONE : 14 dicembre 2004

AUTORE : Uliana Pernazza, indicata con il monogramma “UP”, in cui la Lettera U è in primo piano e sovrapposta alla lettera P, di dimensioni maggiori, ma parzialmente coperta dalla U.

L’autrice nasce a Roma il 2 gennaio 1959 con la gemella Daniela, da Otello Pernazza e Maria Fontana.

Diplomatasi a pieni voti al 1° Liceo Artistico Statale “Via di Ripetta”, nel 1978 si iscrive alla Facoltà di Architettura “Valle Giulia”, che abbondona, dati i continui movimenti studenteschi, e dal 1979 al 1983 studia alla "Scuola dell’Arte della Medaglia – Giuseppe Romagnoli" (SAM), presso La Zecca. Durante il percorso di formazione alla SAM, vince il concorso della “Medaglia Calendario”, interno alla scuola che prevede come premio la coniazione e messa in vendita della medaglia vincitrice. Da allora partecipa a numerose mostre nazionali ed internazionali, vincendo segnalazioni e premi

Il 1 Febbraio 1984 inizia a lavorare, come incisore, all'interno della zecca.

Ha realizzato numerose monete, di cui alcune anche per stati esteri, e medaglie di rilievo.

Dal 1995 insegna modellazione progettazione e formatura in basso rilievo nella Scuola dell’Arte della Medaglia- Giuseppe Romagnoli, presso la Zecca.

TEMA : Cinquantenario dell'Istituzione del Programma Alimentare Mondiale

MATERIALE : Bimetallica: corona esterna: rame-nichel (rame 75% - nichel 25%); cerchio interno: tre strati, dal più esterno all’interno: nichel-ottone, nichel, nichel-ottone

DIAMETRO : 25,75 mm

SPESSORE : 2,20 mm

PESO : 8,5 g.

CONTORNO : Finemente zigrinato in verticale rispetto allo spessore con inciso una successione che si ripete 6 volte di stelle a cinque punte alternate al numero 2 che rispetto alla stella frapposta si trova una nel verso giusto e poi capovolto:   

tiratura : 16000000

 

Nella faccia nazionale commemorativa, nel cerchio interno è raffigurato il globo terrestre con la scritta “WORLD FOOD PROGRAMME”, con l’asse Nord-Sud inclinato di 45°; da esso escono, nella parte superiore della moneta, una pannocchia di mais, le cui foglie si spingono nella corona esterna, nella parte destra della moneta il riso, la cui pianta si spinge nella corona esterna, e nella parte sinistra una spiga di grano, di cui alcune ariste e una foglia si spingono nella corona esterna. A destra del globo terrestre, tutto all’interno del cerchio interno, vi è il monogramma della Repubblica Italiana costituto dalle lettere “RI” con la “I” di dimensioni maggiori e sovrapposta alla “R”; al di sotto di detto monogramma e più verso il bordo del cerchio interno vi è il monogramma “UP” dell'autrice Uliana Pernazza; a sinistra del globo terrestre il segno di zecca “R” ad indicare la zecca di Roma; sotto il globo il millesimo “2004”.

Nella corona esterna a gruppi di quattro, divisi dalle parti delle piante che si spingono in essa, sono rappresentate le 12 stelle a cinque punte, rappresentanti l'Unione Europea.

 

L’autrice, Uliana Pernazza, ha dichiarato:

“Al momento della realizzazione del bozzetto da due euro dedicato al World Food Programme, mi sono documentata sulle attività dell'Agenzia delle Nazioni Unite, nata con l'unico obiettivo di sconfiggere la fame nel mondo, dovendo sintetizzare al massimo un concetto così importante nelle piccole dimensioni e nello spessore ridotto di una moneta bimetallica.

La mia prima idea è andata al logo che questa Istituzione rappresenta: il mais ed il grano.

Questi simboli, insieme al riso, sono gli elementi fondamentali della nutrizione nel mondo.

Ho quindi realizzato una composizione che comprendesse i tre elementi, così necessari per la sopravvivenza di popolazioni che vivono nell’indigenza più assoluta.

Da qui la scritta dell'istituzione, World Food Programme che è inserita al centro del globo terrestre, dietro, spuntano rigogliosi gli elementi fondamentali della nutrizione come a rappresentare l’unico sostegno concreto ai Paesi con problemi di alimentazione.

Intorno, a completamento, ho disposto le dodici stelle a rappresentazione dell’Unione Europea, perché questa celebrazione è comunque un evento sentito presso i Popoli dell’Europa Unita”.

 

 

Il WFP o World Food Programme (Programma alimentare mondiale) è l’unità operativa dell'ONU, istituita nel 1961 dall'Assemblea generale in collaborazione con la FAO come progetto sperimentale triennale di un programma di distribuzione alimentare, su proposta di George McGovern, allora direttore dei programmi di aiuto alimentare degli USA, e costituita nel 1962; nel 1965 l'Assemblea generale votò l'estensione del programma "per tutto il tempo in cui l'assistenza alimentare multilaterale sarà ritenuta opportuna e realizzabile".

Scopo del WFP è di fornire aiuto ai paesi in deficit alimentare, sia curando la realizzazione di progetti economici e sociali, sia distribuendo direttamente cibo alle popolazioni bisognose, sia erogando coperture finanziarie per le emergenze e per il mantenimento delle missioni di soccorso. Le risorse del WFP sono costituite da offerte volontarie di governi o di enti intergovernativi, i quali forniscono generi di prima necessità, servizi di trasporto e i contributi in denaro che devono coprire almeno un terzo del bilancio annuale del programma.

Il WFP è governato da un consiglio esecutivo composto da 36 membri in rappresentanza di altrettanti stati, governato da un direttore esecutivo, che, scelto dal segretario generale delle Nazioni Unite e dal direttore generale della FAO, resta in carica 5 anni. Il WFP conta circa 15.000 dipendenti in tutto il mondo, di cui circa un 10 per cento lavora nel quartier generale di Roma, del resto l’Italia è uno dei principali donatori del WFP, attestandosi in modo stabile tra i primi venti donatori.

È molto stretto il rapporto tra il WFP e il MInistero degli Affari Esteri, attraverso gli uffici della Cooperazione Italiana allo Sviluppo; il WFP opera in Italia anche attraverso il Comitato Italiano WFP (Onlus) e gestisce, a Brindisi, una Base di Pronto Intervento Umanitario (UNHRD).

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2 euro Monaco II serie

Anno:2012

Tiratura: 1.082.373

Zecca:Parigi

Questa moneta raffigura Principe Alberto II.

Alberto II, nome completo Albert Alexandre Louis Pierre Grimaldi (Monaco, 14 marzo 1958), è, dal 6 aprile 2005, il principe di Monaco.

Prima di allora il suo titolo era quello di S.A.S. il Principe ereditario del Principato di Monaco e Marchese di Baux; è stato reggente per un brevissimo periodo prima della morte del padre, dal 21 marzo al 6 aprile 2005.

Secondogenito e unico figlio maschio di Ranieri III di Monaco e di Grace Kelly, è fratello di Carolina di Monaco e Stefania di Monaco.

Alberto continuò sostanzialmente la politica inaugurata dal padre, utilizzando la propria posizione per promuovere iniziative culturali di stampo internazionale e promuovendo largamente la locale marina del principato.

Non mancò di partecipare, come l'avo e omonimo Alberto I ad una spedizione artica che lo tenne impegnato nel 2006 e che lo portò a raggiungere il Polo Nord il 16 aprile di quello stesso anno, distinguendosi per essere stato il primo capo di Stato ad aver raggiunto quel punto della terra.

Si occupa largamente anche delle opere assistenziali ai più poveri, patrocinando organizzazioni internazionali come l'UNICEF e per la salvaguardia della fauna terrestre e marina.

Alla salita al trono di Alberto II, con il riconoscimento dei suoi due figli, si è posto per lo Stato monegasco un grave problema sui diritti di successione, cioè se tali diritti dovessero essere applicati anche a essi. Prima del 2002, infatti, la Costituzione monegasca specificava che solo i discendenti maschi diretti o legittimati dell'ultimo principe regnante potessero ereditare la corona di Monaco.

Il 2 aprile 2002 è stata approvata una legge che abroga questo diritto esclusivo di successione ai legittimati e consente invece le pretese al trono anche ai parenti prossimi di ambo i sessi. Con il medesimo documento è stato anche specificamente disposto, nel caso di Alberto II, che i suoi figli legittimati non possano vantare pretese sul trono a meno che egli stesso non decida di sposarne la madre. Con la convalida di tale abrogazione, Alberto II ha di fatto espresso la propria volontà, pur assumendosi in pieno i doveri di paternità, di non concedere la successione "de jure" al trono ai detti figli e perciò, dal novembre del 2007, la Principessa Carolina di Monaco è divenuta la principessa ereditaria in linea di successione diretta dopo Alberto. Il Principe di Monaco ha inoltre nominato Andrea Casiraghi, figlio di Carolina, il secondo in linea di successione.

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@@darkness19 Mi fa tanto piacere che anche tu abbia partecipato , per la prossima volta meglio aspettare almeno 1 giorno, così se qualcuno vuole può replicare :-)

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@@darkness19 Mi fa tanto piacere che anche tu abbia partecipato , per la prossima volta meglio aspettare almeno 1 giorno, così se qualcuno vuole può replicare :-)

In che senso aspettare un giorno? Non ho capito che ho combinato


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Nessun problema, se leggi le regole in prima pagina sarà chiaro . Giusto per aspettare un minimo di tempo nel caso qualcuno volesse fare un'aggiunta alla moneta postata precedentemente ;-) . Tutto qui . Mi fa piacere che hai partecipato perchè sei qui da poco ed hai colto subito lo spirito :-)

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Nessun problema, se leggi le regole in prima pagina sarà chiaro . Giusto per aspettare un minimo di tempo nel caso qualcuno volesse fare un'aggiunta alla moneta postata precedentemente ;-) . Tutto qui . Mi fa piacere che hai partecipato perchè sei qui da poco ed hai colto subito lo spirito :-)

Scusamiiii! In effetti non avevo letto fino alla fine. La prossima volta starò più attenta, prometto. Non vedevo l'ora di poter partecipare a qualche discussione sull'Euro perchè per adesso mi sto facendo una cultura su questo visto che ho appena iniziato a collezionare monete.

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Nazione: Slovenia

Taglio: 1 Euro

Tiratura 2007: 29.750.000

Autori : Miljenco Licul, Maja Licul e Janez Boljka

Tema : Primoz Trubar

Serie:

2007 Segno identificativo della Finlandia “FI”.

2008 Segno della zecca olandese e del suo direttore.

2009 Nessun segno di zecca.

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Primoz Trubar (1508-1586) è stato un religioso ed uno scrittore.

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Nativo della Carniola, una regione storica collocata tra il Friuli, la Croazia e l’Istria, nucleo dell’attuale stato sloveno.

(in foto casa-museo)

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Pastore cattolico convertito al luteranesimo, successivamente divenne il più attivo animatore della riforma protestante in terra slovena.

Considerato il padre della letteratura slovena, Trubar fu autore di numerosi libri, il più importante dei quali fu la traduzione in sloveno del Catechismo e del Nuovo Testamento.

Varie persecuzioni lo fecero trasferire nel 1565 in Germania sino alla fine dei suoi giorni.

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E' raffigurato anche sul 2 euro sloveno del 2008 che commemora il 500° anniversario della sua nascita.

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Nel 1986 la televisione slovena ha prodotto una serie TV sulla vita di Trubar dal titolo "Heretik".

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Trubar era stato commemorato anche sulla banconota da 10 talleri sloveno:

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Dal 2010 l'8 giugno è ricordato in Slovenia come "Il giorno di Primož Trubar".

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Nazione: Slovenia

Taglio: 2 Euro

Tiratura: 1.000.000 - di cui 40.000 FS - 10.000 Coincard

Autori : Miljenco Licul e Maja Licul

Tema : 500° Anniversario della nascita di Primoz Trubar

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La precedente moneta da un euro sloveno illustra già sinteticamente chi è Primoz Trubar, sarà quindi aggiunta solo qualche immagine in più ed una citazione sulla nascita giusto perchè questa moneta ne commemora il cinquecentenario (1508-2008).

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Trubar era nato a Rasica a sud di Lubiana (Carniola), territorio confinante con il Friuli.

La madre di Trubar non conosceva l'anno di nascita, diceva sempre che era nato nell’anno in cui i veneziani presero Trieste; di fatto, Venezia, nel 1508 conquistò Gorizia, Trieste e Fiume.

La casa natale fu restaurata nel 1950 in occasione del 400° anniversario dei primi libri stampati in sloveno a cura del Trubar.

Libro dell'epoca che riporta in copertina la figura del religioso/scrittore:

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Libri originali dell'epoca (1550-1586)

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A tutt'oggi la casa natale è adibita a Museo alla memoria.

Esterni:

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Interni:

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Settore Museo (interno)

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Slovenia 2008

Tiratura 2.000

Zecca Olandese - Utrecht

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Nella serie divisionale del 2008 non è presente la precedente moneta da 2 euro commemorativa del 500° anniversario della nascita di Primoz Trubar. post-27461-0-65632100-1434904298.jpg

Pur non essendoci nella confezione la serie è comunque dedicata l'illustre personaggio sloveno, è pur sempre presente la moneta da un euro appartenente alla serie ordinaria. post-27461-0-19494200-1434906035.jpg

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2 € Commemorativo italiano 2006

“XX Giochi olimpici invernali – Torino 2006”

 

TAGLIO : 2 euro

STATO : Repubblica Italiana

ANNO : 2006

DATA DI EMISSIONE : 10 febbraio 2006 (giorno di inaugurazione dei Giochi olimpici invernali)

TEMA : XX Giochi olimpici invernali svoltisi a Torino dal 10 al 26 febbraio del 2006

AUTORE : Maria Carmela Colaneri, indicata con le inziali “M C C”

Maria Carmela Colaneri è nata a Roma il 10 Febbraio del 1963.

Diplomatasi al Liceo Artistico, ha frequentato la "Scuola dell’Arte della Medaglia (SAM) – Giuseppe Romagnoli" dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato in Via Principe Umberto 4 a Roma. La sua ammissione alla SAM fu fortuita: lei ed una sua amica, venute a conoscenza del bando di concorso quando era pressoché in scadenza, presentarono ciascuna il proprio saggio per l’ammissione all’ultimo istante, con poche speranze sull’esito, tuttavia Maria Carmela Colaneri venne ammessa.

Dal 1984 è incisore della Zecca di Stato ed ha realizzato per la Repubblica italiana, per la Città del Vaticano e per la Repubblica di San Marino decine di monete per la circolazione e commemorative, oltre a numerose medaglie e placchette.

Ha partecipato a numerosi concorsi nazionali ed internazionali ed ha vinto premi nazionali internazionali, l’ultimo dei quali le è stato consegnato il 31 gennaio 2015, nella Room Paris: Maria Carmela Colaneri ha ricevuto il “Lifetime Achievement Award in Coin Design” (Premio alla Carriera) nella cerimonia che si è tenuta durante la 44° edizione della World Money Fair, svoltasi a Berlino, presso il Centro Congressi Estrel, dal 30 gennaio al 1 febbraio 2015.

Le monete di Maria Carmela Colaneri sono cariche di raffigurazioni integrate con elementi geometrici, quali, linee, poligoni, curve, che conferiscono unità e armonia al soggetto: a lei piace mettere nella moneta il maggior numero possibile di elementi, anche se talvolta sembra esagerare.

MATERIALE : Bimetallica: corona esterna: rame-nichel (rame 75% - nichel 25%); cerchio interno: tre strati, dal più esterno all’interno: nichel-ottone, nichel, nichel-ottone

DIAMETRO : 25,75 mm

SPESSORE : 2,20 mm

PESO : 8,5 g.

CONTORNO : Finemente zigrinato in verticale rispetto allo spessore con inciso una successione che si ripete 6 volte di stelle a cinque punte alternate al numero 2 che rispetto alla stella frapposta si trova una nel verso giusto e poi capovolto:   

tiratura : 40000000

 

Nella faccia nazionale commemorativa, nel cerchio interno in primo piano è raffigurato uno sciatore impegnato in una gara agonistica con dietro, una composizione di elementi grafici stilizzati; a sinistra in alto il monogramma della Repubblica italiana costituto dalle lettere “RI”, con la “I” di dimensioni maggiori e sovrapposta sulla parte centrale della “R”; al di sotto vi è il segno di zecca “R” ad indicare la Zecca di Roma; ancora più a sinistra vi è la raffigurazione della Mole Antonelliana, la cui antenna si spinge nella corona esterna; dalla guglia della Mole parte una curva che si spinge nella corona esterna, mentre alla base della Mole vi è un segmento che si allunga nella corona esterna e al di sotto la scritta “TORINO” in caratteri maiuscoli, che poggia su quattro semicerchi leggermente schiacciati sul loro lato desto, poggianti su una linea appresentante l’orizzonte che si allunga nella parte destra della corona esterna; la “O”, ultima lettera di Torino è tagliata al bordo dal bastoncino dello sciatore. Al di sopra dello sciatore la scritta “GIOCHI INVERNALI” in caratteri maiuscoli e ciascun termine su una riga, per cui la scritta è su due righe; al fianco sinistro dell’atleta e al di sotto del braccio, in posizione di spinta, è disposto, verticalmente, il millesimo “2006”. Al disotto della linea dell’orizzonte, sempre alla sinistra dello sciatore e precisamente all’altezza della metà coscia, le iniziali “M.C.C.” dell’autrice Maria Carmela Colaneri.

Nella corona esterna, in cui giungono alcune terminazioni degli elementi citati, sono presenti 12 stelle a cinque punte, rappresentanti l'Unione Europea.

 

I XX Giochi olimpici invernali (manifestazione sportiva che riunisce in un solo evento agonistico le discipline che si praticano sulla neve e sul ghiaccio, con cadenza quadriennale in alternanza con le edizioni estive dei Giochi olimpici, la cui prima edizione si tenne nel 1924 a Chamonix, in Francia; da allora tutte le edizioni si sono svolte con cadenza regolare, tranne che nel 1940 e nel 1944, per motivi bellici. Le gare si svolgono di consuetudine nel mese di febbraio e dall'edizione del 1994 si alternano negli anni pari con quelle estive) si sono tenuti dal 10 al 26 febbraio 2006 a Torino e in altre otto località del Piemonte (Bardonecchia, Cesana, Claviere, Pragelato, Pinerolo, San Sicario, Sauze d'Oulx, Sestriere). Ad essi hanno preso parte 80 nazioni, per un totale di 2.508 atleti, 1.584 maschi e 960 femmine, che si sono sfidati in 84 competizioni, di cui trentacinque prove maschili, trentasette femminili e due miste, per quindici discipline e sette sport differenti, presiedute da 650 giudici e arbitri e immortalate da 9408 organi di stampa, di cui 2608 per quella scritta, e riprese da 6720 emittenti collegate, con una copertura televisiva dal vivo comprendente diciotto paesi.

Le discipline in cui gli atleti hanno gareggiato in queste olimpiadi invernali sono stati il Biathlon, che combina sci di fondo a tecnica libera e tiro con la carabina di piccolo calibro, il Bob (a due e a quattro), la Combinata nordica, che combina sci di fondo e salto, il Curling (gioco a squadre che consiste nel far scivolare sul ghiaccio blocchi di pietra in modo che si arrestino sul bersaglio disegnato), il Freestyle, discesa rapida di sci (più corti del normale) su pista in cui si compiono evoluzioni acrobatiche, quali gobbe e salti, l’Hockey su ghiaccio, il Pattinaggio di figura, il Pattinaggio di velocità, il Salto, lo Sci alpino, lo Sci di fondo, lo Short track, gara di velocità che si disputa su una pista grande quanto un campo da hockey, caratterizzata dall'andatura con l'’inclinazione del corpo di 30°, con la mano che tocca a terra, lo Skeleton, simile al bob e allo slittino, ma l’atleta sta prono con la faccia verso valle, lo Slittino e lo Snowboard.

Per la prima volta hanno partecipato l’Albania, il Madagascar e l’Etiopia.

Lo sponsor ufficiale è stato l’Iveco; le mascotte ufficiali sono Neve e Gliz, ideate dal designer portoghese Pedro Albuquerque; lo slogan dei Giochi "Passion lives here" è stato scritto dalla calligrafa italiana Francesca Biasetton.

Alla cerimonia di apertura della XX edizione dei Giochi olimpici invernali, tenutasi il 10 febbraio 2006 alle ore 20:00 dell’Orario dell'Europa Centrale, presso lo Stadio Olimpico di Torino, durata circa due ore, e condotta da Piero Chiambretti, la bandiera olimpica, per la prima volta nella storia, è stata portata solo da donne (Sophia Loren, Isabel Allende, Susan Sarandon, Nawal El Moutawakel, Wangari Maathai, Manuela Di Centa, Maria Mutola e Somaly Mam) e anche l’ultimo tedoforo è stata una donna, la fondista italiana vincitrice più di medaglie olimpiche (10), Stefania Belmondo (sia la torcia che il braciere olimpico, sono stati disegnati da Pininfarina) A tale Cerimonia ha partecipato anche il maestro Luciano Pavarotti, sua ultima esibizione. Altro primato è l’altezza del braciere, alto 57 metri.

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  • 3 anni dopo...
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La discussione e’ indubbiamente interessante e importante, si va oltre i valori e si entra nel messaggio, nel simbolo rappresentato, sono tutti messaggi, ricorrenze, commemorazioni ,significati,sicuramente da commento e anche da valutazione della bellezza artistica e iconografica.

Merita quindi un rilancio ogni tanto e magari anche un post di richiamo e promozione non so in piazzetta per divulgarla di più, certo andare oltre alle stime e vedere cosa raccontino le monete sarebbe un gran passo sostanziale e di riflessione per tutti, non facile lo so benissimo però ...però ...


  • 4 settimane dopo...
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Inviato
Il 27/9/2018 alle 10:19, dabbene dice:

La discussione e’ indubbiamente interessante e importante, si va oltre i valori e si entra nel messaggio, nel simbolo rappresentato, sono tutti messaggi, ricorrenze, commemorazioni ,significati,sicuramente da commento e anche da valutazione della bellezza artistica e iconografica.

Merita quindi un rilancio ogni tanto e magari anche un post di richiamo e promozione non so in piazzetta per divulgarla di più, certo andare oltre alle stime e vedere cosa raccontino le monete sarebbe un gran passo sostanziale e di riflessione per tutti, non facile lo so benissimo però ...però ...

Ti ho preparato questo bel regalino, dedicato a tutti gli amanti dei tondelli... :acute:

 

2 Euro Commemorativo "Anno Europeo del Patrimonio Culturale"

 

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Questa moneta viene emessa dallo Stato della Città del Vaticano il 01/06/2018 per commemorare il 2018 l'Anno Europeo del Patrimonio Culturale, iniziativa annunciata dall'Unione Europea nel 2017 e lanciata il 31/01/2018, a cui partecipano i 28 Stati Membri. Autore del soggetto Daniela Longo, incisore Claudia Momoni, in questa emissione viene rappresentato il "Gruppo Scultoreo del Laocoonte", scultura in marmo conservata nel Museo Pio-Clementino dei Musei Vaticani. E' stata emessa per un totale di 101.000 pezzi, di cui 76.000 in Folder FDC, 15.000 in Busta Filatelico Numismatica e 10.000 in Cofanetto Fondo Specchio.

 

Anno Europeo del Patrimonio Culturale

 

L'obiettivo dell'Anno europeo del patrimonio culturale è quello di incoraggiare il maggior numero di persone a scoprire e lasciarsi coinvolgere dal patrimonio culturale dell'Europa e rafforzare il senso di appartenenza a un comune spazio europeo. Il motto dell’anno è: "Il nostro patrimonio: dove il passato incontra il futuro".

L’Anno vedrà svolgersi una serie di iniziative e di manifestazioni in tutta Europa per consentire ai cittadini di avvicinarsi e conoscere più a fondo il loro patrimonio culturale. Il patrimonio culturale plasma la nostra identità e la nostra vita quotidiana. Ci circonda nelle città e nei borghi d’Europa, quando siamo immersi nei paesaggi naturali o ci troviamo nei siti archeologici. Non si tratta soltanto di letteratura, arte e oggetti, ma anche dell'artigianato appreso dai nostri progenitori, delle storie che raccontiamo ai nostri figli, del cibo che gustiamo in compagnia e dei film che guardiamo per riconoscere noi stessi.

 

Perché il Patrimonio Culturale ?

 

 

Il patrimonio culturale ha un valore universale per ciascuno di noi, per le comunità e le società. È importante conservarlo e trasmetterlo alle generazioni future. Si può pensare al patrimonio come a "un qualcosa del passato" o di statico, ma in realtà si sviluppa attraverso il nostro modo di rapportarci ad esso. Per di più, il nostro patrimonio culturale ha un ruolo importante da svolgere nella costruzione del futuro dell’Europa. Questa è una delle ragioni per cui vogliamo raggiungere i giovani, in particolare durante l’Anno europeo.

Il patrimonio culturale si presenta in varie forme:

  • tangibile - ad esempio edifici, monumenti, artefatti, abbigliamento, opere d’arte, libri, macchine, città storiche, siti archeologici
  • intangibile - pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, competenze, e i relativi strumenti, oggetti e spazi culturali, cui le persone attribuiscono valore. Ciò comprende la lingua e le tradizioni orali, le arti dello spettacolo, le pratiche sociali e l’artigianato tradizionale
  • natural - paesaggi, flora e fauna
  • digitale - risorse create in forma digitale (ad esempio opere d’arte digitali e animazione) o che sono state digitalizzate in modo da garantirne la conservazione (testi, immagini, video, registrazioni).

Prendendoci cura del nostro patrimonio culturale, possiamo scoprire la nostra diversità e avviare un dialogo interculturale su ciò che abbiamo in comune. Quale modo migliore per arricchire le nostre vite se non interagendo con qualcosa di così fondamentale per la nostra identità?

Il patrimonio culturale non dovrebbe essere lasciato al declino, al deterioramento e alla distruzione. Per questo motivo, nel 2018, cercheremo i modi per celebrarlo e conservarlo.

 

Cosa accade nel 2018 ?

 

L’Anno europeo appartiene a tutti, affinché ognuno possa sperimentare, apprezzare e godere del patrimonio culturale. Tutti sono invitati a partecipare alle migliaia di attività che si svolgeranno in tutta Europa per far sentire le persone più strettamente coinvolte con il patrimonio culturale.

Ogni Stato membro ha nominato un coordinatore nazionale per attuare l’Anno e coordinare gli eventi e i progetti a livello locale, regionale e nazionale.

Le principali parti interessate del settore culturale, come pure le organizzazioni della società civile, sono strettamente coinvolti nelle attività dell'Anno europeo.

A livello europeo, tutte le istituzioni dell’Unione europea sono impegnati a rendere l’Anno un successo. La Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea, otre al Comitato europeo delle regioni e al Comitato economico e sociale europeo organizzeranno eventi per celebrare l'Anno e inaugurare attività incentrate sul patrimonio culturale.

Inoltre, l'UE finanzierà progetti a sostegno del patrimonio culturale. Un apposito invito a presentare progetti di cooperazione relativi all’Anno è stato pubblicato nell’ambito del programma "Europa creativa". Numerose altre opportunità saranno disponibili nel quadro dei programmi dell'UE Erasmus+, Europa per i cittadini, Orizzonte 2020 e altri ancora.

Per far sì che i nostri sforzi lascino un’impronta oltre il 2018, la Commissione, in collaborazione con il Consiglio d’Europa, l’UNESCO e gli altri partner, gestirà dieci progetti a lungo termine. Questi comprenderanno le attività con le scuole, la ricerca su soluzioni innovative per riutilizzare gli edifici appartenenti al patrimonio culturale o per contrastare il traffico illecito di beni culturali. L’obiettivo è stimolare un cambiamento reale nel nostro modo di fruire, tutelare e promuovere il patrimonio culturale, facendo sì che l’Anno europeo crei benefici per i cittadini a lungo termine.

 

Gruppo Scultoreo del Laocoonte

 

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Descrizione e Stile

 

Il gruppo statuario raffigura la fine di Laocoonte e dei suoi due figli Antifante e Timbreo mentre sono stritolati da due serpenti marini, come narrato nel ciclo epico della guerra di Troia, ripreso successivamente nell'Eneide da Virgilio, in cui è descritto l'episodio della vendetta di Atena, che desiderava la vittoria degli Achèi, sul sacerdote troiano di Apollo, che cercò di opporsi all'ingresso del cavallo di Troia nella città.

La sua posa è instabile perché nel tentativo di liberarsi dalla stretta dei serpenti Laocoonte richiama tutta la sua forza, manifestando con la più alta intensità drammatica la sua sofferenza fisica e spirituale. I suoi arti e il suo corpo assumono una posa pluridirezionale e in torsione, che si slancia nello spazio. L'espressione dolorosa del suo viso unita al contesto e la scena danno una resa psicologica caricata, quasi teatrale, come tipico delle opere del "barocco ellenistico". La resa del nudo mostra una consumata abilità, con l'enfatica torsione del busto che sottolinea lo sforzo e la tensione del protagonista. Il volto è tormentato da un'espressione pateticamente corrucciata. Il ritmo concitato si trasmette poi alle figure dei figli.

La statua è composta da più parti distinte, mentre Plinio il Vecchio, in effetti, descrisse una scultura ricavata da un unico blocco marmoreo (ex uno lapide). Tale circostanza ha creato sempre molti dubbi di identificazione ed attribuzione.

 

Storia Antica e Datazione

 

Plinio raccontava di aver visto una statua del Laocoonte nella casa dell'imperatore Tito, attribuendola a tre scultori provenienti da Rodi: Agesandro, Atenodoro e Polidoro. Scrive Plinio:

«Né poi è di molto la fama della maggior parte, opponendosi alla libertà di certuni fra le opere notevoli la quantità degli artisti, perché non uno riceve la gloria né diversi possono ugualmente essere citati, come nel Laoconte, che è nel palazzo dell'imperatore Tito, opera che è da anteporre a tutte le cose dell'arte sia per la pittura sia per la scultura. Da un solo blocco per decisione di comune accordo i sommi artisti Agesandro, Polidoro e Atenodoro di Rodi fecero lui e i figli e i mirabili intrecci dei serpenti.»

(Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXVI, 37)

La tradizionale identificazione della statua dei Musei Vaticani con quella descritta da Plinio è ancora generalmente accettata, visto anche che la residenza privata di Tito si doveva trovare proprio sul colle Oppio, dove la statua venne poi ritrovata. Accettata è anche l'attribuzione ai tre artisti rodii, autori anche dei gruppi statuari con storie di Ulisse della grotta di Sperlonga.

Varie date sono state proposte per questa statua, oscillanti tra metà del II secolo a.C. alla metà del I secolo d.C.; Bernard Andreae, in alcuni studi, ha ipotizzato che il Laocoonte sia una copia di un originale bronzeo ellenistico, come dimostrerebbero alcuni dati tecnici e stilistici. Sulla parte posteriore della statua si trova infatti del marmo lunense, non utilizzato prima della metà del I secolo a.C., inoltre alcuni dettagli rimandano inequivocabilmente alla fusione a cera persa: ad esempio il mantello che ricade sulla spalla del giovane a destra fino a toccargli il ginocchio deriva quasi certamente da un espediente tecnico necessario a costituire un passaggio per il metallo fuso. Si è ipotizzato che l'originale fosse stato creato a Pergamo, come suggeriscono alcuni confronti stilistici con opere della scuola locale: i pacifici rapporti tra la città dell'Asia minore e Roma erano infatti rafforzati dai miti legati a Troia, dai quali discendevano le leggende di fondazione di entrambe le città.

Plinio comunque attesta la presenza a Roma della statua marmorea a metà del I secolo d.C. attribuendola a scultori attivi un secolo prima. Infatti alcune iscrizioni trovate a Lindos, sull'isola di Rodi fanno risalire la presenza a Roma di Agesandro e Atanodoro ad un periodo successivo al 42 a.C., ed in questo modo la data più probabile per la creazione del Laocoonte deve essere compresa tra il 40 ed il 20 a.C., per una ricca casa patrizia, o più probabilmente per una committenza imperiale (Augusto, Mecenate), anche se il Laocoonte sembra lontano dallo stile neoattico in auge nel periodo. Visto il luogo di ritrovamento è anche possibile che la statua sia appartenuta, per un periodo, a Nerone

 

 

Il Ritrovamento

 

 

La statua fu trovata il 14 gennaio del 1506 scavando in una vigna sul colle Oppio di proprietà di Felice de Fredis, nelle vicinanze della Domus Aurea di Nerone: l'epitaffio sulla tomba di Felice de Fredis in Santa Maria in Aracoeli ricorda l'avvenimento. Allo scavo, di grandezza stupefacente secondo le cronache dell'epoca, assistettero di persona, tra gli altri, lo scultore Michelangelo e l'architetto Giuliano da Sangallo. Questi era stato inviato dal papa a valutare il ritrovamento, secondo la testimonianza di Francesco, giovane figlio di Giuliano (che, ormai anziano, ricorda l'episodio in una lettera del 1567). Secondo questa testimonianza fu proprio Giuliano da Sangallo ad identificare i frammenti ancora parzialmente sepolti con la scultura citata da Plinio. Esistono comunque testimonianze coeve che danno la stessa identificazione della scultura appena rinvenuta.

 

La Collocazione al Belvedere

 

La statua fu acquistata subito dopo la scoperta dal papa Giulio II, che era un appassionato classicista, e fu sistemata, in posizione di rilievo, nel cortile ottagonale ("Cortile delle Statue") progettato da Bramante all'interno del complesso del Giardino del Belvedere proprio per accogliere la collezione papale di scultura antica.

Tale allestimento è considerato l'atto fondativo dei Musei Vaticani. Da allora il Laocoonte, assieme all'Apollo del Belvedere, costituì il pezzo più importante della collezione, e fu oggetto dell'incessante successione di visite, anche notturne, da parte di curiosi, artisti e viaggiatori.

 

 

Restauri ed Integrazioni

 

Quando il gruppo scultoreo fu scoperto, benché in buono stato di conservazione, presentava il padre ed il figlio minore entrambi privi del braccio destro. Dopo un primo ripristino, forse eseguito da Baccio Bandinelli (che ne eseguì una delle prime copie, intorno al 1520, oggi agli Uffizi, per Leone X), del braccio del figlio minore e di alcune dita del figlio maggiore, artisti ed esperti discussero su come dovesse essere stata la parte mancante nella raffigurazione del sacerdote troiano. Nonostante alcuni indizi mostrassero che il braccio destro fosse, all'origine, piegato dietro la spalla di Laocoonte, prevalse l'opinione che ipotizzava il braccio esteso in fuori, in un gesto eroico e di forte dinamicità. L'integrazione fu eseguita, probabilmente in terracotta, da Montorsoli ed il restauro ebbe un successo duraturo tanto che Winckelmann, pur consapevole della diversa posizione originaria, si dichiarò favorevole al mantenimento del braccio teso. Intanto, tra il 1725 e il 1727, Agostino Cornacchini eseguì un restauro del gruppo scultoreo che versava in condizioni di degrado. Vennero sostituiti il braccio di terracotta del Laocoonte e quello in marmo del figlio, evidentemente rovinati con altri dall'identica posa. Nel 1906 l’archeologo tedesco Ludwig Pollak rinvenne fortuitamente il braccio destro originario di Laooconte, che si presentava piegato, come Michelangelo aveva immaginato: l’arto fu ricollocato alla spalla da Filippo Magi tra il 1957 ed il 1960, che rimosse tutte le integrazioni non originali, secondo i prìncipi del restauro moderno.

 

 

Influenza Culturale

 

La scoperta del Laocoonte ebbe enorme risonanza tra gli artisti e gli scultori ed influenzò significativamente l'arte rinascimentale italiana e nel secolo successivo la scultura barocca. Straordinaria fu infatti l'attenzione suscitata dalla statua, e se ne trova traccia nelle numerose lettere degli ambasciatori che la descrivono, nei disegni e nelle incisioni che subito dopo iniziarono a circolare per l'Europa. Il forte dinamismo e la plasticità eroica e tormentata del Laocoonte ispirò numerosi artisti, da Michelangelo a Tiziano, da El Greco ad Andrea del Sarto.

Michelangelo ad esempio fu particolarmente impressionato dalla rilevante massa della statua e dal suo aspetto sensuale, in particolare nella rappresentazione delle figure maschili. Molti dei lavori di Michelangelo successivi alla scoperta, come il Tondo Doni, lo Schiavo ribelle e lo Schiavo morente, furono influenzati dal Laocoonte. Molti scultori si esercitarono sul gruppo scultoreo facendone calchi e copie anche a grandezza naturale.

Il re di Francia insistette molto per avere la statua dal papa o almeno una sua copia. A tal fine, lo scultore fiorentino Baccio Bandinelli ricevette l'incarico dal cardinale Giulio de' Medici papa Clemente VII Medici, di farne una copia, oggi agli Uffizi. Il re di Francia, però, dovette accontentarsi di inviare, intorno al 1540, lo scultore Francesco Primaticcio a Roma per realizzare un calco al fine di ricavarne una copia in bronzo destinata a Fontainebleau. Un'altra copia si trova nel Gran Palazzo dei Cavalieri di Rodi a Rodi. Una copia in gesso, appartenuta al Mengs, si trova nell'Accademia di belle arti di Roma.

Il fascino della scultura coinvolse per secoli artisti ed intellettuali come Gian Lorenzo Bernini, Orfeo Boselli, Winckelmann e Goethe, diventando il fulcro della riflessione settecentesca sulla scultura. La tragica mobilità di questa statua è uno dei temi del saggio Laokoön, di Lessing, uno dei primi classici di critica dell'arte.

 

Buona Cultura a Tutti :hi:

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Inviato
2 minuti fa, Baylon dice:

Ti ho preparato questo bel regalino, dedicato a tutti gli amanti dei tondelli... :acute:

 

2 Euro Commemorativo "Anno Europeo del Patrimonio Culturale"

 

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Questa moneta viene emessa dallo Stato della Città del Vaticano il 01/06/2018 per commemorare il 2018 l'Anno Europeo del Patrimonio Culturale, iniziativa annunciata dall'Unione Europea nel 2017 e lanciata il 31/01/2018, a cui partecipano i 28 Stati Membri. Autore del soggetto Daniela Longo, incisore Claudia Momoni, in questa emissione viene rappresentato il "Gruppo Scultoreo del Laocoonte", scultura in marmo conservata nel Museo Pio-Clementino dei Musei Vaticani. E' stata emessa per un totale di 101.000 pezzi, di cui 76.000 in Folder FDC, 15.000 in Busta Filatelico Numismatica e 10.000 in Cofanetto Fondo Specchio.

 

Anno Europeo del Patrimonio Culturale

 

L'obiettivo dell'Anno europeo del patrimonio culturale è quello di incoraggiare il maggior numero di persone a scoprire e lasciarsi coinvolgere dal patrimonio culturale dell'Europa e rafforzare il senso di appartenenza a un comune spazio europeo. Il motto dell’anno è: "Il nostro patrimonio: dove il passato incontra il futuro".

L’Anno vedrà svolgersi una serie di iniziative e di manifestazioni in tutta Europa per consentire ai cittadini di avvicinarsi e conoscere più a fondo il loro patrimonio culturale. Il patrimonio culturale plasma la nostra identità e la nostra vita quotidiana. Ci circonda nelle città e nei borghi d’Europa, quando siamo immersi nei paesaggi naturali o ci troviamo nei siti archeologici. Non si tratta soltanto di letteratura, arte e oggetti, ma anche dell'artigianato appreso dai nostri progenitori, delle storie che raccontiamo ai nostri figli, del cibo che gustiamo in compagnia e dei film che guardiamo per riconoscere noi stessi.

 

Perché il Patrimonio Culturale ?

 

 

Il patrimonio culturale ha un valore universale per ciascuno di noi, per le comunità e le società. È importante conservarlo e trasmetterlo alle generazioni future. Si può pensare al patrimonio come a "un qualcosa del passato" o di statico, ma in realtà si sviluppa attraverso il nostro modo di rapportarci ad esso. Per di più, il nostro patrimonio culturale ha un ruolo importante da svolgere nella costruzione del futuro dell’Europa. Questa è una delle ragioni per cui vogliamo raggiungere i giovani, in particolare durante l’Anno europeo.

Il patrimonio culturale si presenta in varie forme:

  • tangibile - ad esempio edifici, monumenti, artefatti, abbigliamento, opere d’arte, libri, macchine, città storiche, siti archeologici
  • intangibile - pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, competenze, e i relativi strumenti, oggetti e spazi culturali, cui le persone attribuiscono valore. Ciò comprende la lingua e le tradizioni orali, le arti dello spettacolo, le pratiche sociali e l’artigianato tradizionale
  • natural - paesaggi, flora e fauna
  • digitale - risorse create in forma digitale (ad esempio opere d’arte digitali e animazione) o che sono state digitalizzate in modo da garantirne la conservazione (testi, immagini, video, registrazioni).

Prendendoci cura del nostro patrimonio culturale, possiamo scoprire la nostra diversità e avviare un dialogo interculturale su ciò che abbiamo in comune. Quale modo migliore per arricchire le nostre vite se non interagendo con qualcosa di così fondamentale per la nostra identità?

Il patrimonio culturale non dovrebbe essere lasciato al declino, al deterioramento e alla distruzione. Per questo motivo, nel 2018, cercheremo i modi per celebrarlo e conservarlo.

 

Cosa accade nel 2018 ?

 

L’Anno europeo appartiene a tutti, affinché ognuno possa sperimentare, apprezzare e godere del patrimonio culturale. Tutti sono invitati a partecipare alle migliaia di attività che si svolgeranno in tutta Europa per far sentire le persone più strettamente coinvolte con il patrimonio culturale.

Ogni Stato membro ha nominato un coordinatore nazionale per attuare l’Anno e coordinare gli eventi e i progetti a livello locale, regionale e nazionale.

Le principali parti interessate del settore culturale, come pure le organizzazioni della società civile, sono strettamente coinvolti nelle attività dell'Anno europeo.

A livello europeo, tutte le istituzioni dell’Unione europea sono impegnati a rendere l’Anno un successo. La Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea, otre al Comitato europeo delle regioni e al Comitato economico e sociale europeo organizzeranno eventi per celebrare l'Anno e inaugurare attività incentrate sul patrimonio culturale.

Inoltre, l'UE finanzierà progetti a sostegno del patrimonio culturale. Un apposito invito a presentare progetti di cooperazione relativi all’Anno è stato pubblicato nell’ambito del programma "Europa creativa". Numerose altre opportunità saranno disponibili nel quadro dei programmi dell'UE Erasmus+, Europa per i cittadini, Orizzonte 2020 e altri ancora.

Per far sì che i nostri sforzi lascino un’impronta oltre il 2018, la Commissione, in collaborazione con il Consiglio d’Europa, l’UNESCO e gli altri partner, gestirà dieci progetti a lungo termine. Questi comprenderanno le attività con le scuole, la ricerca su soluzioni innovative per riutilizzare gli edifici appartenenti al patrimonio culturale o per contrastare il traffico illecito di beni culturali. L’obiettivo è stimolare un cambiamento reale nel nostro modo di fruire, tutelare e promuovere il patrimonio culturale, facendo sì che l’Anno europeo crei benefici per i cittadini a lungo termine.

 

Gruppo Scultoreo del Laocoonte

 

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Descrizione e Stile

 

Il gruppo statuario raffigura la fine di Laocoonte e dei suoi due figli Antifante e Timbreo mentre sono stritolati da due serpenti marini, come narrato nel ciclo epico della guerra di Troia, ripreso successivamente nell'Eneide da Virgilio, in cui è descritto l'episodio della vendetta di Atena, che desiderava la vittoria degli Achèi, sul sacerdote troiano di Apollo, che cercò di opporsi all'ingresso del cavallo di Troia nella città.

La sua posa è instabile perché nel tentativo di liberarsi dalla stretta dei serpenti Laocoonte richiama tutta la sua forza, manifestando con la più alta intensità drammatica la sua sofferenza fisica e spirituale. I suoi arti e il suo corpo assumono una posa pluridirezionale e in torsione, che si slancia nello spazio. L'espressione dolorosa del suo viso unita al contesto e la scena danno una resa psicologica caricata, quasi teatrale, come tipico delle opere del "barocco ellenistico". La resa del nudo mostra una consumata abilità, con l'enfatica torsione del busto che sottolinea lo sforzo e la tensione del protagonista. Il volto è tormentato da un'espressione pateticamente corrucciata. Il ritmo concitato si trasmette poi alle figure dei figli.

La statua è composta da più parti distinte, mentre Plinio il Vecchio, in effetti, descrisse una scultura ricavata da un unico blocco marmoreo (ex uno lapide). Tale circostanza ha creato sempre molti dubbi di identificazione ed attribuzione.

 

Storia Antica e Datazione

 

Plinio raccontava di aver visto una statua del Laocoonte nella casa dell'imperatore Tito, attribuendola a tre scultori provenienti da Rodi: Agesandro, Atenodoro e Polidoro. Scrive Plinio:

«Né poi è di molto la fama della maggior parte, opponendosi alla libertà di certuni fra le opere notevoli la quantità degli artisti, perché non uno riceve la gloria né diversi possono ugualmente essere citati, come nel Laoconte, che è nel palazzo dell'imperatore Tito, opera che è da anteporre a tutte le cose dell'arte sia per la pittura sia per la scultura. Da un solo blocco per decisione di comune accordo i sommi artisti Agesandro, Polidoro e Atenodoro di Rodi fecero lui e i figli e i mirabili intrecci dei serpenti.»

(Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXVI, 37)

La tradizionale identificazione della statua dei Musei Vaticani con quella descritta da Plinio è ancora generalmente accettata, visto anche che la residenza privata di Tito si doveva trovare proprio sul colle Oppio, dove la statua venne poi ritrovata. Accettata è anche l'attribuzione ai tre artisti rodii, autori anche dei gruppi statuari con storie di Ulisse della grotta di Sperlonga.

Varie date sono state proposte per questa statua, oscillanti tra metà del II secolo a.C. alla metà del I secolo d.C.; Bernard Andreae, in alcuni studi, ha ipotizzato che il Laocoonte sia una copia di un originale bronzeo ellenistico, come dimostrerebbero alcuni dati tecnici e stilistici. Sulla parte posteriore della statua si trova infatti del marmo lunense, non utilizzato prima della metà del I secolo a.C., inoltre alcuni dettagli rimandano inequivocabilmente alla fusione a cera persa: ad esempio il mantello che ricade sulla spalla del giovane a destra fino a toccargli il ginocchio deriva quasi certamente da un espediente tecnico necessario a costituire un passaggio per il metallo fuso. Si è ipotizzato che l'originale fosse stato creato a Pergamo, come suggeriscono alcuni confronti stilistici con opere della scuola locale: i pacifici rapporti tra la città dell'Asia minore e Roma erano infatti rafforzati dai miti legati a Troia, dai quali discendevano le leggende di fondazione di entrambe le città.

Plinio comunque attesta la presenza a Roma della statua marmorea a metà del I secolo d.C. attribuendola a scultori attivi un secolo prima. Infatti alcune iscrizioni trovate a Lindos, sull'isola di Rodi fanno risalire la presenza a Roma di Agesandro e Atanodoro ad un periodo successivo al 42 a.C., ed in questo modo la data più probabile per la creazione del Laocoonte deve essere compresa tra il 40 ed il 20 a.C., per una ricca casa patrizia, o più probabilmente per una committenza imperiale (Augusto, Mecenate), anche se il Laocoonte sembra lontano dallo stile neoattico in auge nel periodo. Visto il luogo di ritrovamento è anche possibile che la statua sia appartenuta, per un periodo, a Nerone

 

 

Il Ritrovamento

 

 

La statua fu trovata il 14 gennaio del 1506 scavando in una vigna sul colle Oppio di proprietà di Felice de Fredis, nelle vicinanze della Domus Aurea di Nerone: l'epitaffio sulla tomba di Felice de Fredis in Santa Maria in Aracoeli ricorda l'avvenimento. Allo scavo, di grandezza stupefacente secondo le cronache dell'epoca, assistettero di persona, tra gli altri, lo scultore Michelangelo e l'architetto Giuliano da Sangallo. Questi era stato inviato dal papa a valutare il ritrovamento, secondo la testimonianza di Francesco, giovane figlio di Giuliano (che, ormai anziano, ricorda l'episodio in una lettera del 1567). Secondo questa testimonianza fu proprio Giuliano da Sangallo ad identificare i frammenti ancora parzialmente sepolti con la scultura citata da Plinio. Esistono comunque testimonianze coeve che danno la stessa identificazione della scultura appena rinvenuta.

 

La Collocazione al Belvedere

 

La statua fu acquistata subito dopo la scoperta dal papa Giulio II, che era un appassionato classicista, e fu sistemata, in posizione di rilievo, nel cortile ottagonale ("Cortile delle Statue") progettato da Bramante all'interno del complesso del Giardino del Belvedere proprio per accogliere la collezione papale di scultura antica.

Tale allestimento è considerato l'atto fondativo dei Musei Vaticani. Da allora il Laocoonte, assieme all'Apollo del Belvedere, costituì il pezzo più importante della collezione, e fu oggetto dell'incessante successione di visite, anche notturne, da parte di curiosi, artisti e viaggiatori.

 

 

Restauri ed Integrazioni

 

Quando il gruppo scultoreo fu scoperto, benché in buono stato di conservazione, presentava il padre ed il figlio minore entrambi privi del braccio destro. Dopo un primo ripristino, forse eseguito da Baccio Bandinelli (che ne eseguì una delle prime copie, intorno al 1520, oggi agli Uffizi, per Leone X), del braccio del figlio minore e di alcune dita del figlio maggiore, artisti ed esperti discussero su come dovesse essere stata la parte mancante nella raffigurazione del sacerdote troiano. Nonostante alcuni indizi mostrassero che il braccio destro fosse, all'origine, piegato dietro la spalla di Laocoonte, prevalse l'opinione che ipotizzava il braccio esteso in fuori, in un gesto eroico e di forte dinamicità. L'integrazione fu eseguita, probabilmente in terracotta, da Montorsoli ed il restauro ebbe un successo duraturo tanto che Winckelmann, pur consapevole della diversa posizione originaria, si dichiarò favorevole al mantenimento del braccio teso. Intanto, tra il 1725 e il 1727, Agostino Cornacchini eseguì un restauro del gruppo scultoreo che versava in condizioni di degrado. Vennero sostituiti il braccio di terracotta del Laocoonte e quello in marmo del figlio, evidentemente rovinati con altri dall'identica posa. Nel 1906 l’archeologo tedesco Ludwig Pollak rinvenne fortuitamente il braccio destro originario di Laooconte, che si presentava piegato, come Michelangelo aveva immaginato: l’arto fu ricollocato alla spalla da Filippo Magi tra il 1957 ed il 1960, che rimosse tutte le integrazioni non originali, secondo i prìncipi del restauro moderno.

 

 

Influenza Culturale

 

La scoperta del Laocoonte ebbe enorme risonanza tra gli artisti e gli scultori ed influenzò significativamente l'arte rinascimentale italiana e nel secolo successivo la scultura barocca. Straordinaria fu infatti l'attenzione suscitata dalla statua, e se ne trova traccia nelle numerose lettere degli ambasciatori che la descrivono, nei disegni e nelle incisioni che subito dopo iniziarono a circolare per l'Europa. Il forte dinamismo e la plasticità eroica e tormentata del Laocoonte ispirò numerosi artisti, da Michelangelo a Tiziano, da El Greco ad Andrea del Sarto.

Michelangelo ad esempio fu particolarmente impressionato dalla rilevante massa della statua e dal suo aspetto sensuale, in particolare nella rappresentazione delle figure maschili. Molti dei lavori di Michelangelo successivi alla scoperta, come il Tondo Doni, lo Schiavo ribelle e lo Schiavo morente, furono influenzati dal Laocoonte. Molti scultori si esercitarono sul gruppo scultoreo facendone calchi e copie anche a grandezza naturale.

Il re di Francia insistette molto per avere la statua dal papa o almeno una sua copia. A tal fine, lo scultore fiorentino Baccio Bandinelli ricevette l'incarico dal cardinale Giulio de' Medici papa Clemente VII Medici, di farne una copia, oggi agli Uffizi. Il re di Francia, però, dovette accontentarsi di inviare, intorno al 1540, lo scultore Francesco Primaticcio a Roma per realizzare un calco al fine di ricavarne una copia in bronzo destinata a Fontainebleau. Un'altra copia si trova nel Gran Palazzo dei Cavalieri di Rodi a Rodi. Una copia in gesso, appartenuta al Mengs, si trova nell'Accademia di belle arti di Roma.

Il fascino della scultura coinvolse per secoli artisti ed intellettuali come Gian Lorenzo Bernini, Orfeo Boselli, Winckelmann e Goethe, diventando il fulcro della riflessione settecentesca sulla scultura. La tragica mobilità di questa statua è uno dei temi del saggio Laokoön, di Lessing, uno dei primi classici di critica dell'arte.

 

Buona Cultura a Tutti :hi:

 

Sei fantastico a dire poco, questo potrebbe essere un articolo e comunque un modo straordinario di spiegare e raccontare una moneta e i suoi simboli, complimenti veramente !

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Inviato
3 minuti fa, dabbene dice:

Sei fantastico a dire poco, questo potrebbe essere un articolo e comunque un modo straordinario di spiegare e raccontare una moneta e i suoi simboli, complimenti veramente !

Ho tratto spunti da materiale personale e girando nel web, ( avevo già in mente di fare una cosa del genere, ma ho dovuto aspettare di avere la moneta in mano, quella postata è la mia ) in fin dei conti non è poi così difficile da attuare, un pochino di impegno e pazienza nell'assemblare il tutto... maestro @King John insegna.

Si può dire tranquillamente che questo tipo di discussioni sono la Wikipedia nella Wikipedia della numismatica. :hi:

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Inviato
1 minuto fa, Baylon dice:

Ho tratto spunti da materiale personale e girando nel web, ( avevo già in mente di fare una cosa del genere, ma ho dovuto aspettare di avere la moneta in mano, quella postata è la mia ) in fin dei conti non è poi così difficile da attuare, un pochino di impegno e pazienza nell'assemblare il tutto... maestro @King John insegna.

Si può dire tranquillamente che questo tipo di discussioni sono la Wikipedia nella Wikipedia della numismatica. :hi:

Bisognerebbe clonare te ma anche @King John ? e altri come voi, il forum si basa su utenti come voi che ci mettono animo e passione per farlo per gli altri che leggeranno, la divulgazione e’ poi questa e a volte come capita in questo momento in medievale si scrivono pagine importanti che fanno o faranno la nostra numismatica ...

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