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Inviato

In ogni caso mi pare siano in molti a non essere convinti da questa emissione, o sbaglio?

Facendo una rapida ricerca quello venduto a più, su AcSearch, ha raggiunto 11000 dollari, ma solamente una volta...le altre 7-8000...niente in confronto ad un aureo di "rarità" come potrebbe, invece, essere.

non sono d'accordo. Innanzitutto è una moneta di una serie etrusca (non romana o greca ) e quindi con un bacino di collezionisti ben piu' limitato. Secondo le monete etrusche per le loro caratteristiche sono sempre state viste, da un punto di vista collezionistico, piu' come una specie di singolarità che come delle serie coerenti da raccolgiere, prova ne sia che quasi mai in asta appaiono serie etrusche , eccetto che nelle vendite di oltre 100 anni fa mentre oggi appaiono al massimo una decina di monete o poco piu' nelle collezioni piu' specializzate

ergo il valore di mercato per questi pezzi non puo' essere paragonato agli aurei romani o a pezzi greci e magnogreci di qualità che hanno un richiamo enormemente piu' vasto.


Inviato

Beh per EID MAR abbiamo dimostrato che il ritratto monetale autentico di Bruto c'era , eccome, e oltretutto sembra pure coerente con la statuaria.

Si, il ritratto...la moneta ancora non l'abbiamo dimostrato univocamente, nonostante i ritrovamenti greci che non sono "sigillati" né particolarmente sicuri, mi pare...ma questa è un altra storia...

Per i "leoncini" tutto è possibile , ma anche dovremmo supporre che un falsario, sofisticatissimo ( SOFISTICATISSIMO? e perché? il disegno è elementare non vedo sofisticazione ), si sia inventato, ex novo,( Ex novo?) una moneta ispirandosi ad una glittica e statuaria coeva originale e , in un mercato che conosceva appena la monetazione etrusca (mentre quella romana era ben piu' conosciuta e soprattutto apprezzata e popolare) sia sia impegnato a immettere nel mercato qualche esempalre falso/inventato (e tutti gli altri da dove sono venuti ? dallo stesso falsario/inventore oppure da altri falsari , che hanno relaizzato flasi dei falsi, attirati dalla facilità tipologica e di realizzazione - mentre falsi delle romane e sopratutto delle greche erano assai meno banali - qui in fondo una faccia addirittura non si doveva nemmeno fare ...).Il falsario primigenio , probabilmente è lo stesso Strozzi, non nuovo, pare a imprese del genere nella persona di qualche incisore da lui conosciuto. poi la distribuzione ci ha pensato la committenza a farla, acquistandone alcuni pezzi museo di firenze compreso.

Non credo che chi ha deciso la moneta abbia fatto dieci pezzi e stop, ma piuttosto ( complice anche le conclusioni della Breglia sulla lega, direi che ne sono stati realizzati un buon numero, contemporaneamente , nei tre tagli e in varie varianti, quindi almeno un centinaio di pezzi di sicuro, se non di più.

poi i falsari postumi ci hanno messo il loro lavoro. del resto a tutt'oggi continuano a fare questi falsi, con iconografie differenti e risultati diversi, ma vedo che passano in asta tranquillamente...

Non mi convince.COSA di preciso non ti convince?

stai scherzando vero Num ...?!

L'EID MAR è stata provata dal ritrovamento greco. Passi per l'inglese fuori contesto archeologico, ma quello greco, come suffragato anche dall'articolo pubblicato dalla d.ssa Veleni è a posto. Altrimenti dobbiamo cominciare a dûbitare di TUTTI gli articoli scientifici che riportano ritrovamenti ..

Per la serie del leoncino noto che nel catalogo della vendita Strozzi (22 aprile 1907 - Galleria Sangiorgi) compaiono i tre nominali (nelle note viene fatto il riferimento all'opera di Sambon) . I tre pezzi fecero uno sproposito (diverse migliaia di lire che per l'epoca erano cifre enormi) cosi come altri nominali etruschi tra l'altro molto piu' rari dei leoncini.

O questo Strozzi era un bel marpione e nella vendita ha spacciato un bel numero di monete inventate (menzionate come esemplari rarissimi o unici) , o era lui stesso vittima di un falsario, oppure le monete erano buone, avallate anche da Sambon.

Su questo secondo tema sarei comunque piu' cauto perché l'epoca (seconda metà XIX e inizi XXmo) si prestava molto a invenzioni di antiquari piu' antichi che conoscendo la passione per i fusi , e le etrusche in voga all'epoca avrebbero potuto mettere in circolazione diversi tipi inventati di sana pianta o falsi molto coerenti..

Torniamo a bomba occorre analizzare quali autori per primi menzionarono tale tipologia. Per adesso abbiamo un primo riferimento: SAMBON


Inviato

Io l'articolo della dott Veleni l' ho letto, ma ne il mio greco ne il mio inglese sono granché , quindi ho capito solo che si riporta il ritrovamento di questo tesoretto ma fuori dal contesto di scavi archeologici "ufficiali"e come tali condotti, ma come ritrovamento a latere. E ho capito che in questo tesoretto c'era anche un Idi di Marzo, ma non ho capito se il tesoretto n oggetto e saltato furi da una stratigrafia sigillata, se i dati di ritrovamento sono blindati o se il ritrovamento dello stesso è avvenuto casualmente e poi e stato consegnato e repertorìato in seguito. Se fosse quello che ho capito io, allora il valore di questa evidenza archeologica è praticamente nulla ai nostri fini.

Quanto ai leoncini la faccenda è ancora più oscura, probabilmente lo Strozzi ha commissionato i tre tagli e li ha spacciati come acquisiti sul mercato antiquario in modo da farli poi acquistare al museo e ad altri collezionisti suoi contigui. Tant'è che a tutt' oggi, ne ufficialmente ne clandestinamente ne sono stati più trovati..e non perché gli scavi o i MD siano mancati....anzi....quindi su ques.ti ultimi sono ancora 'più scettico che sullEid Mar.


Inviato

sulle Idi di Marzo ormai puoi metterti il cuore in pace. Eventualmente ci puo' confortare anche Acraf che ha avuto uno scambio epistolare con la d..sa Veleni e che penso abbia contribuito a corroborare i dati comunicati nell'articolo con altre informazioni e conferme almeno da quanto mi è parso poter comprendere.

Per i leoncini devo ammettere che neanche a me piace troppo l'aspetto dell'emissione e il fatto che lo Strozzi avesse tutte e tre i tagli come in una collezione di francoboilli.. Degli esemplari ne descrive uno acquistato a Pisa , unico, un altro unico e il terzo : 4 esemplari consociuti.

Tra l'altro riporta anche il garrucci come referenza di uno dei due. La'ltro motivo che mi fa anche dubitare è che ben due esemplari vengono da lui descritti come unici mentre come abbiamo visto molti di piu^' ne sono apparsi successivamente, ma nessuno in contesto archeologico..


Inviato

Per il denario EID MAR trovato in Grecia, a Petres, da notizie ancora molto preliminarie dell'archeologa Adam-Veleni risulta che esso era uno dei 125 denari di tarda repubblica che stavano tutti insieme in un vaso piatto, posto sul pavimento di una delle abitazioni situate sull'acropoli di Petres, che furono distrutte e credo sigillate dallo strato di distruzione, che appare risalire al 42 a.C. circa, quando l'intera zona della Upper Macedonia conobbe in effetti pesanti tribolazioni per la guerra civile (immagino anche per i rastrellamenti e rappresaglie da parte delle varie fazioni romane).

Tornando alle etrusche d'oro, riporto alcune poche note che sono riuscito a raccogliere sul marchese Carlo Strozzi, che faceva parte del ramo mantovano dell’antica e famosa famiglia nobile Strozzi, di Firenze, ed ebbe anche ovviamente una buona disponibilità economica.

Nacque nel 1810 e morì nel 1886.

Il suo interesse per la numismatica fu abbastanza precoce, se già nel 1834 (a 24 anni) scrisse le Memorie intorno a una moneta argentea di Marino Foliero e due anni dopo pubblicò a Firenze il Quadro di geografia numismatica, con il quale si proponeva di fornire uno strumento utile a tutti i collezionisti per la classificazione delle monete greche su base geografica, sviluppando il metodo già introdotto da Eckhel nel 1792-1798. Fondamentalmente il suo approccio alla numismatica fu scientifico, considerando le collezioni di monete non per il loro valore antiquario, ma come storico-documentaria di primaria importanza.

Inizialmente raccolse monete soprattutto greche sul mercato antiquario di Firenze e Roma, che era allora molto fiorente, e acquistò anche varie collezioni private (da un carteggio al Museo di Parma si sa che le sue prime monete provenivano dalle collezioni dei cardinali Malvezzi e Niccolini, oltre che di Baldovinetti, Galleotti, Millingea, prof. Rusca, Collegio Romano, ecc.).

Intorno al 1839 (e collezionava da circa 10 anni) possedeva già 2898 monete greche, in buona parte di buona fattura e per l’intervento di Michele Lopez, allora direttore del Museo di Parma, fu avviata una lunga trattativa per l’acquisto di tale raccolta, per poter arricchire il medagliere di Parma, che era particolarmente sguarnita per la parte greca, grazie anche alla munificienza della sovrana Maria Luisa di Parma. In tale trattativa Strozzi rivelò buone capacità commerciali, richiedendo per la vendita la somma di 30.000 franchi, utilizzando per la valutazione le generose stime del Mionnet, De la rareté et du prix des médailles grecques et romaines, del 1815. Lopez fece la controfferta per 14.000, appunto giustificando che le stime indicate sul libro del Mionnet erano alte per il mercato. Alla preoccupazione che ci potessero dei falsi, lo Strozzi rispose in una lettera (4 aprile 1839) che: “posso dirle di essere forse interamente libero dei lavori beckeriani”. In una successiva lettera (5 febbraio 1840) accennò che era venuto a Firenze un “inglese truffatore di medaglie (…) che dicono che nel pubblico Museo si sia contentato di fare dei baratti con le solite beckeriane”.

La trattativa rischiò di andare in fumo per il costante rifiuto di Strozzi a ridurre le sue pretese. Solo nell’11 dicembre 1839 Lopez potè vedere dal vivo le monete, che gli furono consegnate a Parma. Strozzi era deciso a non scendere al di sotto di 20.000 franchi. Alla fine fu raggiunto un accordo per 18.000 franchi e lo Strozzi volle dare una procura al fratello Luigi, che stava a Mantova e quindi più vicino a Parma. Ma l’accordo non fu facile, anche per il coinvolgimento di ben tre stati diversi nell’affate (il ducato di Parma, il Lombardo-Veneto di Mantova e il Granducato di Toscana). Poi al conteggio definitivo del materiale era emerso che mancavano ancora 78 monete rispetto alla somma pattuita. All’atto della vendita, che fu siglato il 2 luglio del 1840, il marchese consegnò ancora 73 monete (5 in meno), per cui la cifra definitiva della vendita fu fissata a 17.950 franchi.

Ancora nel 1843 il marchese vendette al Museo di Parma altre 42 monete greche d’argento e una d’oro per 920 lire.

Fonte: A.R. Parente, Il nucleo di monete magnogreche e italiche conservate presso il Museo di Parma: la collezione del marchese Carlo Strozzi, Archeologia dell’Emilia-Romagna, III, 1999, p. 57-67.

Nel frattempo Strozzi continuò a raccogliere monete greche e etrusche nonché in particolare aes grave, grazie alla notevole disponibilità di materiale sul mercato antiquario e proveniente dai ritrovamenti di Quingento, Fabbri, Tarquinia, Volterra, Bieda, Chiusi, Vicarello e Vulci, come gli aurei del ritrovamento di Cuma del 1868 ed editi nel Periodico da Gennaro Riccio. Partecipò tavolta in prima persona a scavi archeologici, come nella tenuta Vivarelli a Talamonaccio (1876-1877), acquisendo monete per la sua personale raccolta (cosa ovviamente ancora possibile prima della nota legge del 1909 che limitò per la prima volta tali acquisizioni). Vedasi:

http://academia.edu/703314/Talamone_rinvenimenti_di_monete_negli_scavi_ottocenteschi_1801-1892_

In ogni caso si preoccupò molto di stimolare gli studi numismatici e fu editore della rivista Periodico di numismatica e sfragistica per la storia d’Italia, pubblicato tra il 1868 e il 1874. Quasi quindici anni dopo la chiusura di questa rivista, nel 1888, i grandi collezionisti Gnecchi e Ambrosoli si ispirarono proprio a questa rivista per fondare la Rivista Italiana di Numismatica, che continua tuttora.

Nel 17 marzo 1870 nacque il Museo etrusco di Firenze e da allora si avviò una fiorente stagione di scavi e studi. Nel 12 giugno 1871 il marchese divenne presidente della Deputazione per la conservazione e l’ordinamento dei Musei e delle antichità etrusche, e gli furono assegnate le competenze sulle province di Pisa e Lucca e il comune di Fiesole.

Grazie all’attivismo di Luigi Adriano Milani, che divenne direttore del medagliere del Museo di Firenze nel 1874, si cercò si dare spinta all’arricchimento della collezione museale. Furono avviati contatti col marchese Strozzi per l’acquisto della sua notevole raccolta. Con Strozzi ancora in vita si ricevette dapprima in dono un tesoretto di denari repubblicani rinvenuto a Fiesole nel 1829 (RRCH 227), Successivamente si riuscì ad acquistare solo una parte della collezione Strozzi, quella che comprendeva la maggior parte delle monete etrusche, compresi i tre famosi aurei col leoncino.

In pratica questi aurei comparvero sul mercato intorno agli anni ’60 del XIX secolo e Gamurrini, che bene conosceva Strozzi, testimonia che furono acquistati tra Pisa e Lucca. Ecco una pagina del suo lavoro, “Le monete d’oro etrusche e principalmente di Populonia”, in Periodico di Numismatica e Sfragistica VI, 1874, p. 47-80 (che praticamente segnò l’inizio delle scoperte delle monete etrusche in oro, non descritte in lavori precedenti e nemmeno in Carelli 1850).

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Altra testimonianza del Gamurrini, che può essere desunta dalle sue carte, è l'esistenza di altra moneta con leoncino di altra proprietà, a Volterra, sempre negli stessi anni....

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Alla morte del marchese, la sua famiglia era inizialmente intenzionata a continuare la raccolta numismatica, ma poi cambiò idea., in pratica stoppando i tentativi del Milani di acquisire l'intera raccolta per il museo di Firenze.

I familiari preferirono seguire i consigli del noto commerciante Arthur Sambon, che era stato un grande amico di Carlo Strozzi, vendendo la raccolta in asta nell’aprile 1907 tramite la Galleria Sangiorgi, che già nel 1894 aveva venduto l’importante collezione di monete romane imperiali di Pierre Stettiner. Per esitare la grande raccolta Strozzi (2222 lotti, compresi alcuni multipli) occorsero ben 7 giorni! anche se bisogna dire che impiegavano un giorno a vendere al massimo 200 numeri (quindi con ritmi molto più lenti di oggi):

15 aprile: Aes Grave (mattino), Etruria e Magna Grecia (pomeriggio)

16 aprile: Aes Grave (mattino), Magna Grecia (pomeriggio)

17 aprile: Aes Grave e Grecia (mattino), Magna Grecia (pomeriggio)

18 aprile: Asia Minore, Siria, Africa (mattino), Magna Grecia (pomeriggio)

19 aprile: Romane in AR e BR (mattino), Magna Grecia e Sicilia (pomeriggio)

20 aprile: Romane in AR e BR (mattino), Romane imperiali in oro (pomeriggio)

21 aprile: Lotti multipli (mattino). Romane imperiali in oro (pomeriggio)

Non è escluso che anche l’eco di questa importante vendita (e di altre che avvennero tra fine ‘800 e inizio ‘900) determinarono alla fine la famosa prima stretta legislative del 1909.

Nel solo 1907 furono vendute anche le collezioni di monete antiche di Martinetti e di Nervegna (da Sambon a Parigi), di De Ciccio (da Sambon e Canessa a Napoli), di Tom Virzì (da Hirsch a Monaco, escludendo una importante parte di bronzi, che rimase fino al 1974 quando una selezione fu venduta dalla Bank Leu di Zurigo).

A proposito di Martinetti, egli, morendo, lasciò nella sua casa all’insaputa di tutti un tesoro di monete che venne ritrovato solo con la demolizione della casa nel 1933 con il nome di Il rinvenimento di Via Alessandrina: Molinari – Spagnoli 1990, pp.135-164.

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Inviato

Grazie Alberto.

Storia interessante e ricca di retroscena...chissà cosa è realmente accaduto...quei giorni...

Awards

Inviato

Grazie mille SAcraf per queste utili e precisisssime informazioni.

Quindi le raccolte Strozzi erano in buona sostanza due : la prima ceduta al Museo di parma (grazie agli auspici del direttore il bravissimo Lopez) constava di quasi 3000 pezzi; successivamente venne esitata dagli eredi con la vendita del 1907 un'altra parte che comprendeva 2222 lotti.

In quest'ultima figuravano, come dicevo sopra ben tre "leoncini". Occorrerebbe verificare quanti leoncini siano confluiti nel museo di parma.

Il GARRUCCI descrive nella sua opera (1885) i leoncini etruschi come appartenenti alla collezione Strozzi, menziona anche l'esistenza di altri esemplari e riporta per uno di questi la provenienza da un ritrovamento a Populonia. Purtroppo all'epoca le testimonianze archeologiche non erano seguite cosi attentamente e professionalmente e quindi tale supposto ripostiglio potrebbe non essere stato catalogato/inventariato del tutto oppure ancora non essere nemmeno esistito e la provenienza essere stata inventata da un mercante senza scrupoli.

Anche il Gamurrini , nel suo lunghissimo articolo nel "Periodico" Strozziano (vol. VI - 1874) riporta le monete d'oro con il leoncino come ritrovate a "Populonia o nel suo territorio". Anche qui possiamo dire che parlava per evidenza certa oppure per voci riportate e quindi approssimative (che non escludevano ritrovamenti fatti avvenire ad "arte" dai soliti commercianti..)?

Vista l'apparizione "tardiva" dei leoncini sulla scena numismatica (seconda metà del 1800) e la successiva assenza di tali esemplari in ritrovamenti ufficilai (mentre per contro il loro numero sul mercato è cresciuto non poco negli ultimi 50 anni) il caso appare piu' dubbio e difficile che non quello delle EID MAR dove le testimonianze cominciarono sin dall'antichità.. ed è legittimo porsi qualche dubbio..

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