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Risposte migliori

Inviato

Grazie, molto interessante.


Inviato

Certo che, per rendere effettivo un incentivo pari a 1 denaro su 235 o 239, il valore di un solo denaro doveva essere alquanto sostanzioso.

Arka


Inviato

un bel prontuario, grazie!

quindi di fatto il valore delle monete non era così definito...

giustamente penso che anche in tempi più moderni voglio vedere se qualcuno ti dava una giustina da 124 soldi in cambio di un sacchetto di 248 bezzi...


Inviato

É un po quello che succede adesso con gli eurocent, il commerciante é disposto a fare lo sconto di uno due centesimi piuttosto che elargire resti spiccioli.

Oltre che economico l'effetto é di cortesia/fidelizzazione...dato che siamo sempre persone potrebbe esserci stato anche allora un atteggiamento simile, credete?!

E poi aggiungo una riflessione sempre legata in parte ai nostri giorni: per pagamenti importanti preferiamo tutt'ora utilizzare banconote di grosso taglio, perché ci danno credibilità e potere di negoziazione( arrotondiamo ai 50 piuttosto che ai 10).Si può ragionevolmente pensare fosse così anche allora!

Spero di aver aggiunto spunti e non essere andato fuori tema, ma alla fine dei conti siamo gli stessi solo qualche secolo dopo:rolleyes:

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Supporter
Inviato

É un po quello che succede adesso con gli eurocent, il commerciante é disposto a fare lo sconto di uno due centesimi piuttosto che elargire resti spiccioli.

Oltre che economico l'effetto é di cortesia/fidelizzazione...dato che siamo sempre persone potrebbe esserci stato anche allora un atteggiamento simile, credete?!

E poi aggiungo una riflessione sempre legata in parte ai nostri giorni: per pagamenti importanti preferiamo tutt'ora utilizzare banconote di grosso taglio, perché ci danno credibilità e potere di negoziazione( arrotondiamo ai 50 piuttosto che ai 10).Si può ragionevolmente pensare fosse così anche allora!

Spero di aver aggiunto spunti e non essere andato fuori tema, ma alla fine dei conti siamo gli stessi solo qualche secolo dopo:rolleyes:

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Buona serata

Una sorta di "sconto pronta cassa" ante litteram; in effetti ci può stare.

Immaginandoci nella veste di un cambiavalute, doveva essere certamente più pratico maneggiare poche monete grandi come i grossi, piuttosto che tante piccoline.

Attenzione, non dico più conveniente, ma più pratico ... perché conveniente non era; se pensiamo che al tempo del doge Dandolo:

- il grosso pesava in media gr. 2,18 ed aveva un intrinseco dello 0,965;

- il piccolo pesava in media gr. 0,36 ed aveva un intrinseco dello 0,250;

ne deriva che 9 grossi e 6 piccoli equivalevano a gr. 19,47 d'argento.

Lo stesso importo, cioè 240 piccoli, equivalevano a gr. 21,06 d'argento.

saluti

luciano


Inviato

Ad un certo punto mi ero perso. Ho dovuto leggerlo un paio di volte per entrare in sintonia con quanto hai scritto. Effettivamente non era un conto semplice. Tra grossi e piccoli, anche i cambiavalute avevano i loro grattacapi. Molto interessante, mi segno il titolo del libro e se la fortuna assiste magari trovo una copia. Grazie per aver condiviso.


Inviato (modificato)

A tal proposito c'è l'ottimo lavoro di Bartolomeo De Pasi, il quale non solo offriva ai mercanti veneziani e a quelli di tutto il mondo la possibilità di convertire il valore delle monete di conto e delle merci per ogni esigenza e in ogni luogo, ma addirittura forniva dati certi al mercante che doveva porre in zecca i propri metalli, cosicché questo potesse scegliere la sede di zecca più conveniente a seconda della propria rotta e a seconda del contenuto della propria borsa.

Consiglio l'edizione del 1507, depositata presso la biblioteca Braidense di Milano.

Modificato da mero mixtoque imperio
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Supporter
Inviato

A tal proposito c'è l'ottimo lavoro di Bartolomeo De Pasi, il quale non solo offriva ai mercanti veneziani e a quelli di tutto il mondo la possibilità di convertire il valore delle monete di conto e delle merci per ogni esigenza e in ogni luogo, ma addirittura forniva dati certi al mercante che doveva porre in zecca i propri metalli, cosicché questo potesse scegliere la sede di zecca più conveniente a seconda della propria rotta e a seconda del contenuto della propria borsa.

Consiglio l'edizione del 1507, depositata presso la biblioteca Braidense di Milano.

Buona giornata

Grazie della "dritta"; non lo conoscevo.... :good:

saluti

luciano


Inviato

Buonasera,

Mi ero perso questa discussione, anche a causa di una mia mancanza dal forum!

Che dire, un bel po di numeri, un post che richiede una seconda lettura come detto da qualcuno prima:) ma certamente molto interessante! ( ma c'era da aspettarselo con Luciano!)

Certo che, un bel casino a quei tempi no?:)

Saluti

Awards

Inviato

La funzione di unità di conto, ovvero di misura del valore è "entrata", se così si può dire, nel concetto moderno di moneta solo in tempi relativamente recenti.

Ed è questo uno dei motivi per cui non ci può essere coincidenza fra "moneta di ieri" e "moneta di oggi" che rimangono due realtà separate.

La riforma carolingia dava un nuovo impulso alla diffusione della moneta di conto, ma la fine del sistema monometallico, come si evince da quanto detto nella discussione, richiese numerosi artifici per tenere insieme un sistema così composito.

Questa tematica è oggi d'estrema attualità alla luce delle proposte che vorrebbero una moneta mondata da alcune funzioni che la contraddistinguono nella moderna accezione del termine.

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Supporter
Inviato (modificato)

Buona giornata

Proprio così @@aleale; nel momento in cui una nazione si affidava, a quel tempo - e Venezia ne è un chiaro esempio - ad un sistema di circolazione misto, cioè di monete bianche (di buon argento come il "grosso") e nere (di mistura con poco argento come il denaro o "piccolo") con un rapporto di cambio fisso, correva il rischio che per qualsiasi motivo congiunturale (guerre, epidemie, frontiere bloccate, esaurimento di miniere....) non avesse la possibilità di acquistare il metallo nesessario ai prezzi consueti, ma più alti e questo inficiava la possibilità di mantenere detto rapporto.

Non solo, ma la modifica del rapporto poteva causare anche una domanda superiore di una moneta o dell'altra, incoraggiando la tesaurizzazione e falsare ulteriormente il rapporto in seno ai mercati.

saluti

luciano

Modificato da 417sonia

Inviato

Buona giornata

Proprio così @@aleale; nel momento in cui una nazione si affidava, a quel tempo - e Venezia ne è un chiaro esempio - ad un sistema di circolazione misto, cioè di monete bianche (di buon argento come il "grosso") e nere (di mistura con poco argento come il denaro o "piccolo") con un rapporto di cambio fisso, correva il rischio che per qualsiasi motivo congiunturale (guerre, epidemie, frontiere bloccate, esaurimento di miniere....) non avesse la possibilità di acquistare il metallo nesessario ai prezzi consueti, ma più alti e questo inficiava la possibilità di mantenere detto rapporto.

Non solo, ma la modifica del rapporto poteva causare anche una domanda superiore di una moneta o dell'altra, incoraggiando la tesaurizzazione e falsare ulteriormente il rapporto in seno ai mercati.

saluti

luciano

Diciamo che Venezia non è che "si affidasse", ma più probabilmente era essa stessa a fornire un sistema di circolazione e un modello di moneta, in qualità di capitale commerciale indiscussa, cui poi si uniformavano le altre realtà locali o vi contrastavano eventualmente altre valute di scala europea.

Pertanto la capacità di imporre una certa lega, nonché quella di conoscere usi ed abusi locali, era prettamente di fatta veneziana.


Inviato

Ferdinando Galiani, uomo di grande ingegno, faceva proprio riferimento alla "sproporzione" come il grande "male" che affliggeva la moneta.

Cambiano i tempi, cambiano i luoghi, ma la sostanza del problema rimaneva sempre la stessa..

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Inviato (modificato)

Ferdinando Galiani, uomo di grande ingegno, faceva proprio riferimento alla "sproporzione" come il grande "male" che affliggeva la moneta.

Cambiano i tempi, cambiano i luoghi, ma la sostanza del problema rimaneva sempre la stessa..

"Della moneta", grandissimo, ho la riedizione del 1963, a cura di Merola, that's good, con limiti del caso...

Modificato da mero mixtoque imperio

Supporter
Inviato (modificato)

Buona Domenica

Confesso che in un primo momento ho pensato di aprire una nuova discussione, dal momento che questo pezzo riguarda una differente moneta di conto; però ho cambiato idea perchè avrei dovuto rinunciare ai preziosi commenti che qui si sono succeduti e che trovo, in ogni caso, utili sempre, quando si parla di moneta di conto.

Dopo una parentesi di circa cinquant'anni, grosso modo dal dogato di Enrico Dandolo (1192–1205) a quello di Ranieri Zeno (1253-1268) nei quali la zecca veneziana non aveva provveduto ad emettere denari (o piccoli), perchè si era avvalsa di quelli emessi dalla vicina Verona, sotto il dogato di Lorenzo Tiepolo (1268– 1275) riprende la loro emissione.

A distanza di tanto tempo, i nuovi piccoli non potevano essere più gli stessi di allora; il loro intrinseco era rimasto lo stesso, ma il peso si era ridotto dagli originari gr. 0,36 a gr. 0,29.

In questo periodo, infatti, il rapporto tra il grosso ed il piccolo era stato modificato, dagli originari 26 piccoli per un grosso, ai 28 piccoli per un grosso, per poi aumentare ancora nel 1282, fino a 32 piccoli per un grosso.

Nella discussione riguardante la Lira complida e la Lira manca, avevo riportato la seguente equivalenza: la lira di grossi (libra grossorum) era pari a 240 grossi, cioè a Libre Ven. (libra denariorum venezianorum parvorum) 26 e 1/9.

Arrivati a tal punto queste equivalenze non potevano più essere adottate; la Libra Ven. non poteva essere in grado di assolvere ad entrambe le funzioni e venne di fatto sdoppiata; era l'unico modo per poter porre un rimedio senza rivoluzionare tutta la monetazione.

La prima fu chiamata (Libra parvorum) o Lira di piccoli e mantenne la sua equivalenza a 240 piccoli; l'altra fu chiamata (Libra ad grossos) o Lira a grossi e mantenne l'equivalenza di 1/26 di Lira di grossi manca.

Come avverte il Lane, il rapporto stabile tra la Lira a grossi ed il grosso, cioè la moneta effettiva sulla quale essa si basava, può essere espressa con la seguente equazione:

26 Lire a grossi = 1 Lira di grossi manca = 239 grossi

saluti

luciano

Modificato da 417sonia
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  • 9 mesi dopo...
Inviato

interessantissimo!!!! Ho dovuto rileggere il tutto almeno tre volte però :-)


Supporter
Inviato

interessantissimo!!!! Ho dovuto rileggere il tutto almeno tre volte però :-)

Buona giornata

 

Grazie! In effetti sono concetti molto lontani dalla nostra realtà, dove una moneta vale per il valore fiduciario che esprime e non ci crea problemi di natura differente.

 

saluti

luciano


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