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Il 1630 che anno fu per la mon. milanese ?


dabbene

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Qui dov' è questa piazza | sorgeva un tempo la barbieria | di Gian Giacomo Mora | il quale congiurato con Guglielmo Piazza | pubblico commissario di sanità e con altri | mentre la peste infieriva più atroce | sparsi qua e là mortiferi unguenti | molti trasse a cruda morte | Questi due adunque giudicati | nemici della patria | il senato comandò | che sovra alto carro | martoriati prima con rovente tenaglia | e tronca la mano destra | si frangessero colla ruota | e alla ruota intrecciati | dopo sei ore scannati | poscia abbruciati | e perchè nulla resti d' uomini così scellerati | confiscati gli averi | si gettassero le ceneri nel fiume | A memoria perpetua di tale reato | questa casa officina del delitto | il senato medesimo ordinò di spianare | e giammai rialzarsi in futuro | ed erigere una colonna | che si appelli infame | Lungi adunque lungi da qui | buoni cittadini che voi l' infelice infame suolo | non contamini | il primo d' agosto MDCXXX

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Qui dov' è questa piazza | sorgeva un tempo la barbieria | di Gian Giacomo Mora | il quale congiurato con Guglielmo Piazza | pubblico commissario di sanità e con altri | mentre la peste infieriva più atroce | sparsi qua e là mortiferi unguenti | molti trasse a cruda morte | Questi due adunque giudicati | nemici della patria | il senato comandò | che sovra alto carro | martoriati prima con rovente tenaglia | e tronca la mano destra | si frangessero colla ruota | e alla ruota intrecciati | dopo sei ore scannati | poscia abbruciati | e perchè nulla resti d' uomini così scellerati | confiscati gli averi | si gettassero le ceneri nel fiume | A memoria perpetua di tale reato | questa casa officina del delitto | il senato medesimo ordinò di spianare | e giammai rialzarsi in futuro | ed erigere una colonna | che si appelli infame | Lungi adunque lungi da qui | buoni cittadini che voi l' infelice infame suolo | non contamini | il primo d' agosto MDCXXX

Questa è l'epigrafe originale, ad perpetuam rei memoriam

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/65/1798_-_Milano%2C_Castello_sforzesco_-_Corte_Ducale_-_Lapide_della_Colonna_Infame_%281630%29_-_Foto_Giovanni_Dall%27Orto%2C_24-Sept-2007.jpg

Modificato da BiondoFlavio82
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Sulla scia di questo spettacolare post, mi sento di procedere oltre con qualche osservazione ulteriore su quell'anno.

Il 1630 di Milano noi lo conosciamo essenzialmente per quanto ci racconta nei Promessi Sposi Alessandro Manzoni.

In realtà gli storici sono inclini a tratteggiare una situazione meno tragica di quanto descritto da Manzoni, anche se metà della popolazione fu comunque portata via dal flagello della peste.

Milano comunque reagì, ritrovò subito se stessa, trovò degli appigli giusti per ripartire.

Di certo fu importante la fertilità del suolo che permise di non importare dopo il flagello troppe derrate dall'estero e comunque sfamare la popolazione rimasta, e poi il commercio, la facilità e le norme permissive per aprire nuove botteghe anche ai solo garzoni.

Certamente molti furono anche gli aspetti negativi, oltre alla cattiva amministrazione spagnola, molti emigrarono particolarmente in Francia, i settanta lanifici milanesi diventarono quindici, le Corporazioni artigiane e industriali diventarono sempre più chiuse, l'industria era ancora basata sul lavoro casalingo.

E mentre aumentavano le difficoltà della popolazione, il governo spagnolo aumentava le gabelle, aumentando le varie voci, le campagne erano occupate dagli insediamenti militari, le truppe prevaricavano i contadini, aumentava la delinquenza comune, ad ogni crimine arrivava una grida che prometteva premi e impunità ai colpevoli e ai complici, la corruzione dilagava anche nella giustizia, chi si rifugiava nelle chiese e aveva diritto d'asilo non poteva essere arrestato, la nobiltà invece si servì di servi, tanti, qui tornano alla mente i bravi manzoniani, la violenza sostituiva il diritto normalmente, la politica si riduceva a chi stava per la Spagna e chi per la Francia.

Gli spagnoli comunque non imposero uomini loro, cercando di non spagnolizzare Milano, di massima utilizzarono uomini della città, certamente la vigilanza e il controllo rimase in mano agli spagnoli.

Eppure nonostante tutto questo le cronache dei visitatori stranieri a Milano degli anni del dopo peste parlano di una città vitale, viva, ripopolata, con di nuovo artigiani, tessitori, operai, Milano si riprese, trovò la forza dentro di se' di ripartire.

Un piccolo spaccato della città di quegli anni, ma tanto si potrebbe dire ancora....

Modificato da dabbene
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Quando il Mora fu arrestato, nella perquisizione della casa trovarono in un baslotto ( ciotola ) cinque parpagliole ( per un valore di soldi 12 1/2 ).

Non ricominciamo con le parpagliole... :crazy:

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Si certo anche le parpagliole comunque rientrano in parte in tutto questo, quello che mi domandavo e qui in teoria potrebbe essere questo un terzo step della discussione, in senso lato nel periodo spagnolo ci furono accenti antispagnoli, di protesta contro gli stessi che possano essere visti e considerati anche nelle monete dell'epoca ?

Ricordo come testimonianza le monete postate in un'altra discussione da @@giancarlone in cui nello stemma venivano infrante le regole di rispetto, col biscione nel primo quarto al posto dell'aquila, uno sgarbo forse ? Ma non è escluso che ci siano altri esempi monetari di quel periodo che denotino uno spirito antispagnolo con altri particolari.....

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Discussione che si è sviluppata ed aperta, con possibilità di ampliare le conoscenze su questo periodo sia sull'ambito storico, sociale, documentale, numismatico, volendo le potenzialità sull'argomento sono varie ed ancora ampie, vediamo se c'è ancora qualche rilancio...

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Pensiamo anche agli aspetti stilistici nella monetazione del periodo l’influenza in campo artistico e non solo furono inevitabili, è questo il secolo nel quale nasce il melodramma, i grandi esperimenti della scienza ed i metodi sperimentali nel campo dell’arte e il generale accostarsi dei pittori ai modi barocchi, che significano una maggiore libertà di contro al rigore penitenziale del periodo appena precedente.

Visto che stiamo trattando la monetazione di Filippo IV non poteva mancare colui che influenzò tutto il panorama artistico del periodo il grande Diego Velázquez.

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Certamente in un discussione così non si può non parlare di Filippo IV : nel 1630 Filippo IV aveva solo 25 anni, viene considerato un uomo colto ed intelligente, amava la cultura, in politica risultò meno adeguato, delegò molto ad altri senza poi controllare con diligenza il loro operato.

Trova una Spagna impegnata in guerre lunghe e tormentate, la lunga guerra dei Trenta Anni, la successione al Ducato di Mantova, la contrapposizione continuata spagnola a quella francese.

E la Spagna subisce sconfitte, sommosse, ribellioni, sono anni tormentati e difficili anche per il potere spagnolo.

La Milano di quegli anni risulta perfetta e precisa in una mappa disegnata del 1629 da Marc'Antonio Barattieri fatta per il Cardinale Federico Borromeo.

La mappa la si trova ora alle Civica Raccolta Stampe A. Bertarelli, Milano risulta una grande città, più di quanto si possa immaginare, un grosso agglomerato centrale con le periferie che già si evidenziano, per capire quanto Milano fosse comunque molto formata in quell'anno cito che esistevano già ben 256 edifici religiosi, il titolo della mappa non è a caso ed è " La gran città di Milano ".

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La presenza spagnola si estende per quasi due secoli a Milano, io stesso sono il risultato di tutto ciò, un milanese con sangue spagnolo, con un cognome che una volta alla fine aveva la S finale e che poi si è persa nel tempo.

Questa è storia dell'identità, delle nostre origini applicate alle persone, in questo caso il sottoscritto, certo questo lungo periodo spagnolo ha lasciato un segno, una traccia a Milano intera.

Ma parlare della monetazione milanese inevitabilmente porta a parlare di quella spagnola, e non si può dire che la zecca di Milano funzionò male, anzi alcuni parlano di zecca modello.

E furono monete di grande valore, anche artistico, di impatto per l'iconografia e il messaggio che portavano.

Ci fu abbondanza di tipi monetari, ma anche di monete, l'attività in alcuni anni fu incessante e tutto questo nonostante le sorti in alcuni momenti tragiche e depresse del Ducato di Milano.

Il tipo è volutamente, per i grandi nominali, monotono e ripetitivo, busto dei vari Re e Stemma, il MEDIOLANI DVX ci sarà comunque, l'identità viene riconosciuta insieme all'autorità, al potere.

Queste è una discussione dalle tante incongruenze, alcune spiegate, altre no, anche qui ne abbiamo,

una moneta alla fine imposta, comunque accettata, in un momento di disordini sociali, guerre, carestie, malattie, Milano terra di passaggio, tutto questo dovrebbe far pensare al bisogno di una attività monetaria modesta, non fu così invece, l'attività di coniazione fu copiosa, in alcuni periodi anche ingente, varia per tipologie e valori, quindi una monetazione spagnola che risultò comunque di riferimento per la città di Milano.

Di certo possiamo dire che la storia della zecca di Milano fu fortemente interconnessa a quella della corona spagnola, in quei due secoli Spagna fu anche Milano e Milano fu anche Spagna.

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La citta soffre, ma il clima culturale che si respira sopperisce in parte alle grosse vicissitudini di tutti i giorni, ma vediamo quali furono gli artisti che contribuirono alla crescita di Milano in quegli anni.

A Milano Ercole Procaccini il Vecchio, di formazione bolognese integrata con lo studio del Parmigianino e del Correggio, inserisce nella sua pittura barocca veri e propri elementi manieristici.

Di tali elementi ne faranno più largo impiego i figli Camillo e Giulio Cesare. Quest'ultimo, seguendo la stessa strada, sviluppa una sua pittura postmanieristica adeguata al periodo, con un cromatismo morbido e caldo dai preziosi effetti luministici.

Con il Procaccini (padre) collaborano Giovanni Battista Crespi detto il Cerano (1576-1633) e Pier Francesco Mazzucchelli (1571-1626) detto il Morazzone.

Nella seconda metà del seicento invece troviamo Giuseppe e Carlo Francesco Nuvolone, Francesco Cairo, Giovan Battista Discepoli.

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Giulio Cesare Procaccini

Madonna del Rosario col Bambino, San Francesco, San Domenico e angeli

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Bello questo connubio numismatica, storia, arte, mi piace molto, certamente dagli esempi visti, non solo il livello delle coniazioni era comunque elevato dal punto di vista iconografico, ma anche quello prettamente artistico, una città che comunque culturalmente e artisticamente aveva da dire e che era rappresentativa.

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Ci domandavamo che Milano era quella ? Milano era costruita ed estesa più di quello che si possa immaginare, già oggi la definiremmo una gran città, tratta dal libro di Luigi Robuschi del Comune di Milano " Milano, alla ricerca della città ideale " , solo ed unicamente per motivi di studio, la pianta della città nel 1629 come nella stampa della Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli al Castello Sforzesco di Milano, da notare che la pianta di Milano fatta da Marco Antonio Baratieri fu dedicata all'Arcivescovo di Milano, Cardinal Federico Borromeo e nella stessa come simbolo non c'è il solito biscione visconteo-sforzesco, bensì l'arma della famiglia Borromeo,

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Come vivevano i milanesi in quegli anni ? Quali erano gli usi e i costumi ? C'è lusso e ricchezza solo per pochi, poche famiglie che avevano redditi cospicui dall'agricoltura, dai prodotti della campagna, dai diritti di transito, da alcune esazioni, è uno sfarzo ostentato, non raffinato però.

E nascono in questo contesto le manie, gli usi nuovi, per esempio le carrozze, diventano di uso sempre più frequente, tra chi può è una corsa ad avere le più belle.

E anche il vestire in certi ambiti segue le mode, dalla francese si passa a quella spagnola, le tipologie di abiti e vestiti sono immobilizzati, uguali.

Le feste pubbliche assumono sfarzi e grandiosità inaudite, feste d'armi e a cavallo tutti in parata.

Altrettanta grandiosità viene esibita nelle cerimonie solenni, matrimoni, nascite, funerali dei Principi della casa Reale, ma anche per Governatori, Arcivescovi.

E nasce proprio in quegli anni un'altra passione che si è tramandata fino a noi, nelle grandi feste, nelle cerimonie si sparano i fuochi di artificio, spesso proprio tra l'altro in Piazza Duomo, anche questo un segno nuovo di quei tempi.

Piacevano molto gli spettacoli teatrali, le compagnie venivano volentieri a Milano, sapevano che sarebbero state ben accolte.

Solo gli anni della peste immobilizzarono questo tipo di vita, ma Milano come abbiamo visto seppe ripartire e rigenerarsi subito.

Col tempo ebbero successo anche spettacoli tipo l'opera in teatro, la commedia, il melodramma raccoglieva grandi consensi.

Una Milano che vista anche dagli occhi dei forestieri che vi passavano seppe vivere ai tempi e con una voglia anche forte di ostentazione ovviamente da parte della classe che aveva il potere.

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Non ti posso aiutare perchè, pur avendo cercato un po' nei miei libri, non ho trovato niente su quegli anni di significativo, voglio però contribuire con questa immagine, tratta da Wikipedia, che illustra proprio il 1630 milanese.

Saluti

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Awards

Questa discussione che ha collegamenti non solo numismatici, ma storici, culturali, economici, artistici, di vita e costumi della Milano del 1630 è anche inevitabilmente legata al romanzo di Alessandro Manzoni " I Promessi Sposi ", il Manzoni ci descrive in modo romanzato la Milano dell'epoca, ma si parla nel libro come sapete anche di monete.

Vedo con piacere che tutto sommato la discussione si è sviluppata toccando tanti aspetti, anche di attività monetaria, senza però aver postato una sola moneta di quel periodo, l'esperimento direi a oggi che si può dire riuscito.

Quindi volendo si può parlare anche di storia, cultura, numismatica senza la presenza di monete.....però per gli inguaribili delle monete, che ci sono e capisco, richiamo la discussione che ci fu in questa sezione sui Promessi Sposi e le sue monete, in quella di monete ce ne sono tante e chi vorrà qui troverà lieto conforto e sicura appagazione....... :blum: , a voi....

Mario

http://www.lamoneta.it/topic/82058-i-promessi-sposi/page-1

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però non ho visto troppi riferimenti a fonti dell'epoca, quali gride, cronache, ecc. ...

Il Ripamonti, disponibile anche in rete (sia tradotto che in lingua originale), è certo tra le cronache più "coinvolgenti" per la ricchezza di aneddoti e storie di vita vissuta; il trattatello del Borromeo (da cui lo stesso Ripamonti attinge parte delle sue storie); i "manuali" per difendersi dalla pestilenza, ne vengono ristampati anche del tempo della "peste di san Carlo"...

Ancor più interessante sarebbe stato leggere documentazione privata dell'epoca: pensiamo a corrispondenze di lombardi con accenni alla pestilenza...

A volte si ha l'impressione che ci si contenti di un'estatica contemplazione della "memoria"...

Modificato da BiondoFlavio82
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