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Galli e Volpini


g.aulisio

Risposte migliori

Colgo l'occasione per chiedere a qualcuno che abiti nella zona di Teramo se può controllare presso il Museo Archeologico Savini di Teramo l'esistenza del famoso ripostiglio di Tortoreto, trovato nel 1896 e MAI edito nella sua completezza.

Esso era costituito da 247 monete di varie zecche, soprattutto romane, e comprendeva ben 7 esemplari dell'emissione coniata di Ariminum.

Dovrebbe ancora esistere in quanto ne fa cenno la Cocchi Ercolani nel 1995, senza però riportare i dettagli. Quindi mancano ancora i pesi (senza parlare di fotografie....), che non sono stati censiti dal Gorini.

In caso affermativo, sarebbe utile chiedere se è visionabile (credo col solito permesso della Soprintendenza).......

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(e già immagino violente critiche…., specie per l’esistenza di una serie “ridotta” dei bronzi coniati con Vulcano/guerriero)

Perdonami: se ho ben capito viene individuata anche una serie "ridotta" per la monetazione fusa, con il quinconce a 140 g, giusto?

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Sì, secondo il Gorini la serie fusa di Ariminum dovrebbe essere suddivisa in due serie:

Standard di ca. 380 g (datato al 264-241 a.C.):

1) Quincuncia (intervallo ponderale: 200,40 - 185,00 g)

2) Quadruncia (185,00 - 139,00 g)

3) Teruncia (122,10 - 96,00 g)

4) Biuncia (85,75 - 68,85 g)

5) Uncia (39,40 - 31,80 g)

6) Semuncia (27,29 - 18,00 g)

Standard di ca. 280 g (datato al 241-217 a.C.), con medesimi tipi della serie precedente:

1) Quincuncia (153,67 - 140,94 g)

2) Quadruncia (128,85 - 95,22 g)

3) Teruncia (95,88 - 85,90 g)

4) Biuncia (67,20 - 52,58 g)

5) Uncia (30,85 - 23,89 g)

6) Semuncia (17,80 - 13,49 g)

Mentre la serie coniata è così sistemata, sempre dal Gorini

Standard di ca. 280 g (datato al 241-217 a.C., quindi coevo alla precedente serie fusa):

1) Semuncia (10,00 - 5,72 g)

Standard di ca. 114 g (datato al 217-210 a.C.):

1) Semuncia (5,71 - 3,50 g)

Vedete con i commenti che ho postato di Ercolani Cocchi e Ortalli e con le osservazioni di Aulisio e mie, viene fuori un quadro un pò diverso.

Un primo punto da capire bene è perchè Ariminum, da colonia latina appena dedotta, abbia adottato un piede fuso almeno inizialmente di 380 g, mentre a Roma, nello stesso tempo, aveva adottato l'asse di 327 g (288 scrupoli). Il primo piede, di origine umbra e attestato su alcuni pesi di pietra trovati in area etrusca, fra cui Marzabotto, non appare compatibile con il coevo sistema romano (quasi 60 grammi di differenza per l'asse, anche se questo non era emesso ad Ariminum, ma solo la sua metà, il quincuncia).

Mi sembra più logico, e i dati archeologici mostrati da Ortalli, che aveva seguito tutti i recenti scavi archeologici di Rimini, hanno evidenziato che i fusi già c'erano quando fu fondata la colonia nel 268 a.C. e la stessa tipologia con Testa di Gallo appare compatibile in un contesto ancora non completamente romanizzato. Dopo la famosa vittoria di Sentino nel 295, contro i Galli, Etruschi e Umbri, nella regione iniziò la penetrazione romana, protesa verso la progressiva conquista della pianura padana (con grande scorno dei nostrani leghisti :pardon: ).

La romanizzazione non fu rapida e immediata, ma agevolò probabilmente la diffusione dell'aes grave anche in quella zona (dal Picenum fino ad Ariminum) seguendo una propria metrologia e la divisione decimale. Quindi siamo negli anni dal 285 al 265 a.C circa.

E' possibile che verso la fine gli ultimi pezzi fusi di Ariminum abbiano avuto peso progressivamente ridotto per allinearsi verso il piede librale osco-latino di 272 g (240 scrupoli), quindi già soggetto a una diretta influenza romana.

Un secondo punto da capire è come mai Gorini pone la semuncia coniata della sua prima serie allo stesso standard della sua seconda serie fusa (standard di 280 g), quando la semuncia fusa pesava sui 15 g e la semuncia coniata (stessa denominazione monetale !) pesava sui 6,5 g

In realtà la moneta fusa e quella coniata non erano proprio intercambiabili (almeno come peso....).

Poi abbiamo già detto sulla variabilità ponderale dei bronzi coniati di Ariminum.

Sarebbe bello poter mettere in ordine, con foto e peso, ogni esemplare noto e confrontare meglio gli stili e altri particolari, per meglio capire la sequenza di questa emissione.

Purtroppo manca ancora un vero Corpus su Ariminum, nonostante i numerosi articoli su questa zecca (basta vedere la biblografia riportata nei recenti articoli di Gorini e di Ercolani Cocchi & Ortalli).

C'è tanto da discutere su questa monetazione, che appare rivestire un ruolo molto delicato nella ricostruzione delle monetazioni nell'Italia centrale (e per riflesso anche di Roma).

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C'è tanto da discutere su questa monetazione, che appare rivestire un ruolo molto delicato nella ricostruzione delle monetazioni nell'Italia centrale (e per riflesso anche di Roma).

Esatto Acraf. Credo sia proprio questo il punto di interesse. Per cui bisogna andare avanti... :)

(chiedo perdono ma in questi giorni non ho molto tempo, i punti da affrontare sono tanti e delicati, e scrivere cose che valga la pena leggere su questo argomento, beh, necessita, per l'appunto, tempo...)

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Sì, secondo il Gorini la serie fusa di Ariminum dovrebbe essere suddivisa in due serie:

Grazie

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Sì, secondo il Gorini la serie fusa di Ariminum dovrebbe essere suddivisa in due serie:

Standard di ca. 380 g (datato al 264-241 a.C.):

1) Quincuncia (intervallo ponderale: 200,40 - 185,00 g)

2) Quadruncia (185,00 - 139,00 g)

3) Teruncia (122,10 - 96,00 g)

4) Biuncia (85,75 - 68,85 g)

5) Uncia (39,40 - 31,80 g)

6) Semuncia (27,29 - 18,00 g)

Standard di ca. 280 g (datato al 241-217 a.C.), con medesimi tipi della serie precedente:

1) Quincuncia (153,67 - 140,94 g)

2) Quadruncia (128,85 - 95,22 g)

3) Teruncia (95,88 - 85,90 g)

4) Biuncia (67,20 - 52,58 g)

5) Uncia (30,85 - 23,89 g)

6) Semuncia (17,80 - 13,49 g)

Mentre la serie coniata è così sistemata, sempre dal Gorini

Standard di ca. 280 g (datato al 241-217 a.C., quindi coevo alla precedente serie fusa):

1) Semuncia (10,00 - 5,72 g)

Standard di ca. 114 g (datato al 217-210 a.C.):

1) Semuncia (5,71 - 3,50 g)

Vedete con i commenti che ho postato di Ercolani Cocchi e Ortalli e con le osservazioni di Aulisio e mie, viene fuori un quadro un pò diverso.

Un primo punto da capire bene è perchè Ariminum, da colonia latina appena dedotta, abbia adottato un piede fuso almeno inizialmente di 380 g, mentre a Roma, nello stesso tempo, aveva adottato l'asse di 327 g (288 scrupoli). Il primo piede, di origine umbra e attestato su alcuni pesi di pietra trovati in area etrusca, fra cui Marzabotto, non appare compatibile con il coevo sistema romano (quasi 60 grammi di differenza per l'asse, anche se questo non era emesso ad Ariminum, ma solo la sua metà, il quincuncia).

Mi sembra più logico, e i dati archeologici mostrati da Ortalli, che aveva seguito tutti i recenti scavi archeologici di Rimini, hanno evidenziato che i fusi già c'erano quando fu fondata la colonia nel 268 a.C. e la stessa tipologia con Testa di Gallo appare compatibile in un contesto ancora non completamente romanizzato. Dopo la famosa vittoria di Sentino nel 295, contro i Galli, Etruschi e Umbri, nella regione iniziò la penetrazione romana, protesa verso la progressiva conquista della pianura padana (con grande scorno dei nostrani leghisti :pardon: ).

La romanizzazione non fu rapida e immediata, ma agevolò probabilmente la diffusione dell'aes grave anche in quella zona (dal Picenum fino ad Ariminum) seguendo una propria metrologia e la divisione decimale. Quindi siamo negli anni dal 285 al 265 a.C circa.

E' possibile che verso la fine gli ultimi pezzi fusi di Ariminum abbiano avuto peso progressivamente ridotto per allinearsi verso il piede librale osco-latino di 272 g (240 scrupoli), quindi già soggetto a una diretta influenza romana.

Un secondo punto da capire è come mai Gorini pone la semuncia coniata della sua prima serie allo stesso standard della sua seconda serie fusa (standard di 280 g), quando la semuncia fusa pesava sui 15 g e la semuncia coniata (stessa denominazione monetale !) pesava sui 6,5 g

In realtà la moneta fusa e quella coniata non erano proprio intercambiabili (almeno come peso....).

Poi abbiamo già detto sulla variabilità ponderale dei bronzi coniati di Ariminum.

Sarebbe bello poter mettere in ordine, con foto e peso, ogni esemplare noto e confrontare meglio gli stili e altri particolari, per meglio capire la sequenza di questa emissione.

Purtroppo manca ancora un vero Corpus su Ariminum, nonostante i numerosi articoli su questa zecca (basta vedere la biblografia riportata nei recenti articoli di Gorini e di Ercolani Cocchi & Ortalli).

C'è tanto da discutere su questa monetazione, che appare rivestire un ruolo molto delicato nella ricostruzione delle monetazioni nell'Italia centrale (e per riflesso anche di Roma).

Questa volta il buon Alberto è stato impeccabile! Quoto e condivido in toto!

Sono io che sto divenendo "middlenian"o o egli è sulla via della guarigione con una buona cura di tipo "tradizionale"?

Scrivete che vi leggo con piacere....

Vincenzo.

Modificato da Vincenzo
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Non date per scontato che il colono latino (di Rimini) abbia avuto - nel periodo - il medesimo status del civis romanus e del colono romano (di Senigallia), stesso ragionamento va fatto per l'ordinamento giuridico della colonia latina e per i rapporti tra questo ordinamento e quello romano.

Considerate, inoltre, che la deduzione di colonie aveva lo scopo principale di controllare il territorio e, quindi, le esigenze di mercato con le popolazioni circonvicine superavano di molto quelle che la colonia intratteveva con Roma.

Sarebbe interessante confrontare il tutto con il sistema ponderale del territorio destinato ad essere controllato da Rimini e considerare quello (sistema ponderale) latino nel medesimo periodo.

Saluti

Polemarco

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Non date per scontato che il colono latino (di Rimini) abbia avuto - nel periodo - il medesimo status del civis romanus e del colono romano (di Senigallia), stesso ragionamento va fatto per l'ordinamento giuridico della colonia latina e per i rapporti tra questo ordinamento e quello romano.

Considerate, inoltre, che la deduzione di colonie aveva lo scopo principale di controllare il territorio e, quindi, le esigenze di mercato con le popolazioni circonvicine superavano di molto quelle che la colonia intratteveva con Roma.

Sarebbe interessante confrontare il tutto con il sistema ponderale del territorio destinato ad essere controllato da Rimini e considerare quello (sistema ponderale) latino nel medesimo periodo.

Saluti

Polemarco

Interessante osservazione, su cui bisogna ragionare.

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In effetti il sistema librale di ca. 380 g non era presente solo ad Ariminum, ma anche ad Hatria e Vestini e quindi circolava in un'area piuttosto definita, che comprendeva in pratica l'attuale Romagna e Marche. Inoltre queste tre zecche avevano in comune anche il sistema di conto su base decimale.

Sulla parte adriatica variava il piede ponderale a seconda della regione (era diverso ad esempio nella regione dauna), mentre era costante il sistema di frazionamento decimale.

Invece sul lato tirrenico, pur variando ancora i piedi ponderali, il sistema di frazionamento era duodecimale.

In pratica a est dell'Italia si contava con le dita delle due mani.

A ovest dell'Italia si usava il sistema, di origine greca, di contare sapete che cosa: le falangi della mano destra usando il pollice come indicatore. Infatti le falangi dell'indice, medio, anulare e mignolo sono tre e moltiplicate per quattro sono 12.

Per capire qualcosa sui sistemi dell'indigitazione per i conteggi suggerisco questo interessante lavoro:

http://nid.dimi.uniud.it/history/papers/bitto_05.pdf

Comunque sto raccogliendo i lavori su Ariminum, che sono molti e spesso interessanti. Ad esempio ho constatato che sono noti rinvenimenti in cui monete fuse di Ariminum erano associate a monete fuse romane (della serie Apollo/Apollo), ma debbo ancora meglio verificare.

Piuttosto il quadro della frequentazione del sito di Ariminum appare abbastanza ben definito.

Le più antiche strutture riconosciute negli scavi risultano essere realizzate verso la metà del IV secolo e indicano solo che in tale periodo dovette cessare la precaria e sporadica frequentazione dei secoli precedenti (probabilmente concentrate solo sulle attività commerciali dello scalo marittimo).

Tale stabile insediazione, considerando che tutto il territorio propriamente riminese appare fondamentalmente privo di tracce riconducibili a un ambiente etnico-cultirale di tipo celtico, sembra ricondursi a genti umbre, che si erano aggregate a ridosso del litorale che si estendeva al margine settentrionale dei domini dei Galli Senoni, i quali preferivano terreni e alture più all'interno.

Tale insediamento durò per circa 2 - 3 generazioni e intorno agli anni 290-280 a.C. mutò radicalmente la propria fisionomia. I vecchi impianti (come sotto il palazzo Massani) vennero demoliti e ricostruiti con una significativa evoluzione delle qualità residenziali e delle capacità tecniche dei costruttori. Quindi si nota una significativa ristrutturazione verso un nucleo abitativo dal quale si poté generare la nuova città al momento della deduzione coloniale del 268 a.C.

D'altra parte questa evoluzione abitativa appare comprensibile alla luce del nuovo quadro geopolitico che si era determinato dopo la battaglia del Sentino (295 a.C.) e soprattutto dopo la disfatta dei Galli Senoni nelle battaglie presso il torrente Misa (284 a.C. dopo l'assedio senone ad Arezzo) e il lago Vadimonte (283 a.C.). Nello stesso anno 283 avvenne la fondazione della prima colonia romana nel territorio marchigiano, Sena Gallica (Senigallia), così detta per distinguerla da Sena (Siena).

Quindi dopo il 283 a.C. si era praticamente liberato l'ager Gallicus che divenne ager publicus populi Romani.

Quindi si stava maturando la possibilità di creare un presidio romano strategicamente collocato alla foce del fiume omonimo Ariminus.

E' possibile che con il ripopolamento e ampia ristrutturazione dell'abitato Ariminum abbiano anche creato sul posto non solo contadini, commercianti, ma anche artigiani (infatti sembra che già da allora iniziarono le attività di ceramisti locali, poi proliferati dopo la deduzione della colonia). Infatti il vasellame fine da mensa trovato a Rimini appare copiato da opifici che furono molto attivi nell'Etruria meridionale e nel Lazio dall'ultimo decennio del IV secolo al 270-265 a.C., con un culmine collocabile attorno al 285 a.C.

Quindi già in epoca pre-coloniale ci fu probabilmente una ondata di immigrati che si mischiarono agli Umbri rimasti.

Le fonti storiche collocano chiaramente la fondazione coloniale al 268 a.C. che appare essere effettuata secondo un pianificato intervento urbanistico, probabilmente esteso su tutto il sedime destinato allo stanziamento delle migliaia di persone che popolarono la colonia, importante avamposto in territorio ancora infido (basti pensare ai coloni americani che si inoltrarono nel Far West, circondati dagli indiani....).

Una fondamentale obiezione alle ipotesi ribassiste di Gorini è che negli stanziamenti coloniali la costruzione della cinta muraria difensiva costituiva una esigenza prioritaria secondo la famosa regola del Vitruvio (De arch. 1, 6, 1). Per semplificare: innanzi tutto accogliere e proteggere i cittadini, innalzando il circuito murario e poi, al suo interno, delimitare gli spazi pubblici e le insulae abitative scandite dal reticolo viario, delineando compiutamente la forma urbis.

Quando tempo ci mettevano a costruire?

Ovviamente non lo sappiamo; però è da tenere presente che le commissioni dei IIIviri coloniae deducendae, ossia dei funzionari preposti alla definizione dell'impianto urbanistico e alla suddivisione catastale dell'agro restavano in carica mediamente per 3 anni. fino a un massimo di 5 anni, è possibile ipotizzare un simile arco di tempo per un primo completamento della colonia di Ariminum.

L'immediata erezione delle mura risulta attestata da scavi archeologici in diverse città di diritto latino fondate tra fine IV secolo e i primi decenni del III secolo, quali Alba Fucens, Hatria, Paestum e Cosa.

Le stesse mura appaiono costruite con una tecnica, con blocchi poligonali di arenaria gialla di cava locale, che era in vigore soprattutto nella prima metà del III secolo a.C.

Questo appare importante, grazie alle più recenti puntualizzazioni dello scopritore, Ortalli, in un suo articolo apparso sulla rivista Studi Romagnoli, LXI, 2010, sulle stesse circostanze del rinvenimento del famoso donario, che ha dato stura a questa discussione e sul quale tornerò domani (adesso ho sonno e vado a letto....)

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Ottima sintesi Alberto.

Sviluppando le corrette considerazioni di Polemarco mi sentirei di dire che, al di là dell'ovvia relazione con Roma, sia possibile intravedere (o quanto meno ricercare) dei rapporti che si sviluppano lungo quattro direttrici:

1. una direttrice adriatica (Ariminum era città portuale) quanto meno in direzione sud, vedi le corrispondenze ponderali con Hatria (qui sarebbe interessante capire il ruolo di Firmum) e la possibile relazione della serie coniata riminese con quella di Ancona

2. una direttrice verso l'area "padana" (Monte Bibele, Casalecchio, Marzabotto) nei confronti della quale Ariminum potrebbe aver svolto un ruolo di cerniera (in questo caso sarebbe interessante sviluppare il discorso sulle possibili relazioni ponderali con i pesi etruschi rinvenuti a Marzabotto)

3. una direttrice che attraverso l'Umbria conduce a Volterra (sono noti reinvenimenti di aes grave volterraneo in zona, oltre all'importazione di ceramica: nello strato tagliato dalla fossa di fondazione delle mura di Rimini, e quindi precedente alla costruzione delle mura stesse -datato fine IV-inizi III sec. a.C. erano contenuti frammenti di ceramiche volterrane).

4. una direttrice che spinge verso il sud della penisola, attraverso la quale circolano le emissioni bronzee coniate che, presenti a Rimini, ritroviamo ampiamente diffuse in area emiliana (vedi 2).

Modificato da g.aulisio
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Una domanda.

Stabilite le diverse "aree ponderali", le monete che vi appartengono sono da attribuirsi a un periodo pre-romano o pienamente romano?

Io propenderei(o meglio ho già scritto in tal senso) per la prima ipotesi. Mi pare di capire che il buon acraf reputi lo stesso.
Voi che ne pensate?

Vincenzo.

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Per quel che mi riguarda propendo anch'io per la prima ipotesi, se si intende con periodo "romano" quello che inizia con la deduzione coloniale, e senza escludere una presenza romana non istituzionale, se non nel senso di un'eventuale presenza militare, nel periodo "preromano".

Altrimenti non si capirebbe l'utilizzo di piedi diversi da quelli in uso a Roma, per di più non strettamente locali (quale la libbra da 380) ma diffusi ad areale più ampio, ed una suddivisione decimale che non doveva certamente favorire gli scambi (a meno che questi non fossero ex pondere - ma qui si apre un altro discorso :) )

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Ringrazio Aulisio per l’ottima sintesi.

Approfitto, per completare il mio discorso di prima, per dedicare maggiori dettagli al rinvenimento del donario di Ariminum, già accennato nel primo post della presente discussione.

Innanzi tutto le indagini archeologiche hanno evidenziato l’assenza di opere difensive provvisionali, ossia di impianti precari che avrebbero potuto anticipare la realizzazione della cinta muraria in arenaria gialla.

Riporto in corsivo le parole di Ortalli (2010):

“Questa cinta muraria era fondata in trincea, con il lato posteriore appoggiato a un terrapieno e la fronte a vista costituita da un paramento in opera poligonale di tipo evoluto. Sull’esterno la base della muratura era infiancata e sigillata da diversi strati di terreno argilloso semisterile, frammisto a residui di lavorazione di arenaria, che vi si erano addossati nelle fasi finali del cantiere.

Tra i riporti di tale rincalzo di fondazione, integro e chiaramente leggibile nella sua articolazione stratigrafica, si segnala soprattutto quello che in un breve spazio racchiudeva tre monete (una semuncia fusa e due coniate di Ariminum) e un emischeletro di cane di piccola taglia assimilabile a un volpino.”

Bisogna osservare che l’unico disturbo in tale rincalzo era costituito dal cavo di asportazione dei blocchi lapidei, cavati per reimpiego in età medievale, che però interessava SOLO il margine d’appoggio dei depositi terrosi addossati alla cinta (nota 32 dell’articolo di Ortalli).

“Inoltre si deve rimarcare la particolare collocazione planimetrica del punto di rinvenimento, all’angolo tra la cortina muraria e una torre che se ne dipartiva protendendosi verso l’esterno (qui riprendo la figura già postata in # 1, dove ho cerchiato il preciso luogo di rinvenimento): sono peculiarità che permettono, assieme ad altri aspetti archeologici, di interpretare correttamente il contesto.”

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“Le ossa e le monete si trovavano dunque in terreno semisterile, quasi totalmente privo di altri resti che non fossero collegati alle attività di cantiere, così da limitare considerevolmente la possibilità che la loro presenza fosse qui casuale. L’abbandono simultaneo e unitario di tali materiali è suggerito dalla peculiare natura dello strato che li conteneva, legato a procedure lavorative che ne avevano implicato la rapida formazione e l’altrettanto rapido interro. La giacitura orizzontale e non caotica dei reperti indica che in antico questi furono deposti su una superficie piana scoperta. La connessione scheletrica dei resti del cane dimostra che non si trattava di una carcassa erratica bensì di un seppellimento primario, effettuato quando i tessuti molli dell’animale erano ancora conservati. La mancanza di tracce di buche o reincisioni dei depositi argillosi di cantiere addossati alle mura non ammette la possibilità che gli oggetti vi siano inseriti dall’alto, posteriormente alla creazione del rincalzo. I tipi monetali portati in luce sono di notevole rarità, tale da rendere improbabile l’accidentalità della loro presenza, soprattutto quando si consideri l’abbinamento di più esemplari.

Se già di per sé ognuna di queste evidenze documentarie è significativa, nel loro insieme assumono un valore decisivo come prova dello stresso nesso che originariamente sussistette tra la deposizione del cane e delle monete, da un lato, e la costruzione della cinta, dall’altro. In base al contesto di scavo si può infatti ragionevolmente escludere che tali reperti si trovassero a ridosso della fortificazione in quanto smarriti in modo fortuito, o che provenissero casualmente da un sottostante e più antico strato, o, ancora, che fossero stati collocati in quel punto in un momento posteriormente alla costruzione delle mura. Crediamo quindi che vi siano sufficienti ragioni per rigettare le ipotesi che alcuni studiosi hanno formulato in modo generico e senza riscontri oggettivi, basandosi proprio su questi postulati, al fine di rivedere la datazione delle emissioni monetali e della stessa cinta, per la quale si è immaginata una costruzione tra il 240 e il 220 a.C. decisamente poco plausibile per un centro coloniale dedotto in terre di confine più di una generazione prima.

In sostanza i vari dati di cui disponiamo inducono a ritenere che il piccolo cane e le tre monete appartenessero a un deposito votivo di fondazione, intenzionale ed unitario nella sua costituzione, sistemato in una posizione nodale della cinta e presumibilmente reiterato in altri punti del suo tracciato. Il quadro di riferimento, dunque, è quello dei rituali di tipo propiziatorio legati al costruire e alla delimitazione degli spazi che sappiamo propri della tradizione religiosa e folcloristica dell’antichità.”

Quindi siamo con ragionevole sicurezza di fronte a una donazione votiva e abbiamo già visto che il cane, in particolare, veniva immolato proprio nei riti di fondazione delle cinte murarie urbane, con un evidente riferimento simbolico alla sua funzione di guardiano e protettore dei confini e delle abitazioni. A Siena, in un cantiere vicino al Duomo, furono rinvenuti resti di quattro cani assieme a una mandibola canina modellata in terracotta…..

Questo è il punto di vista archeologico, più volte ribadito dal responsabile degli scavi, Jacopo Ortalli (un archeologo molto valente e con molte pubblicazioni alle spalle). Lo strato con le tre monete e il cane è strettamente correlato ad una struttura difensiva che per tipologia architettonica e ancor più per ragioni storiche dovette essere realizzata dai Romani subito dopo il 268 a.C.

(continua)

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