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Inviato

Appena mi allontano qualche giorno dal forum ecco che tirate fuori delle chicche...........grrrrrr. Adolfos prima o poi lo voglio vedere da vicino!


Inviato (modificato)

@@istrice99

La mia è una proposta d'ipotesi del tutto personale e da verificare.

1316 è la data di inizio produzione da parte della zecca di Montefiascone. Restringendo il limite alla fine del XIII secolo si verrebbe a creare un vuoto monetale poco credibile anche se limitato. Sono in attesa di esaminare documentazioni di pagamenti in paparini vecchi presumibilmente di inizio XIV secolo. Insomma tutto da approfondire :) . Se pensi che sono fuori strada non esitare perché mi interessa il tuo parere.

Cari saluti

Modificato da adolfos

Inviato

@@Corbiniano

Grande! Una differenza sostanziale tra le chiavi mi sembra lo stile gotico degli anelli che per altro viene ripreso da Urbano V 1378-89 sempre a Viterbo.

Grazie per il tuo prezioso contributo.

A presto

Da catalogo online Lamoneta.it

post-13684-0-80834700-1377758588_thumb.j


Inviato

@@Liutprand

Certo che te la faccio vedere ma a distanza di sicurezza :D. Battutaccia!!!

Bentornato caro amico


Inviato

 

@@istrice99

La mia è una proposta d'ipotesi del tutto personale e da verificare.

1316 è la data di inizio produzione da parte della zecca di Montefiascone. Restringendo il limite alla fine del XIII secolo si verrebbe a creare un vuoto monetale poco credibile anche se limitato. Sono in attesa di esaminare documentazioni di pagamenti in paparini vecchi presumibilmente di inizio XIV secolo. Insomma tutto da approfondire :) . Se pensi che sono fuori strada non esitare perché mi interessa il tuo parere.

Cari saluti

 

Il 1316 è un anno molto particolare per la monetazione piccola, anzi direi fondamentale: mi riferisco in particolare alla Toscana. Infatti è il momento in cui Firenze insieme a Siena (seguita poi da Massa di Maremma un anno dopo), Pisa (e Monica ci può illuminare), Lucca, Arezzo e Volterra (e includo anche Perugia) riprendono le emissioni di moneta piccola e predispongono gli accordi per l'emissione dei "famosi" grossi da 6 denari (coniazione che poi si rileverà un totale fallimento: includo i grossi da 6 nella moneta piccola perchè sono monete per il minuto commercio a basso tenore intrinseco. Diciamo sono il primo approccio verso a una moneta di taglio "intermedio" tra il denaro piccolo e il grosso; intento che poi troverà concretezza nel quattrino dal 1332).

Tutto ciò accade, fondamentalmente, perchè il mercato dei cambi (oro/argento) subisce un forte "scossone" dovuto all'impennata del valore dell'oro rispetto all'argento: pertanto è il momento ideale per allineare le coniazioni.

Tutte le citate zecche emettono pertanto denari piccoli ad un titolo di 1 oncia d'argento la libbra, contro 1 oncia e 12 degli anni '80 del XIII secolo e 1 oncia e 18-22 degli anni 1257-1262 (sono gli altri anni in cui si registrano forti variazioni nei mercati dei cambi).

Mi collego pertanto alla tua bella moneta paparina. Se attribuisci un range temporale di emissione così ampio i casi sono due:

1) la moneta non ha subito svalutazioni come invece avviene nelle altre città toscane seguendo pertanto un mercato valutario prettamente locale. Rimane pertanto invariata per oltre sessant'anni la coniazione di questa moneta alla stessa lega

2) ci sono altre coniazioni intermedie (che non conosco ma che probabilmente si differenziano nell'impronta dei conii per qualche dettaglio - e qui mi devi aiutare tu!!!) che sono di titolo differente tra loro. Ciò implicherebbe pertanto che la tua moneta (di cui non conosciamo l'intrinseco effettivo) sia da attribuire ad un periodo di questi, ovvero limitato ad un range più ristretto.

Nelle pratiche di mercature (vedi libro Travaini) i Paparini piccoli "a chiave" sono riportati a:

- 2 once (definiti "vecchi" ovvero la prima emissione)

- 1 oncia e 22 (presumo tra il 1270-1280 a grandi linee)

- 1 oncia e 10/12 (quelli "nuovi" presumo tra il 1280 e il 1300)

Non vengono citati quelli da 1 oncia.

Pertanto, è un mio parere prettamente personale, farei 1268 - 1270/80. Faccio l'avvocato del diavolo ma spero che questa discussione, che mi intriga tantissimo, porti a qualcosa di costruttivo....

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Inviato

 

  

Il 1316 è un anno molto particolare per la monetazione piccola, anzi direi fondamentale: mi riferisco in particolare alla Toscana. Infatti è il momento in cui Firenze insieme a Siena (seguita poi da Massa di Maremma un anno dopo), Pisa (e Monica ci può illuminare), Lucca, Arezzo e Volterra (e includo anche Perugia) riprendono le emissioni di moneta piccola e predispongono gli accordi per l'emissione dei "famosi" grossi da 6 denari (coniazione che poi si rileverà un totale fallimento: includo i grossi da 6 nella moneta piccola perchè sono monete per il minuto commercio a basso tenore intrinseco. Diciamo sono il primo approccio verso a una moneta di taglio "intermedio" tra il denaro piccolo e il grosso; intento che poi troverà concretezza nel quattrino dal 1332).

Tutto ciò accade, fondamentalmente, perchè il mercato dei cambi (oro/argento) subisce un forte "scossone" dovuto all'impennata del valore dell'oro rispetto all'argento: pertanto è il momento ideale per allineare le coniazioni.

Tutte le citate zecche emettono pertanto denari piccoli ad un titolo di 1 oncia d'argento la libbra, contro 1 oncia e 12 degli anni '80 del XIII secolo e 1 oncia e 18-22 degli anni 1257-1262 (sono gli altri anni in cui si registrano forti variazioni nei mercati dei cambi).

Mi collego pertanto alla tua bella moneta paparina. Se attribuisci un range temporale di emissione così ampio i casi sono due:

1) la moneta non ha subito svalutazioni come invece avviene nelle altre città toscane seguendo pertanto un mercato valutario prettamente locale. Rimane pertanto invariata per oltre sessant'anni la coniazione di questa moneta alla stessa lega

2) ci sono altre coniazioni intermedie (che non conosco ma che probabilmente si differenziano nell'impronta dei conii per qualche dettaglio - e qui mi devi aiutare tu!!!) che sono di titolo differente tra loro. Ciò implicherebbe pertanto che la tua moneta (di cui non conosciamo l'intrinseco effettivo) sia da attribuire ad un periodo di questi, ovvero limitato ad un range più ristretto.

Nelle pratiche di mercature (vedi libro Travaini) i Paparini piccoli "a chiave" sono riportati a:

- 2 once (definiti "vecchi" ovvero la prima emissione)

- 1 oncia e 22 (presumo tra il 1270-1280 a grandi linee)

- 1 oncia e 10/12 (quelli "nuovi" presumo tra il 1280 e il 1300)

Non vengono citati quelli da 1 oncia.

Pertanto, è un mio parere prettamente personale, farei 1268 - 1270/80. Faccio l'avvocato del diavolo ma spero che questa discussione, che mi intriga tantissimo, porti a qualcosa di costruttivo....

 

scusate per l'infinita ripetizione dei "pertanto" ma ho inviato il messaggio senza correggerlo...


Inviato (modificato)

Caspita Alessio

non pensavo ti appassionasse tanto l'argomento ;). Molto, molto bene. Mi piace confrontarmi con te. Tengo a precisare che il mio riferimento al 1316 è diretto, come già accennato, all'inizio produzione monetaria di Montefiascone, Le tue considerazioni sono ragionevolissime sicuramente. I concetti ai tuoi punti 1 e 2 sono quelli che intendevo io al post 18 espressi sinteticamente ed in base solamente ad analisi estrinseca delle monete anche se francamente reputo tale situazione poco credibile. Tuttavia al momento non siamo a conoscenza di esemplari diversificati da simboli o altro. Per questo servirebbero esami composizionali del metallo.

Leggendo le pratiche a cui fai accenno ipoteticamente il valore un oncia e 12 potrebbe essere riferito alle nuove emissioni di Montefiascone ma in questo caso dovremmo revisionare la cronologia di Lippo (c.1314) e credo non sia proprio il caso :D. Tra i due once e un oncia e 22 se ci pensi bene potrebbero esserci giustificazioni per tale differenza. E' chiaro che se fosse vera la tua proposta di datazione molto meno ampia della mia il mancato svilimento sarebbe più credibile. Rimane il dubbio a quale circolante facesse riferimento Viterbo nello iato che intercorre fra il 1280 e il 1316.

In attesa di nuovi (ma sarà vero?) documenti da esaminare se non sbaglio l'ultima fonte scritta conosciuta dove c'è un riferimento di un pagamento in paparini è del 1298 (anche se riconosco che in pratica noi non sappiamo con quale valuta sia stat effettivamente estinto il debito).

Ultima osservazione anche se un poco "ballerina": dieci anni circa di produzione ne farebbero una moneta rara mentre invece i ritrovamenti, occasionali e non, sono frequentissimi. Certo non fa testo, comunque......

Insomma il tutto è da approfondire e qualche scambio di idee può fare solo che bene.

A presto

Speriamo che intervenga qualche altro amico

Modificato da adolfos

Inviato

(...)

Una differenza sostanziale tra le chiavi mi sembra lo stile gotico degli anelli che per altro viene ripreso da Urbano V 1378-89 sempre a Viterbo.

(...)

Lo stile delle impugnature e degli ingegni dipende dall'estro dei singoli artisti.

Nelle due immagini che ho postato prima, è casuale che le impugnature abbiano in comune la forma romboidale.

Altri le hanno fatte rotonde, come qui:

post-21504-0-87874500-1377798099_thumb.j

(da: D. L. Galbreath, Papal Heraldry, Cambridge, W. Heffer 1930, 2ª edizione [con la revisione di G. Briggs], Londra, Heraldry today 1972, tav. II, dal manoscritto del Grünwald, circa 1470)

;)

  • Mi piace 1

Inviato

@@adolfos

@@istrice99

-----

Non ho titolo per aiutarvi sulla possibile datazione della monetina, ma posso senz'altro dire che l'uso delle due chiavi rovesciate, legate e addossate come simbolo petrino rimonta a ben prima del 1316.

A. Paravicini Bagliani, nel suo Le Chiavi e la Tiara. Immagini e simboli del papato medievale (Roma, Viella 2005 [nuova edizione riveduta e aggiornata]), a p. 20 (inizio del capitolo "Le Chiavi di Pietro") precisa che la prima raffigurazione di esse risulta effettuata nel mosaico absidale della vecchia basilica di San Pietro, voluto da papa Innocenzo III (1198-1216), dove apparivano entro un vessillo tenuto nella mano destra dalla personificazione della Ecclesia Romana.


Inviato

@ adolfos

Si, effettivamente l'argomento mi appassiona e mi interessa molto. Anche perchè la monetazione della Tuscia può illuminare alcuni aspetti relativi alla monetazione toscana e penso valga il contrario. Ne è un esempio quello straordinario documento orvietano del 1318 inedito che studiai con Sozzi e Villoresi.

Continuo ora facendo l'avvocato del diavolo ;-)

Nell'interessante ripostiglio di Orte (cfr. The Orte hoard, A. Stahl..) tra i grossi da 12 denari toscani compaiono anche, in numero notevolmente ridotto rispetto agli altri, i grossi paparini che pesano 1,6-1,7 gr. Nelle pratiche di mercatura vengono riportati a 11 once. Questo mi ha portato più volte a pensare (forse è una considerazione scontata) che quelle monete circolassero insieme e per lo stesso valore di emissione (la datazione inferiore dei grossi toscani, secondo i miei studi, dovrebbe risalire al 1257-60).

Detto questo mi chiedo (e ritorno al paparino piccolo): perchè il grosso segue (presumibilmente) il titolo e peso (e pertanto il valore nominale) delle monete toscane mentre il piccolo invece, di fronte a uno svilimento generalizzato nella seconda metà del Duecento delle zecche tosco-umbre-laziali, prosegue la sua corsa con la medesima lega fino alla fine del secolo?

Effettivamente la comparsa di svariati esemplari negli ultimi tempi ci fa pensare ad una produzione di successo e copiosa.

Ti rilancio la palla...


Inviato (modificato)

Qual' è la datazione approssimativa del ripostiglio di Orte? Per curiosità e per capire (non sono mai riuscito a reperire il testo).

Si è probabile che quei tipi di grossi circolassero insieme anche se in effetti noi non lo sappiamo. 11 once circa corrispondono ai grossi toscani? Credo che un allineamento ai 12 denari (il valore è sempre teorico ma non ti dico niente di nuovo) delle altre aree monetarie toscane (lo fa anche Roma nel 1253) sia stato necessario anche se i valori sono sempre calcolati in lire di conto diverse. Vabbè.....

Io non credo affatto che il paparino non abbia mai subito svilimenti e per questo ho lanciato il sasso. Allo stesso tempo non è credibile che variazioni di intrinseco non venissero comunicate simbolicamente alle utenze contemporanee. Ed è vero che nelle mercature i valori sono stabili tranne quell'oncia e 10 (anche se quel "nuovo" mi intriga molto......). A meno che la tua proposta di datazione sia giusta :hi: anche se a mio avviso gli interrogativi rimangono (fonti scritte, grande frequenza di ritrovamenti etc.). Mi rendo conto che non ho detto niente nuovo rispetto ai miei precedenti messaggi :). Questo è quanto.

Credo che la soluzione sia solamente l'analisi. Ho qualche esemplare in MB; potrei anche omaggiarli per eventuali prove e per la gloria :)

Modificato da adolfos

Inviato

@ adolfos

L'occultamento del ripostiglio viene datato tra il 1257 e il 1270 (quest'ultima data viene supposta da Stahl sulla base della presenza del grosso paparino, che attribuisce al periodo del Conclave).

Secondo il mio modesto parere, sulla base delle tipologie dei grossi toscani in esso presente, il ripostiglio potrebbe essere stato occultato nei primissimi anni del 1260. Tra l'altro l'analisi chimica (non distruttiva) sulle monete fa emergere il fatto che l'intrinseco del grosso paparino (87%) e il peso (1,54 gr) corrisponde a quello dei grossi toscani più recenti: Siena (grossi post 1250, gr 1,63 e 1,69 con titolo 81-89%), Firenze (fiorino di stella, ante 1260 gr 1,66 titolo 84%; fiorino nuovo, 1260-67 gr 1,75 titolo 84%). I grossi con l'intrinseco più elevato (90%) sono quelli di Arezzo col cuneo nel primo quarto della croce perchè più vecchi (ante 1250).

Detto questo faccio una proposta (scandalosa): e se i grossi e denari piccoli paparini fossero stati coniati prima del Conclave nel periodo 1257-1260????


Supporter
Inviato

Salve a tutt*,

ed in particolar modo ad Alessio, che finalmente è tornato ad intervenire sul forum con stuzzicanti considerazioni.

Per chi non conosce e non possiede l'articolo di Alan Stahl, The Orte Hoard of Tuscan Grossi, riporto in breve qualche dato interessante e direttamente le considerazioni di Stahl sul grosso viterbese, in modo particolare sulla sua datazione, perché in realtà mi pare che già lui la anticipasse rispetto al 1268-1270.

Anzitutto, vi trascrivo quella che doveva essere la composizione del ripostiglio, che mi pare interessante (poi fate anche voi le vostre osservazioni su questo punto): il ripostiglio in origine doveva essere composto da 584 pezzi di cui 215 grossi di Firenze (37%) del totale, 187 di Siena (32% del totale), 138 di Pisa (24% del totale) 23 di Lucca (4% sul totale) 16 di Arezzo (3% sul totale) e 5 di Viterbo (1%).

La American Numismatic Society ne acquistò 39 (38 + il grosso di Viterbo) nel 1958 da Baranowsky. L'autore dice che tutte le monete hanno lo stesso tipo di patina, mentre non fa alcuna considerazione sull'usura, probabilmente perché non aveva a disposizione tutto il ripostiglio e perché forse non c'erano differenze evidenti nel lotto da lui esaminato.

Di queste 39 monete 13 sono state testate tramite attivazione neutronica (metodica non distruttiva ma che riesce a dare risultati anche in profondità a differenza dell'XRF): 2 grossi di Pisa, tipo con Vergine ed F, 3 grossi di Lucca, con il Volto Santo ed H, 2 fiorini ovviamente con San Giovanni e giglio, 3 grossi di Siena, 2 grossi di Arezzo, e 1 grosso di Viterbo.

Molti dei valori del fino interessanti le ha già riportati il nostro istrice e quini vado oltre (anche se la cosa interessante per me è che ci sono a volte risultati diversi a seconda di determinate tipologie estrinseche, a conferma di quello che diceva Adolfo in uno dei suoi ultimi interventi).

Per quanto riguarda la cronologia del grosso di Viterbo questi sono i due passaggi rilevanti dello Stahl-pensiero:

p. 1088 - The grosso type (...) is conventionally dated to the period of the long papal conclave in Viterbo of 1268 to 1270, on the assumption that the lack of papal name implies a period of Sede Vacante. However, at that time there had been no coins minted in the name of a pope since the 10th century, so the lack of papal name on this issue may have no special significance, and the piece may be dated to any time in the period 1257 to 1271.

p. 1088, poco oltre - It is likely that these (tuscan, i.e. Firenze e Pisa) mints stopped issuing their grossi of 12 pennies when they introduced the higher denomination silver coins, though grossi on the common standard appear in documents through the end of the 1260s and probably remained in circulation until then.

The Viterbo coin is not documented as having been equal to the Tuscan grossi, but appears to have been made to resemble them and circulate with them. It was probably minted in the late 1250s or 1260s.

The Orte hoard, then, was probably buried some time between 1257 and 1270.

Spero possiate leggere e capire l'inglese altrimenti ve lo traduce Adolfo ;).

Torno a leggere volentieri le vostre osservazioni e la prosecuzione della stimolante discussione :).

Un caro saluto MB

  • Mi piace 1

Inviato (modificato)

Ringrazio monbalda come sempre generosa e collaborativa per il tempo che ci dedica :).

Che il paparino non avesse niente a che vedere con il Conclave è dimostrato da un documento del Novembre 1268 in cui si fa riferimento al paparino quando Clemente IV era ancora in vita.

Niente di scandaloso nella tua proposta quindi, caro Alessio. E' anche evidente che un riferimento a una determinata moneta in una fonte scritta fa presumere che tale moneta era conosciuta ed affermata già in precedenza almeno di qualche anno per motivazioni ovvie.

Considerato che vi si può nascondere nulla :D, non ci crederete, presto verrà pubblicato un breve articolo a nome mio e di Paleologo dove presentiamo una variante inedita di denaro viterbese e nel quale ipotizziamo che la datazione di inizio conio del periodo autonomo di Viterbo, generalizzato 1257-1268 e senza prove sostanziali, potrebbe essere anticipata. Questo senza leggere Stahl: talvolta rimango stupito di me stesso :lol:. Pensandoci bene anticipando la datazione dei due tipi si verrebbero a colmare periodi di vuoto monetario che in effetti non riuscivo a spiegarmi, compreso il periodo successivo al conio di Pietro III di Vico.

Vabbè, ora che abbiamo revisionato la letteratura di due secoli che facciamo :lol: ?

Siamo partiti con l'intento di stabilire un fine conio e abbiamo finito invece per anticipare un inizio conio. Ne dobbiamo riparlare comunque perché il tutto è interessante.

Cari saluti

Modificato da adolfos

Inviato

Ringrazio monbalda come sempre generosa e collaborativa per il tempo che ci dedica :).

Che il paparino non avesse niente a che vedere con il Conclave è dimostrato da un documento del Novembre 1268 in cui si fa riferimento al paparino quando Clemente IV era ancora in vita.

Niente di scandaloso nella tua proposta quindi, caro Alessio. E' anche evidente che un riferimento a una determinata moneta in una fonte scritta fa presumere che tale moneta era conosciuta ed affermata già in precedenza almeno di qualche anno per motivazioni ovvie.

Considerato che vi si può nascondere nulla :D, non ci crederete, presto verrà pubblicato un breve articolo a nome mio e di Paleologo dove presentiamo una variante inedita di denaro viterbese e nel quale ipotizziamo che la datazione di inizio conio del periodo autonomo di Viterbo, generalizzato 1257-1268 e senza prove sostanziali, potrebbe essere anticipata. Questo senza leggere Stahl: talvolta rimango stupito di me stesso :lol:. Pensandoci bene anticipando la datazione dei due tipi si verrebbero a colmare periodi di vuoto monetario che in effetti non riuscivo a spiegarmi, compreso il periodo successivo al conio di Pietro III di Vico.

Vabbè, ora che abbiamo revisionato la letteratura di due secoli che facciamo :lol: ?

Siamo partiti con l'intento di stabilire un fine conio e abbiamo finito invece per anticipare un inizio conio. Ne dobbiamo riparlare comunque perché il tutto è interessante.

Cari saluti

ma che ci fai alle 2.47 sveglio al pc??? vampate di calore da...andropausa??? ahahhahahaha :yahoo:


Inviato

Grazie ad Adolfo, Istrice e a tutti gli altri intervenuti per la lezione sulla circolazione monetaria nell'Italia centrale nella fine del XIII sec. che ho seguito dall'inizio alla fine non intervenendo per pudore.

Pensare che io credevo che la coniazione di questo paparino fosse iniziata con Clemente IV e terminata, alla fine del triennio della Sede Vacante con l'elezione del suo successore, evidentemente il mio segno zodiacale capricorno ascendente capricorno che mi fa amare gli angoli retti e gli elenchi che iniziano per A e terminano con Z mal si addice con la monetazione medievale.

Un cordiale saluto


Inviato

@@Liutprand

Noto con piacere che conosci molto bene i sintomi anche tu ....... :D

@@Ramossen

Caro Roberto già il fatto che hai menzionato Clemente IV depone a tuo favore :)

Vorrei evidenziare che al momento le nostre (anche se sono sicuro gli Addetti ai lavori si stanno dando da fare) considerazioni sono esclusivamente ipotesi che necessitano approfondimenti e soprattutto ulteriori prove sostanziali a rinforzarne le fondamenta. Certo è che la numismatica medievale riserva ancora molte sorprese e forse è per questo che è una materia affascinante.

Cari saluti


Inviato

@@adolfos "già il fatto che hai menzionato Clemente IV depone a tuo favore"

Mi hai fatto studiare tu! Ricordi quanto ti ho scocciato per Nepi ? ;)


Inviato (modificato)

@ Monbalda

Grazie per la panoramica (esaustiva) sul gruzzolo di Orte: avrei dovuto farla io visto che mi era stata richiesta da Adolfo ma ieri ero cotto! In questi ultimi giorni di ferie sto facendo il mammo...:-)

@ Adolfos

Lo sapevo che tiravi fuori dal cappello qualche chicca inedita! Me lo sentivo...

Visto che si parla della zecca di Viterbo vi faccio una domanda relativa ad un dubbio che mi è sorto leggendo una errata (???) classificazione del grosso rinforziato di Carlo d'Angiò (quello di gr 4 ca), col leone nel dritto e la rappresentazione umana della città di Roma seduta in trono. L'asta NAC n. 65 (lotto 3448) lo attribuisce alla zecca di Viterbo...

(http://www.mcsearch.info/record.html?id=764542)

e mi sono chiesto se si fossero sbagliati (in luogo della zecca di Roma) o se la considerazione fosse suffragata da qualche studio che non conoscevo.

Poi mi è girato in testa questo quesito: e se il Leone rampante col giglio (angioino???) sul dorso in realtà rappresentasse il Leone di Viterbo e quel giglio in realtà rappresentasse la palma che lo contraddistingue????

Non vorrei risultare superficiale in queste considerazioni...ma effettivamente la figura del Leone è molto simile a quello viterbese...

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Modificato da istrice99

Inviato

Interessante quella chiave nel vessillo :rolleyes: @@Corbiniano.

Alessio ma che mi leggi nel pensiero? A parte il fatto che sto imbastendo un lavoretto riguardo i romanini e Santa Monica ne sa qualcosa :) anche io avevo individuato il grosso che hai postato. A mio avviso è una errata indicazione della zecca emittente che chiaramente è invece Roma. Il leone rappresentava il simbolo civico di Roma. La palma dietro il leone di Viterbo si riferisce a Ferento sconfitta dai viterbesi nel 1172. Il giglio impresso nel grosso rinforzato coniato da Carlo nell'immagine è sicuramente angioino come da te anticipato. Bella comunque la similitudine che ci hai proposto.

A presto


Inviato
Il leone rappresentava il simbolo civico di Roma.

Le cronache narrano che ce ne fosse persino uno tenuto in gabbia di fronte al Campidoglio, nei pressi del luogo dove avvenivano le esecuzioni capitali.

Gran bella discussione. Ma adesso con le ultime anticipazioni mi tocca mettermi sotto davvero per il nuovo articolo... @@adolfos mi ha fatto outing. Forse un altro segno di andropausa è che si diventa chiacchieroni? Per un sardo sarebbe il massimo :lol:


Inviato

@ Adolfos

No tranquillo, non ho poteri soprannaturali...o almeno credo!!!

Rimango invece in attesa di questo tuo interessante studio sui Romanini. Ma quando uscirà e dove verrà pubblicato???


Inviato

Interessante quella chiave nel vessillo :rolleyes: @@Corbiniano.

Interessante sì.

É la stessa chiave di cui stiamo parlando dall'inizio di questo topic.

Ossia, la chiave che simboleggia il potere materiale di Santa Romana Chiesa.

Ma, siccome su Viterbo non comandò la Fabbrica di San Pietro, o la Ecclesia Sancti Petri, o comelavuoichiamare, bensì la Chiesa in toto, nel vessillo non misero le due chiavi rosse, addossate e pendenti da un nastro blu.

Bensì quattro chiavi agli angoli di una croce, il tutto argento su rosso.

La chiave è sempre la stessa.

Ma il simbolo e ben diverso.

(Se non sbaglio, il vessillo viterbese è lo stesso che a metà '300 il pontefice diede all'Albornoz nel mandarlo a mettere un po' d'ordine fra i riottosi componenti dello Stato della Chiesa)

(...)

A mio avviso è una errata indicazione della zecca emittente che chiaramente è invece Roma. Il leone rappresentava il simbolo civico di Roma.

Esatto.

La palma dietro il leone di Viterbo si riferisce a Ferento sconfitta dai viterbesi nel 1172. Il giglio impresso nel grosso rinforzato coniato da Carlo nell'immagine è sicuramente angioino come da te anticipato. Bella comunque la similitudine che ci hai proposto.

A presto

Sì, il giglio è quello angioino.

E la similitudine è certamente azzeccata.

Però penso che nella moneta postata da Istrice99 nel post44 il giglio non voglia simboleggiare la palma.

Bensì che volesse sostituirla con una figura che le somigliasse, e che quindi rendesse la moneta ben accetta ai viterbesi.

Perché così sembrava che contenesse il loro emblema.

Mentre in realtà conteneva un ben diverso "messaggio" (---> "il tuo leone è sottomesso al mio giglio").

:blink: ;)

Non dimentichiamo che il leone col ceffo visto di fronte (araldicamente leopardo) è il simbolo tipico di Viterbo ("Leo sum qui signo Viterbum").

E non di Roma.

;)


Inviato

Interessante... ma se davvero fosse Viterbo, a questo punto dovremmo parlare di una coniazione praticamente clandestina, visto che non ha lasciato alcuna traccia documentale. Per curiosità, nelle coniazioni di grossi con stemmi senatoriali (questi dubito che si possano ragionevolmente attribuire ad altra zecca che Roma) esistono esempi con il leone leopardito? (si dice così araldicamente, o ricordo male?)


Supporter
Inviato (modificato)

Avrei una domanda per @@Corbiniano, se mi è lecito: quali sono le attestazione più antiche certe del leone come emblema di Viterbo? In rete si trova menzione di un sigillo del 1225 e quindi dell'insegna dipinta su un diploma del 1316 (l'immagine postata da @@istrice99?), ma non si trovano fotografie , nè notizie affidabili (vedi citazioni corrette ed esaustive delle fonti) in merito. Tu sapresti illuminarci in merito?

Invece sempre per istrice99: il fatto che stai facendo il "mammo" va tutto a tuo onore (e spero che tu prosegua nel compito ben oltre il periodo di vacanze ;)). Il fatto è che hai menzionato il ripostiglio di Orte proprio in questi giorni che avevo tra le mani il contributo per una delle cose che sto scrivendo e visto che Adolfo non lo possedeva, al volo ho aggiunto qualche informazione in più che speravo fosse utile a lui e agli altri utenti. Tutto qua.

Hai fatto bene comunque a ricordare questo articolo di Stahl, che è ricco di informazioni interessanti (ogni volta che lo rileggo ci trovo qualcosa di utile), come tutti gli studi ben fatti. Peccato sia pubblicato in una sede editoriale non facilmente raggiungibile da tutti i collezionisti, ma anche i giovani studiosi, e che non vi siano pubblicate le fotografie di tutti i 39 grossi acquisiti dall'ANS, ma solo i 13 analizzati...

Un saluto a tutt+ e alla prossima MB

Modificato da monbalda

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