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Supporter
Inviato

Buonasera , posto questo tremisse in vendita alla LANZ, attribuito a PAVIA.

Questa attribuzione è dovuta alla T nel campo al diritto?? Ticinum?

Grazie

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Inviato

Il discorso delle zecche longobarde è piuttosto complesso e ancora incerto. E' probabile che tutte queste emissioni siano state coniate a Pavia. Per approfondire consiglio la lettura dei lavori di Arslan che trovi in rete.

Arka


Inviato

Caro Palpi62, la risposta alla tua domanda è sì. L’ipotesi che le lettere davanti al busto del sovrano siano iniziali di zecca fu formulata in passato da diversi autori, Bernareggi in primis. Tuttavia ormai è quasi acquisito che tale ipotesi è molto poco probabile (un peccato per noi piacentini che speravamo nelle P presenti sui alcuni rari tremissi di Ariperto II e Liutprando!). Solo alcuni compilatori di cataloghi d’asta (fra cui evidentemente LANZ) a volte attribuiscono a Milano le monete con la M, a Pavia quelle con la T, ecc.

Il significato di tali lettere non è ancora del tutto chiaro, ma sembrerebbe che si tratti di un articolato sistema di identificazione delle diverse emissioni , officine monetarie o, in combinazione con altri elementi presenti nel campo o sul busto, dei singoli conii.


Inviato

dalla discussione "La mano sulle monete longobarde" (http://www.lamoneta.it/topic/82573-la-mano-sulle-monete-longobarde/)

......
Per quanto riguarda il simbolo della mano e le lettere, a parer mio è esauriente (per le conoscenze attuali), ciò che è scritto a pag.20 di “Monete Flavie Longobarde” di Roberta Pardi.
Ormai è dato per scontato da chi si interessa e scrive di questa monetazione, che la lettera davanti al viso del re, non indichi il luogo della zecca di emissione.
D’altronde: niente, mano, croce, chrismon, nessi (RX, ED, TL), L, G, quale zecca indicherebbero?
Con buona pace di chi, da buon campanilista considera i rari tremissi con la lettera P coniati a Piacenza, solo perché colà esisteva una zecca. E perché, non coniati a Pombia, Pisa, Pistoia?

Caro Tremissis,
io credo che la buona pace si possa raggiungere in presenza di “prove” ragionevolmente inconfutabili e non mi sembra che nell’interpretazione del significato delle lettere poste davanti al busto del re nei tremissi longobardi ce ne siano. A me risulta che siano state formulate alcune ipotesi, condivise o meno, ma che non si sia ancora arrivati ad una interpretazione certa. Il fatto che a Piacenza in epoca longobarda e carolingia vi fossero monetieri, di rango tanto elevato da firmare documenti accanto a nobili e personaggi importanti mi sembra sia un forte indizio di una zecca in attività. Se poi i tremissi con la P siano effettivamente di questa zecca è tutto da dimostrare: è solo un’ipotesi. Come le altre.

Caro Giollo2,

quali elementi recenti l'hanno condotta a ritenere ormai "quasi acquisito che tale ipotesi è molto poco probabile"?


Inviato (modificato)

1. una lettura più approfondita degli scritti di Arslan;

2. l'esame degli esemplari di Cuniperto (vedi articolo Panorama Numismatico n. 286, luglio-agosto 2013, pp. 9-24);

3. l'esame che ho in corso sui tremissi di Ariperto II

4. alcune testimonianze inedite che ho raccolto sul ritrovamento della Nurra (Stintino) contenente circa 250 tremissi di Cuniperto, Ariperto II e Liutprando;

Forse l'espressione "quasi acquisito" è stata un pò forzata, ma era riferita ad un'ipotesi e non ad una certezza. D'altra parte mi sembra che questa ipotesi sia condivisa dalla maggior parte degli studiosi dell'argomento.

Come pure ammettere 6 anni fa la possibilità del legame fra la lettera P e la zecca di Piacenza era solo un'eventuale ipotesi nell'ambito dell'approfondimento (notizia certa e ampiamente documentata) degli zecchieri attivi a Piacenza da Desiderio alla prima fase della dominazione carolingia.

Comunque la "buona pace" non l'ho neppure adesso.. :(

Modificato da giollo2

Inviato

L'ipotesi che vede nelle lettere l'iniziale della zecca è stata sempre messa in dubbio, essendo note delle lettere che non trovano un equivalente nelle iniziali delle zecche longobarde attive.


Supporter
Inviato (modificato)

Anche questo Maurizio Tiberio è attribuito a Pavia, dalla LANZ, ma da dove si capisce??

Grazie

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Modificato da palpi62

Inviato

Non si capisce, si presume sulla base di studi fatti...

Arka


Inviato (modificato)

Mi pare che questa discussione si stia instradando su un binario sbagliato, anche perché alcuni di voi con grande riguardo evitano di dire che non tutto ciò che possiamo sapere sulle monete è scritto sulle monete stesse, e quindi non sempre è sufficiente guardarle per capire tutto. Quindi talvolta è necessario anche conoscere cosa è stato scritto in precedenza, no? E se qui troviamo una spiegazione logicamente convincente, alla quale non siamo in grado di contrapporne una migliore, dobbiamo rassegnarci ad accettarla, anche se va contro i nostri desideri. Altrimenti la numismatica sarebbe ancora ferma agli studi eruditi rinascimentali, quando si pensava, ad esempio, che le monete romane non erano 'monete', ma oggetti celebrativi posti nelle fondazioni degli edifici per ricordarne il committente (e grazie a questo fraintendimento furono inventate le moderne 'medaglie')

Nel caso delle monete longobarde col San Michele, la questione è molto semplice: tutti questi esemplari hanno una coerenza stilistica indubitabile, al punto da essere talvolta fabbricate con gli stessi punzoni. Ergo ne dobbiamo concludere che erano prodotte in una stessa struttura, dove operavano incisori che si tramandavano le tecniche. A questo punto non può esservi alcun dubbio che tale struttura centralizzata fosse a Ticinum, a meno che i re longobardi non fossero degli eccentriconi che preferivano utilizzare due eserciti diversi, uno per proteggere loro stessi, e l'altro per proteggere i loro tesori. Dubito tuttavia che le fantastiche performances della nostra attuale burocrazia, nel raddoppiare gli uffici, fossero già in auge nell'Alto Medioevo. Per quanto riguarda i monetieri citati nel documento di Piacenza, se non ricordo male questo si data al 758, cioè al tempo di Desiderio, quando probabilmenete erano gia state introdotte (vista la rarità dei pezzi di Desiderio col San Michele) le nuove monete, gli stellati, prodotte in zecche diverse, compresa Piacenza, il cui nome per esteso riportato nella moneta stessa. Per concludere, dov'è il problema?

Andreas

Modificato da Andreas
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Inviato

Ringrazio Andreas per il suo intervento che, spero, abbia chiarito alcuni dubbi sollevati in questa discussione.

Seguendo l'invito di Liutprand fatto in un'altra discussione, invito tutti a leggere libri sull'argomento e, magari, a frequentare qualche biblioteca numismatica. Si scopre così un mondo affascinante e ricco di sorprese...

Arka


Inviato

Anch’io, Andreas, mi chiedo dove sia il problema; ma probabilmente non ce n’è nessuno.

Palpi 62 aveva solo chiesto se i compilatori del catalogo Lanz avessero dedotto l’attribuzione a Pavia del tremisse di Liutprando con la T (lotto 433) dalla lettera di fronte al busto.

Ora, visto che sullo stesso catalogo di tremissi con S.Michele vi sono:

- senza attribuzione di zecca: un esemplare di Cuniperto con Rx, uno di Ariperto II con la S e uno di Liutprando sempre con la S

- con attribuzione di zecca: due esemplari di Liutprando, uno con la T attribuito a Pavia e un altro con la M attribuito a Milano

mi sembra evidente che in questo catalogo sia stato adottato.il criterio lettera = zecca.

Nel mio post n.3 ho semplicemente detto che tale ipotesi è ormai superata (concetto sviluppato da Lei in modo molto chiaro nel suo intervento, che condivido in pieno).

Questo è quanto.

Rispetto a Lei, ma ciò non rientra nell’oggetto della discussione, ho un po’ meno certezze riguardo l’uniformità stilistica (sicuramente presente in Cuniperto, un po’ meno in Ariperto II e ancora meno in Liutprando; per di più non mi sembra che l’evoluzione - o meglio involuzione - dello stile segua un percorso lineare) e il significato da attribuire alle lettere: elementi distintivi di diverse emissioni (e quindi in successione temporale) della stessa zecca oppure di diverse “officine monetarie” nell’ambito della stessa zecca (e quindi anche contemporanee fra loro).

Infine per quanto riguarda i monetieri nel mio post n. 5 ho precisato anch’io che vanno solo dal periodo di Desiderio alla prima fase della dominazione Carolingia (consiglio la lettura dello studio di Andrea Castagnetti “Monetieri nei secoli VIII e IX” in Studi Storici Luigi Simeoni, LX, 2010, pp. 19-29; distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”, www.biblioteca.retimedievali.it”).

Se poi qualcuno pensa sia poco serio e coerente prima avanzare l’ipotesi che la lettera P potrebbe stare per Piacenza e poi, dopo anni, scrivere in questa discussione che il legame “lettera=zecca” sia una teoria ormai superata e poco probabile, non so che dire; forse ha ragione lui.

Non mi resta che farmi un Glendronach 21y “Parliament” alla mia incoerenza :drinks: !


Inviato

Naturalmente non era rivolto a Giollo2 l'appunto che i monetieri sono documentati quando sono anche documentate più zecche in ambito lomgobardo, con gli stellati, visto che lo aveva già scritto. Conosco il bell'articolo di Castagnetti...soprattutto la nota 67, un po' imbarazzante per me, visto che per benevolenza mi viene attribuita un'ipotesi su Piacenza che invece io avevo ripreso, ovviamente con citazione, dal Laufurie. Ma l'autore mi onora della sua amicizia, e quindi non me la prendo certo

Andreas


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