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IGNORED

APOCALISSE E NUMISMATICA


Risposte migliori

Ogni ricerca effettuata con rigore storico/scientifico non puo` che portare acqua al mulino della Verità.

La Verità stessa si è infatti incarnata nella storia ed in una persona, per cui è diventata suscettibile di indagine. Anzi l`indagine seria è assolutamente auspicabile e non puo` che portare al fine stesso per il quale la Verità si è manifestata. Il centro del cristianesimo è la persona stessa di Cristo e gli scritti neotestamentari ne sono la testimonianza diretta piu` autentica. Il cristianesimo cioè non è la "religione del libro" nel senso inteso per altre religioni, e con le conseguenti ed annesse limitazioni assolute.

Diverso sarebbe partire da costruzioni ideologizzanti che vogliono conformare la realtà a tesi preconcette (normalmente attraverso la menzogna, piu’ o meno subdola) producendo scempiaggini tanto pericolose quanto gradite a chi le puo’ in qualche modo monetizzare, e non a poco.

Purtroppo, va detto, il nostro mondo è piu’ disposto ad ascoltare queste scempiaggini che non ad impegnarsi in approfondimenti seri .

Verissimo...

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@King John come si risolvi il problema della datazione del testo?

La redazione dell'Apocalisse è databile alla prima metà degli anni 90 del I secolo; oltre ai riferimenti interni alle persecuzioni di Domiziano, ce lo conferma anche Ireneo di Lione, in Adveersus Haereses 5, 30, 3.

Per avvalorare l'ipotesi che si riferisca ad una presunta apocalisse dell'anno 71, occorre retrodatarla.

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@King John come si risolvi il problema della datazione del testo?

La redazione dell'Apocalisse è databile alla prima metà degli anni 90 del I secolo; oltre ai riferimenti interni alle persecuzioni di Domiziano, ce lo conferma anche Ireneo di Lione, in Adveersus Haereses 5, 30, 3.

Per avvalorare l'ipotesi che si riferisca ad una presunta apocalisse dell'anno 71, occorre retrodatarla.

Grazie per la bellissima domanda a cui rispondo molto volentieri.

Normalmente si data l'Apocalisse al 94 d.C., vale a dire sotto il principato di Domiziano, in base ad un solo riferimento testuale, il cosiddetto testimonium Irenaei, vale a dire il passo di Ireneo (Contro le eresie V 30,3) che in genere viene tradotto dal greco in questo modo: "l'apocalisse è stata vista non molto tempo fa, quasi nella nostra generazione, verso la fine del regno di Domiziano". Ma sono sempre di più gli studiosi che invece traducono, mantenendosi più fedeli al testo originario greco in questo modo: "colui che vide l’Apocalisse (di'ekeinou an errethe tou kai ten apokalypsin eorakotos), il quale è stato visto non molto tempo fa (oude gar pro pollou chronou eorathe), quasi nella nostra generazione, alla fine del regno di Domiziano". Il soggetto dell'aoristo passivo eorathe ("è stato visto") non è il sostantivo che precede (apokalypsin), ma l'intera espressione precedente, vale a dire ten apokalypsin eorakotos, "colui che vide l’apocalisse" e cioè Giovanni. Ireneo, quindi dicendo che Giovanni, colui che ebbe la visione dell'Apocalisse, era stato visto non molto tempo prima, alla fine del principato di Domiziano, intendeva dire che Giovanni era ancora in vita fino a quell'epoca e non che l'Apocalisse era stata vista alla fine del principato di Domiziano. L'ultima traduzione riportata è di V.Dellagiacoma (Ireneo di Lione, Contro le Eresie, a cura di V.Dellagiacoma, Edizioni Cantagalli, Siena 1993, II, pag.230); va detto per inciso che Dellagiacoma è un frate comboniano (quindi un religioso cattolico impegnato). Per una traduzione simile si batte anche l'americano Kenneth Gentry, campione della datazione dell'Apocalisse al tempo di Nerone (K.Gentry, Before Jerusalem Fell. Dating the Book of Revelation: an Exegetical and Historical Argument for a Pre-A.D. 70 Composition, American Vision, Atlanta 1998).

Ma a fronte di quest'unica prova a favore della datazione al tempo di Domiziano ve ne sono altre che invece fanno propendere per la datazione al tempo di Nerone. Una di queste è il passo del libro 7 dell'opera Stromateis, "Miscellanea", di Clemente Alessandrino in cui l'autore attacca gli eretici perché "non fanno un uso corretto ma perverso delle parole divine" e ricorda che la rivelazione apostolica è cessata: "Per l'insegnamento di nostro Signore al Suo avvento, a partire da Augusto e Tiberio, è stata completata a metà del tempo di Tiberio. E quella degli apostoli, che abbraccia il ministero di Paolo, si conclude con Nerone".

Notevole anche la testimonianza del Canone muratoriano, probabilmente la più antica lista dei libri del Nuovo Testamento riportata in un manoscritto in latino dell'VIII secolo di cui alcuni elementi, in primo luogo il fatto che l'autore si riferisca al pontificato di papa Pio I (142-157) come ad un evento recente, consentono di affermare che si tratti della traduzione dal greco di un originale datato circa al 170. In questo testo si afferma che "il beato Apostolo Paolo, seguendo la regola del suo predecessore Giovanni, scrive a non più di sette chiese per nome. Anche Giovanni, infatti, nell'Apocalisse anche se scrive solo a sette chiese in realtà si rivolge a tutti". Nel Canone muratoriano, quindi, l'Apocalisse di Giovanni con le sue lettere alle sette Chiese d'Asia viene detta contemporanea (anzi per la precisione antecedente) alla produzione epistolare di Paolo, martirizzato nel 67.

Altre prove ancora a favore della datazione neroniana sono riportate nel mio libro.

Per quanto riguarda i riferimenti interni a persecuzioni e pericoli per i cristiani nulla vieta di identificarli con le persecuzioni di Nerone che nella percezione di Giovanni avrebbero presto assunto proporzioni più vaste di quelle che poi ebbero storicamente.

Ma mentre è certo che Nerone perseguitò i cristiani non è altrettanto certo che Domiziano fece altrettanto. Infatti, gli stessi sostenitori della datazione della redazione dell'Apocalisse al regno di Domiziano sono consapevoli della difficoltà di provare la storicità di una persecuzione ordinata da quell'imperatore: W.M. Ramsay (The Letters to Seven Churches, Baker, Grand Rapids 1963, pag.99) riconosce che le affermazioni in tal senso sono "del tutto non corroborate: nemmeno una prova indiretta le sostiene. Siamo ridotti a mere presunzioni generali e stime di probabilità"; G.E.Ladd (A Commentary on the Revelation of John, Eerdmans, Grand Rapids 1972, pag.8) afferma che "non vi sono prove che durante l’ultima decade del primo secolo si verificò una persecuzione estesa e sistematica della chiesa"; R.H. Fuller (A Critical Introduction to the New Testament, Duckworth, Letchworth 1971, pag.187) osserva che non vi è alcuna prova di una persecuzione di cristiani in Asia Minore al tempo di Domiziano.

Quindi nulla impedisce di datare l'Apocalisse al regno di Nerone e precisamente al 67 d.C. annunciando la fine di lì a tre anni e mezzo, vale a dire per 71 d.C.

Modificato da King John
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Posso dire la mia idea, da perfetto ignorante, senza scandalizzare nessuno?

Ma certo che sì ...siete così buoni che sono sicuro che mi perdonerete se dico eresie.

Mentre credo che molti siano condizionati dagli eventi dell'anno 70 (distruzione del tempio di Gerusalemme da parte dei Romani) e non accettano una data precedente altrimenti dovrebbero necessariamente ammettere la "profezia", a me ha colpito il fatto che Giovanni ci dice di aver ricevuto la "visione" inaugurale dell'Apocalisse durante l'esilio subito all'isola di Patmos (che era un luogo di pena e di confino, una specie di Cayenna, come ce l'ha descritta Plinio il Vecchio), ora questa condanna era ben lungi dall’essere simile agli attuali "arresti domiciliari" semmai era più simile, credo, ai "lavori forzati".

Pertanto mi sono fatto l'idea che sia piuttosto influente l'età del condannato, cioè, direi, che è improbabile che a 90 e passa anni di età si possano sopportare gli stenti e le privazioni della "prigionia romana", più sopportabile invece a 60 anni circa.

Sarà un aspetto banale e molto umano (che non tiene conto della singolarità del personaggio), che però ho letto da qualche parte -e non saprei dire dove-, ma questo semplice ragionamento mi ha fatto propendere per una datazione più antica almeno per una prima redazione dell'opera, che poi, magari, avrà avuto una revisione o seconda redazione più tarda dallo stesso autore.

Modificato da dizzeta
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Posso dire la mia idea, da perfetto ignorante, senza scandalizzare nessuno?

Ma certo che sì ...siete così buoni che sono sicuro che mi perdonerete se dico eresie.

Mentre credo che molti siano condizionati dagli eventi dell'anno 70 (distruzione del tempio di Gerusalemme da parte dei Romani) e non accettano una data precedente altrimenti dovrebbero necessariamente ammettere la "profezia", a me ha colpito il fatto che Giovanni ci dice di aver ricevuto la "visione" inaugurale dell'Apocalisse durante l'esilio subito all'isola di Patmos (che era un luogo di pena e di confino, una specie di Cayenna, come ce l'ha descritta Plinio il Vecchio), ora questa condanna era ben lungi dall’essere simile agli attuali "arresti domiciliari" semmai era più simile, credo, ai "lavori forzati".

Pertanto mi sono fatto l'idea che sia piuttosto influente l'età del condannato, cioè, direi, che è improbabile che a 90 e passa anni di età si possano sopportare gli stenti e le privazioni della "prigionia romana", più sopportabile invece a 60 anni circa.

Sarà un aspetto banale e molto umano (che non tiene conto della singolarità del personaggio), che però ho letto da qualche parte -e non saprei dire dove-, ma questo semplice ragionamento mi ha fatto propendere per una datazione più antica almeno per una prima redazione dell'opera, che poi, magari, avrà avuto una revisione o seconda redazione più tarda dallo stesso autore.

Caro Daniele hai acceso i riflettori su un altro punto tutt'altro che pacifico. Normalmente si ritiene che Giovanni si trovava a Patmos perché vi scontava una qualche pena. Questa convinzione si ricava da Ap 1,9 in cui per indicare la sua permanenza nell'isola di Patmos Giovanni usa l'aoristo del verbo ghignomai (egenomen en te neso te kaloumene Patmo, letteralmente: "fui nell'isola chiamata Patmos", Ap 1,9) che non rimanda minimamente all'idea del confino. Giovanni, quindi, può aver soggiornato a Patmos non perché vi fu relegato, ma perché vi si rifugiò di sua iniziativa per sfuggire alle persecuzioni scatenate da Nerone (e non da Domiziano) Questi può anche essersi recato a Patmos per svolgervi la sua missione apostolica: la documentazione epigrafica attesta sulla piccola isola un ginnasio, un tempio di Artemide ed un centro per il culto di Apollo che dimostrano la presenza stabile di una discreto numero di abitanti. Oppure ancora (e questa per me è l'ipotesi da preferire) Giovanni, dopo aver fatto scalo a Patmos durante uno dei suoi viaggi missionari, può aver deciso di fermarvisi per qualche tempo proprio allo scopo di scrivere nella tranquillità della piccola isola l'Apocalisse.

L'unica traccia nelle fonti di una presunto confino risale a Tertulliano che intorno al 200 d.C. nell'opera dottrinale La prescrizione degli eretici riferisce che Giovanni fu relegato in un'isola da un imperatore romano di cui non indica il nome, notizia questa ulteriormente arricchita di dettagli solo molto più tardi, vale a dire alla fine del III secolo d.C., da Vittorino di Petovio che afferma per la prima volta in maniera espressa che Giovanni fu perseguitato da Domiziano (In Apocalypsin 10,3). Vittorino aggiunse alla vicenda anche altri elementi originali come l'informazione che Giovanni fu condannato ad metalla, vale a dire ai lavori forzati nelle miniere, sull'isola di Patmos e fu liberato solo dopo la morte violenta di Domiziano (In Apocalypsin 10,3). Ma la notizia della damnatio ad metalla è contraddetta dal fatto che sull'isola non vi sono e non vi sono state nell'antichità miniere. Inoltre bisogna considerare che un condannato ai lavori forzati, anche se giovane (e Giovanni non era certo Giovane intorno al 94 d.C.), non aveva certo il tempo e la possibilità di dedicarsi ad attività private come la redazione di un libro. Non si può nemmeno ipotizzare che Giovanni abbia scontato a Patmos condanne meno pesanti rispetto alla damnatio ad metalla come la deportatio in insulam o la relegatio in insulam (rispettivamente il confino perpetuo o temporaneo in un'isola o in un'oasi del deserto) perché nessun testo antico menziona l'isola come luogo di pena (Plinio in Nat.hist. 4,23,3 cita Patmos nell'ambito della descrizione delle isole Sporadi e Cicladi ma non la indica come un luogo in cui venivano scontate pene). Patmos, poi, non si prestava nemmeno ad un simile utilizzo perché era toccata dalle rotte commerciali che solcavano il Mar Egeo e, quindi, non era tagliata fuori dal mondo. Anche l'identificazione del tiranno non meglio specificato da Tertulliano con Domiziano ed il particolare della liberazione di Giovanni dopo la morte violenta di quell'imperatore non poggiano su fonti storiche certe ma sono frutto dell'iniziativa di Vittorino che, lo ricordiamo, scrive nella seconda metà del III secolo.

Modificato da King John
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Grazie per le spiegazioni.

Vedi a cosa andiamo incontro noi "lettori" a cercare qua e là informazioni occasionali e discontinue ....facciamo una gran confusione ...sorry

Al contrario. Il tuo è un esempio di lettura attiva e partecipe.

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L'isola di Patmos è una delle più belle in assoluto fra le isole dell'Egeo e misura solo 34 km2, con coste molto frastagliate e numerose spiagge. E' abbastanza ventosa e adatta per il windsurf, ma con clima costantemente mite.

Sarebbe gradita la testimonianza di un turista che abbia visitato bene l'isola, ma a quanto mi risulta è stata sempre abitata da civili e toccata da rotte marittime e non ci sono miniere da sfruttare (c'è solo una grotta, detta appunto di Giovanni in quanto ritenuta frequentata da lui).

Al massimo è un posto da confino (un pò come l'isola di Ventotene sotto il fascismo), piuttosto che da lavori forzati (e di che?) e magari mi mandano lì, in un piccolo paradiso e con abbondante pesce e un pò di carta per scrivere...

Un posto in fondo adatto per scrivere in santa pace l'Apocalisse...

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Chi non ha mai sentito parlare dello scontro ultimativo tra il Bene ed il Male che si svolgerà ad Harmagheddon?

Leggete come se ne parla nel capitolo 16 dell'Apocalisse:

"Il sesto angelo versò la sua coppa sopra il gran fiume Eufrate e le sue acque furono prosciugate per preparare il passaggio ai re dell'oriente.
Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti immondi, simili a rane:
sono infatti spiriti di demòni che operano prodigi e vanno a radunare tutti i re di tutta la terra per la guerra del gran giorno di Dio onnipotente.
Ecco, io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante e conserva le sue vesti per non andar nudo e lasciar vedere le sue vergogne.
E radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Harmagheddon.
Il settimo angelo versò la sua coppa nell'aria e uscì dal tempio, dalla parte del trono, una voce potente che diceva: "È fatto!".
Ne seguirono folgori, clamori e tuoni, accompagnati da un grande terremoto, di cui non vi era mai stato l'uguale da quando gli uomini vivono sopra la terra.
La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente.
Ogni isola scomparve e i monti si dileguarono.
E grandine enorme del peso di mezzo quintale scrosciò dal cielo sopra gli uomini, e gli uomini bestemmiarono Dio a causa del flagello della grandine, poiché era davvero un grande flagello".

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Per l'Apocalisse lo scontro ultimativo tra il Bene ed il Male avverrà ad Harmaghedon, toponimo che deriva dall'ebraico har Magedon, che significa "Monte di Meghiddo". Meghiddo (in ebraico Megiddo) fu un'antica città-stato della Galilea che sorgeva al limite sud-occidentale della pianura di Izreel (o Esdrelon), alle pendici del Monte Carmelo. Giovanni parla di "Monte di Meghiddo" (Harmaghedon) e non semplicemente di "Meghiddo" perché si richiama alla profezia di Ezechiele: "Eccomi contro di te, Gog. Io ti sospingerò e ti condurrò e dagli estremi confini del settentrione ti farò salire e ti condurrò sui monti d'Israele. Tu cadrai sui monti d'Israele con tutte le tue schiere e i popoli che sono con te: ti ho destinato in pasto agli uccelli rapaci d'ogni specie e alle bestie selvatiche" (Ez 39,1-20).

Nel 67 d.C. Vespasiano, in esecuzione dell'incarico conferitogli da Nerone di domare la rivolta giudaica scoppiata l'anno precedente, spostò la legione V Macedonica e la X Fretensis da Antiochia a Tolemaide, la città in cui vi era l'unico porto naturale del sud della Fenicia, posta a breve distanza da Meghiddo. A Tolemaide Vespasiano fu raggiunto dal figlio Tito che, percorrendo a marce forzate l'antica via che collegava l'Egitto all'Oriente, condusse un'altra legione, la XV Apollinaris normalmente di stanza ad Alessandria: giunto a Meghiddo, Tito anziché procedere in direzione della Siria deviò versò Tolemaide, prendendo l'altra direttrice che collegava la Fenicia con la Giudea. Nel 67 d.C., quindi, intorno a Meghiddo vi fu una concentrazione di truppe romane senza precedenti: un potentissimo esercito forte di ben 60.000. Avvenne allora che...

Modificato da King John
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Se per ipotesi se un fervente cristiano contemporaneo di Napoleone si fosse messo a descrivere i tribolamenti della cristianità in quel periodo lo avrebbe fatto grosso modo allo stesso modo di Giovanni ( con metafore e riferimenti escatologici)..ed a distanza di 2000 anni chi lo leggesse si porrebbe più o meno le nostre stesse domande...se poi si vuole decontestualizzare l'opera di Giovanni e farla andare bene per ogni epoca e situazione chiudendo ogni possibilità di critica e valutazione con "è parola di dio" lo trovo alquanto oscurantista.. Questo è solo il mio umile pensiero..

King sono proprio curioso di leggere il tuo libro...

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Se per ipotesi se un fervente cristiano contemporaneo di Napoleone si fosse messo a descrivere i tribolamenti della cristianità in quel periodo lo avrebbe fatto grosso modo allo stesso modo di Giovanni ( con metafore e riferimenti escatologici)..ed a distanza di 2000 anni chi lo leggesse si porrebbe più o meno le nostre stesse domande...se poi si vuole decontestualizzare l'opera di Giovanni e farla andare bene per ogni epoca e situazione chiudendo ogni possibilità di critica e valutazione con "è parola di dio" lo trovo alquanto oscurantista.. Questo è solo il mio umile pensiero..

King sono proprio curioso di leggere il tuo libro...

Osservazioni giustissime. Sono onorato del tuo interessamento.

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Un altro affascinante mistero dell'ultimo libro della Bibbia?

Chi sono i famosi quattro cavalieri dell'Apocalisse?

Letta, Alfano, Grillo e Monti.

Mi scuso, ma non ho saputo resistere.

Non lo faccio più, lo giuro !

Polemarco , in ginocchio da Gerusalemme senza ridere e senza piangere.

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Chi sono i famosi quattro cavalieri dell'Apocalisse?

Facile! In estrema sintesi (oltre all'interpretazione "moderna" di Polemarco)

per Corsini rappresentano i 4 imperi che precedono la venuta del Messia;

per Ravasi sono Bianco= Cristo vincitore del male o potere militare o ancora i Parti (avversari di Roma), Rosso= morte per guerra, Nero=la morte per fame, Verde=morte per malattia;

per wikipedia sono Bianco= Riseurrezione, Rosso= la guerra, Nero=la carestia, Verde=la morte;

altri Bianco= anticristo, Rosso= la guerra, Nero=la carestia, Verde=la morte e devastazione;

e ancora: Bianco= la guerra, Rosso= la pestilenza, Nero=la carestia, Verde=la morte;

e poi mi fermo per non farla troppo lunga ...

Beh, mi sembra che siano tutti d'accordo!

Modificato da dizzeta
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Voliamo alto!

Un errore nella interpretazione di un simbolo potrebbe essere quello di assegnare un significato preciso, una corrispondenza biunivoca tra significante e significato.

Per definizione, la interpretazione del simbolo varia a secondo del livello di conoscenza del soggetto che l'interpreta.

Il simbolo e' uno strumento di studio e di perfezione e non una versione di greco con la quale un ginnasiale si appresta a cimentarsi.

Un vocabolario rigido significante-significato e' una soluzione riduttiva.

Ma questa e' un'altra storia.

Polemarco

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Scherzi a parte...

Il cavaliere sul cavallo bianco che appare all'apertura del primo sigillo (Ap 6,2) è Gesù risorto che ha già vinto la morte e che ritorna per sconfiggere definitivamente il Male. Colui che cavalca il cavallo rosso fuoco che giunge in seguito all'apertura del secondo sigillo ha il potere di "togliere via la pace dalla terra" (Ap 6,4) perché in tal modo si compia la profezia fatta da Gesù di guerre e rumori di guerre, di sollevazioni di popoli contro popoli in prossimità della fine (Mt 24,6-7; Mc 13,7; Lc 21,9). Allo stesso modo colui che cavalca il cavallo nero reggendo una bilancia nella mano (terzo sigillo) porta a compimento la profezia di tremende carestie per il tempo ultimo. Il cavaliere che si presenta all'apertura del quarto sigillo su di un cavallo verdastro si chiama Morte e ha potere su un quarto della terra mietendo vittime "con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra" (Ap 6,8), vale a dire con i tremendi castighi di Dio elencati in Ez 14,21 ("la spada, la fame, le bestie feroci e la peste"): giunge così a compimento anche la predizione di tremende pestilenze (Mt 24,7; Lc 21,11). La novità consiste nell'individuazione del fatto che tutti gli eventi susseguenti all'apertura di ciascuno dei sette sigilli costituiscono l'adempimento di predizioni fatte da Gesù nel discorso escatologico e quindi ....

Modificato da King John
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La novità consiste nell'individuazione del fatto che tutti gli eventi susseguenti all'apertura di ciascuno dei sette sigilli costituiscono l'adempimento di predizioni fatte da Gesù nel discorso escatologico e quindi ....

La perplessità che ho è che Gesù in forma solenne (...in verità vi dico...) ci dice che "...questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute..."

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Io ho appena prenotato su Amazon.it una copia del libro "Apocalisse. La soluzione dell'enigma." al prezzo di euro 19.55 anziche' 23.00!

Modificato da cosilinum
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Scusate se mi intrometto nell'argomento sotto un punto di vista strettamente popolare e credulone, ma faccio notare che nel film " Il Presagio ", ove si parla dell'Anticristo, :diablo: era presente un diplomatico americano che fu trasferito da Roma a Londra.

Questo diplomatico aveva il cognome Thorn ( il film è del 1976).

Fino a Giugno 2013 l'ambasciatore americano a Roma era David Thorne.

....a volte, ....ri-thor-nano :girl_devil:

Modificato da Postumius
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Scusate se mi intrometto nell'argomento sotto un punto di vista strettamente popolare e credulone, ma faccio notare che nel film " Il Presagio ", ove si parla dell'Anticristo, :diablo: era presente un diplomatico americano che fu trasferito da Roma a Londra.

Questo diplomatico aveva il cognome Thorn ( il film è del 1976).

Fino a Giugno 2013 l'ambasciatore americano a Roma era David Thorne.

....a volte, ....ri-thor-nano :girl_devil:

Il titolo originale del film è "The Omen". Il protagonista era Gregry Peck.

Come avvenuto in altre lavorazioni di film afferenti al genere horror (si pensi ad esempio a Poltergeist - Demoniache presenze del 1982 o all'italiano Cannibal Holocaust di 4 anni dopo, o in particolare a film inerenti al demonio, come L'esorcista), una serie di coincidenze o di incidenti sono stati associati, dai media o dalle stesse produzioni del film, al tipo di argomento trattato dal film. Come hanno raccontato lo stesso regista Richard Donner e il produttore Harvey Bernhard in varie interviste. Nel dettaglio:

  • L'aereo proveniente da Los Angeles su cui viaggiava Gregory Peck fu colpito da un fulmine. Tre giorni dopo sullo stesso aereo stava viaggiando David Seltzer quando venne nuovamente colpito da un fulmine.
  • La stazione metropolitana di Green Park a Londra saltò in aria mentre la troupe cinematografica ci si stava recando.
  • Per realizzare alcune riprese dall'alto, il regista noleggiò un piccolo aeroplano che poi per decisione dello stesso regista non venne utilizzato il giorno stabilito. Fu una fortuna: l’aereo poco dopo essere decollato, perse quota e precipitò investendo in pieno l'auto sulla quale viaggiavano la moglie ed i figli del pilota. Morirono tutti.
  • Lo specialista per gli effetti speciali John Richardson, autore della celebre sequenza della decapitazione del fotografo, si trovava in Belgio sul set del film Quell'ultimo ponte quando ebbe un incidente d'auto frontale. La fidanzata, che era in auto con lui, morì decapitata. Quando egli si riprese e scoprì che la ragazza era morta vide la scritta "Liège 66,6 km" (da Wikipedia)

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Modificato da King John
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La perplessità che ho è che Gesù in forma solenne (...in verità vi dico...) ci dice che "...questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute..."

Caro Daniele fai sempre osservazioni molto acute.

Nel discorso escatologico Gesù dice che "non passerà questa generazione, prima che tutto ciò sia accaduto" (Mc 13,30; Mt 24,34 e Lc 21,32): la quasi totalità degli interpreti per "generazione" intende l'insieme degli individui che sono vissuti al tempo di Cristo, i suoi contemporanei, e da ciò principalmente deriva la convinzione che Gesù abbia predetto la distruzione di Gerusalemme, verificatasi circa quarant'anni dopo la sua morte e, quindi, quando erano ancora in vita alcune delle persone appartenenti alla sua generazione. Ma col termine greco genea (dal verbo gignesthai, "nascere", "avvenire","divenire") che ricorre in Mc 13,30, Mt 24,34 e Lc 21,32 si esprimono tutte le possibili accezioni legate al concetto di "generazione": non solo "generazione" nel senso di insieme di persone che si trovano a vivere nella stessa epoca (unico significato a cui ci si rifà nel tradurre i passi appena citati), ma anche "nascita", "natività", "tempo della nascita", "luogo della nascita", "origine", "discendenza", "famiglia"; genea, poi, significa anche "razza", "stirpe", "nazione", nel senso di insieme di individui appartenenti ad uno stesso popolo e, quindi, dotati di propositi, inclinazioni ed attitudini simili: è proprio questo il significato del nostro termine "genìa" che deriva chiaramente da quella parola greca.

Ebbene, è proprio nel senso di "nazione", precisamente "nazione giudaica", che il termine genea viene usato in Mc 13,30, Mt 24,34 e Lc 21,32 che pertanto vanno tradotti così: "Questa nazione (genea aute) non passerà, non verrà meno fino al momento in cui tutto ciò non sia accaduto (la fine del mondo come descritta nel Discorso escatologico)". Gesù, in sostanza, afferma che la nazione giudaica conserverà gelosamente la sua specificità, resterà ancorata alla sua religione tradizionale e non si aprirà alla nuova fede fino al momento del ritorno di Gesù nella gloria: solo allora gli ebrei riconosceranno in Gesù il Figlio di Dio. Che questa, e solo questa, sia l'interpretazione corretta delle parole di Gesù è dimostrato dal fatto che per poter adattare il testo originale greco di Mc 13,30 (me parelthe he genea aute mechris ou panta tauta genetai) e di Lc 21,32 e Mt 24,34 (me parelthe he genea auete heos an panta tauta genetai) alla traduzione proposta ("non passerà questa generazione, prima che tutto ciò sia accaduto") si attribuisce, rispettivamente, a mechris (corrispondente al latino usque) e ad heos (corrispondente al latino donec) il significato di "prima che" che queste congiunzioni temporali assolutamente non possono avere perché il loro significato è "finchè" e quindi, introducono l'idea della durata nel tempo di un'azione ("fin tanto che") non di un qualcosa che precede qualcos'altro ("prima che"). Il senso della frase, allora, è che per tutto il tempo in cui si verificheranno gli eventi predetti da Gesù per il tempo della fine, fino a che essi non si siano tutti compiuti, la nazione ebraica rimarrà uguale a se stessa, non si convertirà, e non che gli eventi predetti si debbano verificare prima che si estingua la generazione di Gesù.

Gesù in sostanza predice che il popolo ebraico non si convertirà fino al momento in cui avverranno "queste cose", vale a dire la fine del mondo di cui parla nel Discorso escatologico che va tutto riferito alle cose ultime e non scisso, come generalmente si fa, in due componenti: la prima relativa alla distruzione di Gerusalemme del 70 d.C.e l'altra al momento, ancora lontano, della fine del mondo.

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