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Monete per Lodi


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Siccome sono di Lodi e le monete medioevali mi affascinano, oggi vorrei chiedervi di parlarmi delle monete coniate per Lodi e magari postare qualche immagine. Grazie in anticipo a tutti coloro che vorranno partecipare a questa discussione

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Su questa zecca si è scritto poco, comunque se vuoi documentarti, questi sono i contributi più recenti.

Murari, O., Il denaro di Lodi del periodo comunale, (periodo 1240-1250), in «Quaderni ticinesi di numismatica e antichita classiche», XIV. 1985, pp. 359-365.

Paolucci, R., La zecca di Lodi, in «Panorama Numismatico» 53. 1992, p. 7.

Bazzini, M., Lodi, in travaini, l., (A cura di), Le zecche italiane fino all’Unità. (2 voll.). Roma 2011, I, pp. 782-784.

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Buongiorno a voi,

sapendo come non sia semplice, soprattutto per chi non sia un "addetto ai lavori", recuperare copia della Guida delle zecche (consentitemi di continuare a chiamare così Le zecche italiane fino all'unità) e sperando di fare cosa gradita, allego qui di seguito il testo della scheda di M. Bazzini relativa alla voce 'Lodi' in L. Travaini, Le zecche italiane fino all'unità, tomo I, pp. 732-784.

Nella parte relativa alla bibliografia, ho messo per intero i testi che sul libro a stampa sono invece abbreviati.

Buona lettura, Teofrasto

PS se mi è sfuggito qualcosa nella biblio, avvisatemi

Lodi (Lombardia) [v. Piacenza] M. Bazzini

Secondo Murari [1985] il periodo di attività dell’officina monetaria di Lodi si porrebbe tra il 1239-40 ed il 1250 circa, cioè dall’epoca della concessione del diritto di zecca a tutto il restante periodo di Federico II. Murari accetta quanto segnalato da precedenti autori riguardo al presunto ius monetandi che sarebbe stato concesso dall’imperatore Federico II ai lodigiani nel 1239, durante un suo passaggio. Tuttavia, del rescritto imperiale già all’inizio del Seicento non vi era più traccia e la sua affermazione va pertanto presa con cautela, nonostante la tradizione storica locale ne ricordi insistentemente l’avvenimento [besana, Caretta 1955a, p. 2]. Va inoltre evidenziata l’incertezza anche per quanto riguarda la data ritenuta generalmente di chiusura della zecca, vale a dire il 1250. Alcuni esemplari di grossi di Lodi sono stati rinvenuti in tre ripostigli [Giovanelli 1812; Gnecchi 1897; Ciani 1897], tutti nascosti dopo il 1254-56 per la presenza in essi di esemplari riferibili al concordato monetario del 1254 [per il quale v. Lorenzelli 1987, con alcune precisazioni in Bazzini 2002]. Questo fatto, unito alla attuale grande rarità delle monete di Lodi, potrebbe essere sintomo di una sporadicità e limitatezza delle emissioni, iniziate e finite nel breve lasso di tempo intercorso tra la morte di Federico II ed il termine del concordato stesso, presumibilmente il 1256, durante quella che de facto fu la signoria del lodigiano Sozzo Vistarini [Caretta 1983, p. 113 ss.].

Besana e Caretta [1955b] ammettono una ulteriore emissione monetaria a nome di Antonio di Fissiraga, signore di Lodi negli anni tra il XIII ed il XIV secolo. L’asserzione si basa su quanto riportato dallo storico lodigiano Alessandro Ciseri, vissuto nel XVIII secolo, in una sua opera, nella quale egli afferma di aver visto personalmente monete del Fissiraga, recanti su di un lato il proprio stemma araldico. La notizia non ha finora trovato ulteriori conferme e non è improbabile una svista dello scrittore settecentesco, che potrebbe anche aver inventato la notizia a scopo adulatorio nei confronti dei discendenti del Fissiraga. Bazzini [2006, p. 381 ss.] ha ipotizzato che, se effettivamente esistenti, tali monete si debbano attribuire non ad Antonio Fissiraga I, ma ad un suo omonimo discendente, quell’Antonio Fissiraga II che per pochi mesi fu signore di Lodi all’inizio del secolo XIV.

La notizia contenuta nella cosiddetta ‘lista Camaiani’, redatta nella prima metà del Quattrocento, di «uno grosso da Lodi, che à da uno lato il segno del ducato a questo llo modo di sopra, e dall’altro lato àne uno scudo con mezzo lione di sopra e di sotto con due liste, e vale s. 2 den. 6» [Travaini 2003a, p. 189] fa ipotizzare un ulteriore periodo di attività della zecca lodigiana. La descrizione corrisponde a quella del grosso di Giovanni da Vignate avente al dritto lo scudo con leone e fasce e al rovescio i santi Bassiano e Antonino [CNI IX, p. 564, nn. 1-5, tav. xxxvii, n. 7]. Il da Vignate fu signore di Lodi tra il 1403 ed il 1416 e anche di Piacenza dal 1410 alla fine del 1413 [Peviani 1986; Samarati 1958, p. 173 ss., e 1990, p. 235 ss.] e di lui si conoscono, oltre ai grossi, anche terline recanti nel campo del diritto le lettere yo e nel rovescio una croce cardata [CNI IX, pp. 564-65 nn. 6-9, denari]. Entrambe le monete sono generalmente assegnate alla zecca di Piacenza [v.], ma quanto riportato nella ‘lista Camaiani’ ne rimette in discussione l’attribuzione. La questione è esaminata da Bazzini [2006], che, come già Cremascoli [1954a e 1954b], ritiene probabile la loro coniazione a Lodi in un periodo compreso tra il marzo 1413 e la fine di dicembre dello stesso anno [contra, Crocicchio, Fusconi 2007a, che le inseriscono tra le monete di Piacenza [v.].

Nominali emessi

- Sozzo Vistarini, signore, a nome di Federico imperatore (1251-57?): in argento, grossi da 4 denari imperiali; in mistura, denari imperiali e oboli (¼ di denaro imperiale) (1250?-54?). Secondo Brunetti [1966, p. 96, 635] esisterebbero dei grossi falsi, opera di Luigi Cigoi.

- Giovanni da Vignate (o Vignati), signore, poi conte (1403-16): in argento, grossi da 18 denari imperiali (?); in mistura, terline (da tre denari imperiali) (marzo 1413-fine dicembre1413).

Collezioni

Roma, MNR, coll. Reale [CNI IV, p. 208 per quelle d’età comunale e CNI IX, pp. 564-565 per quelle di Giovanni da Vignate, attribuite a Piacenza]; Bologna, M. Civ. Arch.; Como, M. Civ. [Zecchinelli 1957]; Lodi, M. Civ. Laudense [Peviani 1986, pp. 111-112, tav. I]; Padova, M. Bottacin [Kunz 1968]; Venezia, M. Correr [Castellani 1925, pp. 118 e 293]. Alcuni esemplari comunali, da raccolte private, sono stati pubblicati da Murari [1985].

Sede

Cremascoli [1954b, p. 84] ricorda come «a Lodi rimase nella toponomastica popolare il nome di ‘zecca’ ad una località vicina alla piazza del Duomo».

Bibliografia:

- Agnelli G. 1904, Monete di Lodi, «Archivio Storico Lodigiano», 23, pp. 43-44.

- Besana A., Caretta A. 1955a, Zecca e Monete di Lodi, «IN», 6, n. 1, pp. 1-2.

- Besana A., Caretta A. 1955b, Zecca e Monete di Lodi, «IN», 6, n. 7-8, p. 49.

- Bazzini M. 2002, Recensione al libro di G. Fenti, La zecca di Cremona e le sue monete, dalle origini nel 1155 fino al termine dell’attività, “Panorama Numismatico” 163, pp. 52-59.

- Bazzini M. 2006, Monete d’argento lombarde nella ‘lista Camaiani’ (secolo XV), «RIN», 107, pp. 375-396.

- Bazzini M., Ottenio L. 2002, Il vittorino «di Parma»: quale moneta?, «RIN», 103, pp. 129-180.

- Brunetti L. 1966, Opus monetale Cigoi, s.l. (ma Bologna).

- Caretta A. 1983, La lotta tra le fazioni di Lodi nell’età di Federico II (1199-1251) (Quaderni di Studi Lodigiani 2), Lodi.

- Castellani G. 1925, Catalogo della raccolta numismatica Papadopoli- Aldobrandini, voll. 2, Museo Civico Correr, Venezia.

- Ciani G. 1897, Un ripostiglio di monete del secolo XIII a Vigo di Cavedine nel Trentino, «RIN», 10, pp. 487-496.

- CNI IV, p. 208

- Cremascoli L. 1954a, Le monete della zecca di Lodi, « Archivio Storico Lodigiano», ser. II, 2, pp. 77-81.

- Cremascoli L. 1954b, Le monete della zecca di Lodi, «IN», 5, n. 11-12, pp. 84-85.

- Fusconi G., Crocicchio G. 2005, Le monete di Giovanni da Vignate per Piacenza, “Panorama Numismatico” 195, pp. 42-47.

- Giovanelli B. 1812, Intorno all’antica zecca trentina e a due monumenti Reti, Trento.

- Gnecchi E. 1897, Appunti di Numismatica Italiana. XVI, Il ripostiglio di Cavriana, «RIN», 10, pp. 23-31.

- Gnecchi F. ed E. 1889, Saggio di bibliografia numismatica delle zecche italiane medievali e moderne, Milano.

- Grossi M. 1985, Antonio Fissiraga signore di Lodi (1253 c.a. - 1327) (Quaderni di Studi Lodigiani 3), Lodi.

- Lorenzelli P. 1987, Due segni a confronto. Una letture della Convenzione monetaria del 1254, «La Numismatica» (dicembre).

- Murari O. 1985, Il denaro di Lodi del periodo comunale, «NAC», 14, pp.359-365.

- Paolucci R. 1992, La zecca di Lodi, «PN», 52 (maggio), p. 7.

- Peviani A. 1986, Giovanni Vignati conte di Lodi e signore di Piacenza (1360 c.a -1416) (Quaderni di Studi Lodigiani 4), Lodi.

- Samarati L. 1990, Lodi nuova. L’età medievale e moderna (1158-1860), in R. De Marinis et alii, Lodi. La storia dalle origini al 1945, Bergamo, pp. 197-294.

- Travaini L. 2003a, Monete, Mercanti e matematica. Le monete medievali nei trattati di aritmetica e nei libri di mercatura, Roma.

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La notizia contenuta nella cosiddetta ‘lista Camaiani’, redatta nella prima metà del Quattrocento, di «uno grosso da Lodi, che à da uno lato il segno del ducato a questo llo modo di sopra, e dall’altro lato àne uno scudo con mezzo lione di sopra e di sotto con due liste, e vale s. 2 den. 6» [Travaini 2003a, p. 189]

La stessa moneta figura anche nella pratica della mercatura di Giovanni Antonio da Uzzano, che fu redatta nel 1442 e che contiene anche un preciso riferimento al contestato luogo di battitura:

"Ambrogiani si battono a Piagenza tengono per libbra onc. 6 d. 7 e mezzo" (n.d.r. 526,416 millesimi).

[Travaini 2003a, Monete mercanti e matematica, Città di Castello 2003, p. 181]

Ma, a prescindere dal luogo di battitura, questo grosso fu coniato per circolare in ambedue le città, sia a Lodi a che Piacenza, che in quel perodo utilizzavano entrambe lo standard monetario milanese.

Giuseppe Crocicchio

Modificato da Nakona
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  • 2 settimane dopo...

grosso da 4 (?) imperiali

peso 1,05 grammi (simile al peso dei tre esemplari citati nel CNI (gr. 1,15; 1,11 e 1,07) e più leggero degli esemplari citati dal Murari (gr 1,39; 13,2 e 1,25) .

Questa differenza di peso tra gli esemplari citati mi sembra strana per una emissione che sarebbe dovuta durare pochi anni.

Qualche idea in proposito?

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Ho visto solo adesso rileggendo tutti i post che Miroita aveva già segnalato il link che ho postato da ultimo ...ero un po' addormentato evidentemente :lazy: :lazy:

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Posto un grosso di Giovanni da Vignate perché vorrei condividere con voi una riflessione.

Fino ad oggi si è ritenuto che questo grosso dovesse corrispondere a 18 denari imperiali (e cioè un soldo e mezzo) argomentando dal fatto che dovevano corrispondere al valore delle grida delle pegioni di Milano (vedi Crociochio Fusconi pag. 87). Bazzini si allinea sia pur dubitativamente a questa indicazione.

Però i soldi emessi da Filippo Maria Visconti per Milano a partire dal 1412 corrispondono a 2 soldi (v. MIR Milano Toffanin N. 152).

Del resto lo stesso grosso di Pandolfo Malatesta per Brescia, del tutto simile a quello di Giovanni da Vignate, e dello stesso periodo è sicuramente corrispondente a due soldi.

Per cui "dubitativamente" avanzerei l'ipotesi che anche in questo caso si tratta di un grosso da due soldi.

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Modificato da mangiafuoco
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A proposito di Giovanni da Vignate e di Pandolfo Malatesta, vorrei ricordare che i rapporti di alleanza fra i due uomini d’arme, cui si associa anche Cabrino Fondulo, risalgono almeno al giugno del 1403 in occasione degli assalti alle rocche cremonesi di San Luca, San Michele e Santa Croce; un patto di alleanza tra Pandolfo, Giovanni da Vignate e altri signori lombardi, stipulato il 5 settembre 1405 per la spartizione dei territori viscontei in Lombardia è conservato tra le carte di Fano; fra il 1404 e il 1408 più volte Giovanni da Vignate si incontra e rinsalda alleanze con Pandolfo. Infine il Fondulo, il da Vignate e il Malatesta, insieme a Filippo Arcelli e al marchese di Ferrara, si trovano a combattere ancora nell’ottobre del 1415 contro le forze di Filippo Maria Visconti.

Questi i dati che ho rintracciato, ma se esiste qualcosa che non conosco sarebbe interessante verificare insieme ulteriori aggiornamenti... :friends:

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A proposito di Giovanni da Vignate e di Pandolfo Malatesta, vorrei ricordare che i rapporti di alleanza fra i due uomini d’arme, cui si associa anche Cabrino Fondulo, risalgono almeno al giugno del 1403 in occasione degli assalti alle rocche cremonesi di San Luca, San Michele e Santa Croce; un patto di alleanza tra Pandolfo, Giovanni da Vignate e altri signori lombardi, stipulato il 5 settembre 1405 per la spartizione dei territori viscontei in Lombardia è conservato tra le carte di Fano; fra il 1404 e il 1408 più volte Giovanni da Vignate si incontra e rinsalda alleanze con Pandolfo. Infine il Fondulo, il da Vignate e il Malatesta, insieme a Filippo Arcelli e al marchese di Ferrara, si trovano a combattere ancora nell’ottobre del 1415 contro le forze di Filippo Maria Visconti.

Questi i dati che ho rintracciato, ma se esiste qualcosa che non conosco sarebbe interessante verificare insieme ulteriori aggiornamenti... :friends:

Molto interessante. Posto un grosso da 26 denari di Pandolfo per Brescia perchè le somiglianze tra le due monete sono in effetti molte.

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Vorrei sottoporre all'attenzione di Mangiafuoco anche il confronto fra la trillina del da Vignate, il quattrino e il denaro emessi a Brescia dalla zecca di Pandolfo III: anche in questi casi mi sembra ci siano convergenze interessanti che riguardano le dimensioni, i pesi e (più in generale) l'aspetto complessivo dei tre nominali.

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Buongiorno a voi,

intervengo solo ora perché per motivi famigliari non ho avuto il tempo materiale di farlo prima.

Riguardo alla domanda posta da Mangiafuoco al post # 13, effettivamente non è un quesito facilmente risolvibile. I pochi pezzi conosciuti e la difficoltà di reperire notizie sul loro rinvenimento consente - quanto meno a me, ma certo non è detto che altri abbiano differenti e più felici intuizioni - solo qualche ipotesi di lavoro. Per il momento resto convinto che la zecca medievale di Lodi abbia funzionato sporadicamente, per brevissimo tempo. E' soprattutto la rarità delle sue monete e l'uniformità nel tipo di punzoni utilizzati per incidere le lettere su di esse che mi fanno essere di questa opinione. Tuttavia è senza dubbio degna di nota la differenza ponderale fatta notare dallo stesso Mangiafuoco.

La vexata quaestio è dunque la seguente: "Quando fu aperta la zecca lodigiana?" Riguardo ad eventuale diploma di concessione, esso resta incerto, sebbene l'autore della pagina web 'lausfil' sia convinto che "la concessione ci fu". Come già sottolineato nella Guida delle zecche, nel Seicento di questo diploma non restava traccia. Da questo punto di vista, dunque, prima di fidarsi di autori Sette-Ottocenteschi o di altri più recenti, bisognerebbe forse intraprendere un lavoro di ricerca storica risalendo alla fonte che per prima ha cominciato a parlare di questo - per ora - solo supposto rescritto imperiale. Effettuando un'analisi di questo tipo, mi è capitato di osservare come da proposte iniziali chiaramente dubitative si sia infine arrivati, per salti più o meno lunghi, a 'forzare', a volte in buona fede o per amor di Patria, il pensiero di questi autori. Si comincia omettendo alcune parole, altre volte interpretandone in modo errato il pensiero iniziale, ma il punto finale è una 'certezza' basata su presupposti sempre e solo ipotetici. Può darsi che per Lodi non sia così, ma credo che si dovrebbe quantomeno provare a farla questa ricerca. Infine, uno studio approfondito della realtà storica ed economica della Lodi del tempo, se fattibile, potrebbe consentire di stabilire con buona approssimazione in quali momenti storici la città può avere avuto innanzitutto le risorse e poi la capacità giuridica oltre che politica di emettere moneta.

Tornando alle monete, il peso degli esemplari attorno al grammo è coerente con quello dei cd. 'grossi minori' milanesi, emessi verosimilmente attorno alla metà del Duecento, mentre il range di 1,20-1,40 è simile a quello riscontrabile sugli esemplari di altre zecche 'lombarde' più o meno coeve, ai quali è generalmente attribuito il valore di 4 denari imperiali. Sarebbe importante un censimento capillare di tutti gli esemplari noti, sia dei grossi che dei denari che degli oboli (o terzoli?) per poter avere una somma di dati maggiore e più significativa di quelli offerti da una manciata di pezzi.

Certo sarebbe interessante avere anche dati metallografici precisi, dal momento che Murari [1985, p. 362] stesso nutriva forti perplessità sul valore di 990 millesimi proposto dall'Aldini. A mia conoscenza esso non è purtroppo riportato, in maniera specifica ed univoca, in nessuna pratica di mercatura o trattato di algorismo noto.

Per quanto riguarda il grosso del Da Vignate, esso non doveva/poteva correre parificato con quello bresciano, probabilmente a motivo della differenza di intrinseco. Lo attesta chiaramente la cd. 'lista Camaiani' (p. 189 nell'edizione della Travaini 2003) nella quale è detto che Un grosso di Brescia... vagliono l'uno soldi 4; mentre Uno grosso da Lodi... vale soldi 2 e denari 6. Dunque quello malatestiano valeva oltre 1/3 in più di quello del Da Vignate. Ciò non toglie che nei territori sottoposti alle relative signorie le due monete possano aver circolato forzosamente con valori più o meno simili, ma anche questo fatto, anche se è probabile, resta per il momento tutto da dimostrare.

Riguardo al cd. quattrino' forse Pierpiero potrebbe trovare qualcosa qui:

https://www.academia.edu/543138/Recensione_al_volume_di_Germano_Fenti_La_zecca_di_Cremona_e_le_sue_monete._Dalle_origini_nel_1555_fino_al_termine_dellattivita_Cremona_2001

https://www.academia.edu/543103/Monete_dargento_lombarde_nella_lista_Camaiani_secolo_XV_

A risentirci appena mi sarà possibile. Colgo l'occasione per augurare a tutti voi i miei più cordiali saluti e auguri di buone feste, Teofrasto

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  • 2 settimane dopo...

Buongiorno a tutti, di recente ho effettuato degli studi su questo periodo (ultimamente il mio lavoro non mi ha dato la possibilità di continuarli), ed oltre ad essere della zona di Lodi, devo dire che molte informazioni riportate dai libri non sono corrette.

Credo che per la moneta di Giovanni da Vignate che pone in questione Mangiafuoco il suo vero nome sia pegione (vedi anche le analisi di intrinseco) e parlare del valore di 2 soldi non è corretto. In questo periodo è ancora in atto la riforma di Giovanni Maria Visconti (3 bissoli = 2 denari), molto probablimente il suo valore è di 24 bissoli (cioè 18 denari)...

Per informazione la trillina comparirà molto più tardi (in altre discussioni se ne è già parlato), il suo nome corretto è imperiale da due.

Consiglierei di non confrontare le monete del Malatesta con quelle del Vignati perchè esiste anche la probabilità che alcune siano state coniate prima della riforma monetaria di Giovanni Maria Visconti e alcune dopo.

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