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Risposte migliori

Inviato

Il libro l'ho preso io da R-R a Verona per Alberto...........per il resto mi piacerebbe che la discussione tornasse sul piano squisitamente numismatico (e mi rivolgo a tutti e due indistintamente), perchè ormai questi bisticci avrebbero stancato, almeno me.

Maurizio

Ti capisco perfettamente Maurizio... figurati quanto hanno stancato me....ma devi capire, e lo avrai sicuramente capito, che io sto cercando solo di difendermi, certe affermazioni necessitano obbligatoriamente di adeguata risposta.

gl


Inviato

Il libro l'ho preso io da R-R a Verona per Alberto...........per il resto mi piacerebbe che la discussione tornasse sul piano squisitamente numismatico (e mi rivolgo a tutti e due indistintamente), perchè ormai questi bisticci avrebbero stancato, almeno me.

Maurizio

Bando dunque ai bisticci e parliamo del peso, o meglio dei pesi, di questa strana moneta.

Di cosa davvero si tratta? Quale relazione ha con i nummiapparentemente simili con Beta, Gamma e Delta? Davvero possono corrispondere a 1, 2, 3 e 4 nummi? I relativi pesi medi sostengono questa ipotesi?

Giuseppe: puoi (vuoi) postare delle immagini più nitide, soprattutto dei nummi più strani (gli ultimi due) e di quelli dove sembrano esserci delle legende?


Inviato

E' necessario, prima di andare oltre, chiarire chi fosse Godas e come si siano svolte le vicende che lo portarono al trono sardo.

Purtroppo questa figura è ricordata da un solo cronista antico: Procopio. Se da un lato questo scrittore di Cesarea racconta molte cose sulla guerra vandala, della quale fu testimone oculare, dall'altra è anche noto per la sua scarsa affidabilità e per non cuaree molto l'esattezza dei fatti.

Nel capitolo X del I libro della guerra vandalica, nei paragrafi III e IV si legge:

"III ... Tra i servi di Gelimero vi era un tale di stirpe gota, Godas, coraggioso, pronto all’azione e con un’innata predisposizione al potere, che sembrava prendersi a cuore gli affari del suo signore. A questo Godas Gelimero diede in affido l’isola della Sardegna perché la custodisse e vi riscuotesse un tributo annuo: ma quegli, non essendo capace né di reggere la prosperità assegnata dalla sorte, né di sopportarne il peso nel suo cuore, diede inizio ad una tirannide e non [solo] ritenne di non consegnare il pagamento del tributo, ma conservò per sé l’isola dopo essersi ribellato ai Vandali. Avendo ben compreso che Giustiniano era deciso ad andare in Africa per combattere Gelimero, gli scrisse una lettera del tenore seguente: “Non mancai fede al mio re per ingratitudine e perfidia, ma poiché sono testimone del giogo crudele e inumano da lui imposto ai suoi popoli non posso più obbedirgli volonterosamente: dunquee preferisco fermar lega con un giusto imperatore anziché essere ministro degli ordini atroci d’un tiranno. Pertanto ti offro la mia amicizia e ti chiedo un pronto aiuto per poter valermene all’occorrenza contro chiunque oserà turbare la mia quiete.

IV. Giustiniano, contentissimo per questa notizia, non indugiò punto a mandargli l’ambasciatore Eulogio con la sua risposta: gli comandava la prudenza e la giustizia, celebrava la sua volontà di di allearsi a lui, gli prometteva truppe e comandanti affinché potesse non solo mantenere il trono di quell’isola, ma anche fare nuove conquiste senza timore alcuno dei Vandali. Eulogio partì per la Sardegna e al giungere a terra, incontrò il ribelle con titoli e vesti regali vesti, attorniato dalla sua guardia del corpo: dopo aver letto la missiva imperiale, Godas disse che gradiva molto le truppe, ma che già disponeva di capitani in numero sufficiente. Con questi stessi argomenti scrisse una missiva di risposta a Giustiniano, affinché gli fosse consegnata col ritorno dell’ambasciatore".

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Inviato

Ecco quella del peso dei nummi con la A cerchiata (ci sono quelli di Lulliri, integrati da un altro centinaio):

È possibile vedere la curva con i pesi non arrotondati allo 0,5?

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Inviato

È possibile vedere la curva con i pesi non arrotondati allo 0,5?

Cosa intendi dire? Una curva statistica si realizza creando famiglie di dati, non è possibile farla con dati puntuali (a meno di averne molte migliaia), tanto meno quando i dati sono così dispersi. La successione dai dati indica la centratura di ogni famiglia: ad esempio, 0,65 g comprende tutti i dati da 0,601 a 0,700 g.


Inviato

Apro una piccola parentesi, se mi permettete.

Non conosco bene le opere di Procopio e sinceramente non ho mai capito quale era la sua posizione nei confronti di Giustiniano. Mi sembra che scrisse anche una "Storia Segreta", che fu un libello molto violentemente critico nei confronti dell'imperatore bizantino. Di contro nella storia della guerra vandala sembra essere più allineato alle posizioni filobizantine e quindi mi chiedo quanto potesse essere attendibile nella sua ricostruzione delle vicende riguardanti Godas, che sembra appunto risentire del punto di vista solo bizantino.

Per converso, essendo stato testimone diretto, dovrebbe essere comunque molto informato di quelle vicende....

Peccato che non esistano altre cronache dell'epoca.

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Inviato

Apro una piccola parentesi, se mi permettete.

Non conosco bene le opere di Procopio e sinceramente non ho mai capito quale era la sua posizione nei confronti di Giustiniano. Mi sembra che scrisse anche una "Storia Segreta", che fu un libello molto violentemente critico nei confronti dell'imperatore bizantino. Di contro nella storia della guerra vandala sembra essere più allineato alle posizioni filobizantine e quindi mi chiedo quanto potesse essere attendibile nella sua ricostruzione delle vicende riguardanti Godas, che sembra appunto risentire del punto di vista solo bizantino.

Per converso, essendo stato testimone diretto, dovrebbe essere comunque molto informato di quelle vicende....

Peccato che non esistano altre cronache dell'epoca.

Splendida domanda, la tua, caro Acraf.

Procopio di Cesarea è uno tra gli storici più intelligenti e piacevoli a leggersi di tutta l'età tardo-romana. E' un po' come Andreotti o Fanfani: a prescindere dal parere che ognuno di noi ha sul personaggio politico e anche sulla sua postura etica, in termini culturali entrambi si mangiano vivo a tutto il ciarlame della cosimaldetta seconda Repubblica, e ci mettono sopra un po' di sale e di pepe (io preferirei peperoncino) per insaporirli.

Procopio ha scritto numerose opere, la più importante e nota delle quali è la sua Storia, successivamente scissa in guerra persiana, vandalica e gotica. In qualitrà di segretario personale di Belisario, fu testimone diretto di molti eventi, soprattutto inerenti la guerra vandalica. Tuttavia, seppur ricchissimo di dati, spesso appare contradditorio nella narrazione, altre volte eccessivamente fantastico e letterario, e non di rado l'analisi logica dei fatti contraddice certe sue affermazioni.

Nel "bello vandalico", per soffermarci al testo che c'interessa in questa discussione, in più occasione appaiono critiche a Giustiniano, ma molto velate e bisogna essere piuttosto attenti per coglierle. Proprio nel campo monetario e fiscale è dove ci sono alcune critiche sottili, interessanti e che dimostrano che Procpio era un personaggio molto acuto e intelligente.

Poi ci sta la sua controversa "controstoria", una delle opere più divertenti di tutta l'anticihità, ma tutt'altro che priva di fondamento storico. Controversa, in quanto non è unanimamente accettato che Procopio ne sia davvero l'autore: tuttavia la conoscenza assai dettagliata di molti fatti dell'epoca, vanno pesantemente a favore della sua mano (e intelligenza). Nella controstoria i personaggi dell'epoca, specificamente Giustiniano e ancor più Teodora, sua moglie, sono tratteggiati in modo quasi brutale, raccontando per filo e per segno quanto sangue e tradizioni ci fossero a corte. Teodora, poi, è descritta come puttana da pochi soldi quando era ancora bambina e non ancora adolescente si esibiva nuda nei teatri in pose inequivocabilente lascive, e quindi come puttana d'alto bordo (Berlusconi la chiamerebbe escort) quando ormai matura lanciava il suo amo in direzione degli alti dignitari di Corte: Giustiniano abboccò.

Quando ero studente del liceo (a Santiago del Cile), ebbi la fortuna di incontrarmi con un'anziana insegnante di storia - spauracchio dei miei compagni - e che a me piacque moltissino, tanto che alla fine, nonostante l'enorme differenza d'età, fu l'unico insegnante in tutta la mia vita con il quale strinsi un rapporto di vera amicizia. Era severissima. Nei mie confronti coniò il termine "tarùpido", inesistente nel vocabolario spagnolo ma che chiaramente non era un complimento. Aveva un modo tutto suo di illustrare la materia, che sconcertava i più: la "passava a rovescio". Ovvero, iniziava la lezione dalla quella che era la conclusione di quanto doveva trattare, ad esempio il sacco di Roma, e da lì andava a ritroso ogni volta chiedendosi e chiedendoci che cosa avesse portato a quell'evento, e quindi all'uccisione di Valentiniano, e da lì a quella di Ezio, e così via. Poi era terribile nei compiti in classe: me ne ricordo uno che riguardava il parallelismo tra il sentire degli uomini di cultura dell'impero d'Occidente del V secolo e quella dei tempi attuali (parlo del 1966-68). Quell'insegnante, Lina Gutiérrez è il suo nome, mi affascinava e m'insegnò a capire la storia e a vivera come qualcosa di costantemente attuale e non quale ricordo museale: un insegnamento che non cessò mai e che a distanza di oltre quarant'anni resta in me vivissimo.

Uno dei suoi insegnamenti era che gli storici sono tutti dei grandissimi contaballe e che non dovevamo mai prendere per buome le loro parole, ma sempre confrontare pareri difformi e, soprattutto, pasare quanto da loro narrato al vaglio della logica. Qui prodes? era la domanda fondamentale che dovevamo porci, ma anche: quadrano i tempi?

Procopio è una straodinaria miniera di informazioni e, cosa tutt'altro che banale, le narra in modo molto piacevole. A me piace moltissimo. Ma quanto narra va filtrato e confrontato e quando il confronto con ciò che narrano altri non è possibile (ovviamente parlo di "altri" che non attingano da lui) resta solamente l'ultimo strumento: l'analisi logica dei fatti e della tempistica.

Antvwala


Inviato

È possibile vedere la curva con i pesi non arrotondati allo 0,5?

Ero di fretta, Incuso, e ti ho risposto molto (troppo) sinteticamente.

Credo di poter oggettivamente dire che l'analisi statistica dei dati è una materia nella quale ho competenza: ne ho fatto oggetto di seminari per post graduati alla Scuola di Amministrazione Aziendale e alla Cattolica, la insegnavo ai quadri di grandi aziende del settore automobilistico, e fui rappresentante dell'ANFIA nelle commissioni UNI e UNE che predisposero le corrispondenti norme (una noia inimmaginabile: provate a pensare cosa volesse dire trascorrere una giornata intera a discutere se nella norma UNI####.## "....da ciò si deduce...." oppure "....da ciò si evince....", non arrivare a un accordo e riaggiornarsi pe l'incontro successivo con il medesimo ordine del giorno!).

Arka non crede alla statistica, e per certi aspetti ha ragione. Ma non è la statistica che è errata, bensì è il modo tendenzioso di usare la statistica che è fuorviante.

Vengo a quello che, forse, sottintende la tua domanda, ovvero se raggruppando in un modo diverso i dati si ottiene una curva diversa.

Una trappola molto pericolosa è prorpio quella di creare le famiglie di dati in modo tale da ottenere la miglior curva possibile. Per evitare questo, ho sempre suggerito di definire le famiglie tenendo in conto il range, prima di raggruppare i dati e poi di accettare quel che viene senza "migliorare" il range di ogni famiglia.

Dentro del nostro GdS per ovvie ragioni e a me che corrisponde la getsione di tutti i dati metrologici dei data-base (oltre che alle immagini).

Per quanto riguarda i pesi, prima ancora di guardarli definii le famiglie, tenendo in conto l'elevato livello di dispersione, che sono estatamente le stesse per tutte le tipologie di monete, senza alcuna eccezione, in modo da: a) evitare ogni soggettività nella definizione delle famiglie, b) favorire il confronto globale di tutte le curve di distribuzione dei pesi.

Anche se i dati relativi alla metrologia della moneta "A in cerchio" non fanno parte del nostro data-base, non considerandola vandala, tuttavia per mia curiosità personale e in funzione proprio di questa discussione tirai nella casseruola tutti i dati disponibili su questa tipologia (Lulliri, Morrisson, Grierson, ecc.) e la curva che ho postato è quanto ne è venuto fuori.

Se hai piacere di vederla con un'altra forma grafica, per esempio come istogramma, ben volentieri: non hai che da dirlo. Se, invece, desideri vederla con una diversa definizione delle famiglie, non lo farò perché mi richiede del tempo e ne ho molto poco, perché "scegliere" le famiglie è qualcosa che ho sempre "fustigato" e perché non ho voglia di farlo.

Un piccolo corollario: quando si dispone di un numero sufficiente di dati, il che vuol dire almeno una cinquantina, meglio se un centinaio, se si traccia una curva di distribuzione relativa non al dato, ma solo al suo ultimo digito, il risultato rivela immediatamente se i dati sono attendibili o meno, e se inattendibili fa capire: a) se la loro minore attendibilità è dovuta a imprecisione dello strumento o metodo di misurazione, oppure b) se sono inventati di sana pianta.

Corollario del corollario. nel caso di dati inventati di sana pianta, insieme a un altro amico psicologo professionista, riuscimmo a individuare una relazione tra la cura di distribuzione dell'ultimo digito di un data-base inventato e la psicologia del soggetto. Vuol dire questo: uno crede di inventare un dato in modo casuale, pe esempio, 0,27, ma non è affatto casuale inventare 0,27 invece di 0,26 oppure 0,28. Prima di prendere per buono un data-base del quale non ho certezza circa la serietà con il quale è stato detreminato, ne costruisco sempre la curva di distribuzione dell'ultimo digito e in base ad essa decido se prenderlo o meno per buono.

Antvwala


Inviato

Splendida domanda, la tua, caro Acraf.

Procopio di Cesarea è uno tra gli storici più intelligenti e piacevoli a leggersi di tutta l'età tardo-romana. E' un po' come Andreotti o Fanfani: a prescindere dal parere che ognuno di noi ha sul personaggio politico e anche sulla sua postura etica, in termini culturali entrambi si mangiano vivo a tutto il ciarlame della cosimaldetta seconda Repubblica, e ci mettono sopra un po' di sale e di pepe (io preferirei peperoncino) per insaporirli.

Procopio ha scritto numerose opere, la più importante e nota delle quali è la sua Storia, successivamente scissa in guerra persiana, vandalica e gotica. In qualitrà di segretario personale di Belisario, fu testimone diretto di molti eventi, soprattutto inerenti la guerra vandalica. Tuttavia, seppur ricchissimo di dati, spesso appare contradditorio nella narrazione, altre volte eccessivamente fantastico e letterario, e non di rado l'analisi logica dei fatti contraddice certe sue affermazioni.

Nel "bello vandalico", per soffermarci al testo che c'interessa in questa discussione, in più occasione appaiono critiche a Giustiniano, ma molto velate e bisogna essere piuttosto attenti per coglierle. Proprio nel campo monetario e fiscale è dove ci sono alcune critiche sottili, interessanti e che dimostrano che Procpio era un personaggio molto acuto e intelligente.

Poi ci sta la sua controversa "controstoria", una delle opere più divertenti di tutta l'anticihità, ma tutt'altro che priva di fondamento storico. Controversa, in quanto non è unanimamente accettato che Procopio ne sia davvero l'autore: tuttavia la conoscenza assai dettagliata di molti fatti dell'epoca, vanno pesantemente a favore della sua mano (e intelligenza). Nella controstoria i personaggi dell'epoca, specificamente Giustiniano e ancor più Teodora, sua moglie, sono tratteggiati in modo quasi brutale, raccontando per filo e per segno quanto sangue e tradizioni ci fossero a corte. Teodora, poi, è descritta come puttana da pochi soldi quando era ancora bambina e non ancora adolescente si esibiva nuda nei teatri in pose inequivocabilente lascive, e quindi come puttana d'alto bordo (Berlusconi la chiamerebbe escort) quando ormai matura lanciava il suo amo in direzione degli alti dignitari di Corte: Giustiniano abboccò.

Quando ero studente del liceo (a Santiago del Cile), ebbi la fortuna di incontrarmi con un'anziana insegnante di storia - spauracchio dei miei compagni - e che a me piacque moltissino, tanto che alla fine, nonostante l'enorme differenza d'età, fu l'unico insegnante in tutta la mia vita con il quale strinsi un rapporto di vera amicizia. Era severissima. Nei mie confronti coniò il termine "tarùpido", inesistente nel vocabolario spagnolo ma che chiaramente non era un complimento. Aveva un modo tutto suo di illustrare la materia, che sconcertava i più: la "passava a rovescio". Ovvero, iniziava la lezione dalla quella che era la conclusione di quanto doveva trattare, ad esempio il sacco di Roma, e da lì andava a ritroso ogni volta chiedendosi e chiedendoci che cosa avesse portato a quell'evento, e quindi all'uccisione di Valentiniano, e da lì a quella di Ezio, e così via. Poi era terribile nei compiti in classe: me ne ricordo uno che riguardava il parallelismo tra il sentire degli uomini di cultura dell'impero d'Occidente del V secolo e quella dei tempi attuali (parlo del 1966-68). Quell'insegnante, Lina Gutiérrez è il suo nome, mi affascinava e m'insegnò a capire la storia e a vivera come qualcosa di costantemente attuale e non quale ricordo museale: un insegnamento che non cessò mai e che a distanza di oltre quarant'anni resta in me vivissimo.

Uno dei suoi insegnamenti era che gli storici sono tutti dei grandissimi contaballe e che non dovevamo mai prendere per buome le loro parole, ma sempre confrontare pareri difformi e, soprattutto, pasare quanto da loro narrato al vaglio della logica. Qui prodes? era la domanda fondamentale che dovevamo porci, ma anche: quadrano i tempi?

Procopio è una straodinaria miniera di informazioni e, cosa tutt'altro che banale, le narra in modo molto piacevole. A me piace moltissimo. Ma quanto narra va filtrato e confrontato e quando il confronto con ciò che narrano altri non è possibile (ovviamente parlo di "altri" che non attingano da lui) resta solamente l'ultimo strumento: l'analisi logica dei fatti e della tempistica.

Antvwala

molto bello quello che scrivi ANt

ti avrà anche chiamato tàrupido e immagino che quegli anni non saranno stati facilissimi ma puoi ringraziare la tua insegnante per la grandissima passione che ti ha trasmesso e i suoi preziosi insegnamenti e se oggi ci trasmetti tu anche queste cose lo devi probabilmente a lei. Persone non sempre facili da avere come insegnanti, capi o maestri ma che ci lasciano molto e ci formano soprattutto. A mio figlio auguro di trovare persone cosi : si lavora il decuplo ma si gode dopo :)

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Inviato (modificato)

Nella narrazione di Procopio si dice in modo chiaro che Godas, di stirpe goto (non è chiaro se visigoto od ostrogoto) fu nominato governatore della Sardegna da Gelamir ricevendo ampio mandato purché assicurasse al Regno vandalo le previste entrate fiscali. Accettando per veridico quanto scritto da Procopio, è necessario stimare, per quanto possibile, quando può essere avvenuta quella nomina e quando Godas può aver assunto in modo effettivo la governazione della Sardegna.

Analizziamo prima di tutto gli eventi relativi alla deposizione di Ilderico e alla assunzione del potere da parte di Gelamir.

La politica filo-cattolica e filo-bizantina, da una parte, e l’incapacità di opporsi al dilagare dei berberi dall’altra, costarono il trono a Ilderico: il 19 maggio del 530 (Prosoprography of Later Roman Empire, pag. 565) la corte vandala si ribellò e si strinse intorno a Gelamir, figlio di Gelaris e bisnipote di Genserico. Non solo la corte, ma in generale tutta la società vandala appoggiò l’incoronamento del nuovo sovrano il quale fece imprigionare Ilderico, il generale Oamer che fu accecato, e altri discendenti di Unerico che avrebbero potuto contestargli il diritto di accedere al trono o appoggiare il sovrano deposto.

Annoveravasi nel sangue di Gizerico un Gilimero figliuolo di Gelaride e nipote di Genzone, il quale, superiore agli altri nell’età dopo Ilderico, nutriva speranza di succedergli nel regno, ed aveva grandissimi talenti per le armi, profondo ingegno, ed incomparabile furberia nel procacciarsi col danaro, colla forza, o comunque la opportunità di far suo l’altrui. Or questi, sebbene vedesse che un giorno di pieno diritto gli spetterebbe la monarchia, non seppe comportarne la tardanza, e principiò vivente ancora Ilderico a voler assaporare gli onori ed i trattamenti reali, ad accusarlo presso dei Vandali come pigro ed inetto, ad attribuire alla costui imperizia la vittoria contro di loro ottenuta dagli Africani, e per cumulo vi aggiungeva che cercasse tradirli a Giustiniano con tutto il reame, al qual uopo unicamente mirava l’ambasceria fatta a Bisanzio; sì nere menzogne di leggieri credute gli procacciarono la corona. Scoppiata pertanto la ribellione Gilimero salì in trono, e Ilderico, nel settimo anno della sua monarchia, ed Amer, ed Evagene furono imprigionati”. (Procopio, De bello vandalico, libro I, cap. IX, II).

Lo svolgimento e la successione degli eventi che portarono all’incoronazione de Gelamir non è chiara. Sembra che la ribellione della Corte vandala di Cartagine, che inizialmente portò alla deposizione di Gelamir e non alla sua uccisione, cogliesse di sorpresa Gelamir, inpegnato nella Bizacena nella guerra scatenata da quasi tutte le tribù berbere, ai quali si nirono anche i mauri. Quando giunse nell’accampamento dell’esercito vandalo, al comando di Gelamir, la notizia del sollevamento cartaginese.

“… aussitôt les troupes le proclament roi sur le champ de bataille; et lui d’accepter et de faire la paix avec les Maures, don’t une partie va a l’aider à prendre Carthage et a renverser Hildéric du trône. (Marcus, Histoire des Wandales, 1836).

Dunque trascorse un certo tempo prima che Gelamir prendesse davvero il potere nelle sue mani, poiché una pace onorevole non s’improvvisa, né tanto meno s’improvvisa l’occupazione di Cartagine, dove certamente vi era una forte presenza di partigiani di Ilderico, tanto che per batterne la potenziale (o reale) resistenza a Gelamir parve d’uopo assoldare nel suo esercito anche parte dei mauri vinti.

Possibilmente trascorsero almeno un paio di mesi prima che Gelamir entrasse in Cartagine, dovendo prima chiudere da vincitore la guerra contro i berberi (ovviamente poiché l'incapacità bellica era quanto maggiormente rimproverato a Ilderico, era essenziale per Gelamir entrare a Cartagine da trionfatore) e, forse, anche affrontare forze residue fedeli al deposto Ilderico. Dunque si può stimare che Ilderico assunse concretamente la corona verso la fine dell'estate del 530 (di questo avviso è anche Charles Le Beau in "Storia degli Imperatori Romani - Storia del Basso Impero", Siena 1778).

Affinché Godas potesse raggiungere la Sardegna in quello stesso 530, era necessario che la sua nomina avvenisse prima della chiusura della navigazione, ciò che succedeva forse verso la metà del mese di ottobre. Se la sua nomina fosse avvenuta nella tarda stagione, allora Godas avrebbe potuto raggiungere l'isola solo dopo la riapertura della navigazione. Dunque abbiamo due date indicative possibili: ottobre del 530 oppure marzo del 531.

Mi pare poco probabile che Gelamir, giunto inaspettatamente sul trono, desse priorità a un aspetto relativamente marginale qual'era la nomina di un governatore per la Sardegna: che non fosse un aspetto importante è dimostrato dal fatto che la nomina ricadesse su un goto, anziché su un hasdingo o un alano.

Gelamir non poteva perdere gli approvvigionamenti del regno: sarebbero stati compromessi i rapporti con i suoi sudditi. Da Cartagine, inviò in Sardegna un contingente al comando di suo fratello Zazone per riportare la provincia sotto l’autorità reale (“Imbarcati pertanto cinque mila Vandali sopra centoventi navi”. Procopio, op.c.). Il corpo di spedizione prese terra a Carales, dimora dell’ormai monarca Godas e capoluogo dell’isola. La città cadde nelle le mani di Zazone e del contingente vandalo dopo un combattimento in cui persero la vita Godas insieme a quei soldati che si opponevano al ristabilimento dell’ordine. La data della caduta di Cagliari in mano di Zazone non è nota, ma quando Zazone volle far ritorno a Cartagine, nella capitale vandala era entrato l'esercito di Belisario (15 ottobre 533). Quindi possiamo stimare la morte di Godas nella tarda estate del 533.

Resta da determinare, sempre dando per esatto il racconto di Procopio, quando Godas poté proclamarsi re della Sardegna.

In quanto goto, ebbe bisogno di tempo per prender in mano la situazione della governazione: almeno alcuni mesi. Quindi dovette iniziare a creare de legami solidi con i notabili locali: prima di tutto conoscerli, capire di chi fidarsi e di chi no, valutare quali forze lo avrebbero appoggiato in questa sua avventura, e infine organizzarla. Mi pare irrealistico immaginare che, senza disporre di un esercito proprio e a lui fedele, abbia potuto proclamarrsi sovrano della Sardegna e quindi ribelle al re vandalo prima dell'estate del 532.

Dunque resta appena un anno per realizzare tutto quanto Procopio ci narra aver fatto.

"Capitolo X, III. .... quegli, non essendo capace né di reggere la prosperità assegnata dalla sorte, né di sopportarne il peso nel suo cuore, diede inizio ad una tirannide e non [solo] ritenne di non consegnare il pagamento del tributo, ma conservò per sé l’isola dopo essersi ribellato ai Vandali. Avendo ben compreso che Giustiniano era deciso ad andare in Africa per combattere Gelimero, gli scrisse una lettera del tenore seguente: “Non mancai fede al mio re per ingratitudine e perfidia, ma poiché sono testimone del giogo crudele e inumano da lui imposto ai suoi popoli non posso più obbedirgli volonterosamente: dunque preferisco fermar lega con un giusto imperatore anziché essere ministro degli ordini atroci d’un tiranno. Pertanto ti offro la mia amicizia e ti chiedo un pronto aiuto per poter valermene all’occorrenza contro chiunque oserà turbare la mia quiete”.

IV. Giustiniano, contentissimo per questa notizia, non indugiò punto a mandargli l’ambasciatore Eulogio con la sua risposta: gli comandava la prudenza e la giustizia, celebrava la sua volontà di di allearsi a lui, gli prometteva truppe e comandanti affinché potesse non solo mantenere il trono di quell’isola, ma anche fare nuove conquiste senza timore alcuno dei Vandali. Eulogio partì per la Sardegna e al giungere a terra, incontrò il ribelle con titoli e vesti regali vesti, attorniato dalla sua guardia del corpo: dopo aver letto la missiva imperiale, Godas disse che gradiva molto le truppe, ma che già disponeva di capitani in numero sufficiente. Con questi stessi argomenti scrisse una missiva di risposta a Giustiniano, affinché gli fosse consegnata col ritorno dell’ambasciatore.

Capitolo XI, I. Non giungeva per ancora in Bisanzio l’ambasciatore che di già navigavano alla volta di Sardegna quattrocento guerrieri capitanati da Cariilo e coll’incarico di fiancheggiare Goda in quella sua impresa".

E' possibile che in un solo anno potessero essere avvenuti tutti quei fatti?

A me non pare possibile, anche perché aver immaginato che Godas, che giunge in Sardegna quale sconosciuto, in un solo anno sia riuscito a creare tutta quella rete d'intrecci necessaria per poter realizzare con successo quel suo colpo di mano, mi sembra davvero insufficiente.

Perciò avanzerei l'ipotesi che Procopio in quel passo sia impreciso: che Godas già fosse governatore della Sardegna in quanto nominato da Ilderico e che Gelamir nella tarda estate del 530, o anche dopo, si fosse limitato a confermare tale nomina.

Antvwala

Modificato da antvwaIa
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Inviato

Ringrazio Antwala per l'acuta critica nella ricostruzione degli eventi riguardanti Godas. In effetti il resoconto di Procopio determina una eccessiva compressione degli avvenimenti riguardanti questo personaggio.

In ogni caso non trascurerei il dettaglio che Godas fosse un goto (non importa se ostrogoto o visigoto). Mi stupisce un pò che Ilderico lo avesse nominato quale governatore della Sardegna, dal momento che i Goti erano generalmente di religione ariana e piuttosto rigidi nei confronti del cattolicesimo praticato dagli Italiani e in parte anche da Ilderico stesso. Purtroppo non conosciamo la carriera di Godas e di come sia salito ai vertici nell'esercito vandalo.

Ammettendo che Godas sia stato promosso governatore da Ilderico per suoi meriti sul campo (e Ilderico proveniva da un ambiente più "cosmopolita" di Gelamir e quindi forse più aperto proprio verso gli "stranieri" meritevoli), proprio il fatto che fosse straniero (e presumibilmente ariano) non lo rese subito inviso a Gelamir quando lui salì al trono vandalo. Il nuovo sovrano doveva sperare che, essendo in qualche modo fuori della stretta cerchia vandala di Ilderico, si sarebbe presto allineato al nuovo corso politico.

Naturalmente si dovette ricredere quando Godas volle proclamare la sua indipendenza e spingersi fino a chiedere l'aiuto ai Bizantini.

In ogni caso Gelamir non aveva previsto l'atteggiamento ribelle di Godas e questo mi fa sospettare che non lo conoscesse bene, proprio perchè proveniente dalla cerchia di Ilderico. Anche da questo punto di vista mi sembra poco verosimile che Godas fosse stato nominato proprio da Gelamir a capo di una provincia non troppo trascurabile come la Sardegna (che aveva un ruolo non indifferenete anche per l'economia di Cartagine).

In ogni caso le vicende di Godas dovettero coprire un arco di tempo un pò più lungo rispetto a quello prospettato da Procopio e comprendo le perplessità di Antwala.

Lo stesso Lulliri, se ho bene compreso, ha previsto una prima fase del potere di Godas durante la quale egli non emise moneta subito a proprio nome e solo successivamente ancora monete, ma col suo nome.

Sarebbe utile riuscire a identificare grosso modo i conii, ma da quello che potuto "intravvedere" dalle immagini, sembra che i conii non fossero pochissimi e questo può presupporre una durata del potere di Godas un pò più lungo....

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Inviato (modificato)

In ogni caso non trascurerei il dettaglio che Godas fosse un goto (non importa se ostrogoto o visigoto). Mi stupisce un pò che Ilderico lo avesse nominato quale governatore della Sardegna, dal momento che i Goti erano generalmente di religione ariana e piuttosto rigidi nei confronti del cattolicesimo praticato dagli Italiani e in parte anche da Ilderico stesso. Purtroppo non conosciamo la carriera di Godas e di come sia salito ai vertici nell'esercito vandalo.

Ammettendo che Godas sia stato promosso governatore da Ilderico per suoi meriti sul campo (e Ilderico proveniva da un ambiente più "cosmopolita" di Gelamir e quindi forse più aperto proprio verso gli "stranieri" meritevoli), proprio il fatto che fosse straniero (e presumibilmente ariano) non lo rese subito inviso a Gelamir quando lui salì al trono vandalo. Il nuovo sovrano doveva sperare che, essendo in qualche modo fuori della stretta cerchia vandala di Ilderico, si sarebbe presto allineato al nuovo corso politico.

Naturalmente si dovette ricredere quando Godas volle proclamare la sua indipendenza e spingersi fino a chiedere l'aiuto ai Bizantini.

In ogni caso Gelamir non aveva previsto l'atteggiamento ribelle di Godas e questo mi fa sospettare che non lo conoscesse bene, proprio perchè proveniente dalla cerchia di Ilderico. Anche da questo punto di vista mi sembra poco verosimile che Godas fosse stato nominato proprio da Gelamir a capo di una provincia non troppo trascurabile come la Sardegna (che aveva un ruolo non indifferenete anche per l'economia di Cartagine).

In ogni caso le vicende di Godas dovettero coprire un arco di tempo un pò più lungo rispetto a quello prospettato da Procopio e comprendo le perplessità di Antwala.

Condivido quanto scritto da Acraf. Che Gelamir conoscesse poco Godas mi pare che più che una supposizione, sia un fatto deducibile dagli eventi stessi.

A differenza dei vandali, gli ostrogoti seppure ariani erano particolarmente tolleranti. Teodorico aveva emesso una legge nella quale si stabiliva che ogni persona aveva diritto di credere e professare la proprio fede e che nssuno poteva imporre ad un'altra persona una fede diversa da quella professata.

Tornando al racconto di Procopio, ci sono alcune frasi che non mi paiono inattese.

Quando descrive Godas, Procopio annota:

"Tra i servi di Gelimero vi era un tale di stirpe gota, Godas, coraggioso, pronto all’azione e con un’innata predisposizione al potere, che sembrava prendersi a cuore gli affari del suo signore. A questo Godas Gelimero diede in affido l’isola della Sardegna perché la custodisse e vi riscuotesse un tributo annuo: ma quegli, non essendo capace né di reggere la prosperità assegnata dalla sorte, né di sopportarne il peso nel suo cuore, diede inizio ad una tirannide". (Il testo che uso in partenza è quello dell'edizione in italiano di Paolo Andrea Molina, Milano 1833, ma che ho rivisto ed emendato facendo riferimento al testo latino. Nel caso del paragrafo su Godas, ho chiesto a una docente di lingua greca dell'Università di Parma di tradurlo alla lettera e ho riportata la sua traduzione).

Nella prima parte del testo, Godas è descritto in termini positivi, nella seconda, invece, quale ambizioso traditore. Godas si pone al lato di Giustiniano e contro i vandali, quindi diventa un'importante punto di appoggio per Belisario: sarebbe più logico che Procopio giustificasse il cambio di campo di Godas, anziché trattarlo così negativamente.

Il termine "servo" pare indicare una persona di basso rango: ma se così fosse non gli sarebbe stata affidata la governazione della Sardegna.

Procopio scrive ancora:

"Avendo ben compreso che Giustiniano era deciso ad andare in Africa per combattere Gelimero, gli scrisse una lettera....".

Giustiniano non decide subito d'intervenire, anche perché impegnato con la guerra in Persia. Vi è corrispondenza tra Giustiniano e Gelamir dove entrambi cercano di appianare le cose e Giustiniano offre al re vandalo una via d'uscita: liberare Ilderico, Evagene e Amer e permettere loro di andare in esislio a Costantinopoli. E' solo nel 533 che i bizantini danno avvio alla spedizione, che risultò inaspettatamente facile. Quindi i casi son due: o Godas scrisse la sua lettera a Giustiniano non prima della fine del 532, oppure Godas era molto ben informato delle intenzioni di Giustiniano prima ancora che l'imperatore le rendesse palesi.

Provo ad avanzare un'ipotesi di lavoro, che in quanto tale è priva di riscontri oggettivi.

Forse Godas era un ostrogoto e si trovava presso la corte di Giustiniano, dove vi erano alcuni nobili ostrogoti che furono inviati a Costantinopoli al tempo di Teodorico per essere educati, quando colà soggiornava Ilderico e divenenro amici. Quando Ilderico si fece carico del regno vandalo, Godas lo accompagnò a Cartagine e fu nominato governatore della Sardegna da Ilderico.

A favore di questa ipotesi, priva di qualuqnue suffragio documentale, darei un indizio numismatico.

Ilderico non prosegue la coniazione del nummo con la vittoria, ma lo sostituisce con quello con la croce. Nulla di strano, in quanto la croce è un simbolo comune per cattolici e ariani e anche Trasamundo aveva coniato alcuni nummi, molto rari, con la croce in ghirlanda. La particolarità della croce usata da Ilderico è di essere potenziata: un disegno poco comune in nordafrica ma molto comune nel mondo orientale. Godas quando inizia aconiare, e come giustamente afferma Lulliri inizialmente lo fa con nummi anepigrafi, fa incidere al rovescio una croce potenziata analoga a quella usata da Ilderico, quasi a rivendicare una continuità con il regno di questo monarca. A sfavore della mia ipotesi sta la rarità dei nummi di Godas, indice forse che furono coniati per breve tempo e quindi la loro emissione potrebbe essere stata avviata dopo il 530. Bisogna però anche dire che tutta la monetazione enea occidentale del V e VI secolo è scarsa e basta un ripostiglio inatteso per trasformare in comune un nummo prima molto scarso.

Quando Gelamir prende il potere, cessa la coniazione del nummo con la croce, non perché Gelamir fosse contro la croce, ovviamente, bensì perché si trattava di un'iconografia che identificava Ilderico. Per la medesima ragione anche nel denario tornò al disegno che fu di Guntamundo e Trasamundo e cessò la coniazione del numerale de 50 DN con l'iconografia di Tanit-Cartagine, poco consona alla cultura vandala.

Antvwala

Modificato da antvwaIa

Inviato

Erroneamente (e ingiustamente) avevo attribuito a Lulliri i colori falsati di quel nummo di Godas: ho sbagliato e me ne scuso. L'errore è nato dal fatto che pensavo, e non solo io lo pensavo, che Lulliri fosse l'unica persona ad aver trovato nummi con il nome di questo sovrano. Ma non è così.

Andando dietro quel nummo "bicolore" e quindi all'origine dello stesso, ho trovato che esistono anche diversi altri nummi di Godas in collezioni private che non provengono dal negozio di Lulliri. Questa è una cosa molto importante, in quanto va a favore di una coniazione più prolungata di quanto avessi immaginato inizialmente.

Comunque le monete di Godas hanno un rovescio che riprende in modo evidentissimo quello dei nummi di Ilderico, il che sembrerebbe quanto meno strano per una persona nominata da Gelamir.

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A sinistra nummo di Godas, a destra di Ilderico.


Inviato

Tornando al nummo 851 del libro di Lulliri, quello dove ci sono due oggetti alla sinistra del busto che Lulliri interpreta rispettivamente come uno scettro e una spiga di grano, ciò che mi richiama moltissimo l'attenzione è il fatto che il conio sembra essere stato contromarcato in corrispondenza del viso di Godas con una sorta di tridente. La contromarca fu apposta nel conio e non sul nummo, in quanto nel nummo stesso appare chiaramente in rilievo e non in incuso. E, forse, anche i due oggetti lineari alla sinistra del busto potrebbero corrispondere a una contromarca apposta sul conio...

Perché un gesto simile? In senso di disprezzo dopo la caduta di Godas? Non riesco a immaginarne la ragione. Giuseppe: tu hai un'idea tua al porprosito?

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Inviato

Inappuntabile il ragionamento di Antwala, anche se resta solo una ipotesi, che però appare assai verosimile.

E' un pò quello che avevo pensato, a proposito di una logica successione degli eventi, e mi sembra molto interessante il dettaglio della croce potenziata, che indicherebbe un "continuum" tra Ilderico e Godas.

Circa il pezzo con lo strano conio con "tridente" sopra il viso sembra indicare che alla caduta di Godas i vincitori abbiano recuperato alcuni suoi conii, che sono stati in qualche modo deturpati, con una sorta di "damnatio memoriae".

Ma perché riutilizzare questi conii? e per di più ancora in presenza della "croce potenziata" che in qualche modo era assimilata al regno di Ilderico?

Servirebbero nuovi esemplari per avere conferma (un solo esemplare è poco indicativo). Ma non posso fare a meno di notare che questa sorta di tridente richiama anche una grossa E....

Spero vivamente che Lulliri possa dire la sua.


Inviato

Tornando al nummo 851 del libro di Lulliri, quello dove ci sono due oggetti alla sinistra del busto che Lulliri interpreta rispettivamente come uno scettro e una spiga di grano, ciò che mi richiama moltissimo l'attenzione è il fatto che il conio sembra essere stato contromarcato in corrispondenza del viso di Godas con una sorta di tridente. La contromarca fu apposta nel conio e non sul nummo, in quanto nel nummo stesso appare chiaramente in rilievo e non in incuso. E, forse, anche i due oggetti lineari alla sinistra del busto potrebbero corrispondere a una contromarca apposta sul conio...

Perché un gesto simile? In senso di disprezzo dopo la caduta di Godas? Non riesco a immaginarne la ragione. Giuseppe: tu hai un'idea tua al porprosito?

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Per impegni con l'Associazione Numismatici della Sardegna, ieri e oggi non ho avuto il tempo per rispondere ad alcune sollecitazioni in tal senso. Poco fa ho letto i post precedenti, ai quali, nei prossimi giorni non farò mancare il mio umile contributo; Trovo la traduzione del passo di Procopio su Goda molto interessante, l'ho appena salvata nel mio data base, poi la confronterò con quella pubblicata dal Tola in CDS.

A presto quindi

gl


Inviato

Bene Mariesu: è sempre utile confrontare traduzioni, anche perché spesso quelle che riguardano Procopio sono riferite al tetso latino, e quindi sono traduzioni di traduzioni.

Il fatto che per uno storico dell'importanza di Procopio non esista una traduzione di qualità, con testo a fronte, la dice lunga sul grado lacrimoso raggiunto dall'incultura italica.


Inviato

Per piacere, quanto pesa questo nummo: è il n.123 nel Lulliri-Urban 1996 e n.876 nel Lulliri 2013?

Grazie.

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Inviato (modificato)

Molto giusto il riferimento al problema della traduzione di Procopio, che mi sembra (anche se è solo una mia impressione) piuttosto carente nelle versioni italiane.

Di contro mi sembrano più curate le edizioni in inglese, anche se non le ho controllate. Magari prego chi ha studiato a fondo Procopio nella sua originale versione se può controllare. E' molto importante soppesare bene le parole tradotte direttamente dal greco originario e ha ragione Mariesu a verificare e confrontare le sue versioni (citando ovviamente la fonte).

Almeno va verificata la correttezza della fonte storica.

Non conosco l'attendibilità di questa edizione, che mi sembra fra le più complete e recenti:

Le Guerre. Persiana Vandalica Gotica, a cura e con la trad. di Marcello Craveri, Introduzione di Filippo Maria Pontani, Collana i Millenni, Einaudi, Torino, 1977

Naturalmente rispettiamo i tempi di Mariesu e non pretendiamo sempre una stringente "botta e risposta", ma soltanto una disponibilità a rispondere.

Modificato da acraf

Inviato (modificato)

Effettivamente è come dice Acraf: spesso sussistono divergenze nella traduzione secondo provenga dal testo greco o da quello latino: direi che quest'ultimo è una traduzione abbastanza libera di quello greco.

Ma vedo anche divergenze tra diversi testi italiani, che pure fanno tutti alla versione latina. Per esempio, in Bellum vandalicum I-X-IV, la frase "... qui lectis Augusti litteris, milites quidem ut venirent socias vires iuncturi secum, cupere se dixit; ducem vero non adeo opus esse..." a volte la trovo tradotta con "letta la lettera dell'Augusto [Godas disse che] gradiva molto truppe che si unissero a lui, mentre un comandante non era più di tanto necessario", ed altre in modo del tutto divergente e cioé che "gradiva capitani mentre già aveva truppe in numero sufficiente".

Qual'è la traduzione giusta? A me pare la prima.

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Modificato da antvwaIa

Inviato

A prescindere se Godas fosse stato nominato da Gelamir o da Ilderico e confermato da Gelamir, penso che sia indiscutibile che le sue monete appartengano agli anni 531-533.

Il peso medio delle stesse si aggira sugli 0,75-0,80 g, quindi è pari al doppio di quello delle vittorie vandale della zecca sarda, ma è anche maggiore di quello dei nummi di Gelamir e di Anastasio. Inoltre sono dapprima monete anepigrafe, poi nominative, ma non mi pare ch esistano esemplari con pseudolegenda. Ergo sin dall'inizio, anche quando anepigrafe, queste monete sono pensate quale emissione prestigiosa e quale messaggio politico rivolto al di fuori della Sardegna, quindi all'Italia ostrogota o all'impero bizantino.

Inoltre scegliere il rovescio della croce potenziata che è proprio di Ilderico e non uno diverso, è anche un segnale politico rivolto tanto verso l'impero bizantino, quanto verso il regno vandalo: questa scelta equivale a presentarsi quale campione del deposto sovrano vandalo che, evidentemente, anche a Cartagine aveva ancora moltri sostenitori.

Forse a Godas la Sardegna stava strettina e aveva ambizioni ben maggiori?

E' vero che l'Isola era importante per il Regno vandalo grazie alle sue risorse minerarie, ma non strategica. Invece Gelamir invia un corpo armato al comando del suo fidatissimo Zazone, rischiando di sguarnire la stessa Cartagine pur sapendo che Belisario si preparava ad attaccare. Quindi per Gelamir era essenziale farla finita immediatamente con la ribellione di Godas ed era talmente improcrastinabile il farlo, al punto da dare precedenza alla resa dei conti con Godas che a prepararsi nel migliore dei modi per affrontare Belisario.

Non dimentichiamo che le forze propriamente vandale erano poche e quindi distrarre 5.000 armati per inviarli in Sradegna significava rinunciare a una parte cospiqua delle stesse.

Antvwala.


Inviato

Anche qui il ragionamento di Antwala non fa una grinza.

Un esempio della nostra arretratezza culturale, anche a proposito delle traduzioni dei libri di Procopio (che scrisse in greco !), noto che ad esempio esiste la "canonica" traduzione direttamente dal greco all'inglese del noto studioso inglese H.B. Dewing, credo nel 1914, alla quale si riferiscono praticamente tutti gli studiosi storici di scuola anglosassone:

https://archive.org/details/procopiuswitheng01procuoft

ed esiste anche una comoda versione online del III libro (quello che parla della guerra vandala):

http://www.gutenberg.org/files/16765/16765-h/16765-h.htm

dove col comando "Trova" utilizzando la parola "Godas" si ritrova tutti i paragrafi che contengono questa parola. Interessante osservare come i vari paragrafi riguardanti Godas siano compresi negli eventi che si spaziano dal 530 (al più 527) al 533 d.C. (con date desunte da episodi di Giustiniano), non necessariamente in precisa sequenza temporale. Quindi la datazione proposta da Antwala al 531-533 per le monete di Godas non appare in stridente contrasto con il quadro generale esposto da Procopio (siamo a livello di anno più o anno meno).

Nulla di simile si trova su internet con una versione di Procopio tradotta in buon italiano.

E ci lamentiamo che abbiamo difficoltà a studiare (va bene che ci sono biblioteche, non sempre comodissime).......


Inviato

Non conosco l'attendibilità di questa edizione, che mi sembra fra le più complete e recenti:

Le Guerre. Persiana Vandalica Gotica, a cura e con la trad. di Marcello Craveri, Introduzione di Filippo Maria Pontani, Collana i Millenni, Einaudi, Torino, 1977

Magari riuscissi a trovarla!

In cambio di questo libro offro una prima edizione assoluta dell'opera di Pablo Neruda, Las Uvas y el Viento, pubblicata in 1/4 grande da Edotorial Nacimiento (Santiago 1954) in solamente 3.000 esemplari.


Inviato

Ci sarebbero alcuni librai che offrono una copia usata, ma non è facile trovarli (dovrebbero essere specialmente nella zona di Milano).

Questa traduzione non si trova nella biblioteca Germanica (!), dove è invece reperibile un'altra traduzione (più vecchia, di fine '800), ma sembra riguardare solo la guerra gotica (e non anche vandala....:

Procopius Caesariensis, 490-575.

La guerra gotica di Procopio di Cesarea : testo greco, emendato sui manoscritti con traduzione italiana / a cura di Domenico Comparetti.

De bello Gothico Italiano e greco

Roma : Forzani, 1895-98.

3 v. ; 27 cm.

( Fonti per la storia d’Italia pubblicate dall’Istituto storico italiano. Scrittori 23-25)

Comparetti, Domenico,

Istituto storico italiano per il Medio Evo (Roma)

"Edizione di cinquecento esemplari"

Rom. Sign.: CP 7920


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