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Inviato (modificato)

A Roma il torchio (pressa, per essere più precisi) idraulico era sicuramente attivo nel 1690, ciò si evince dai documenti dell'epoca in merito all'attività della zecca capitolina, un grande esperto, un amico purtroppo recentemente scomparso, mi parlò dell'inizio della coniazione per mezzo del meccanismo ad acqua riportabile al pontificato di Alessandro VII di ciò però non possiedo altro che la memoria orale.

Modificato da Ramossen
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Inviato

Beh, non male @@Marfir chi sa cosa ne pensa @@fofo ?

Scherzi a parte la discussione sta mostrando degli aspetti divulgativi e interessanti, conoscere dagli altri e poi cercare di fare qualche riflessione o personale o in comune.

Su Napoli in particolare volevo aggiungere quanto avevo letto e riportato dal Finetti, risulterebbero stati acquistati cinque " ingegni " ( probabilmente a conii rotanti ) in Germania nel 1619 ed entrarono in funzione due anni dopo ma vennero accantonati quasi subito perchè dispendiosi.

Ma non è da escludere anche la motivazione che gli zecchieri non riuscissero a fornire personale esperto per le nuove tecnologie.

Indubbiamente costi e personale tecnico adeguato sono due aspetti che ricorrono in quasi tutte le zecche viste.....

Sicuramente qualcosa si potrà dire ancora su Cagliari magari potrebbe intervenire @@carledo49 se ritiene o altri e certamente qualche parola sulle zecche siciliane ci vorrebbe, non fosse altro per parlare un attimo di monete siciliane anche in vista dell'imminente Convegno di Catania, e qui potrebbero essere tanti penso al caro amico @@providentiaoptimiprincipis o lo stesso @@mirkoct o magari @@azaad o chi volesse ovviamente....

Poi vediamo....mi aspetto però sempre un botto :blum: o magari due ancora.... :blum:


Inviato

Bene....vedo che un botto è imminente :blum: , altri interventi sono arrivati per varie zecche, bene, forse ci siamo quasi tutti e già questo è molto, molto importante secondo me..... discussione a parte che comunque sta fornendo diverse indicazioni.....


Inviato

uno dei motivi, oltre quello della perdita dei posti di lavoro, che contribui' a rimandare l'uso del torchio, credo sia il limitato numero di pezzi che,anche se di qualità migliore, si riusciva a coniare ogni ora. in paricolare a Genova il montaggio della ghiera per imprimere il bordo, per evitare la tosatura degli scudi, richiedeva evidentemente troppo tempo, per cui vediamo diversi mezzi scudi del 1679 coniati al torchio ma senza il bordo impresso. gli appaltatori della zecca fatti due conti hanno evidentemente da prima tolto la ghiera per poi togliere anche il torchio.

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Supporter
Inviato

Beh, non male @@Marfir chi sa cosa ne pensa @@fofo ?

Scherzi a parte la discussione sta mostrando degli aspetti divulgativi e interessanti, conoscere dagli altri e poi cercare di fare qualche riflessione o personale o in comune.

Su Napoli in particolare volevo aggiungere quanto avevo letto e riportato dal Finetti, risulterebbero stati acquistati cinque " ingegni " ( probabilmente a conii rotanti ) in Germania nel 1619 ed entrarono in funzione due anni dopo ma vennero accantonati quasi subito perchè dispendiosi.

Ma non è da escludere anche la motivazione che gli zecchieri non riuscissero a fornire personale esperto per le nuove tecnologie.

Indubbiamente costi e personale tecnico adeguato sono due aspetti che ricorrono in quasi tutte le zecche viste.....

Sicuramente qualcosa si potrà dire ancora su Cagliari magari potrebbe intervenire @@carledo49 se ritiene o altri e certamente qualche parola sulle zecche siciliane ci vorrebbe, non fosse altro per parlare un attimo di monete siciliane anche in vista dell'imminente Convegno di Catania, e qui potrebbero essere tanti penso al caro amico @@providentiaoptimiprincipis o lo stesso @@mirkoct o magari @@azaad o chi volesse ovviamente....

Poi vediamo....mi aspetto però sempre un botto :blum: o magari due ancora.... :blum:

@@dabbene

Eh magari fosse mia, la foto l'ho presa dalla prossima asta di Nomisma, mi scuso se non l'ho detto ma per me era implicito :blum:


Inviato

Si, questo l'avevo immaginato :blum: ....anche se non si sa mai però, certamente il pezzo è degno di nota ecco perchè cercavo nel bel vedere di coinvolgere gli appassionati toscani tipo fofo e altri....anche qualche bella moneta male non fa in ogni discussione :blum:


Inviato

Ma non è da escludere anche la motivazione che gli zecchieri non riuscissero a fornire personale esperto per le nuove tecnologie.

Indubbiamente costi e personale tecnico adeguato sono due aspetti che ricorrono in quasi tutte le zecche viste.....

Prenderei in considerazione tutte le piccole zecche che coniarono luigini

al bilanciere. In risposta allo spunto di cui sopra va valutato che costo dei macchinari e del personale erano

assorbiti dal mercante/zecchiere di turno che per le sue speculazioni prendeva in appalto la zecca dal signore locale.

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Inviato

Posso aggiungere a quel che si é detto perr la Toscana, che la prima piastra ,battuta a forza d acqua, chiamata anche a molino, avvenne nell anno 1574 in settembre.

Essa eliminò la battitura manuale, introducendo un sistema meccanizzato che sfruttava la fotza dell acqua, era nato in Germania.

Cin il nuovo sistema le monete risultavano più pulite e lucenti e rendeva meno praticabile l antica piaga della tosatura per la lucentezza e la finitura delle nuove monete, ne agevolava però lo smercio anche a discapito della lega, che spesso peggiorò sensibilmente e fu oggetto di frodi sempre maggiori.

Detto questo, le monete di Francesco I dei medici coniate a Firenze con la forza dell acqua, facendo fabbricare un luogo fuori dalle mura sull arno verso la porta alla Croce, che oggi si chiama la Zecca vecchia, risultarono artisticamente all altezza di quelle del tempo di Cosimo III di cui ricordiamo, la più prestigiosa, come hanno citato gli altri la piastra al torchio del 1684, sicuramente la più rara della serie di Cosimo III che reca le iniziali dell incisore, M.S.

(Avreì voluto mettere le foto della mia piastra di Francesco ma non ho avuto il tempo, quella al torchio mi manca invece di Cosimo III di difficile reperibilità sullo splendido)

aggiungo, che personalmente, non amo la piastra al torchio, molto bassa di rilievi a differenza delle altre monete di Cosimo III e di tutti gli altri granduchi della Toscana.

Come si sarà visto, la coniatura al torchio non verrà poi applicata per gli anni successivi, dove anche sino all ultimo granduca della Toscana, Gian Gastone le monete risulteranno imperfette e tosate.

Saluti

Fofo

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Inviato

Riguardo Napoli: ho scritto a pieno "regime" dal 1683 per un motivo molto semplice.

La riforma è del luglio di quell'anno e solo da allora ebbe iniziò la coniazione delle monete d'argento con conseguente cambio di tutte le vecchie monete in circolazione.

Prima di quell'anno e quindi come indicato dal 1680 si coniò solo il rame e (dato importante) su quell'anno alcune monete di rame hanno ancora impresso le sigle dei coniatori.

Poi fate Voi.

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Inviato (modificato)

Ho finito i mi piace :blum: , però ritengo giusto dare un segno a tutti quelli che intervengono con contributi divulgativi, nulla è giustamente scontato e chi lo fa, scrive, si impegna è giusto che abbia un riscontro e un ringraziamento, cercherò di mettermi alla pari domani....

Mi è piaciuto molto anche l'intervento di expo77 perchè ci fa vedere il tutto sotto l'ottica delle zecche dei luigini che è differente dalle altre.

Allego anche questo link perchè mi sembra inerente alla discussione e interessante ; è della Fondazione Antica Zecca di Lucca e si parla di coniazioni meccanizzate :

http://www.zeccadilucca.it/ita/sezioni.php?idcat=4&idsez=21

Modificato da dabbene

Inviato (modificato)

Dal libro "Monete e medaglie della Tuscia" edito dal Circolo Numismatico Romano-Laziale, Giugno 2013.

Capitolo 7 Pag 21

" Apro una breve parentesi ritornando sull’invenzione delle macchine di stampa tramite l'uso del torchio, Leonardo da Vinci aveva avuto l’intuizione di utilizzare il torchio anche per imprimere sui tondelli di metallo i disegni dei coni. Il progetto non venne realizzato perché costoso e perché avrebbe tolto posti di lavoro alle maestranze.

Si attribuisce al Bramante il primo tentativo di usare la pressa per stampigliare il metallo, molto probabilmente per realizzare medaglie, anche Cellini verso la metà del cinquecento realizzò alcune medaglie usando lo stesso metodo.

Grazie alla forte pressione esercitata da questi macchinari sulla superficie del tondello si riusciva ad ottenere una moneta o una medaglia con un buon rilievo e un alto grado di precisione, questi due fattori hanno stimolato molti valenti artisti che si cimentarono in questa attività, ottenendo oltre a una buona remunerazione anche un grande prestigio personale."

Modificato da giovanna
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Inviato

@@dabbene

Su Napoli in particolare volevo aggiungere quanto avevo letto e riportato dal Finetti, risulterebbero stati acquistati cinque " ingegni " ( probabilmente a conii rotanti ) in Germania nel 1619 ed entrarono in funzione due anni dopo ma vennero accantonati quasi subito perchè dispendiosi.

Ma non è da escludere anche la motivazione che gli zecchieri non riuscissero a fornire personale esperto per le nuove tecnologie.

Indubbiamente costi e personale tecnico adeguato sono due aspetti che ricorrono in quasi tutte le zecche viste.....

Francesco Citarella maestro di zecca dal 1611 al 1621 fu colui il quale costrinse i responsabili della Giunte delle Monete di Napoli di far arrivare dalla Germania i 5 bilancieri da te nominati, ed insieme ad essi l'incisore a seguito Nicolò Globo; a questo, per portare le monete alla perfezione, oltre ad ampliarsi le officine (San'Agostino e Torre Annunziata) si chiamarono a lavorare altri esperti incisori come Gian Francesco Marra e Giovanni Antonio Consolo....numerose furono le prove di moneta.

Ma al Citarella successe il Cavo (Michele) il quale cercò di perfezionare la tecnica anche se in momenti difficili come la rivolta del 1622.

Ed ecco cosa accadde, questo è un documento ufficiale:

[…] sul principio dell’anno 1622 il Vicerè di Napoli, Cardinale Antonio Zapata, Arcivescovo di Burgos, ordinava che per sopperire agli urgenti bisogni della popolazione e sostituire al più presto la “mala moneta” detta “Zanetta” si fosse accelerata quanto più potevasi la coniazione della nuova moneta sia di argento che di rame; per cui nella Consulta, tenuta nella Camera della Sommaria il 22 gennaio 1622, fu stabilito dai Signori Illustrissimi della Sommaria d’accordo con il Maestro di Zecca, il Credenziere Maggiore ed il Maestro di Prova, che per accelerare la costruzione della nuova moneta si fossero lavorate monete da un ducato, da mezzo ducato, da un carlino e da un tarì, al titolo di quelle di Carlo V del 1535, con gl’ingegni di Nicolò Globo, impiantati in Torre dell’Annunziata e nella zecca Principale di Napoli, esistente nell’abolito convento di Sant’Agostino, le monete di argento e di rame fatte a mano cioè alla tagliuola ed al martello; poi dietro parere del Luogotenente della Sommaria e Presidente del Tribunale della Zecca, il marchese di Santa Giustiliana, fu stabilito che si fossero emesse monete di rame da due grana ed un grano fatte con il metodo della fusione, giacchè a lui si erano presentati i maestri di banca Matteo Catuogno e Germano Pacifico, persone pratiche nel fabbricare monete a getto o cola. Tale sistema permetteva di accelerare di molto l’emissione della moneta di rame e perciò fu stabilito che si fosse posto a disposizione dei soprannominati maestri la Fonderia del R. Arsenale; in tal modo per la circolazione della moneta in Napoli sul principio dell’anno 1622 funzionarono tre officine monetarie: quella principale detta di Sant’Agostino, quella di Torre dell’Annunziata e la Fonderia del R. Arsenale, tutte e tre sotto la valente direzione del Maestro di Zecca, il genovese Michele Cavo, il quale aveva alla sua dipendenza vari maestri di banca per singola officina.

Le monete d’argento da un ducato, da mezzo ducato, da un carlino e da un tarì del 1622, eseguite all’ingegno nell’officina di Torre dell’Annunziata con coni del valente incisore tedesco Nicolò Globo, che io credo dovevano avere i medesimi tipi di quelli eseguiti nell’officina Principale di Napoli, non uscirono in circolazione, perché furono contraddetti e non approvati i modelli dal Credenziere Maggiore della Zecca, Gian Donato Turbolo, persona competentissima su ogni riguardo in materia di moneta. Il Turbolo propose che invece di lavorare le monete con il metodo dell’ingegno, che apportava non solo il triplo della spesa e si ci impiegava gran quantità di tempo, per cui non si raggiungeva lo scopo prefisso, si fossero coniati nell’officina principale di Napoli monete del valore di un Tarì con il sistema delle trafile. Approvata la proposta del Turbolo furono impiantate otto macchine di Trafile in nuovi locali presi in fitto o acquistati, confinanti a quelli della Zecca principale e fu ancora aumentato il numero dei coniatori a 66 alla dipendenza degli aiuti incisori Francesco Festinese e Matteo De Rosa. Il sistema del Turbolo, di coniare Tarì alla trafila, fu servizio di grande importanza giacchè fu facile coniare 18mila ducati di tarì al giorno, tanto da poter ritirare dalla circolazione una parte dei 6 milioni circa di Zanette che erano stata causa di gravi tumulti e tanta miseria alla sottomessa popolazione Napoletana.

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Inviato (modificato)

Per appronfodire il discorso sull'introduzione dell'uso del bilanciere nella Zecca di Napoli, discusso anche da @@Il*Numismatico e @@Rex Neap, allego la scansione delle pagine 38, 39, 40, 41,42, 43 e 44, tratte dal Libro "LE MONETE DI NAPOLI" di Giuseppe De Sopo, Luigi Regina Editore - Napoli, 1971; in esse ho evidenziato i punti che maggiormente interessano la Zecca in questione

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Modificato da angel
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Inviato

Per appronfodire il discorso sull'introduzione dell'uso del bilanciere nella Zecca di Napoli, discusso anche da @@Il*Numismatico e @@Rex Neap, allego la scansione delle pagine 38,39,40, 41,42,43 e 44, tratte dal Libro "LE MONETE DI NAPOLI" di Giuseppe De Sopo, Luigi Regina Editore - Napoli, 1971; in esse ho evidenziato i punti che maggiormente interessano la Zecca in questione

Segue

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Inviato

@@dabbene

Su Napoli in particolare volevo aggiungere quanto avevo letto e riportato dal Finetti, risulterebbero stati acquistati cinque " ingegni " ( probabilmente a conii rotanti ) in Germania nel 1619 ed entrarono in funzione due anni dopo ma vennero accantonati quasi subito perchè dispendiosi.

Ma non è da escludere anche la motivazione che gli zecchieri non riuscissero a fornire personale esperto per le nuove tecnologie.

Indubbiamente costi e personale tecnico adeguato sono due aspetti che ricorrono in quasi tutte le zecche viste.....

Francesco Citarella maestro di zecca dal 1611 al 1621 fu colui il quale costrinse i responsabili della Giunte delle Monete di Napoli di far arrivare dalla Germania i 5 bilancieri da te nominati, ed insieme ad essi l'incisore a seguito Nicolò Globo; a questo, per portare le monete alla perfezione, oltre ad ampliarsi le officine (San'Agostino e Torre Annunziata) si chiamarono a lavorare altri esperti incisori come Gian Francesco Marra e Giovanni Antonio Consolo....numerose furono le prove di moneta.

Ma al Citarella successe il Cavo (Michele) il quale cercò di perfezionare la tecnica anche se in momenti difficili come la rivolta del 1622.

Ed ecco cosa accadde, questo è un documento ufficiale:

[…] sul principio dell’anno 1622 il Vicerè di Napoli, Cardinale Antonio Zapata, Arcivescovo di Burgos, ordinava che per sopperire agli urgenti bisogni della popolazione e sostituire al più presto la “mala moneta” detta “Zanetta” si fosse accelerata quanto più potevasi la coniazione della nuova moneta sia di argento che di rame; per cui nella Consulta, tenuta nella Camera della Sommaria il 22 gennaio 1622, fu stabilito dai Signori Illustrissimi della Sommaria d’accordo con il Maestro di Zecca, il Credenziere Maggiore ed il Maestro di Prova, che per accelerare la costruzione della nuova moneta si fossero lavorate monete da un ducato, da mezzo ducato, da un carlino e da un tarì, al titolo di quelle di Carlo V del 1535, con gl’ingegni di Nicolò Globo, impiantati in Torre dell’Annunziata e nella zecca Principale di Napoli, esistente nell’abolito convento di Sant’Agostino, le monete di argento e di rame fatte a mano cioè alla tagliuola ed al martello; poi dietro parere del Luogotenente della Sommaria e Presidente del Tribunale della Zecca, il marchese di Santa Giustiliana, fu stabilito che si fossero emesse monete di rame da due grana ed un grano fatte con il metodo della fusione, giacchè a lui si erano presentati i maestri di banca Matteo Catuogno e Germano Pacifico, persone pratiche nel fabbricare monete a getto o cola. Tale sistema permetteva di accelerare di molto l’emissione della moneta di rame e perciò fu stabilito che si fosse posto a disposizione dei soprannominati maestri la Fonderia del R. Arsenale; in tal modo per la circolazione della moneta in Napoli sul principio dell’anno 1622 funzionarono tre officine monetarie: quella principale detta di Sant’Agostino, quella di Torre dell’Annunziata e la Fonderia del R. Arsenale, tutte e tre sotto la valente direzione del Maestro di Zecca, il genovese Michele Cavo, il quale aveva alla sua dipendenza vari maestri di banca per singola officina.

Le monete d’argento da un ducato, da mezzo ducato, da un carlino e da un tarì del 1622, eseguite all’ingegno nell’officina di Torre dell’Annunziata con coni del valente incisore tedesco Nicolò Globo, che io credo dovevano avere i medesimi tipi di quelli eseguiti nell’officina Principale di Napoli, non uscirono in circolazione, perché furono contraddetti e non approvati i modelli dal Credenziere Maggiore della Zecca, Gian Donato Turbolo, persona competentissima su ogni riguardo in materia di moneta. Il Turbolo propose che invece di lavorare le monete con il metodo dell’ingegno, che apportava non solo il triplo della spesa e si ci impiegava gran quantità di tempo, per cui non si raggiungeva lo scopo prefisso, si fossero coniati nell’officina principale di Napoli monete del valore di un Tarì con il sistema delle trafile. Approvata la proposta del Turbolo furono impiantate otto macchine di Trafile in nuovi locali presi in fitto o acquistati, confinanti a quelli della Zecca principale e fu ancora aumentato il numero dei coniatori a 66 alla dipendenza degli aiuti incisori Francesco Festinese e Matteo De Rosa. Il sistema del Turbolo, di coniare Tarì alla trafila, fu servizio di grande importanza giacchè fu facile coniare 18mila ducati di tarì al giorno, tanto da poter ritirare dalla circolazione una parte dei 6 milioni circa di Zanette che erano stata causa di gravi tumulti e tanta miseria alla sottomessa popolazione Napoletana.

Ciao @@dabbene , ha ottimamente risposto anche per me l'amico Pietro @@Rex Neap , ottimo post davvero e complimenti per l'interessante argomentazione che hai lanciato, l'uso del bilanciere (ingegni) venne introdotto per la prima volta nel Sud in un'officina monetaria allestita a Torre Annunziata (20 km a sud di Napoli), a quei tempi la scelta di questa location fu decisa per la vicinanza degli ingegni ad alcune fonti di energia idraulica nella suddetta località (torrente/fiume). Le monete coniate al bilanciere sono i famosi carlini e tarì anti-tosatura siglati dai fratelli Biblia, cfr. immagini allegate (rif. Pannuti Riccio 39/41d), oltre allo splendido "tarì del sole" del 1620 di Filippo III con il motto al rovescio OMNES AB IPSO siglato dall'incisore Nicolò Globo (rif. Pannuti Riccio 12).

Complimenti anche a @@angel per aver postato le preziose immagini del De Sopo, volume fondamentale per chi vuol approfondire il discorso.

La zecca di Napoli iniziò a coniare al bilanciere nel 1680, vedasi a tal proposito nominali in rame in Pannuti Riccio 56 in poi ( a titolo di paragone ho allegato immagini di monete napoletane di questo periodo sia al martello che al bilanciere, da notare la differenza), ma il grosso della produzione vi fu dal 1683 in poi quando grazie alla presenza del nuovo vicerè proveniente da Roma il marchese del Carpio Gaspar de Haro si diede il via ad una massiccia produzione di splendide monete, ma perchè ci tengo a sottolineare il collegamento Roma-Napoli? Perchè le prime monete napoletane del marchese del Carpio vennero concepite proprio a Roma e i conii furono opera dell'incisore camerale Giovanni Hamerani, infatti il ducato con i due globi del 1683 è siglato proprio GH, monogramma in corsivo tipico di questo incisore, @@rcamil potrà confermare il tutto. In questa discussione ho affrontato in maniera molto dettagliata il discorso dell'introduzione del bilanciere nella zecca di Napoli, si tratta di un argomento che ho avuto molto a cuore e che ho pubblicato in Il GdN 231 e 232 del luglio/agosto e settembre 2010(cfr. copertina), ad ogni buon conto il tutto è collegato inevitabilmente alla figura di questo ottimo vicerè che oltre ad essere un buon politico e riformatore fu anche un importante collezionista d'arte, ecco spiegata quindi la pregevole committenza all'Hamerani (si veda a tal proposito anche la presenza del simbolo d'interpunzione a forma di triscele). Per questa ricerca ho trovato inoltre molto utile le fonti dell'epoca di un tale Ridolfino Venuti.

Caro Mario, mi permetto di segnalarti i seguenti link per permetterti di leggere quel che ho scritto a tal proposito, certo in un tuo gentile riscontro ti auguro buona lettura e buona giornata, Francesco

http://ilportaledelsud.org/monete_carlo_II.htm

http://www.lamoneta.it/topic/66127-monete-napoletane-di-carlo-ii-di-spagna-approfondimenti-sugli-hamerani/

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Beh che dire abbiamo avuto il botto :blum: , ci speravo ed è arrivato, certamente ora ho e abbiamo molto da leggere sull'argomento, il bello è anche questo, cercare di divulgare insieme e lasciare un segno, in questa discussione mi sembra che lo stiamo lasciando per tutti quelli che vorranno seguirci e leggerci, un buon promo per il forum e la numismatica, grazie dell'intervento Francesco e spero ancora in qualche @ messa ogni tanto e in chi vorrà, ovviamente anche i commenti sul tutto saranno i benvenuti !

Mario

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Inviato

Scusami @@dabbene ma mi ero perso questa discussione decisamente interessante.

Riguardo alla meccanizzazione della coniazione e quindi alla coniazione sia a rulli che a torchio o a bilancieri provo a portare anch'io un piccolo contributo.

Nel 1618 (18 maggio) Ferrante II Gonzaga, signore di Guastalla, stipulò un contratto con i fratelli Luca e Pietro Xell (proprio quelli che troveremo nel 1625 a Piacenza); tale contratto prevedeva la coniazione a "mulino" e a tale scopo vennero avviate le pratiche con le autorità di Augusta per la spedizione di un instrumentum vel machinam pressoriam seu monetariam. In effetti, in base a quanto descritto dal Bellesia, a Guastalla vennero utilizzate sia presse a rulli che a torchio.

Con la pressa a rulli vennero coniati i testoni con San Carlo

http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-FIIGC/21

una parte dei talleri senza toson d'oro

http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-FIIGC/33

mentre, in base a quanto riportato dal Bellesia, vennero coniati al torchio i talleri con il toson d'oro

http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-FIIGC/32

e, in virtù dell'evidente numerazione dei conii, i bellissimi ducatoni

http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-FIIGD/4

Già nel 1622 le coniazioni si erano molto ridotte e in seguito alla nomina nel 1624 di Ferrante II Gonzaga a commissario imperiale rallentarono in modo ancora più evidente e Luca Xell, che già nel 1622 a Parma aveva avviato una sfortunata collaborazione con Magno Lippi, nello stesso anno si trasferì a Piacenza dove ottenne l'appalto della locale zecca.

segue...

Mario

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Inviato

Come vedo si parla dello stesso anno di Firenze, ad Aosta nel 1575 vennero introdotte le macchine a forza d acqua, chiamate a Molino di modello Tedesco.

Un documento,conservato all Archivio di Stato di Firenze, attesta che già in data 5 ottobre 1565 l invenzione fu sperimentata a Firenze, alla presenza del Duca.(Francesco dei Medici).

Sistema che rendeva più evidente e meno praticabile l antica piaga della tosatura.

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Inviato

La qualità delle monete emesse nel piccolo ducato guastallese non sfuggirono ai messi dei ducati confinanti tanto che già nel 1620 il duca di Modena veniva avvisato che "qui certi tedeschi cha battono denari ma in maniera differente dalli altri che usano in Lombardia"

La cosa a Modena riscosse notevole interesse ma si dovette arrivare all'appalto assegnato nel 1638 da Francesco I d'Este al borgognone Bartolomeo Simonis per vedere arrivare a Modena le prime macchine per coniare monete.

Il Simonis introdusse a Modena le presse a rulli rotanti mosse con la forza motrice generata dell'acqua.

Interessante notare a tal proposito che il canale che portava acqua alla zecca, per motivi di sicurezza e di segretezza, venne completamente coperto e non venne riportato nelle piante della città, tanto che, anche in epoca moderna (lavori di stabilizzazione e ristrutturazione del duomo) se ne ignorava il reale percorso.

e qui mi fermo

un saluto

Mario

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Inviato

Grazie a tutti per gli ulteriori interventi, con mariov60 che ringrazio per i bellissimi e importanti interventi possiamo dire di avere avuto anche il secondo botto, ma mai mettere un limite alla Provvidenza......!

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Inviato

Napoli, 1680.

Pensate l'effetto che fece il passaggio da questo...

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a questo...

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in questi due esemplari di 3 cavalli di Carlo II del 1680 le differenze qualitative (al di là della conservazione) sono enormi

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