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la zecca di Pordenone


antoniok

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La zecca di Pordenone": fu quasi certamente il maglio della Vallona ad ospitare la zecca di Pordenone. Una città, quindi, dove si batteva moneta che portava in una delle facce il volto di Bartolomeo d'Alviano. La zecca coniava i ducati pordenonesi di identico valore rispetto a quelli di Venezia. Furono immessi sul mercato ducati d'oro, detti anche zecchini; il "matapan", denaro grosso d'argento, il soldo d'argento o mezzanino, il bezzo, il quattrino e il bagattino in rame.


538933_467739263246247_1601619199_a.jpg Bartolomeo, il più illustre esponente di questa famiglia, condottiero ed architetto militare, che combatté anche al servizio di Venezia (dal 7 ottobre 1498). Di piccola statura fisica, ma di vivace intelligenza e di un coraggio senza limiti, fu proclamato anche signore di Pordenone e ricostruì la potente rocca dopo che nel 1495 il vecchio castello era stato distrutto Bartolomeo morì il 7 ottobre 1515 a Ghedi (Brescia) a causa d'ernia strozzata, dopo aver conosciuto anche l'onta di una lunga prigionia di quattro anni in Francia (dal 1509 al 1513)Rimasto vedovo nel 1497 sposò in seconde nozze Pantasilea Baglioni, dalla quale ebbe il figlio Livio-Settimio d'Alviano, nato nel 1514, che ereditò la signoria di Pordenone alla morte del padre, sotto la reggenza della madre fino al 1529 e morì combattendo per i francesi aCherasco nel 1537. Pordenone passò quindi in possesso diretto di Venezia.



breve storia del comune di Pordenone


a seguito della sconfitta inferta all’armata imperiale dall’esercito veneto condotto dal generale Bartolomeo Liviano, al quale la Serenissima, riconoscente per i successi militari conseguiti, concede in feudo la cittadina naonense. Il periodo che intercorre tra il 1508 e il 1537, anno in cui cessa la signoria liviana, è particolarmente critico per Pordenone:1) l’ordinamento pubblico è oggetto di una altra considerevole riforma da parte del feudatario, tesa a rafforzare la sua posizione istituzionale, la quale determina la soppressione delle cariche del podestà e dei giudici, la sottrazione alla comunità della giurisdizione di primo grado affidata, invece, ad un capitano di nomina dell’Alviano, l’attribuzione di quella di secondo e ultimo grado al feudatario stesso; 2) durante la prigionia del Liviano in Francia, avvenuta a causa della disfatta di Agnadello (14 maggio 1509), la città subisce alternativamente il dominio dell’imperatore Massimiliano e quello della Repubblica veneta, che riceve l’affronto di assistere a manifestazioni inneggianti all’impero asburgico, promosse da alcuni cittadini che prestano la loro opera a servizio dell’imperatore (si tratta di Bernardino Biscotto, Livio Spelladi, Girolamo Rorario, Gasparo e Antonio Ricchieri, Francesco e Giovanni Battista Mantica, Ettore Fontana, Cornelio Paolo Amalteo, Princivalle Mantica, Luca de Rinaldis); 3) al ritorno di Bartolomeo, Venezia restituisce al condottiero il feudo, nel quale, a causa della sua morte in battaglia, succede il figlio Livio Liviano;4) durante il governo di quest’ultimo, retto, fino al raggiungimento della maggiore età, dalla madre Pantasilea Baglioni, sorgono occasioni di conflitto tra il nuovo feudatario e la comunità locale, risolte da Venezia in modo favorevole alla seconda. Ecco i motivi del malcontento della popolazione prima dell’intervento della Repubblica: benché Livio abbia riconosciuto alla città i suoi statuti, privilegi e antiche immunità con il conseguente ripristino degli uffici del podestà e dei giudici, rifiuta ostinatamente di ammettere la proposizione presso le magistrature veneziane dell’appello in terza istanza contro le sentenze emesse in secondo grado dal suo capitano, rivelando così la volontà di mantenere nelle proprie mani la giurisdizione di ultimo grado, come aveva fatto il padre. In più, per salvare dalla decapitazione gli uomini che si trovano al suo servizio e che sono responsabili di molti omicidi (si sa con certezza che una delle vittime degli agenti di Livio è stato un tale Panfilo da Prata, colpevole di invocare a Venezia la liberazione dalla signoria liviana) dà nuovamente vigore ad uno statuto emanato dai duchi d’Austria Alberto e Otto nel 1308, secondo cui colui che ha commesso un omicidio può evitare la pena capitale, qualora si riconcili con gli amici della persona uccisa e paghi cento lire al signore e venticinque al Comune;5) alla morte in battaglia di Livio Liviano, arruolatosi al soldo della Francia, poiché egli non lascia eredi, il feudo decade e Pordenone ritorna definitivamente sotto il dominio diretto della Serenissima, la quale vi invia un suo rappresentante con l’incarico di amministrare la città insieme a suoi cittadini


letteratura:


Storia di Pordenone (Fulvio Comin)


wikipedia


Le istituzioni pubbliche a Pordenone tra medioevo ed età moderna di Giovanna Frattolin

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