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Inviato (modificato)

Segnalo la nuova fatica di Simonluca Perfetto:

Monete e zecca nella terra di Lanciano: un particolare caso di demanialita' sub signo Aragonum (1441-1554).

Carabba, Lanciano 2013

Modificato da Liutprand

Inviato

Segnalo la nuova fatica di Simonluca Perfetto:

Monete e zecca nella terra di Lanciano: un particolare caso di demanialita' sub signo Aragonum (1441-1554).

Carabba, Lanciano 2013

Oramai il nome di Simonluca Perfetto sta diventando sinonimo di "numismatico infaticabile" oltre che benemerito. Complimenti a Simonluca! :hi:


Inviato (modificato)

Monete e zecca nella terra di Lanciano Un particolare caso di demanialità sub signo Aragonum (1441-1554)

Testo a stampa - 110 pp. - formato 17 x 24 - b/n e colori



S’era discusso per decenni o meglio per secoli sulla consistenza della zecca di Lanciano, ma la sua natura e le sue monete erano rimaste un mistero, tanto che ormai si stava decretando il suo oblio senza appello. Contro corrente, nel presente volume, l’autore, oltre a individuare numerosi esemplari emessi da questa importante zecca, ne ripercorre storia e bibliografia, nel tentativo di mettere a fuoco quell’alone feudale che, sin dagli inizi del regno aragonese, ha permeato la formidabile demanialità lancianese. Dai documenti degli Archivi Italiani e da quelli della Biblioteca Comunale di Lanciano è emerso che la zecca di questa gloriosa università fu l’officina personale del sovrano e degli Aragonesi, in perfetta simmetria con la zecca di Rocca San Giovanni al servizio degli Avalos. Questi luoghi frentani rappresentarono il perno della politica orientale aragonese tra i secoli XV e XVI, quali sedi della pubblicità monetaria dello Stato. Questo studio ha profilato una vera e propria ‘riforma storica e numismatica’ che, inevitabilmente, cassa gran parte della precedente letteratura sulle zecche meridionali. Il libro contiene quattro capitoli su Lanciano, preceduti da una presentazione a cura di Domenico Maria Del Bello e seguiti da un capitolo conclusivo a cura di Bruno Sulli. Completano il volume tre appendici: una documentaria, una numismatica e una fotografica.

post-116-0-54673700-1381907075_thumb.jpg

Modificato da piergi00

Inviato

Aggiungo i miei complimenti all'autore, credo ci siano molti spunti interessanti anche in relazione all'attività delle altre zecche attive in quegli anni.

Saluti


Inviato

Complimenti all'autore per l'opera dedicata alla felice memoria di Memmo Cagiati.


  • 2 settimane dopo...
Inviato

Ricevuto oggi, uno studio veramente eccezionale e con risultati sorprendenti e forse solo l'inizio di una revisione di molte monete finora accreditate erroneamente alla zecca di Napoli

Complimenti all'autore :good:


Inviato

Consiglio la lettura di questo libro soprattutto a chi è dedito allo studio delle fonti sulle zecche meridionali, convinto che possa dare grandi stimoli per l’incrocio e la ricerca delle fonti e della letteratura di settore, scientifica e non.

A prescindere da tutto, credo che il progresso scientifico della numismatica passi anche attraverso il progresso della sua letteratura… che dovremmo ringraziare e non pensare di “cassare”.

AG

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  • 2 settimane dopo...
Inviato

Ho appena finito di leggere questo volume e mi permetto di complimentarmi con l'autore. La Numismatica è una scienza in continua evoluzione e questo libro ne è la prova. Quando l'autore mi parlò di questo lavoro eravamo a Marina di San Vito (quale miglior posto per parlare di questa zecca), davanti a dei piatti di ottimo pesce che però non riuscirono a distrarci dall'argomento della discussione. All'inizio ero titubante come immagino chiunque si appresti a leggere il libro ma ora, dopo averlo letto, non posso non fare un plauso all'autore, rimanendo in attesa, come da lui preannunciato, del prossimo suo studio su questa zecca.


Inviato

Ringrazio tutti per i vostri interventi. Spero di incontrarvi numerosi qui:

INVITO.jpg


Inviato (modificato)

Scusate se intervengo ma vorrei chiarire tramite confronto, e parlando solo di numismatica, acuni aspetti che mi portano ad avere seri dubbi sull'attribuzione di monete aragonesi alla zecca di Lanciano. Spero di avere un confronto sulla base di dati oggettivi e non di ipotesi ed interpretazioni personali. Desidererei concentrare l'attenzione di tutti su un aspetto fondamentale che mina le basi del metodo di attribuzione di Simonluca Perfetto di quasi tutte le monete napoletane aragonesi alla città di Lanciano in Abruzzo. Iniziamo con quella che può essere definita dall'autore come la più bella ed interessante moneta lancianese; in vero, si tratta di un mezzo carlino di ostentazione coniato a Napoli durante il breve regno di Alfonso II d'Aragona (1494-1495), tipologia della più grande rarità AMPIAMENTE DOCUMENTATA nel 2011 in un testo a firma Gionata Barbieri (cfr. http://www.lamoneta.it/topic/81895-medaglia-o-mezzo-carlino-di-ostentazione-per-alfon/page-1 ) . Il nostro utente @@mero mixtoque imperio (Simonluca Perfetto - autore) ha riportato nel suo testo tale moneta attribuendola a Lanciano anziché Napoli e classificando il dritto della stessa e il suo motto VALER (parte integrante dell'iconografia ufficiale dell'impresa cavalleresca) come un acronimo riferito a “re Alfonso II re della città aragonese di Lanciano”. Lascio a voi giudicare sulla base di quanto riportato di seguito e dell'incisione originale che documenta la moneta. Per il momento desidererei avere un confronto civile basato su analisdi carattere numismatico. Essendo Simonluca Perfetto in contrasto con lo studio di Gionata Barbieri ed avendo interpretato molti aspetti, a mio dire, in maniera errata, reputo opportuno portare a conoscenza di tutti una risposta privata dello stesso Gionata, non più iscritto al forum per motivi personali.

" ..........Caro Francesco, rispondo volentieri al tuo quesito e se può essere di comune utilità puoi riproporre nel forum www.lamoneta.it , in toto, quanto di seguito ti scrivo. Premetto che non ho ancora letto la pubblicazione di Simonluca Perfetto su Lanciano, quindi la mia indicazione è parziale, ma l'immagine che è mostrata sul forum riguardo il nummo di cui scrissi nel mio libello, segue una classificazione che ritengo sia errata per i dati che ho in mio possesso. Salvo la pubblicazione di un documento nel testo di Simonluca Perfetto che raffiguri esattamente quell'immagine, o meglio emblema, posta sul nummo di Alfonso II che espliciti inequivocabilmente quanto egli scrive riguardo la porzione di legenda (secondo Perfetto: ERVAL ossia E[t] R[ex] V[rbis] A[ragonensis] L[anciani]) e la zecca (che Perfetto ritiene essere Lanciano anziché Napoli), alcuna congettura personale non può che trovare vana approvazione da parte di chi è realmente informato sul tema, soprattutto in virtù del fatto che ho avuto modo di proporre dei documenti precisi, circostanziati e con esatte raffigurazioni identiche a quelle mostrate dai rilievi del mezzo carlino/medaglia aragonese. Insomma se Simonluca Perfetto non è in grado di dimostrare, fuori da ogni dubbio, quanto egli sostiene nel suo libro, verrebbe a negare una palese e pacifica evidenza. Chiaro è che ciascuno di noi può esprimere tutto quello che gli pare e può avere la propria opinione ma di certo, essendo la numismatica basata su punti fermi e decisi (il caso in questione è uno di essi), se si possiede un minimo di rigore scientifico e senso di responsabilità, in assenza di prove certe non è possibile sentenziare. Nel mio libro "Medaglia o mezzo carlino di ostentazione "VICTOR ET LIBERATOR CONCORDIAE" per Alfonso II d'Aragona", atti di una conferenza avvenuta presso Palazzo Carbone a Napoli nel 2011, sostenevo che il nummo raffigurasse al dritto una impresa (o volendo essere più precisi: una cifra figurata) raffigurante tre diademi interconnessi da un nastro che li attraversa sul quale vi sono incise le lettere VAL-E-R lette dal basso verso l'alto e da sinistra verso destra. L'iconografia costituisce il motto in lingua catalana DIADEMES - VALER (dove diademes è diademi al plurale) e che a sua volta è da intendersi anche come (ossia il vero significato) DIA DE MES VALER, che tradotto dal Catalano all'Italiano è "il giorno in cui essere più valorosi". Il tutto si riferisce ad uno stendardo avente tale raffigurazione che Alfonso II fece esibire durante i preparativi per la battaglia di Campomorto presso Velletri (1482) quando Alfonso II era ancora Duca di Calabria ed erede al trono napoletano. In quel frangente l'Aragonese di Napoli combatteva al servizio del padre Ferrante contro le milizie pontificie guidate da Roberto Malatesta, ed utilizzò questo stratagemma per motivare i suoi militi in numero inferiore rispetto all'avversario. Nonostante tutto la battaglia fu persa. Questa interpretazione trova riscontro nel testo di Paolo Giovio intitolato "Dialago dell'imprese militari et amorose", pubblicato postumo (ho avuto modo di leggere le edizioni del 1556 e 1574 e raffiguro le immagini nel testo - una la allego nel messaggio). Questa indicazione non può essere errata, salvo sempre una clamorosa rivelazione da parte di Perfetto e della quale dubito prima ancora di leggere i contenuti del suo testo, in quanto Giovio è stato il primo e vero fondatore dell'emblematica come disciplina "scientifica" in Italia (certamente resta ancora oggi, a distanza di secoli, uno dei più illustri personaggi di tale ambito), in quanto fu grande conoscitore della casa d'Aragona e della nobiltà iberica, inoltre fu il più famoso conoscitore del "more" saraceno e dei Turchi della sua epoca (quindi era espertissimo anche riguardo le vicende di Otranto in cui Alfonso II, il medesimo personaggio del nummo, fu impegnato nel 1481), infine, ed eclatante in quanto a significato, Giovio in persona fece rappresentare tale cifra figurata nell'atrio di un museo che egli stesso allestì presso Como. Codesto emblema fu poi utilizzato anche da parte di Anton Francesco Doni in una missiva rivolta al Conte Agostino de'Landi nel 1543. Queste informazioni e molte altre ancora riguardo il nummo in oggetto, sono contenute nel volume che ho citato in precedenza. Aggiungo, inoltre, che nel 2012 un esimio lettore di nazionalità spagnola di codesto mio libello, molto esperto nella propria patria come numismatico ed archivista, mi contattò e si complimentò con me in quanto ebbe modo di allacciare questo mio studio con alcune altre sue informazioni che stava studiando per darne contenuto alla stampa. Le stesse informazioni le riporto in tale sede in quanto già note, ma assenti nel mio libro del 2011. I tre diademi erano simbolo di San Pietro martire in quanto trionfò sulla carne (puro in corpo ed anima), sul diavolo e sul mondo (in quanto dopo essere stato assassinato dai suoi nemici divenne martire e santo). Inoltre il motto Dia-de-mes-valer fu anche utilizzato nel secolo XIV da parte di Ferdinando IV di Castiglia e Leon e di ciò esistono alcuni testi in Castigliano antico espliciti ancora una volta in quanto a disegni oltre che in termini descrittivi (il vero ricercatore prova a trovarli, quindi non li suggerirò). Quindi non è un caso che lo stesso Alfonso II si ispirasse a temi del passato, di ambito strettamente iberico. Oggi sono molto grato a codesto studioso spagnolo, sia per gli attestati di stima sia per avermi dato la possibilità di accedere a fonti documentarie a me precedentemente ignote. Magari appena mi capiterà di partecipare ad una conferenza adatta, porterò a conoscenza di ulteriori dettagli ed informazioni in merito di sicuro interesse. Tornando al particolare caso proposto da Simonluca Perfetto, spero che egli abbia fortemente e scientificamente motivato i suoi pensieri al di là dei campanilismi e delle fittizie congetture, poiché si troverebbe a contrastare documenti attestati in varie parti d'Europa (in particolare area italica ed iberica) con tempi che vanno sull'ordine dei 500 - 800 anni. Comunque errare è umano... Vorrei inoltre aggiungere qualche altra considerazione di carattere generale sul discorso della zecca di Lanciano. Indipendentemente da concessione e/o reale attività di zecca, è improponibile ed ingiustificato attribuire massivamente enormi quantità di monete ad una località come Lanciano. Il controllo della zecca avveniva in maniera estremamente oculata e nessun saggio sovrano avrebbe permesso coniazioni comparabili a quelle della capitale, anche perché vi erano problemi legati al trasporto, agli approvvigionamenti, alla sicurezza delle comunicazioni via terra, alle economie che seppur possano essere di rilievo su scala macro-locale (e su questo ci sarebbe da discutere se poi si vedono vari dettagli) sono assolutamente inferiori alla ricchezza ed al flusso di danaro della Napoli capitale (il porto, le banche, i mercanti stranieri, i militari etc.), ma anche a livello di opportunità della distribuzione di monete (vi erano anche altre zecche in zona). Forse sarebbe il caso di moderarsi in queste fantasiose visioni Abruzzo-centriche (mi perdonino i miei numerosi amici Abruzzesi, amo la vostra regione e visito la vostra bella e verde terra ben volentieri da sempre) e di cercare di avvicinarsi di più alla realtà dei fatti e soprattutto delle monete.

Comunque puoi postare l'immagine (che ti allego qui rimpicciolita), non proteggere l'immagine, non ce n'è bisogno basta solo scrivere che essa proviene dal testo Barbieri pp. 18 e 30 tratto a sua volta dal testo di Giovio.

Un caro saluto a te Francesco ed al forum www.lamoneta.it . Gionata Barbieri.

@@iachille @f.dc @@mero mixtoque imperio @@Giuseppe

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Modificato da francesco77

Inviato (modificato)

Scusate se intervengo ma vorrei chiarire tramite confronto, e parlando solo di numismatica, acuni aspetti che mi portano ad avere seri dubbi sull'attribuzione di monete aragonesi alla zecca di Lanciano. Spero di avere un confronto sulla base di dati oggettivi e non di ipotesi ed interpretazioni personali. Desidererei concentrare l'attenzione di tutti su un aspetto fondamentale che mina le basi del metodo di attribuzione di Simonluca Perfetto di quasi tutte le monete napoletane aragonesi alla città di Lanciano in Abruzzo. Iniziamo con quella che può essere definita dall'autore come la più bella ed interessante moneta lancianese; in vero, si tratta di un mezzo carlino di ostentazione coniato a Napoli durante il breve regno di Alfonso II d'Aragona (1494-1495), tipologia della più grande rarità AMPIAMENTE DOCUMENTATA nel 2011 in un testo a firma Gionata Barbieri (cfr. http://www.lamoneta.it/topic/81895-medaglia-o-mezzo-carlino-di-ostentazione-per-alfon/page-1 ) . Il nostro utente @@mero mixtoque imperio (Simonluca Perfetto - autore) ha riportato nel suo testo tale moneta attribuendola a Lanciano anziché Napoli e classificando il dritto della stessa e il suo motto VALER (parte integrante dell'iconografia ufficiale dell'impresa cavalleresca) come un acronimo riferito a “re Alfonso II re della città aragonese di Lanciano”. Lascio a voi giudicare sulla base di quanto riportato di seguito e dell'incisione originale che documenta la moneta. Per il momento desidererei avere un confronto civile basato su analisdi carattere numismatico. Essendo Simonluca Perfetto in contrasto con lo studio di Gionata Barbieri ed avendo interpretato molti aspetti, a mio dire, in maniera errata, reputo opportuno portare a conoscenza di tutti una risposta privata dello stesso Gionata, non più iscritto al forum per motivi personali.

" ..........Caro Francesco, rispondo volentieri al tuo quesito e se può essere di comune utilità puoi riproporre nel forum www.lamoneta.it , in toto, quanto di seguito ti scrivo. Premetto che non ho ancora letto la pubblicazione di Simonluca Perfetto su Lanciano, quindi la mia indicazione è parziale, ma l'immagine che è mostrata sul forum riguardo il nummo di cui scrissi nel mio libello, segue una classificazione che ritengo sia errata per i dati che ho in mio possesso. Salvo la pubblicazione di un documento nel testo di Simonluca Perfetto che raffiguri esattamente quell'immagine, o meglio emblema, posta sul nummo di Alfonso II che espliciti inequivocabilmente quanto egli scrive riguardo la porzione di legenda (secondo Perfetto: ERVAL ossia E[t] R[ex] V[rbis] A[ragonensis] L[anciani]) e la zecca (che Perfetto ritiene essere Lanciano anziché Napoli), alcuna congettura personale non può che trovare vana approvazione da parte di chi è realmente informato sul tema, soprattutto in virtù del fatto che ho avuto modo di proporre dei documenti precisi, circostanziati e con esatte raffigurazioni identiche a quelle mostrate dai rilievi del mezzo carlino/medaglia aragonese. Insomma se Simonluca Perfetto non è in grado di dimostrare, fuori da ogni dubbio, quanto egli sostiene nel suo libro, verrebbe a negare una palese e pacifica evidenza. Chiaro è che ciascuno di noi può esprimere tutto quello che gli pare e può avere la propria opinione ma di certo, essendo la numismatica basata su punti fermi e decisi (il caso in questione è uno di essi), se si possiede un minimo di rigore scientifico e senso di responsabilità, in assenza di prove certe non è possibile sentenziare. Nel mio libro "Medaglia o mezzo carlino di ostentazione "VICTOR ET LIBERATOR CONCORDIAE" per Alfonso II d'Aragona", atti di una conferenza avvenuta presso Palazzo Carbone a Napoli nel 2011, sostenevo che il nummo raffigurasse al dritto una impresa (o volendo essere più precisi: una cifra figurata) raffigurante tre diademi interconnessi da un nastro che li attraversa sul quale vi sono incise le lettere VAL-E-R lette dal basso verso l'alto e da sinistra verso destra. L'iconografia costituisce il motto in lingua catalana DIADEMES - VALER (dove diademes è diademi al plurale) e che a sua volta è da intendersi anche come (ossia il vero significato) DIA DE MES VALER, che tradotto dal Catalano all'Italiano è "il giorno in cui essere più valorosi". Il tutto si riferisce ad uno stendardo avente tale raffigurazione che Alfonso II fece esibire durante i preparativi per la battaglia di Campomorto presso Velletri (1482) quando Alfonso II era ancora Duca di Calabria ed erede al trono napoletano. In quel frangente l'Aragonese di Napoli combatteva al servizio del padre Ferrante contro le milizie pontificie guidate da Roberto Malatesta, ed utilizzò questo stratagemma per motivare i suoi militi in numero inferiore rispetto all'avversario. Nonostante tutto la battaglia fu persa. Questa interpretazione trova riscontro nel testo di Paolo Giovio intitolato "Dialago dell'imprese militari et amorose", pubblicato postumo (ho avuto modo di leggere le edizioni del 1556 e 1574 e raffiguro le immagini nel testo - una la allego nel messaggio). Questa indicazione non può essere errata, salvo sempre una clamorosa rivelazione da parte di Perfetto e della quale dubito prima ancora di leggere i contenuti del suo testo, in quanto Giovio è stato il primo e vero fondatore dell'emblematica come disciplina "scientifica" in Italia (certamente resta ancora oggi, a distanza di secoli, uno dei più illustri personaggi di tale ambito), in quanto fu grande conoscitore della casa d'Aragona e della nobiltà iberica, inoltre fu il più famoso conoscitore del "more" saraceno e dei Turchi della sua epoca (quindi era espertissimo anche riguardo le vicende di Otranto in cui Alfonso II, il medesimo personaggio del nummo, fu impegnato nel 1481), infine, ed eclatante in quanto a significato, Giovio in persona fece rappresentare tale cifra figurata nell'atrio di un museo che egli stesso allestì presso Como. Codesto emblema fu poi utilizzato anche da parte di Anton Francesco Doni in una missiva rivolta al Conte Agostino de'Landi nel 1543. Queste informazioni e molte altre ancora riguardo il nummo in oggetto, sono contenute nel volume che ho citato in precedenza. Aggiungo, inoltre, che nel 2012 un esimio lettore di nazionalità spagnola di codesto mio libello, molto esperto nella propria patria come numismatico ed archivista, mi contattò e si complimentò con me in quanto ebbe modo di allacciare questo mio studio con alcune altre sue informazioni che stava studiando per darne contenuto alla stampa. Le stesse informazioni le riporto in tale sede in quanto già note, ma assenti nel mio libro del 2011. I tre diademi erano simbolo di San Pietro martire in quanto trionfò sulla carne (puro in corpo ed anima), sul diavolo e sul mondo (in quanto dopo essere stato assassinato dai suoi nemici divenne martire e santo). Inoltre il motto Dia-de-mes-valer fu anche utilizzato nel secolo XIV da parte di Ferdinando IV di Castiglia e Leon e di ciò esistono alcuni testi in Castigliano antico espliciti ancora una volta in quanto a disegni oltre che in termini descrittivi (il vero ricercatore prova a trovarli, quindi non li suggerirò). Quindi non è un caso che lo stesso Alfonso II si ispirasse a temi del passato, di ambito strettamente iberico. Oggi sono molto grato a codesto studioso spagnolo, sia per gli attestati di stima sia per avermi dato la possibilità di accedere a fonti documentarie a me precedentemente ignote. Magari appena mi capiterà di partecipare ad una conferenza adatta, porterò a conoscenza di ulteriori dettagli ed informazioni in merito di sicuro interesse. Tornando al particolare caso proposto da Simonluca Perfetto, spero che egli abbia fortemente e scientificamente motivato i suoi pensieri al di là dei campanilismi e delle fittizie congetture, poiché si troverebbe a contrastare documenti attestati in varie parti d'Europa (in particolare area italica ed iberica) con tempi che vanno sull'ordine dei 500 - 800 anni. Comunque errare è umano... Vorrei inoltre aggiungere qualche altra considerazione di carattere generale sul discorso della zecca di Lanciano. Indipendentemente da concessione e/o reale attività di zecca, è improponibile ed ingiustificato attribuire massivamente enormi quantità di monete ad una località come Lanciano. Il controllo della zecca avveniva in maniera estremamente oculata e nessun saggio sovrano avrebbe permesso coniazioni comparabili a quelle della capitale, anche perché vi erano problemi legati al trasporto, agli approvvigionamenti, alla sicurezza delle comunicazioni via terra, alle economie che seppur possano essere di rilievo su scala macro-locale (e su questo ci sarebbe da discutere se poi si vedono vari dettagli) sono assolutamente inferiori alla ricchezza ed al flusso di danaro della Napoli capitale (il porto, le banche, i mercanti stranieri, i militari etc.), ma anche a livello di opportunità della distribuzione di monete (vi erano anche altre zecche in zona). Forse sarebbe il caso di moderarsi in queste fantasiose visioni Abruzzo-centriche (mi perdonino i miei numerosi amici Abruzzesi, amo la vostra regione e visito la vostra bella e verde terra ben volentieri da sempre) e di cercare di avvicinarsi di più alla realtà dei fatti e soprattutto delle monete.

Comunque puoi postare l'immagine (che ti allego qui rimpicciolita), non proteggere l'immagine, non ce n'è bisogno basta solo scrivere che essa proviene dal testo Barbieri pp. 18 e 30 tratto a sua volta dal testo di Giovio.

Un caro saluto a te Francesco ed al forum www.lamoneta.it . Gionata Barbieri.

@@iachille @f.dc @@mero mixtoque imperio @@Giuseppe

L'opera del Giovio ripresa dal Barbieri è stata considerata nel libro e infatti l'impresa è stata interpretata genericamente, a differenza della legenda che appare su di essa, alla luce della lettura inversa (conta l'ordine delle righe che vedono precedere E-R a V A L, come nel carlino che tutti leggiamo "fidei/defensor" e non difensor/fidei, normale paleografia medievale), alla luce della nuova zecca che è Lanciano e alla luce del precedente storico molto simile che vede un inedito tarì battuto da Alfonso il Magnanimo, recante una parziale legenda con scritto "ANXIAN ARAG". Questo per quanto riguarda la mia proposta di lettura.

Per quanto riguarda invece la sede di zecca di questa moneta, tutti i numismatici sanno che la Regia Corte impone ordini ben precisi al Tramontano, cioè quelli di apporre le proprie iniziali sulle monete d'oro e d'argento battute a Napoli e a l'Aquila. Se la matematica non è un'opinione, da queste zecche sarebbero dovute uscire soltanto monete con la sigla del mastro di zecca e quelle che ne sono prive sono state naturalmente battute a Lanciano.

Lanciano è la zecca personale degli Aragonesi e per questo le sue monete pubblicizzano la Casa d'Aragona (si veda questo mezzo carlino, il coronato dal volto umano, il sesquiducato trionfale, il pezzo da sei cavalli, etc.).

Il Tramontano deve segnare con le proprie iniziali le monete napoletane e aquilane (vi rimando alla cancelleria aragonese).

A presto

sp

Modificato da mero mixtoque imperio

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L'opera del Giovio ripresa dal Barbieri è stata considerata nel libro e infatti l'impresa è stata interpretata genericamente, a differenza della legenda che appare su di essa, alla luce della lettura inversa (conta l'ordine delle righe che vedono precedere E-R a V A L, come nel carlino che tutti leggiamo "fidei/defensor" e non difensor/fidei, normale paleografia medievale), alla luce della nuova zecca che è Lanciano e alla luce del precedente storico molto simile che vede un inedito tarì battuto da Alfonso il Magnanimo, recante una parziale legenda con scritto "ANXIAN ARAG". Questo per quanto riguarda la mia proposta di lettura.

Per quanto riguarda invece la sede di zecca di questa moneta, tutti i numismatici sanno che la Regia Corte impone ordini ben precisi al Tramontano, cioè quelli di apporre le proprie iniziali sulle monete d'oro e d'argento battute a Napoli e a l'Aquila. Se la matematica non è un'opinione, da queste zecche sarebbero dovute uscire soltanto monete con la sigla del mastro di zecca e quelle che ne sono prive sono state naturalmente battute a Lanciano.

Lanciano è la zecca personale degli Aragonesi e per questo le sue monete pubblicizzano la Casa d'Aragona (si veda questo mezzo carlino, il coronato dal volto umano, il sesquiducato trionfale, il pezzo da sei cavalli, etc.).

Il Tramontano deve segnare con le proprie iniziali le monete napoletane e aquilane (vi rimando alla cancelleria aragonese).

A presto

sp

Ok, grazie mille per le delucidazioni, alla luce di quanto hai appena scritto,

1) permettimi di dissentire in pieno per questa tua interpretazione personale di documenti così inopinabili, per far capire un po' a tutti di cosa stiamo parlando ho riportato nel mio post precedente anche l'incisione originale dove si evince il corretto ordine di lettura della parola VALER sulla moneta da mezzo carlino, che ripeto è, parte integrante dell'impresa cavalleresca del re Alfonso II d'Aragona e non un acronimo che cela la presenza di Lanciano. Oltretutto hai anche diviso una parola in due e poi leggendola a partire dal mezzo, quindi la tua è anche una lettura errata in ogni senso.

2) Permettimi di dissentire inoltre per la tua attribuzione "per esclusione" di certe monete napoletane a Lanciano. A breve, saprai anche il perchè è tecnicamente impossibile che le stesse monete con le sigle dei maestri di zecca al dritto o al rovescio sono, a dir tuo, coniate a Napoli, mentre tutte quelle senza sigle coniate a Lanciano.

Grazie mille e in bocca al lupo per le tue pubblicazioni. Francesco Di Rauso

@@Reficul @@incuso

Modificato da francesco77

Inviato

Ok, grazie mille per le delucidazioni, alla luce di quanto hai appena scritto,

1) permettimi di dissentire in pieno per questa tua interpretazione personale di documenti così inopinabili, per far capire un po' a tutti di cosa stiamo parlando ho riportato nel mio post precedente anche l'incisione originale dove si evince il corretto ordine di lettura della parola VALER sulla moneta da mezzo carlino, che ripeto è, parte integrante dell'impresa cavalleresca del re Alfonso II d'Aragona e non un acronimo che cela la presenza di Lanciano.

2) Permettimi di dissentire inoltre per la tua attribuzione "per esclusione" di certe monete napoletane a Lanciano. A breve, saprai anche il perchè è tecnicamente impossibile che le stesse monete con le sigle dei maestri di zecca al dritto o al rovescio sono, a dir tuo, coniate a Napoli, mentre tutte quelle senza sigle coniate a Lanciano.

Grazie mille e in bocca al lupo per le tue pubblicazioni. Francesco Di Rauso

@@Reficul @@incuso

Le tue spiegazioni scientifiche saranno gradite, ma dovresti scriverle ora qui.


Inviato

Le tue spiegazioni scientifiche saranno gradite, ma dovresti scriverle ora qui.

Ogni cosa a suo tempo. Grazie mille.


Inviato

L'opera del Giovio ripresa dal Barbieri è stata considerata nel libro e infatti l'impresa è stata interpretata genericamente, a differenza della legenda che appare su di essa, alla luce della lettura inversa (conta l'ordine delle righe che vedono precedere E-R a V A L, come nel carlino che tutti leggiamo "fidei/defensor" e non difensor/fidei, normale paleografia medievale), alla luce della nuova zecca che è Lanciano e alla luce del precedente storico molto simile che vede un inedito tarì battuto da Alfonso il Magnanimo, recante una parziale legenda con scritto "ANXIAN ARAG". Questo per quanto riguarda la mia proposta di lettura.

Per quanto riguarda invece la sede di zecca di questa moneta, tutti i numismatici sanno che la Regia Corte impone ordini ben precisi al Tramontano, cioè quelli di apporre le proprie iniziali sulle monete d'oro e d'argento battute a Napoli e a l'Aquila. Se la matematica non è un'opinione, da queste zecche sarebbero dovute uscire soltanto monete con la sigla del mastro di zecca e quelle che ne sono prive sono state naturalmente battute a Lanciano.

Lanciano è la zecca personale degli Aragonesi e per questo le sue monete pubblicizzano la Casa d'Aragona (si veda questo mezzo carlino, il coronato dal volto umano, il sesquiducato trionfale, il pezzo da sei cavalli, etc.).

Il Tramontano deve segnare con le proprie iniziali le monete napoletane e aquilane (vi rimando alla cancelleria aragonese).

A presto

sp

Oppsss, solo ora ho metabolizzato la tua risposta precedente, ti faccio i miei complimenti per aver reperito simili notizie, hai per caso l'immagine nitida e perfettamente leggibile di un carlino di Alfonso d'Aragona con la parola ANXIAN nella leggenda? ("Anxanum" è l'antico nome della città di Lanciano).

Certo è che se così fosse hai fatto uno scoop numismatico!

Ti chiederei a nome del forum di postare l'immagine di questo carlino affinchè tutti godano della scoperta. Sempre che non si tratti di qualche SOLITO canonico del '600 che asseriva di "..... aver visto un carlino con la scritta ANXIAN...... eccetera".

Grazie di nuovo e scusa tanto per le continue domande, ho tanto da imparare e mi piacerebbe sapere certe cose da te visto che sei l'esperto. :hi: :hi: :hi:


Inviato

Oppsss, solo ora ho metabolizzato la tua risposta precedente, ti faccio i miei complimenti per aver reperito simili notizie, hai per caso l'immagine nitida e perfettamente leggibile di un carlino di Alfonso d'Aragona con la parola ANXIAN nella leggenda? ("Anxanum" è l'antico nome della città di Lanciano).

Certo è che se così fosse hai fatto uno scoop numismatico!

Ti chiederei a nome del forum di postare l'immagine di questo carlino affinchè tutti godano della scoperta. Sempre che non si tratti di qualche SOLITO canonico del '600 che asseriva di "..... aver visto un carlino con la scritta ANXIAN...... eccetera".

Grazie di nuovo e scusa tanto per le continue domande, ho tanto da imparare e mi piacerebbe sapere certe cose da te visto che sei l'esperto. :hi: :hi: :hi:

La notizia del tarì è presente a chiare lettere in un manoscritto del '700 che non documenta la moneta con disegno o altro mezzo di riproduzione. In ogni caso per me non è uno scoop, è solo un dettaglio rispetto alla ricerca che ha fini più ampi.


Inviato

Grazie mille per la tua gentile risposta, mi piace molto interagire con te perchè ho notato che hai sempre una risposta ad ogni quesito, non te ne sfugge una, peccato però che per ognuna di esse sono sempre in disappunto, ma la mia opinione non conta perchè io sono solo l'ultimo arrivato ed è normale per un neofita come me.

Mi devi perdonare ma da quando mi sono affacciato a questa nuova monetazione di Lanciano ho scoperto un modo nuovo, da allora la mia sete di sapere è irrefrenabile. Hai la facoltà di non rispondermi, ma se proprio devi farlo per rendermi felice non ho la pretesa di aver risposte immediate, mi spiacerebbe molto rubarti tempo prezioso, so che stai lavorando tantissimo alla preparazione della tua conferenza numismatica di sabato e che ci sarà il pienone di numismatici. Hai creato seri problemi al comitato organizzativo di Veronafil, da quel che so, gran parte dei commercianti si sono lamentati del fatto che a causa della presentazione del tuo libro in tanti non andranno a Verona.

Ad ogni modo consentimi di formularti la mia prossima domanda: in uno dei tuoi raggianti post, ed in particolare al n. 13 (cfr post riportato di seguito) .........

L'opera del Giovio ripresa dal Barbieri è stata considerata nel libro e infatti l'impresa è stata interpretata genericamente, a differenza della legenda che appare su di essa, alla luce della lettura inversa (conta l'ordine delle righe che vedono precedere E-R a V A L, come nel carlino che tutti leggiamo "fidei/defensor" e non difensor/fidei, normale paleografia medievale), alla luce della nuova zecca che è Lanciano e alla luce del precedente storico molto simile che vede un inedito tarì battuto da Alfonso il Magnanimo, recante una parziale legenda con scritto "ANXIAN ARAG". Questo per quanto riguarda la mia proposta di lettura.

Per quanto riguarda invece la sede di zecca di questa moneta, tutti i numismatici sanno che la Regia Corte impone ordini ben precisi al Tramontano, cioè quelli di apporre le proprie iniziali sulle monete d'oro e d'argento battute a Napoli e a l'Aquila. Se la matematica non è un'opinione, da queste zecche sarebbero dovute uscire soltanto monete con la sigla del mastro di zecca e quelle che ne sono prive sono state naturalmente battute a Lanciano.

Lanciano è la zecca personale degli Aragonesi e per questo le sue monete pubblicizzano la Casa d'Aragona (si veda questo mezzo carlino, il coronato dal volto umano, il sesquiducato trionfale, il pezzo da sei cavalli, etc.).

Il Tramontano deve segnare con le proprie iniziali le monete napoletane e aquilane (vi rimando alla cancelleria aragonese).

A presto

sp

.............

ho notato che hai accennato di paleografia medievale e che hai interpretato “a rigor di logica” (nonostante io ti abbia mostrato l'incisione originale dell'impresa cavalleresca) la parola VALER come ERVAL basando tutta la tua teoria sulla disposizione in sequenza della legenda FIDEI/DEFENSOR (secondo te quella esatta è DEFENSOR FIDEI) e tirando in ballo il rovescio dei carlini napoletani di Filippo II (spero di non aver sbagliato anche stavolta la zecca …... Filippo II ha coniato a Napoli? Se sbaglio mi correggerai).

Secondo il mio modestissimo parere, a parte questo errore grosso di interpretazione che hai fatto sulla cifra figurata riportata nel testo di Barbieri, hai commesso anche un altro errore riguardo proprio il titolo FIDEI DEFENSOR. Hai scritto “normale paleografia medievale”. Da quel poco che ne so io è più diffusa nella storia la forma del titolo "Fidei Defensor" e non "Defensor Fidei" come da te ritenuto, infatti, …........ la forma che leggi sui carlini in questione esiste sin dall'epoca barbarica...pensa un po'. Ti mostro qualche immagine.

Ovviamente la mia è solo una richiesta di chiarimento, mi perdonerai quindi se qualche volta mi permetto di non essere d'accordo con te. So che hai sempre ragione e mai torto ed è per me un onore stare ad interagire con un genio del tuo calibro. Onorato come sempre di averti come mentore. Tuo umilissimo servitore. Francesco

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Inviato

La notizia del tarì è presente a chiare lettere in un manoscritto del '700 che non documenta la moneta con disegno o altro mezzo di riproduzione. In ogni caso per me non è uno scoop, è solo un dettaglio rispetto alla ricerca che ha fini più ampi.

Beh, mi sembra giusto in numismatica basare studi e scrivere libri su monete "citate" in testi del '700 e mai viste. Grazie per la risposta. Impeccabile come sempre. :good:


Inviato

Grazie mille per la tua gentile risposta, mi piace molto interagire con te perchè ho notato che hai sempre una risposta ad ogni quesito, non te ne sfugge una, peccato però che per ognuna di esse sono sempre in disappunto, ma la mia opinione non conta perchè io sono solo l'ultimo arrivato ed è normale per un neofita come me.

Mi devi perdonare ma da quando mi sono affacciato a questa nuova monetazione di Lanciano ho scoperto un modo nuovo, da allora la mia sete di sapere è irrefrenabile. Hai la facoltà di non rispondermi, ma se proprio devi farlo per rendermi felice non ho la pretesa di aver risposte immediate, mi spiacerebbe molto rubarti tempo prezioso, so che stai lavorando tantissimo alla preparazione della tua conferenza numismatica di sabato e che ci sarà il pienone di numismatici. Hai creato seri problemi al comitato organizzativo di Veronafil, da quel che so, gran parte dei commercianti si sono lamentati del fatto che a causa della presentazione del tuo libro in tanti non andranno a Verona.

Ad ogni modo consentimi di formularti la mia prossima domanda: in uno dei tuoi raggianti post, ed in particolare al n. 13 (cfr post riportato di seguito) .........

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ho notato che hai accennato di paleografia medievale e che hai interpretato “a rigor di logica” (nonostante io ti abbia mostrato l'incisione originale dell'impresa cavalleresca) la parola VALER come ERVAL basando tutta la tua teoria sulla disposizione in sequenza della legenda FIDEI/DEFENSOR (secondo te quella esatta è DEFENSOR FIDEI) e tirando in ballo il rovescio dei carlini napoletani di Filippo II (spero di non aver sbagliato anche stavolta la zecca …... Filippo II ha coniato a Napoli? Se sbaglio mi correggerai).

Secondo il mio modestissimo parere, a parte questo errore grosso di interpretazione che hai fatto sulla cifra figurata riportata nel testo di Barbieri, hai commesso anche un altro errore riguardo proprio il titolo FIDEI DEFENSOR. Hai scritto “normale paleografia medievale”. Da quel poco che ne so io è più diffusa nella storia la forma del titolo "Fidei Defensor" e non "Defensor Fidei" come da te ritenuto, infatti, …........ la forma che leggi sui carlini in questione esiste sin dall'epoca barbarica...pensa un po'. Ti mostro qualche immagine.

Ovviamente la mia è solo una richiesta di chiarimento, mi perdonerai quindi se qualche volta mi permetto di non essere d'accordo con te. So che hai sempre ragione e mai torto ed è per me un onore stare ad interagire con un genio del tuo calibro. Onorato come sempre di averti come mentore. Tuo umilissimo servitore. Francesco

Ho esattamente scritto che tutti leggiamo "fidei defensor" e non "defensor fidei" e proprio per questo devi leggere ER/VAL e non VAL/ER.

Le fonti si trovano ovunque per chi ricerca. Chi non ricerca può solo criticare senza mezzi idonei.

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Inviato

Ho esattamente scritto che tutti leggiamo "fidei defensor" e non "defensor fidei" e proprio per questo devi leggere ER/VAL e non VAL/ER.

Le fonti si trovano ovunque per chi ricerca. Chi non ricerca può solo criticare senza mezzi idonei.

Queste sono le risposte che mi piacciono, le novità che fanno grande la numismatica!

Tagliare una parola in due e partire leggendo dalla metà della sue ultima sillaba per poi trasformarla in un acronimo dal significato lancianese indiscutibile! SEI UN GRANDE!

A questo punto non ho più nulla da aggiungere oltre ai tanti complimenti che desidero farti pubblicamente. Penso che se contatti un esperto di araldica e storia di ordini cavallereschi potranno confermare in toto la tua grande scoperta e magari fare anche loro una conferenza.

Scusami tanto: ti faccio un'ultima domanda promettendoti di non importunarti più con i miei quesiti: secondo te tra Napoli, L'Aquila e Lanciano venivano utilizzati gli stessi conii oppure ogni zecca aveva i suoi conii e punzoni? Perchè tu sai quale era la tecnica di costruzione di un conio in quell'epoca e che differenza c'era con la tecnica di costruzione di un conio in epoca moderna, giusto?

Chiedo umilmente venia se per un po' di tempo citerò ancora la zecca di Napoli, lo so che non andrebbe più citata perchè tanto "hai scoperto" che a Napoli si coniava solo qualcosina per motivi politici e che tutto ruotava intorno a Lanciano, ma sai, è la forza dell'abitudine.

Mi si spezza il cuore sapere che da domani in poi bisogna cassare da Wikipedia e da tutti i siti internet di numismatica una zecca così suggestiva, peccato, sigh sigh ........ :( :cray:

In compenso da domani in poi molti coronati e monete (credute erroneamente napoletane) diverranno Lanciano e si potranno vendere a cifre molto più alte nelle aste, listini a prezzi fissi e negli immancabili siti di aste on line.

Grazie a nome di tutto il mondo numismatico per aver dato una spinta così importante alle vostre monete e di aver fatto emergere documenti così importanti che parlano in maniera inequivocabile del fatto che le "monete senza sigle vennero coniate a Lanciano".

GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE!

Scusa ma sono emozionato e ripeto sempre le stesse cose. Un caro abbraccio dalla periferica "Olim Campania Felix"!

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Inviato

Grazie a te.


Inviato (modificato)

Porgo un sentito ringraziamento al sindaco di Lanciano, al vice-sindaco, all'assessore alla cultura, al presidente dell'Associazione Mastrogiurato, alle istituzioni tutte, ai Lancianesi, agli avvocati, ai magistrati, agli appassionati, ai professori che hanno collaborato, agli archivisti, agli amici, ai numismatici tutti e in particolare ai detrattori.

Alla prossima pubblicazione.

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Modificato da mero mixtoque imperio

  • 2 settimane dopo...

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