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Inviato

Passando all’ambito numismatico il discorso si fa, come al solito, molto complesso, con ipotesi divergenti non solo sulla cronologia ma anche sulla pertinenza e significato etnico-politico delle due differenti monetazioni, fusa e coniata.

La logica suggerisce che la serie monetale fusa nacque per diretto impulso di Roma (secondo un’opinione che oggi è comunque condivisa dalla critica specialistica, specialmente ad opera di Ercolani Cocchi), ma al contempo deve essere ricondotta al novero delle varie iniziative civili promosse dalla comunità latino-italica stanziata sul posto prima della fondazione della colonia.

Abbiamo già visto come nel quindicennio che precedette l’ufficiale deduzione di Ariminum il centro si era già dotato di stabili abitazioni e forse anche di officine ceramiche e quindi poteva dotarsi anche delle attrezzature per l’emissione di aes grave: monete fuse ancora anonime ma chiaramente connotate nella loro appartenenza geopolitica, grazie all’effige del Gallo apposta sul diritto e ai simboli marinari dei rovesci, tali da assecondare gli interessi economici dei Romani in questo settore litoraneo dell’ager Gallicus ormai sottomesso.

Una riserva che fu avanzata era di tipo cronologico, ipotizzando, come fa il Gorini (e anche il Braccesi), che la serie fusa doveva essere per forza posteriore al 264 a.C., dopo la deduzione della colonia. La loro opinione era che le deboli testimonianze archeologiche connesse alla fase precoloniale facevano pensare che mancasse un vero centro abitato organizzato e quindi ancora privo di un’autorità politica e di una dimensione statale tali da consentire di produrre moneta.

In realtà il Gorini stranamente non considera i dati offerti dagli scavi a palazzo Massani, che hanno evidenziato una chiara stratigrafia. I depositi terrosi che si riferiscono al periodo 268-265 a.C. hanno restituito due litre romano-campane (emesse prima del 269-268 a.C.), due bronzetti di Neapolis databili dal 270 a.C. e un teruncius ariminese fuso di 115 g (è interessante osservare che nel vicino Museo di Ravenna sono conservati molti esemplari di bronzo provenienti dalla Campania, soprattutto Neapolis, rivelando frequenti flussi provenienti dall’Italia meridionale ancora in una fase precedente il diretto interessamento romano). Solo strati superiori, che vanno dalla seconda metà del III secolo alla metà del II secolo a.C., senza ulteriore possibilità di ulteriore definizione, hanno restituito monete romane.

Le più antiche monete fuse romane trovate a Rimini sono desumibile solo da dati bibliografici sembrano essere della serie pesante di Apollo/Apollo, mentre è attestato il rinvenimento negli scavi sotto le cantine del palazzo Pugliesi di un quadrante della serie Roma/Roma (Cr. 21/4, 269-266 a.C.) abbinato intenzionalmente a un biunx di Ariminum: il contesto, seppure da scavi vecchi (di fine ottocento), è stato inquadrato all’inizio della colonia latina.

Il piede ponderale di Ariminum è di circa 380 g e appare in linea con quella di Hatria (fondata nel 289 a.C. !!!) e dei Vestini. Di contro Firmum (colonia fondata nel 264 a.C.) appare seguire un piede diverso, apparentemente la libbra di 272 g e quindi una libbra già più “romana” e forse anche una suddivisione di tipo duodecimale (anche se sono pochi pezzi noti per poter ricostruire con più sicurezza il relativo piede monetale).

L’utilizzazione di un simile piede ponderale, a circolazione locale, indica che i Romani si adeguarono alla particolare realtà del territorio, secondo un processo comunque già attestato anche per i fenomeni monetali dell’Italia meridionale.

“Si trattava di una moneta ad uso limitato, locale, con prevalente carattere di riserva di valore, strumento di grossi pagamenti, possibilmente in connessione a pagamenti alla truppa, spartizioni di bottino, assegnazioni di capitali, mentre solo i nominali minori rivestirono probabilmente una effettiva funzione di scambio, che ne consentì una più lunga sopravvivenza” (Ercolani Cocchi, 2004).

Che significato dare alla testa di Gallo sulle monete fuse?

Se ipotizziamo una emissione fatta localmente da genti prevalentemente latine e umbre, su input romano, circa 15 anni prima della deduzione coloniale, vediamo che si era all’indomani della storica battaglia del Sentino e rapida colonizzazione di Hatria (che usò però l’etnico HAT) e tale avamposto, che già iniziava a dotarsi di stabili infrastrutture e abitazioni, utilizzò l’effige del Gallo per “scegliere un emblema in grado di sintetizzare un avvenimento di forte impatto psicologico, sottolineando la forza bellicosa e la pericolosità del nemico sconfitto, suggerendo contemporaneamente l’opportunità, derivante dal perdurare della minaccia, di proseguire l’espansione nell’Italia Settentrionale.

Lo stesso genere di messaggio che, sottolineando gli aspetti di ferocia e aggressività del nemico sconfitto, esalta la capacità del vincitore, verrà affidato ai tipi delle emissioni di denari prodotte fra il 48 e il 46 a.C. per ricordare le vittorie di Cesare in Gallia.

I tipi del rovescio dei nominali minori, con la loro tematica marittima: delfino, conchiglia, prua di nave, rientrano invece in una tipologia ricorrente anche per i nominali minori di altre serie di aes grave, che doveva ampliarne l’accettabilità, anche in vista della maggiore possibilità di effettiva circolazione, la tematica marittima si rivelava inoltre perfettamente aderente all’area dell’emissione” (Ercolani Cocchi, 2004).

L’assenza dell’etnico sulle fuse di Ariminum depone ulteriormente a favore dell’ipotesi che siano un’emissione anteriore alla deduzione della colonia.

L’origine del peso di ca. 380 g, come già scritto in precedenti posts, risale forse al V secolo a.C. per la presenza di pesi ponderali in pietra a Marzabotto, ma che appartiene probabilmente a substrati della fase villanoviana, come dimostra la stessa diffusione adriatica.

Appare evidente che le unità ponderali, legate allo scambio metallico a peso, tendono a sopravvivere a lungo, anche per questi esemplari che sono fusi sulla base del pieno peso e quindi senza un plus valore.

Per rispondere a Vincenzo, appare chiaro che siamo ancora in una fase in cui la moneta romana ancora non si era diffusa ed era ancora allo stadio di “romano-campane” per la parte coniata e di assi librali che, guarda caso arrivavano anche a quasi 400 grammi, anche se la media ponderale appare più bassa, come nel caso della serie Apollo/Apollo (Cr. 18, correttamente attribuita dal Crawford al 275-270 a.C., anno più anno meno…..).

Domani affronterò il problema della serie coniata, per certi versi più complesso…

(continua)

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Inviato

Passando alla serie coniata, con testa maschile con copricapo conico /Guerriero celtico con grande scudo e spada e con il nome della colonia Ariminum (generalmente nella forma ARIMN) siamo di fronte a un diverso contesto, che ha radici antecedenti la diretta romanizzazione.

Ho già accennato che nella regione si riscontra un flusso di monete coniate, emesse fra IV e III secolo a.C. provenienti dall’Italia meridionale e in particolare dalla Campania e da Neapolis (ci sono diversi esemplari trovati localmente e presenti nei musei di Rimini, di Ravenna e di San Marino). Quindi è corretto ipotizzare che il territorio di Ariminum fu coinvolto in percorsi monetari provenienti dall’Italia meridionale, anche in una fase precedente il diretto interessamento romano. Tali percorsi seguono la via pedemontana che verrà poi strutturata dai Romani come via Emilia (grazie anche al locale materiale raccolto nelle collezioni dei musei di Forlì e di Imola). La stessa collezione Santarelli, ora nel museo di Forlì, già accennata da Aulisio, conserva anche 4 bronzetti coniati da Ariminum e un altro è presente nel museo di Ravenna. Dall’analisi della distribuzione delle monete coniate di Ariminum [Ercolani Cocchi, 2004] si evince chiaramente che queste monete, di basso peso e con valore intrinseco ridotto, si inquadrano in un contesto che ha già visto la circolazione di simili monete (soprattutto di origine campana), che meglio rispondono alla funzione della moneta come mezzo di scambio (piuttosto che di riserva di valore come nel caso delle monete fuse).

Quindi Ariminum, che era anche un importante centro di smistamento di percorsi commerciali, provenienti sia dall’area centro-italica e campana sia da più complesse rotte marittime adriatiche, si adeguò presto all’uso greco della moneta in bronzo a valore fiduciario, più adatta come strumento di esazione fiscale sul pagamento di servizi, pedaggi, rifornimenti (similmente a quanto osservato con le monete coniate di Ancona, che era una città di dirette origini greche).

L’importante ritrovamento del donario, dove una semuncia fusa era associata a due esemplari coniati, conferma che la moneta coniata nacque al più tardi in concomitanza della fondazione della colonia (fregiandosi sul rovescio anche del nome della città), eventualmente continuando ad essere coniata grosso modo nel successivo decennio (coincidendo con le aumentate esigenze monetarie legate alla prima guerra punica).

Si ha notizia di un rinvenimento sul vicino colle di Covignano (RA), dove fu rinvenuto un esemplare fuso in uno strato più profondo rispetto a un bronzetto coniato [cfr. AIIN, 16-17, 1969-1970, p. 292]. Quindi presumibilmente la serie fusa precedette quella coniata, anche se non di molti anni.

Non mi sembra un caso che nel ripostiglio del donario di Rimini l’esemplare fuso fosse rappresentato da una semuncia, ossia dal nominale più basso della serie fusa, che era più adatto a coesistere nella circolazione con le monete coniate, mentre i maggiori nominali fusi venivano accantonati per pagamenti più consistenti o per la tesaurizzazione.

C’è da tenere presente che solo sulla serie fusa sono riportati i segni di valore, che invece mancano nella moneta coniata.

Perché?

Riportare segni di valore sui fusi, monete come unità di valore, significava “rivolgersi a una sfera ristretta, all’interno della quale è possibile imporre un valore ai lingotti, come superamento della fase di pesatura. Uscendo da tale ambito le monete potevano recedere allo stato di lingotto e venire valutate a peso, come sembra suggerirci il pieno peso delle serie con testa di guerriero gallico o quello delle serie romane a tipi variabili più antiche” (Ercolani Cocchi, 2004).

Tornando alle monete coniate non si può fare a meno di osservare come esista una connessione con ambienti campani. La testa pileata al diritto evoca molto da vicino quella presente su monete di Aesernia, dalla quasi totalità degli studiosi datate al 263-240 a.C., ossia al tempo della prima guerra punica, ma più probabilmente concentrata soprattutto intorno agli anni ‘60 (e bisogna tenere conto che alcuni esemplari neapolitani col toro androprosopo, del periodo di quelli trovati a Rimini, sono stati ribattuti proprio su monete di Aesernia ed è disponibile la relativa bibliografia).

Ariminum (7,06 g) post-7204-0-15906500-1358705774_thumb.jp

Ariminum (3,73 g) post-7204-0-92562400-1358705798_thumb.jp

Aesernia (6,90 g) post-7204-0-52839900-1358705823_thumb.jp

Aesernia (7,98 g) post-7204-0-11072400-1358705849_thumb.jp

Impressiona la somiglianza del berretto conico, talvolta con sorta di appiccagnolo come nel pezzo di Arimunim di 3,73 g e quello di Aesernia di 6,90 g

La testa del diritto è identificata su Aesernia col nome di Vulcano (Volcanom sulle monete aesernine) e quindi quasi sicuramente anche sui bronzi coniati di Ariminum è raffigurata la testa del dio Vulcano.

Il rovescio raffigura il guerriero gallico (per la presenza del caratteristico scudo ovale) e pertanto continua la rappresentazione del forte guerriero nemico di Roma già ricordato sulla serie fusa.

La distribuzione ponderale, già illustrata da Aulisio, rivela un’ampia oscillazione ponderale, degradante da ca. 10 g a ca. 3 g, con un picco sui 6.5 g, similmente appunto ai bronzi di piede campano e aquelli di Aesernia, da alcuni denominati litre, ma io preferisco, almeno in ambiente campano, il termine oboli.

Bronzi coniati, del peso medio intorno a 5 g, sono stati adottati anche da Roma intorno al 270 a.C., con la nota protome equina (Cr. 17), normalmente definite come litre:

post-7204-0-39405300-1358705887_thumb.jp

Dal momento che sono monete di originario piede greco e quindi fiduciario, è inutile tentare di costruire un sistema ponderale abbinato alla libbra romana, di peso reale (e pertanto appare molto forzato e astratto il costrutto creato da Gorini per il bronzo coniato).

Spero di poter collaborare con Aulisio per una migliore sistemazione delle varie note apparse nel corso di questa discussione e procedere a una sorta di aggiornamento della mia vecchia monografia nel CNAI (e ritengo che non avevo visto troppo male la mia sistemazione come avevo proposto in quella monografia).


  • 3 settimane dopo...

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