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Dal mistero riguardante l'origine e il significato di questi aurei traspare un nesso che li accomuna.

La teoria più accreditata tende a mette in relazione i soggetti con tre legioni; per l'esattezza il tipo RRC 491/1 alle due stanziate in Africa ed il tipo RRC 491/2 ad una stanziata in Roma; l'emissione risalirebbe ai tempi dei primi dissidi tra Marco Antonio ed Ottaviano, nel 43.

La tipologia dell'emissione RRC 491/1, recante al dritto il busto dell'Africa, appare molto enigmatica, vista la complessa simbologia presente sui rovesci delle due differenti varianti; la teoria tradizionale lo vede correlato alle due legioni che dall'Africa mossero verso l'Italia in sostegno di Ottaviano. Tale associazione scaturisce probabilmente dall'immagine del dritto e dalle due aquile; se, in particolare, si ritiene che le aquile sorreggano la sella curule, potrebbero simboleggiare appunto due legioni poste a fondamento dell'imperium. Al di sopra della sella curule poi trovano posto o un elmo corinzio o due serpenti, elementi che il Crawford perfettamente identifica quali attributi di Minerva.

Un aspetto interessante è rappresentato dalla presenza, al R/ della variante 491/1b, non di uno ma, eccezionalmente, di due serpenti, per giunta contrapposti, forse per rappresentare la situazione di conflitto in atto in quel periodo (tra Ottaviano e Antonio): figli di una stessa madre in quanto identici attributi di una stessa dea, si contrappongono sull'alto della sella curule.

Per quanto attiene alla figura sulla moneta RRC 491/2, una teoria datata la identifica con Venere (al fine di celebrare Giulio Cesare, da poco scomparso); Crawford e Grueber però vi scorgono la Sibilla, seppur in forma dubitativa. In realtà, potrebbe trattarsi di Cibele, che peraltro ha un collegamento con la Sibilla: il simulacro della dea infatti, come narra Tito Livio, nel 205-204 fu portato a Roma seguendo una profezia contenuta nei libri sibillini, per sconfiggere Annibale (proprio nel 204 Scipione l'Africano sbarcava in Africa). Il richiamo all'episodio tramandatoci da Livio può apparire come un esplicito ammonimento: non importa chi sia il nemico, ciò che conta è la salvezza di Roma (anche Crawford, nelle note a RRC 491/2, attribuisce all'immagine un significato propiziatorio e di speranza di vittoria).

In un contesto simile, effettivamente, nessuna altra divinità meglio di Cibele avrebbe potuto meglio rappresentare la militarizzata Roma e la situazione in cui questa si trovava in quel periodo. La vittoria della Seconda Guerra Punica aveva generato una profonda e doverosa devozione del popolo romano nei confronti di tale divinità ma, vuoi per le particolarità dei riti, vuoi per quelle degli stessi sacerdoti preposti a tali culti, questo attaccamento era andato con il tempo ad affievolirsi. Sorte peggiore era toccata ai libri sibillini, distrutti in epoca sillana per via di un incendio. Proprio pochi anni prima della distruzione dei libri, la figura di Cibele era comparsa per la prima volta sul denario, mentre Cimbri e Teutoni minacciavano l'esistenza di Roma (RRC 322/1).


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