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Urbano VIII Anno XVIII e Innocenzo XI Anno VI


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Inviato (modificato)

Carissimi amici,

vi espongo due recentissimi acquisti di cui sono molto entusiasta.

L'annnuale di Innocenzo XI Anno VI.

Medaglia annuale coniata, emessa il 29-06-1682, per ricordare lo sforzo della chiesa contro l'eresia l'eresia quietista.

Il quietismo ebbe origine in Italia verso la fine del XVII secolo, scaturito e predicato dalle idee del teologo spagnolo Miguel de Molinos, contenute nella sua opera principale, la Guida Spirituale (1675). Il quietismo si focalizza quindi sulla perfezione cristiana, raggiungibile solo grazie alla vicinanza con Dio; il percorso quietista è caratterizzato da un profondo e continuo "desiderio di Dio", di tranquillità cristiana e di unione che porta alla fine del percorso mistico e alla cessazione delle pratiche che hanno permesso il percorso stesso (quindi i vincoli dell'ascesi e la liturgia). Per il quietismo, Dio è l'unico obbiettivo della vita cristiana.

Opposto ad ogni forma di spiritualismo, il quietismo appare come una reazione al giansenismo, dal momento che l'itinerario mistico proposto rende Dio più accessibile all’anima umana, lontano dai rigorismi e dalle dure ascesi giansenistiche prive di un collegamento diretto con la certezza della salvezza spirituale (vedi Doppia predestinazione). Il quietismo trovò vari sbocchi nell'ambiente intellettuale e filosofico francese e adottato da personalità come Monsieur Ponthieu e più tardi Andrew Michael Ramsay.

La dottrina quietista venne ufficialmente condannata come eresia da papa Innocenzo XI con l'emanazione della bolla Caelestis Pastor del 20 novembre 1687.

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La seconda è l'annuale anno XVIII di Urbano VIII.

Medaglia annuale coniata, emessa il 29-06-1641.

Ricorda le opere eseguite nella zona di Spoleto (Monte Leone) necessarie all'estrazione del minerale quivi presente.

Nel territorio di Monteleone esistono alcuni giacimenti ferriferi, il piu' importante dei quali si trova alle pendici del Monte Birbone [vedi Miniera di ferro di Terrargo]: il suo sfruttamento risale al XVII secolo, al tempo del pontificato di Urbano VIII (Matteo Barberini, gia' vescovo di Spoleto). L'attività estrattiva e la lavorazione del ferro, avviate per interessamento del Cardinale Fausto Poli di Usigni, hanno avuto per circa un secolo un ruolo rilevante nell'economia del territorio.
Il minerale estratto veniva trasportato con carri ed animali da soma nella ferriera di Ruscio. Le acque del fiume Corno, canalizzate presso il Ponte delle Ferriere, erano utilizzate per il lavaggio e la fusione del ferro. Per il trasporto del materiale ferroso dal Monte Birbone alla Flaminia (verso Roma) viene inaugurata nel 1834 una strada che, attraverso Montefranco, Ferentillo e il Salto del Cieco, unisce l'antica via consolare a Monteleone, Cascia e Norcia. Una stele eretta in prossimità di Strettura, ora semidistrutta, ricorda tale opera.
In seguito all'attivazione di una ferriera a Scheggino, voluta dal Cardinal Poli per la lavorazione del ferro grezzo di Monte Birbone e di colle Ferraio presso Gavelli, viene ampliata la mulattiera di Val Casana per facilitare il trasporto del materiale ferroso a Scheggino. La storiografia locale riferisce che la cancellata del Pantheon di Roma e' stat realizzata in questa ferriera.

L'importanza che il papa Urbano VIII ha attribuito allo sfruttamento delle risorse minerarie locali e' attesta da una medaglia commemorativa del 1642. Il disastroso terremoto del 1703, che devio' il corso del fiume Corno, ha causato a Monteleone l'interruzione della prima fase della produzione siderurgica avviata nella prima metà del '600. Gli onerosi costi di estrazione e trasporto del ferro, i rovinosi terremoti del 1703 e del 1730 e la funesta pestilenza del 1718 (con 105 morti a Monteleone) hanno contribuito all'inarrestabile declino dell'industria mineraria monteleonese.
Verso la fine del XVIII secolo si prospetta l'ipotesi di una riattivazione dei giacimenti ferriferi del territorio di Monteleone. Nel 1788 il card. Carandini, prefetto della Sacra Congregazione del Buon Governo, promuove un'indagine tecnico-scientifica e conferisce l'incarico progettuale ed esecutivo per il ripristino dell'attività siderurgica a Monteleone a un ingegnere piemontese: questi redige il prospetto di un piano siderurgico a ciclo integrale comprendente un forno fusorio e varie fucine per la produzione di manufatti di ghisa e ferro. L'insediamento industriale viene localizzato sulla riva destra del Corno, a valle del ponte della ferriera. Nel 1791 si riaprono i cantieri di Ruscio, ove sono presenti molti "stranieri" (tecnici sabaudi, maestranze della Lombardia austriaca, operai "regnicoli"). Nel 1789, durante il breve regime repubblicano instaurato dalle truppe francesi, Scipione Breislak, Ispettore dei lavori mineralogici" della Repubblica Romana, presenta al governo di Roma una relazione geologica e tecnico-finanziaria sui giacimenti ferriferi del territorio di Monteleone e sul forno fusorio di Ruscio.

Nel 1800 l'insigne ingegnere e architetto spoletino Pietro Ferrari redige un'interessante memoria documentata sulle miniere di Monteleone, sulla ferriera di Scheggino e sulla nascente metallurgia ternana.
Nel 1812, nel periodo napoleonico (Spoleto diviene capoluogo del dipartimento del Trasimeno annesso all'impero francese), un altro insigne spoletino, Pietro Fontana, incaricato di esplorare il territorio di Monteleone nell'intento di riattivare l'industria del ferro, scopre un giacimento lignitifero presso il torrente Vorga, affluente del Corno. Questa miniera di lignite viene sfruttata dall'industria siderurgica ternana per brevi periodi, in particolare durante le due guerre mondiali. Nel 1918 la "Societa' Anonima miniere lignitifere di Ruscio" costruisce una teleferica per il trasporto della lignite a Ferentillo: da qui il trasporto veniva effettuato su rotaia.
L'industria mineraria di Monteleone fa parte ormai della sua storia economica. La ferriera di Ruscio, inattiva da circa due secoli, e' diventata un sito di archeologia industriale.

Tratto da "Le miniere di Monteleone" di Ubaldo Santi, Spoleto '90 n° 2, 30 giugno 2000

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Modificato da Veridio
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Inviato

belle medaglie, complimenti!


Inviato

Belle medaglie di epoca, appartenenti alla serie delle annuali. Ottime conservazioni. La medaglia di Urbano VIII è rara.


Inviato

Ottimi acquisti, ti faccio i miei complimenti!! ;)

Conservazioni di entrambe le monete ottime!

Titta


Inviato

Carissimi amici,

vi espongo due recentissimi acquisti di cui sono molto entusiasta.

L'annnuale di Innocenzo XI Anno VI.

Medaglia annuale coniata, emessa il 29-06-1682, per ricordare lo sforzo della chiesa contro l'eresia l'eresia quietista.

Il quietismo ebbe origine in Italia verso la fine del XVII secolo, scaturito e predicato dalle idee del teologo spagnolo Miguel de Molinos, contenute nella sua opera principale, la Guida Spirituale (1675). Il quietismo si focalizza quindi sulla perfezione cristiana, raggiungibile solo grazie alla vicinanza con Dio; il percorso quietista è caratterizzato da un profondo e continuo "desiderio di Dio", di tranquillità cristiana e di unione che porta alla fine del percorso mistico e alla cessazione delle pratiche che hanno permesso il percorso stesso (quindi i vincoli dell'ascesi e la liturgia). Per il quietismo, Dio è l'unico obbiettivo della vita cristiana.

Opposto ad ogni forma di spiritualismo, il quietismo appare come una reazione al giansenismo, dal momento che l'itinerario mistico proposto rende Dio più accessibile all’anima umana, lontano dai rigorismi e dalle dure ascesi giansenistiche prive di un collegamento diretto con la certezza della salvezza spirituale (vedi Doppia predestinazione). Il quietismo trovò vari sbocchi nell'ambiente intellettuale e filosofico francese e adottato da personalità come Monsieur Ponthieu e più tardi Andrew Michael Ramsay.

La dottrina quietista venne ufficialmente condannata come eresia da papa Innocenzo XI con l'emanazione della bolla Caelestis Pastor del 20 novembre 1687.

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La seconda è l'annuale anno XVIII di Urbano VIII.

Medaglia annuale coniata, emessa il 29-06-1641.

Ricorda le opere eseguite nella zona di Spoleto (Monte Leone) necessarie all'estrazione del minerale quivi presente.

Nel territorio di Monteleone esistono alcuni giacimenti ferriferi, il piu' importante dei quali si trova alle pendici del Monte Birbone [vedi Miniera di ferro di Terrargo]: il suo sfruttamento risale al XVII secolo, al tempo del pontificato di Urbano VIII (Matteo Barberini, gia' vescovo di Spoleto). L'attività estrattiva e la lavorazione del ferro, avviate per interessamento del Cardinale Fausto Poli di Usigni, hanno avuto per circa un secolo un ruolo rilevante nell'economia del territorio.

Il minerale estratto veniva trasportato con carri ed animali da soma nella ferriera di Ruscio. Le acque del fiume Corno, canalizzate presso il Ponte delle Ferriere, erano utilizzate per il lavaggio e la fusione del ferro. Per il trasporto del materiale ferroso dal Monte Birbone alla Flaminia (verso Roma) viene inaugurata nel 1834 una strada che, attraverso Montefranco, Ferentillo e il Salto del Cieco, unisce l'antica via consolare a Monteleone, Cascia e Norcia. Una stele eretta in prossimità di Strettura, ora semidistrutta, ricorda tale opera.

In seguito all'attivazione di una ferriera a Scheggino, voluta dal Cardinal Poli per la lavorazione del ferro grezzo di Monte Birbone e di colle Ferraio presso Gavelli, viene ampliata la mulattiera di Val Casana per facilitare il trasporto del materiale ferroso a Scheggino. La storiografia locale riferisce che la cancellata del Pantheon di Roma e' stat realizzata in questa ferriera.

L'importanza che il papa Urbano VIII ha attribuito allo sfruttamento delle risorse minerarie locali e' attesta da una medaglia commemorativa del 1642. Il disastroso terremoto del 1703, che devio' il corso del fiume Corno, ha causato a Monteleone l'interruzione della prima fase della produzione siderurgica avviata nella prima metà del '600. Gli onerosi costi di estrazione e trasporto del ferro, i rovinosi terremoti del 1703 e del 1730 e la funesta pestilenza del 1718 (con 105 morti a Monteleone) hanno contribuito all'inarrestabile declino dell'industria mineraria monteleonese.

Verso la fine del XVIII secolo si prospetta l'ipotesi di una riattivazione dei giacimenti ferriferi del territorio di Monteleone. Nel 1788 il card. Carandini, prefetto della Sacra Congregazione del Buon Governo, promuove un'indagine tecnico-scientifica e conferisce l'incarico progettuale ed esecutivo per il ripristino dell'attività siderurgica a Monteleone a un ingegnere piemontese: questi redige il prospetto di un piano siderurgico a ciclo integrale comprendente un forno fusorio e varie fucine per la produzione di manufatti di ghisa e ferro. L'insediamento industriale viene localizzato sulla riva destra del Corno, a valle del ponte della ferriera. Nel 1791 si riaprono i cantieri di Ruscio, ove sono presenti molti "stranieri" (tecnici sabaudi, maestranze della Lombardia austriaca, operai "regnicoli"). Nel 1789, durante il breve regime repubblicano instaurato dalle truppe francesi, Scipione Breislak, Ispettore dei lavori mineralogici" della Repubblica Romana, presenta al governo di Roma una relazione geologica e tecnico-finanziaria sui giacimenti ferriferi del territorio di Monteleone e sul forno fusorio di Ruscio.

Nel 1800 l'insigne ingegnere e architetto spoletino Pietro Ferrari redige un'interessante memoria documentata sulle miniere di Monteleone, sulla ferriera di Scheggino e sulla nascente metallurgia ternana.

Nel 1812, nel periodo napoleonico (Spoleto diviene capoluogo del dipartimento del Trasimeno annesso all'impero francese), un altro insigne spoletino, Pietro Fontana, incaricato di esplorare il territorio di Monteleone nell'intento di riattivare l'industria del ferro, scopre un giacimento lignitifero presso il torrente Vorga, affluente del Corno. Questa miniera di lignite viene sfruttata dall'industria siderurgica ternana per brevi periodi, in particolare durante le due guerre mondiali. Nel 1918 la "Societa' Anonima miniere lignitifere di Ruscio" costruisce una teleferica per il trasporto della lignite a Ferentillo: da qui il trasporto veniva effettuato su rotaia.

L'industria mineraria di Monteleone fa parte ormai della sua storia economica. La ferriera di Ruscio, inattiva da circa due secoli, e' diventata un sito di archeologia industriale.

Tratto da "Le miniere di Monteleone" di Ubaldo Santi, Spoleto '90 n° 2, 30 giugno 2000

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Belle medaglie e bella anche la descrizione. Di medaglie come la tua di Urbano VIII° ne possiedo un paio. Sei certo che sia però l'originale? Ho l'impressione che possa trattarsi di un riconio successivo (Bottega Hamerani?), come del resto le mie. Comunque, non essendo assolutamente un esperto, posso certamente sbagliare, perciò lascio a chi è più competente in materia l'ultima parola. Una parola sui luoghi, visto che sono ad un tiro di schioppo da casa mia. Le minere di ferro, come si può dedurre dal rovescio della medaglia, non erano sotterranee, ma a cielo aperto. Si tratta di luoghi ormai quasi del tutto spopolati, dove il Comune di Monteleone di Spoleto (famoso anche per la meravigliosa biga "etrusca", ivi ritrovata all'inizio del '900 ed ora al Metropolitan Museum di New York) ha ricreato percorso escursionistico, davvero suggestivo!


Inviato

Sono bellissime medaglie , soprattutto quella di innocenzo XI.

Io sono ancora limitato nella forma mentis di approcciarmi alle annuali solo in argento

e quindi non riesco ad andare indietro piu' di tanto.

Prima o poi iniziero' anche il bronzo in modo da potermi godere in mano questi piccoli capolavori

del seicento.

Bellissime!!!

Gian


Inviato

Per @@aemilianus253 per Urbano VIII mi basta che non sia un riconio Mazio. E di questo sono certo visto che il Mazio errò nell'accoppiamento dei conii.

Inoltre non trattandosi di un conio di produzione Hamerani escluderei anche questi ultimi.

Cito: Nel 1823 la Zecca Pontificia entrò in possesso di altri 200 conî, conservati nella Biblioteca della famiglia Barberini.

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Inviato

Per @@aemilianus253 per Urbano VIII mi basta che non sia un riconio Mazio. E di questo sono certo visto che il Mazio errò nell'accoppiamento dei conii.

Inoltre non trattandosi di un conio di produzione Hamerani escluderei anche questi ultimi.

Cito: Nel 1823 la Zecca Pontificia entrò in possesso di altri 200 conî, conservati nella Biblioteca della famiglia Barberini.

Mazio l'ho escluso anche io (lo ripeto, ciò vale anche per le mie due medaglie). Mi è capitato di vedere anche un paio di volte l'originale e il metallo, anche in presenza di patina sembra in quel caso più chiaro (ottone). Ciò comunque non inficia la bellezza e l'importanza storica, soprattutto per i luoghi ricordati, della meravigliosa tua medaglia!


Inviato

Le medaglie non le ho ancora fisicamente in mano. Quando arriveranno, su quella di Urbano VIII saprò dirti di più.

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Inviato

pur non essendo il mio campo preferito di collezionismo apprezzo pienamente l'ottima conservazione delle 2 medaglie, ma ringrazio l'amico Veridio per l'esauriente spiegazione sull'eresia quietista, di cui ignoravo l'esistenza e la storia, ciao.


Inviato

Veridio ricorda un dato oggettivo che mi era sfuggito (o che non conoscevo) al momento della discussione con aemilianus. Il rovescio della medaglia di Urbano VIII - Miniere Monteleone non è appartenuto alla bottega degli Hamerani. Il bello studio di Lucia Simonato "Urbano VIII e le medaglie....." ha infatti documentato che questo conio fu ceduto dalla famiglia Morone-Mola alla famiglia Barberini.

La vicenda non modifica molto i criteri in ordine alla ricerca di una probabile datazione delle coniazioni. Se ben ricordo ( dovrei riguardare con maggiore attenzione ), la Simonato cita anche la bottega Morone-Mola impegnata a Roma nel 1600 nella produzione di medaglie papali con coni di appartenenza, fino alla vendita del tantissimo e importantissimo materiale disponibile in forme articolate (per i coni di Urbano VIII vi sarebbe stata una prima scelta della famiglia Barberini e un residuo acquistato dagli Hamerani). Quindi riconi di epoca non hameraniani vi furono nel periodo di appartenenza dei coni ai Morone Mola, anche se con produzioni di minore quantità rispetto agli Hamerani. Nel periodo di appartenenza del materiale ai Barberini la riconiazione, probabilmente, fu limitatissima, quasi inesistente.

Per la successione dei coni l'indice più evidente è una piccola escrescenza sotto la N di URBANUS, che si amplia nel tempo. Può aiutare anche una medaglia sempre meno piatta e, come prima valutazione, la patina. Non è invece un indice pertinente la sottigliezza. Fin dall'origine furono coniate medaglie grosse e sottili per contenere i costi.

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