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Genova: il grosso multiplo


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Per parte mia appena vado a Palazzo Bianco dove sono i registri e le schede posso dare un'occhiata e capire quale sia la provenienza ed il periodo di arrivo nelle Civiche Collezioni. A naso potrebbe far parte di un legato comprendente parecchie monete genovesi, ma prima vorrei controllare se la mia idea è giusta o meno.

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Concludo qui la parte sulle date & dati.

Secondo me, come ho detto fino dall'inizio abbiamo un primo esemplare, già noto dalla seconda metà del Settecento, che era conosciuto dal Franchini e poi posseduto da Avignone già nel terzo quarto dell'Ottocento, ritenuto da entrambi genuino.

Su questo esemplare tornerei per concludere nei prossimi giorni, con osservazioni sulle caratteristiche estrinseche e per quello che posso sui risultati delle analisi metallografiche.

Questo esemplare scompare dopo la vendita della collezione Avignone del 1895 e se ne perde traccia per poco più di mezzo secolo. L'unica pubblicazione nota ai più rimane quella nelle Tavole descrittive che viene ripresa e diffusa ulteriormente dal CNI nel 1912.

E' da queste pubblicazioni che probabilmente "nasce" il grosso multiplo con le interpunzioni ad anelletti e che secondo me viene prodotto dopo il 1912, più probabilmente tra gli anni '30 e gli anni '60 del XX secolo (lo stesso Pesce nel 1978 dice che gli esemplari con gli anelletti sono emersi negli ultimi trent'anni circa, del resto). Infatti non penso che i falsificatori si sarebbero fatti sfuggire la ghiotta occasione di farlo arrivare in qualche modo al re, che - a mio modesto parere - probabilmente se lo sarebbe pure preso.

L'esemplare della ex collezione Avignone ricompare e viene pubblicato con tanto di foto nel volume sulle monete genovesi del 1975, dando la possibilità ad eventuali falsari di poter riprodurre una moneta più simile, non solo con i bisanti, ma anche con il numero di punti giusti ed altri particolari più somiglianti a tale modello.

Ecco: questo, a parte il primo capitolo ancora da scrivere, è il film che mi sono fatta...

Ditemi cosa ne pensate e se avete varianti alla trama o alla sceneggiatura da proporre (ma va bene se dite anche che è tutto da buttare :D!)

un saluto e buona serata MB

ottima ricostruzione filologica Monbalda. Complimenti.

Mi sorprende la "sparizione" dell'esemplare Avignone dopo la vendita del 1895 (confermata tra l'altro dalla legenda del Corpus che conferma ignorarne la collocazione - siamo al 1912) per poi ricomparire nel secondo dopoguerra nelle collezioni municipali genovesi. Certamente sarà importantissimo verificare quando e come vi sia arrivato l'esemplare ex Avignone (acquisizione alla vendita Avignone ? e allora perché se ne perdono le tracce fino agli anni '50/'60? ; oppure entrato succeeivamente nelle raccolte, ok, ma quale provenienza ?).

Probabilmente registri e cartellini potranno dirci qualcosa di piu'.

Per la "produzione" degli altri esemplari, acclarato che siano "riproduzioni" moderne sarebbe logico pensare che siano state realizzate successivamente alla pubblicazione dei dati riportati nelle tavole del De Simoni, e/o alla pubblicazione della foto compresa nel catalogo della vendita Avignone.

Modificato da numa numa
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Premesso che quanto scrivo è puro frutto di fantasia senza nessuna base scientifica/culturale a differenza di andreas, monbalda, fra crasellame, numa numa, arka, adamaney, dux-sab, dabbene, etc... che anche quando ipotizzano ... bhè ... è tutta un'altra competenza ed esperienza ….e non è falsa modestia, è la verità!

Vado per punti altrimenti la faccio troppo lunga:

- nella seconda metà del 1700 c’era molta confusione e molti falsari (1747:grida per madonnine false, 1748 Domenico Rivarola falsificò in Corsica Madonnine semplici e doppie, 1798: arrestati 4 falsificatori di monete, 1798: arresto di un Casazza orefice presso cui trovaronsi forme ed utensili per fabbrica di monete e numerosi pezzi da 10 soldi battuti, 1805: La Commissione Criminale condannò i monetari falsi Schpr Gio, Pagliari Gio, Paolo da Novi Nativo Andrea da Voltri, Saltarello Lanfranco Eligio ….e chissà quanti altri sono riusciti a non farsi prendere);

- ho letto da qualche parte (non chiedetemi dove) che le truppe francesi, prima di andarsene, trafugarono materiali, tre cui alcuni conii, dalla zecca …evidentemente per “farne qualcosa”;

Quindi niente di più “semplice” fabbricare una moneta del tipo antico per truffare qualche “ricco eccentrico che raccoglieva monete preziose”, forse anche con l’aiuto di qualche “infedele” che lavorava in zecca dove, nella confusione generale c’erano senz’altro periodi di anarchia –tra il 1758 e il 1797 non ci sono sigle di zecchieri sulle monete, era successo qualcosa evidentemente, nel 1797/1798 c’è Vassallo poi nuovamente niente fino al 1805;

Circa il “giallo” mi ha colpito la storia dei bisanti:

Un falsario ha “inventato” l’esemplare ex-Avignone nella seconda metà del ‘700, se è di peltro può essere una “medaglia, gettone, pedina, souvenir, 'prova' di abilità incisoria etc.” ma se è di buon argento, secondo me, non può essere altro che una truffa …riuscita perché a quell’epoca non conoscevano le monete della Repubblica di Genova e quelle senza data erano probabilmente tutte un mucchio, tuttalpiù divise secondo la legenda del dritto: le IANVA, i CIVITAS, gli IQDP e i DVX.

L’Avignone dopo 60/70 anni, trova quell’esemplare da un’orefice e, stupito, se lo compra e ne discute con i suoi amici che stanno scrivendo, per la prima volta, un tentativo di catalogazione delle monete genovesi e ne è orgogliosissimo. Il Desimoni, o il suo tipografo, sbagliano a scrivere sulle Tavole che ci sono gli anelletti al dritto invece che i bisanti, il CNI lo copia pedissequamente; un nuovo falsario, passati 100/150 anni dal primo, ne batte due o tre esemplari cambiando la dimensione delle perline tra un esemplare e un altro e nasconde la matrice in cantina, dopo altri 60/70 anni un altro falsario lo trova, ma il conio è un po’ rovinato dall’umidità, e allora lo “martirizza” un po’ per farlo apparire usurato dalla circolazione.

Se non è un giallo questo!

Ipotesi A) Sfortunata serie di incredibili coincidenze (per noi ma fortunata per i falsari).

Ipotesi B) L’Avignone (mi perdoni) ha organizzato questa messinscena per “stupire” i suoi amici e se l’è fatto fare (il primo) dopo aver letto il Zanetti/Bellati.

Il Ruggero (mi perdoni anche lui) sospettando una bufala dell'Avignone, invidioso del pezzo unico che non gli hanno fatto neanche vedere e che gli dicono addirittura del 1194, vuol dimostrare che non ci vuole niente a fare monete così e fa “fare” la altre …lui sì che potrebbe farle avere a Vittorio Emanuele entro il 1911 ...che scalpita e lo mette a perdere perchè "gli manca".

Dovrei essere scomunicato come eretico, lo so, ma chiedo clemenza essendo evidente la mia totale ignoranza.

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Dice @@numa numa

Certamente sarà importantissimo verificare quando e come vi sia arrivato l'esemplare ex Avignone (acquisizione alla vendita Avignone ? e allora perché se ne perdono le tracce fino agli anni '50/'60? ; oppure entrato succeeivamente nelle raccolte, ok, ma quale provenienza ?). Probabilmente registri e cartellini potranno dirci qualcosa di piu'.

Da quello che avevo scritto sui cataloghi a stampa delle collezioni civiche e poi dal mio commento mi pareva chiaro, ma forse no, quindi mi dai occasione di dirlo meglio: alla vendita della collezione Avignone il cosiddetto grosso non fece parte di quelle monete che furono acquistate per le collezioni civiche (nel catalogo a stampa del Poggi del 1897 le monete delle ex collezioni Durazzo e Avignone sono tutte indicate), ma con tutta evidenza fu comperato da qualche privato. Solo in seguito, penso ad una delle tante acquisizioni testamentarie o donazioni avvenute tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del XX secolo, deve essere entrata a far parte delle raccolte del Comune di Genova. Visto che Daniele Ricci insieme a Guido Rossi stanno rivedendo la storia del monetiere civico, vediamo se saranno in grado di precisare meglio questo dato.

Io, in compenso appena concluso il mio articolo su Desimoni ho cominciato a lavorare su Poggi, appunto.

Per la "produzione" degli altri esemplari, acclarato che siano "riproduzioni" moderne sarebbe logico pensare che siano state realizzate successivamente alla pubblicazione dei dati riportati nelle tavole del De Simoni, e/o alla pubblicazione della foto compresa nel catalogo della vendita Avignone.

Anche per questo mi pareva di aver proposto una ricostruzione più specifica, ma si può non condividerla, o non condividerla così nel dettaglio. Comunque questo mi dà modo di aggiungere qualche altra informazione e annotazione per farla comprendere meglio.

Il catalogo di vendita Avignone è diventato presto di difficile reperibilità a differenza delle Tavole descrittive pubblicate negli "Atti della Società Ligure di Storia Patria", che invece fino alla metà circa del XX secolo è stata una rivista piuttosto diffusa.

Quindi a lungo, ovvero almeno dal primo decennio del Novecento con l'ulteriore "ratifica" e diffusione a partire dalla pubblicazione sul CNI, tra i più si è ritenuto che l'unico esemplare noto, l'ex Avignone, avesse le interpunzioni ad anelletti. Non vi erano dati precisi invece circa la posizione della spina ed il numero dei globetti nei cerchi ;).

Potrebbe essere questo il motivo per il quale gli esemplari presumibilmente prodotti post 1912 e ante 1975 hanno le interpunzioni ad anelletti al dritto, con posizione diversa della spina, e globetti un poco più piccoli e comunque in numero variabile e diverso dall'esemplare ex Avignone (vedete la tabella che ho postato in precedenza).

E' ovvio che quando l'esemplare ex Avignone è riapparso, ma soprattutto è stato pubblicato con fotografia ben leggibile nel libro di Pesce e Felloni del 1975, chiunque avesse voluto riprodurre una moneta analoga aveva invece un modello da poter seguire più precisamente. Non a caso l'esemplare passato in asta nel 2008, ha le interpunzioni a bisante, lo stesso numero di globi nei cerchi interni (gli altri non li ho contati...ancora), la stessa crocetta (ma fatta un poco peggio) asimmetrica al dritto, le spine messe più o meno negli stessi punti dell'esemplare ex Avignone (cfr. stessa tabella). E' stato però realizzato con la superficie del tondello un poco rovinata e con presunte tracce di circolazione, forse per accertare che si trattasse di una moneta fatta per circolare e forse anche per coprire un poco i rilievi di una coniazione non a martello.

Chiaramente, come ho detto fino dal principio, a parte il pezzo ex Avignone, stiamo ragionando sulla base di fotografie e di dati metrologici non verificati, quando va bene, e di dati riportati soltanto nella tabella di Pesce per altri esemplari ancora (tra l'altro non so se avete notato, ma dal 1978 al 1989 un esemplare con le interpunzioni ad anelletti al dritto sembra ...scomparso!).

Quindi possiamo arrivare fino ad un certo punto, e magari ci potremmo anche sbagliare...chissà.

Tuttavia per il pezzo ex Pesce, per il quale abbiamo una foto a definizione accettabile ed i dati metrologici, vi sono vari elementi che giocano a sfavore di un pezzo genuino:

- forma del tondello veramente un poco "troppo" circolare e patina non del tutto convincente (almeno dalla foto)

- interpunzioni ad anelletti al dritto, che non solo non erano attestate nel tipo ex Avignone, ma come ho già detto non ritengo di probabile uso nelle monete genovesi in argento del pieno e tardo Duecento, periodo di presumibile produzione di un pezzo di quel tipo

- aspetto un poco appiattito rispetto ai fondi, ma senza tracce di usura, delle lettere in legenda, come notato già da @Varesi

- forma non congruente di alcune lettere diagnostiche per le monete del periodo ed in particolare per i grossi ed i denari con la spina (in modo particolare la 1 e la X: ma ci torneremo anche per il pezzo ex Avignone, osservando lì come sono)

- il peso, che pur con la tolleranza sembra un poco eccessivo. Infatti il peso teorico massimo dovrebbe essere stato 5,40 g, mentre se la bilancina di Christie's ha misurato giusto qui siamo quasi a 5,60 g (ma questa è l'ultima annotazione, che segnalo solo per via di tutte le altre...e perchè potrebbe avere a che fare con il possibile intrinseco, che non conosciamo).

Rimane il problema dei globetti nei cerchi così grandi e distanziati del tutto anomali rispetto alla produzione geneovese, ma questo è un elemento condiviso con tutti gli altri "grossi multipli".

Mi fermo qui per adesso, e poi riprenderò con quanto detto da @@Andreas e @@dizzeta per arrivare al progenitore di questi "grossi multipli".

Un caro saluto e grazie a tutti quelli che sono intervenuti e/o che stanno seguendo :) MB

Modificato da monbalda
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Dice @@numa numa

Da quello che avevo scritto sui cataloghi a stampa delle collezioni civiche e poi dal mio commento mi pareva chiaro, ma forse no, quindi mi dai occasione di dirlo meglio: alla vendita della collezione Avignone il cosiddetto grosso non fece parte di quelle monete che furono acquistate per le collezioni civiche (nel catalogo a stampa del Poggi del 1897 le monete delle ex collezioni Durazzo e Avignone sono tutte indicate), ma con tutta evidenza fu comperato da qualche privato. Solo in seguito, penso ad una delle tante acquisizioni testamentarie o donazioni avvenute tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del XX secolo, deve essere entrata a far parte delle raccolte del Comune di Genova. Visto che Daniele Ricci insieme a Guido Rossi stanno rivedendo la storia del monetiere civico, vediamo se saranno in grado di precisare meglio questo dato.

Io, in compenso appena concluso il mio articolo su Desimoni ho cominciato a lavorare su Poggi, appunto.

Grazie, no non era completamente chiaro infatti, soprattutto in alcuni post, questa sequenza di eventi. Sembrava che ad un certo punto il grosso fosse scomparso, per questo sarà certamente interessante ricostruire filologicamente il suo ingresso nelle collezioni civiche (quando e soprattutto "da chi" fu acquistato).

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Scusandomi per aver fatto passare qualche giorno (ma altro lavoro chiamava), concludo un poco con l'illustrazione dei dati che ho potuto raccogliere su questo vero e proprio "cold case".

Purtroppo, mentre mi sono fatta delle idee abbastanza chiare sugli esemplari di "grosso multiplo" apparsi nel corso del XX ed inizi del XXI secolo, come avete visto, metto le mani avanti dicendovi subito che sull'esemplare ex Avignone per il momento sospendo il giudizio, sebbene a pura impressione (come detto ad esempio da @@adamaney) la bilancia pende un pochino di più dalla parte dove stava la mia idea prima di vederlo tra le mie mani e di analizzarlo, ovvero che si trattasse anche in quel caso di moneta non genuina.

Vi elenco qua sotto sia le evidenze che potrebbero andare nel senso della genuinità che le contrarie.

Elementi negativi, ovvero contra la genuinità:

- spessore del tondello lievemente sopra la media, più difficile da imprimere a martello (e si può spiegare con il peso che si voleva raggiungere mantenendo un diametro di 23,5/24 mm...ma allora si tratta di lamina fatta appositamente per un esemplare? e non era più semplice aumentare di poco il diametro?)

- perlinatura, come già detto assolutamente anomala nel quadro delle produzioni genovesi, ma ingenerale dell'Italia Duecentesca. Ricorda un poco la perlinatura grossa di falsificazioni di monete ben più antiche, ovvero dei denari di età carolingia della zecca di Lucca della collezione Massagli, uno dei quali pare fosse già noto nel 1690. Ma potrebbe essere un caso...

- risultanze della perlinatura presso il bordo in alcuni punti, come già notato acutamente da @@Andreas

- rilievo del conio anche in questo caso leggermente più appiattito dei simili grossi normali e "genuini", anche se in modo diverso da quanto abbiamo visto per gli esemplari ex Pesce e Ghiglione, dove è molto evidente

Elementi positivi, ovvero che potrebbero in qualche modo andare verso la genuinità del pezzo, sebbene forse solo come prova (?):

- forma delle lettere congruente con quelle dei grossi "normali" di medesima impronta. In particolare la forma della X che nella tipologia dei grossi con la interpunzione tra la I e la A di IANVA, e soprattutto nei pezzi con la prima interpunzione rappresentata da una spina, è sempre un poco "schiacciata" ed inscrivibile in un rombo (e non inscrivibile in un quadrato, come ad esempio nell'esemplare ex Pesce)

- forma dell'imago civitatis / castello abbastanza congruente con quella dei grossi "normali"di medesima impronta, ma con alcuni articolari già simili a quella delle serie successive, ovvero i grossi da 6 tardi con "i capitelli" ed i successivi CIVITAS IANVA.

- forma del bordo che sembra far propendere per una battitura non a macchina

- patina di tipo antico e simile a quella di un paio di grossi da 6 di primo tipo della stessa raccolta comunale (uno dei quali con sopra scritti dei numeri a china con grafia sei-settecentesca)

- intrinseco: all'analisi XRF questo pezzo ha rilevato la medesima analisi composizionale dei grossi "normali" della medesima impronta...

Ma su questo ultimo punto tornerei in modo più approfondito con il post che segue, per non fare interventi troppo lunghi e...illeggibili (fosse solo per questo :P!) MB

(segue..)

Modificato da monbalda
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Il fatto che l'analisi XRF abbia dato come risultato composizionale lo stesso avuto analizzando i grossi con le interpunzioni tra la I e la A, in sé e per sé potrebbe non voler dire nulla, se non che qualcuno per realizzare quel grosso multiplo magari ha preso e rifuso quattro dei grossi di Genova "normali".

Tuttavia c'è da tenere presente che i grossi da 6 di Genova di primo tipo hanno dato un fino leggermente diverso da questo, così come i grossi della serie immediatamente successiva al primo tipo (quelli che fino ad oggi sono stati detti "da 4", ma senza l'interpunzione tra la I e la A).

Invece questo "grosso multiplo" ha un fino corrispondente come valori, anche negli elementi minoritari, ai tipi con l'interpunzione tra la I e la A ed ai successivi grossi con i capitelli (per chi avesse o leggesse il nostro ultimo studio i gruppi I.III.3 e I.III.4).

Tra l'altro queste tipologie di grossi, come vi avevo già anticipato, sono quelle che a mio parere si possono datare tra il 1260 (tipo spina I.A.N.V.A.) ed il 1280 (tipi con i "capitelli"), cronologia non solo congruente con la nascita di tipi nuovi di grossi pesanti in Francia e in Italia, ma anche prossima alla creazione di un grosso più pesante (da 12) CIVITAS IANVA da parte della stessa zecca di Genova.

Quindi, se hanno rifuso quattro grossi hanno usato i tipi che ora possiamo dire "giusti" per intrinseco ed anche per ambito cronologico, realizzando anche le lettere nella forma corretta per quelle serie, pure nei dettagli.

Ma allora mi e vi chiedo: nel XVII o XVIII secolo quando non vi era tutta questa chiarezza sulla crono-tipologia dei grossi di Genova e sulle loro caratteristiche specifiche nel tempo, come è che la cosa è stata possibile?. Peraltro i tipi di grossi con la spina, a parte un unico ripostiglio rinvenuto in tempi recenti e a quanto mi risulta ancora non disperso, sono abbastanza rari, mentre un poco più frequenti i tipi con i capitelli, ma senz'altro meno presenti nelle collezioni e sul mercato rispetto a tutti gli altri grossi IANVA: e quindi aveva senso sacrificarne ben 4 per gabbare qualche collezionista?

Infine: anche gli elementi in traccia e la risposta all'analisi XRF che coglie gli aspetti superficiali, come il tipo di bianchitura, sembrerebbero denotare un processo produttivo assai simile a quello usato per i grossi "normali" analoghi. Anche questo è possibile con una semplice rifusione a battitura, che so, al torchio? Ovviamente ho posto questo ultimo quesito anche ai ricercatori CNR e ad un esperto di processi metallurgici nel frattempo, ma ovviamente ogni parere fondato è benvenuto.

Con questi dati e prime riflessioni mi congedo, annunciandovi che grazie alle vostre sollecitazioni a riaprire questo "cold case" ho pensato di farne anche un breve articolo, con dati ovviamente più dettagliati di quanto possa fare qui adesso :).

Rimango in attesa dei vostri interventi in merito

Un caro saluto a tutt* MB

Modificato da monbalda
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Provo a fare una riflessione sui tuoi contra e sui tuoi pro sul grosso ex Avignone:

"contra" i tuoi "contra"

-Spessore: Ma se il conio era già pronto e qualche “responsabile” ha stabilito all’ultimo momento il peso che doveva avere come potevano fare gli sventurati zecchieri? Mica potevano rifare la matrice, è possibile che abbiano aumentato lo spessore;

-Perlinatura: E’ possibile che volessero fare un “remake” del primo denaro coniato che aveva il cerchio perlinato grosso (forse in occasione di un cambio di impronta?), è vero che quello aveva le perline più fitte ma per “ingrandire” il tutto necessariamente hanno dovuto ingrandire anche gli spazi tra perlina e perlina per rendere armonioso tutto l'insieme;

-Rilievo di conio: L’immagine battuta a martello, visto lo spessore, doveva essere eseguita con una o più martellate un po’ più “pesanti” del solito e quindi le parti più in rilievo sarebbero state necessariamente più “schiacciate”;

-Risultanze della perlinatura del bordo …qui non saprei che dire.

"Pro" i tuoi "pro"

-Forma delle lettere: assolutamente uguali ai denari e ai grossi con la spina;

-Forma dell’imago civitatis: coerente, specialmente se consideriamo che è stata fatta grande il doppio dell’usuale e soprattutto più curata;

-Forma del bordo: se tu dici battuta non a macchina non posso che crederci;

-Intrinseco: anche qui non posso non rilevare che nel settecento non conoscevano quello che sappiamo oggi e difficilmente avevano tanti grossi con la spina da distruggere per verificarne il titolo e molte informazioni storiche erano andate perdute, i truffatori erano senz’altro illetterati e solo con la “furbizia” non avrebbero potuto arrivare a tali sottigliezze.

Modificato da dizzeta
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Mi sembri un pochino di parte :)

Sì, mi dispiaceva che Ruggero, Avignone, Desimoni, Astengo & Co.... avessero preso una cantonata!

Sono troppo grato a loro per tutto quello che mi hanno insegnato, il fatto che monbalda abbia dei dubbi mi rincuora anche su di loro.

M'ero già fatto l'idea che "anche i grandi sbagliano" ....e ora, forse, non hanno sbagliato di molto.

Modificato da dizzeta
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domanda: come mai l'esemplare Avignone non venne acquistato per le collezioni civiche la prima volta?

si lasciano scappare una moneta unica? forse perchè non lo ritennero autentico ,

Modificato da dux-sab
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caro @@dizzeta,

sì in effetti si è notata la tua posizione "affettuosamente" di parte. Però guarda che sbagliano tutti, anche i più grandi, e non c'è nulla di male a dirlo a maggiro ragione se si tratta di persone che guardavano a queste monete più di 100 anni or sono: anzi alcuni di loro se fossero vivi, vista la loro onestà intellettuale, sarebbero stati i primi se avessero avuto gli elementi di conoscenza che abbiamo noi oggi a riconoscere certi loro errori.

Quanto poi a Desimoni, essendo fresca di studi su di lui, ti posso dire che non era affatto un "numismatico" e lo dice spesso anche lui nei suoi scritti: lui era uno storico dei documenti ed esperto di storia monetaria, che trovava citazioni, valori etc... che riusciva a raccordare alle monete reali confrontandosi o con quanto detto nei vecchi studi di Gandolfi, o con coloro che le monete le conoscevano materialmente invece, come Franchini ed Avignone prima, e Ruggero poi. Da qui alcuni suoi "granchi" anche e soprattutto sulle datazioni riferite a certe monete. Poi un poco di occhio con il tempo se lo era anche fatto, ma non più di tanto.

Prova ne è la stessa nota che hai rammentato tu e della quale io ho postato la scansione, nella quale lui non si era neppure accorto che eventualmente questo grosso "multiplo" per tipologia era simile a quelli con la spina e dunque doveva andare più alla fine della serie dei grossi IANVA, mentre il buon Ruggero sì.

Quanto ai contra ai mie contra (in pratica uno scioglilingua :D!):

"Spessore: Ma se il conio era già pronto e qualche “responsabile” ha stabilito all’ultimo momento il peso che doveva avere come potevano fare gli sventurati zecchieri? Mica potevano rifare la matrice, è possibile che abbiano aumentato lo spessore"

< Queste sono cose che non venivano stabilite all'ultimo momento: il peso di una moneta come il fino, così come la tolleranza ed i redditi derivati erano stabiliti nei minimi dettagli e indicati per scritto, anche se non sempre ci sono arrivati gli atti. Basta leggere i documenti sopravvissuti, o anche gli editti in materia di moneta della breve esperienza di Enrico VII che su questi aspetti sono dettagliatissimi...

-Perlinatura: E’ possibile che volessero fare un “remake” del primo denaro coniato che aveva il cerchio perlinato grosso (forse in occasione di un cambio di impronta?), è vero che quello aveva le perline più fitte ma per “ingrandire” il tutto necessariamente hanno dovuto ingrandire anche gli spazi tra perlina e perlina per rendere armonioso tutto l'insieme;

Sono cose difficili da dirsi, e si può ipotizzare qualsiasi cosa, se vuoi, ma teniamo conto che questo tondello non è poi così tanto più grande di un grosso normale, dal quale differisce per 3/3,5 mm. Non mi pare che questa differenza possa giustificare l'adozione di una soluzione tanto diversa rispetto all'usuale.

Vero è anche che se io fossi un falsario che fa così bene i punzoni e quant'altro in modo da rendere le lettere e le altri parti del conio così simili ai pezzi originali, forse farei anche i cerchi uguali o compatibili e non così diversi. Infatti diciamocelo la cosa che stona di più in assoluto sono quei cerchi perlinati.

Ma forse di questo sarà è utile riparlarne cercando di capire in base ai vari scenari per quali motivi può essere stato realizzato un pezzo del genere (io ne vedo almeno 3, recuperando nelle linee di fondo una delle ipotesi di @@Andreas per una di esse ;): e voi?).

-Rilievo di conio: L’immagine battuta a martello, visto lo spessore, doveva essere eseguita con una o più martellate un po’ più “pesanti” del solito e quindi le parti più in rilievo sarebbero state necessariamente più “schiacciate”;

Questa era una cosa alla quale avevo pensato anche io e che potrebbe spiegare in effetti un rilievo meno accentuato; tuttavia ci potevano essere i modi per ovviare al problema. Poi entra in campo un poco quella sensazione generale, che vedo ancora anima @@dux-sab, al quale risponderò separatamente, e della quale aveva parlato @@adamaney, e che in parte devo dire condivido.

Le cose per le quali sospendo il giudizio attualmente sono un poco il bordo, ma soprattutto l'attenzione a certi dettagli che non ho trovato in altri falsari e i dati sul fino. Tu sai bene quanto sono risultati diversi sia il falso cigoiano, ma anche altre monete in odore di emissione non regolare di zecca...

Francamente se potessi vorrei ripetere l'analisi XRF quando possibilmente torneremo a Zena (mi dicono i colleghi del CNR che presto ne avranno anche uno migliore, che arriverà un pochino ancora oltre alla superficie di quello attuale) e/o rifare anche altre analisi di maggiore profondità non distruttive. E vorrei anche rivedere il bordo con calma e luce migliore, oltre che provare a misurare i rilievi e le curvature dei conii (ormai ci stiamo attrezzando anche per quello con uno scanner laser portatile, ma il procedimento è un poco lunghino e può essere utile solo per casi come questo nel quale potrebbe valere la pena).

Nel frattempo rimango in attesa dei tuoi eventuali contra - contra - contra; o anche degli interventi di altri, mi raccomando!

di nuovo un saluto MB

Modificato da monbalda
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domanda: come mai l'esemplare Avignone non venne acquistato per le collezioni civiche la prima volta?

si lasciano scappare una moneta unica? forse perchè non lo ritennero autentico ,

caro @@dux-sab la tua domanda è più che lecita, e in un primo momento me la ero posta anche io.

Tuttavia, nel 1897 la fama della collezione ed anche della capacità di giudizio di Avignone erano ancora davvero grandi, e l'autorevolezza di Desimoni e Ruggero, che pure avevano pubblicato il pezzo nelle Tavole descrittive senza apparentemente alcun dubbio sulla sua genuinità, ancora maggiori: dunque, anche se qualcuno avesse dubitato in cuor suo di quel pezzo, non so se avrebbe potuto influenzare in alcun modo gli acquisti da parte comunale.

Ma soprattutto ho notato che dalla collezione Avignone il pezzo più antico acquistato è un genovino quattrocentesco per Giorgio Adorno doge XVII (il n. 2 a p. 94 del CNI) , che al tempo era anche l'unica moneta presente in collezione per quel doge, ed anche per i periodi successivi è evidente che gli esemplari acquisiti dalla collezione Avignone erano quelli che servivano a "tappare" dei buchi nei vari periodi storici, rispetto a quanto già posseduto attraverso le acquisizioni precedenti.

Quindi per tutto il periodo pre-dogale e per il primo periodo dogale, ad esempio, non venne fatto alcun acquisto né dalla collezione Avignone, né dalla Durazzo (i pezzi più antichi dalla raccolta Durazzo sono addirittura del XVII secolo).

A queste considerazioni aggiungiamo poi il fatto che andrebbe valutata la somma per la quale alla fine fu venduto il "grosso multiplo" in confronto anche ai costi di monete altrettanto e forse più rilevanti dal punto di vista storico della medesima raccolta, ed in base alle disponibilità allora del Comune. O più semplicemente rispetto ai gusti e alle competenze di chi fu incaricato materialmente di scegliere i pezzi da comperare (francamente non so chi: non penso Poggi, ma ho appena iniziato le ricerche su di lui grazie alla disponibilità delle discendenti che stanno organizzando un convegno sulla sua figura).

Quindi tutto è possibile, ma teniamo in conto che possono aver giocato tanti fattori diversi e che di per sé questo mancato acquisto non costituisce una "prova" definitiva rispetto alla sua presunta falsità.

Un cordiale saluto MB

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Grazie per le delucidazioni Monbalda

Il dubbio di Dux era anche il mio pur non avendolo espresso esplicitamente , quando chiedevo appunto sopra la ricostruzione precisa dell'acquisto della moneta da parte delle raccolte comunali

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Grazie per le delucidazioni Monbalda

Il dubbio di Dux era anche il mio pur non avendolo espresso esplicitamente , quando chiedevo appunto sopra la ricostruzione precisa dell'acquisto della moneta da parte delle raccolte comunali

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Ringraziando Monbalda per le approfondite spiegazioni, che sembrano assai convincenti, torno sull'argomento non per discutere l'autenticità o meno del pezzo 'Avignone', perché a questo punto penso che la parola possano averla soltanto quanti hanno avuto l'opportunità di avere in mano il pezzo, insomma di poterlo annusare per bene; torno per affrontare un argomento più generale cui si è accennato nella discussione (Arka), ma che è stato lasciato cadere (troppo presto, a mio avviso), cioè la tecnica con cui veniva realizzata la perlinatura. E' opinione comune, credo, che quando non si vedono chiaramente pallini o parti di pallino (mezzelune, crescenti etc.), le perlinature siano realizzate con punzoni diversi, con esattamente la forma di ciò che si vede sulla moneta. Ecco secondo le mie osservazioni e quanto mi è stato insegnato (devo aver condiviso con Arka lo stesso docente, anche se in tempi diversi, evidentemente) così invece non è. O meglio è così quando le differenze sono assolutamente evidenti e si ripetono per tutto il giro della perlinatura (ad esempio anelletti, pallini cerchiati, losanghe con i lati retti etc.), ma in gran parte dei casi si tratta dello stesso punzone che ottiene forme diverse a seconda dell'angolo di impatto ed anche, evidentemente, delle deformazioni che ogni colpo, sia sovrapposto che accostato, provoca allo stampo lasciato dal colpo precedente. Lo si vede molto bene in alcune monete più grandi e realizzate con grande attenzione (ad esempio i testoni milanesi), in cui la perlinatura comprende pallini, fusi (non losanghe), crescenti di varia ampiezza e, addirittura righe a spirale che sembrano avvolgere un rilievo (il cosiddetto contorno a 'cordoncino': vi ricordate il filo elettrico delle vecchie abat jour?). Possibile che abbiano usato punzoni diversi? Io sinceramente non ci credo, penso che abbiano usato un solo punzone (a forma di pallino, probabilmente, ma non è detto) visto che mancano totalmente soluzioni di continuità nel giro di questi contorni (tranne una, ovviamente, cioè l'ultima). In molti esemplari ben conservati con il contorno a 'cordoncino' si vede anche il segno del compasso che ha tracciato il cerchio della perlinatura, segno che però, essendo più in rilievo dei pallini stessi, sembra esser stato fatto dopo la stessa perlinatura, oppure essar stato impresso così profondamente da rimanere visibile anche dopo la battitura dei pallini (lo si cede perfettamente nei grossi genovesi perfettamente conservati, ad esempio). Quindi si trattava di un' operazione piuttosto complessa, che volutamente cercava di nascondere la tecnica con cui veniva realizzata. Perché? La risposta è abbastanza ovvia, ma qui non ci interessa, quello che ci interessa è che forse alcuni secoli dopo non avevano la più pallida idea di come fare una perlinatura del genere, ed allora si accontentavano di punzonare dei semplici pallini, tenendoli a dovuta distanza per evitare che ogni nuovo colpo alterasse la forma data dal colpo precedente. Non trascurate minuzie del genere, pensate alle potenzailità cronologiche di questi aspetti tecnici.

Cari saluti,

Andreas

Modificato da Andreas
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Le considerazioni dei post precedenti, peraltro tutte molto interessanti, mi stimolano un interrogativo spontaneo.

La coniazione delle monete medioevali avveniva in quantità notevoli, soprattuttoi quando si tratta di grandi zecche quali Genova, Venezia, Milano etc.

Mi domando a questo punto se comprendiamo davvero bene la sequenza delle fasi di coniazione che si succedeva dalla produzione dei tondelli alla rifinitura/rifilatura della moneta per essere pronta alla messa in circolazione. Dico questo per due motivi, il primo perche' a volte mi sembra di percepire un certo grado di complessità nelle procedure/fasi che si suppone avessero luogo per la battitura , cosa che poi sarebbe difficile (forse) da riconciliare con elevati volumi di produzione giornaliera.

Il secondo motivo eè che ricordo di aver visto un video realizzato da alcuni archeologhi medioevali francesi che avevano tentato di riprodurre esattamente quanto avveniva nella produzione di denari e grossi di epoca medioevale (quindi con tanto di fusione del metallo produzione di tondelli battitura, coni, punzoni etc.) e seppur avevamo prodotto delle monete in qualche modo simili agli originali (anche se molto piu' rozze - non hanno nulla a che vedere con i veri e propri "falsi" moderni che replicano in modo molto piu' "realistico" gli originali con tecniche pero' assai diverse) per loro stessa ammissione affermavano che erano ancora ben lontani dal comprendere esattamente le fasi di coniazione effettivamente utilizzate dalle varie zecche.

Da quando le zecche hanno introdotto le macchine il problema di sapere "cosa" esattamente facessero è semplificato. Ne' poi si pensi che il problema di sapere come si coniava interessi solo la monetazione medioevale. Ricordo una discussione molto approfondita, con il bravo Antvwala, che facemmo sulla coniazione dei trachy scifati , in pratica della monetazione scodellata bizantina. Vi fu un dotto articolo della Morrisson che affrontava il problema , ma lasciava molte questioni aperte , mentre forse la via da seguire era stata individuata in una particolare tecnica a doppia battitura che poi fu oggetto di un articolo pubblicato su Monete Antiche,avvalorata dal ritrovamento di un frammento di conio che sembrava giustificare l'ipotesi fatta. Ma anche in questo caso non sappiamo proprio precisamente come avveniva la coniazione di questi affascinanti pezzi e pochi, in realtà, hanno affrontato il problema nei dettagli.

Oggi di coni il mercato improvvisamente abbonda! peccato che sono tutti quelli delle zecche di falsari contemporanei che paiono sformare piu' monete oggi di qquanto facessero i nostri predecessori ... Segnalo a questo proposito l'interessante articolo del cap. G. Marseglia " La falsificazione di monete antiche. Il sequestro in Sicilia di una zecca clandestina" pubblicato da poco in Annali 58 (2012) che illustra, interamente a colori molti coni , che per giunta hanno prodotto diverse monete passate in diverse discussioni (e condannate) sul Forum !

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scusa numa, potresti postarci la pagina con le foto dei coni trovati nella zecca siciliana?, grazie

Modificato da dux-sab
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era già mia intenzione farlo , in altra discussione separata per non "sporcare" questa che mi sembra molto ben centrata sull'argomento specifico in discussione.

Purtroppo pero' sono ben 32 tavole e 6 pagine di testo...

Vedro' di fare qualche foto e postare almeno un paio di tavole per far vedere di cosa stiamo parlando.

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era già mia intenzione farlo , in altra discussione separata per non "sporcare" questa che mi sembra molto ben centrata sull'argomento specifico in discussione.

Purtroppo pero' sono ben 32 tavole e 6 pagine di testo...

Vedro' di fare qualche foto e postare almeno un paio di tavole per far vedere di cosa stiamo parlando.

bravo numa, credo che questo interessi a molti amici del forum, quindi più pagine metti e più ci rendi felici. sarebbe bello vedere anche i coni che hanno portato a delle discussioni. grazie

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  • 1 anno dopo...

A prima vista e' la mia stessa sensazione , non conoscendo questa monetazione (mi riferisco alla prima foto postata)

Le croci di inizio legenda al D/ e al R/ sono una diversa dall' altra e la fattura complessiva e' piuttosto "strana" vedi la perlinatura

La moneta come direbbe un mio amico perito pare morta....

Se fosse stata una moneta sabauda al tavolo domenicale dei savoiardi sarebbe stata bocciata come non autentica

Un falso fatto per i collezionisti a mio avviso

se mi avessero proposto la prima moneta l'avrei rifiutata e catalogata come FALSO e neanche d'epoca 1200-1400.

Modificato da piergi00
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  • 3 settimane dopo...

Ciao a tutti, anche se non sono collezionista di questa monetazione  vorrei aggiungere un paio di foto di una mia moneta per avere i vostri pareri, poiché della stessa tipologia di cui si sta parlando..Grazie.

 

peso 0,5 grammi circa 15 mm circa

 

 

post-23304-0-27609300-1427741924_thumb.j              post-23304-0-31549100-1427741929_thumb.j

 

 

 

 

 

 

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Ciao

 

si tratta di un interessante denaro di Genova ,

per cortesia potresti postarla nella discussione relativa a queste monete http://www.lamoneta.it/topic/73359-denaro-genova/page-73questa infatti è la discussione riguardante il grosso multiplo 

 

Matteo 

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