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"Les moules monétaires en terre cuite du IIIe siècle : chronologie et géographie." - G. Aubin
Illyricum65 ha aggiunto un nuovo link in La più grande community di numismatica
"Les moules monétaires en terre cuite du IIIe siècle : chronologie et géographie." - G. Aubin View File Studio sugli stampi monetari del III secolo d.C. Submitter Illyricum65 Submitted 27/04/2020 Categoria Monete Antiche-
- stampi monetari in terracotta
- iii secolo d.c.
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Stampi monetari in terra cotta del III secolo
grigioviola ha aggiunto un nuovo link in Monete Romane Imperiali
Se n'era parlato in diverse occasioni nel forum e un accenno l'avevo fatto in un post sulle tecnologie produttive dei radiati imitativi. In questi giorni mi sono imbattuto in un articolo (in francese) e pur con qualche difficoltà mi son dato alla traduzione e alla stesura di uno scritto (una sorta di sintesi dell'articolo) che vi pubblico come spunto per ulteriori analisi e approfondimenti. L'articolo, che si trova tranquillamente in rete, ha una ricchissima bibliografia per chi vuole addentrarsi nella materia ed è un'ottima sintesi degli studi noti fino al 2003 e quindi è materiale piuttosto recente. Buona lettura! Articolo di base: Les moules monétaires en terre cuite du III siècle: cronologie et géographie, Gèrard Aubin, in Revue numismatique, n. 159, 2003, pp 125-162 --------------- STAMPI MONETARI IN TERRA COTTA 1. Il materiale noto. J-P Callu nel suo libro La politique monetaire des empereurs romains de 238 à 311 del 1969 è stato il primo a fornire dei dati quantitativi sui quali argomentare e individuare una sistematizzazione cronologica degli stampi in terra cotta utilizzati per la produzione di monete romane (false e/o di necessità). Prima di lui diversi autori avevano citato o descritto stampi, ma senza mai affrontare una sistematizzazione d’insieme. Un corpus fondamentale dei repertori noti di questa particolare produzione lo si deve a J. Lallemand nel 1994, successivamente implementato con alcuni esemplari, all’epoca inediti o non ancora scoperti, da parte di G. Aubin nel 2003. Aubin, arrivando a censire 142 ritrovamenti (singoli e in gruppo) di stampi monetari, fornisce un quadro statistico preciso sulla conoscenza documentata di questo materiale individuando sostanzialmente quattro gruppi di materiale utilizzabile per uno studio della materia: per 18 ritrovamenti su 142 (12%) c’è una dettagliata catalogazione 8 ritrovamenti su 142 (5%) presentano una decina di stampi descritti 101 ritrovamenti su 142 (71%) offrono notizie imprecise, indicano qualche nome di imperatore e si limitano a descrive pochissimi esemplari per 15 ritrovamenti su 142 (10%) viene semplicemente indicata la presenza generica di stampi in terracotta senza alcuna indicazione di genere Nonostante ci sia un discreto quantitativo di materiale c’è al contempo una forte carenza documentaria, carenza spesso aggravata dallo stato di conservazione degli stampi stessi che in molte occasioni sono stati rinvenuti in frammenti. Proprio per la loro natura, infatti, questi oggetti non possono essere considerati alla stregua di strumenti seriali di un officina di coniazione in quanto il loro era un impiego prevalentemente di usa e getta. Il materiale in qualche maniera noto e censito (reperibile bibliograficamente) è il seguente: 2455 stampi provenienti da Pachten (Germania), 103 stampi da Verbe-Incarné a Lyon (Francia), 34 stampi da Melun (Francia), 100 stampi da Chateaubleau (Francia) 699 stampi da Saint-Mard (Francia), 16 da Rumst (Belgio), una sessantina di stampi da Arras (Francia), 151 da Lyon (Francia), circa un migliaio a Augst (Svizzera). 2. Datazione. L’attenzione sugli stampi viene generalmente catalizzata dal riconoscimento dell’impronta e dalla conseguente identificazione della moneta originale utilizzata per produrli creando così l’assunto consolidato della contemporaneità stampo/moneta. La produzione di questi materiali è concentrata tra il II e il III secolo con picchi in corrispondenza dei Severi, di Gordiano e Filippo e con una coda finale durante l’impero gallico. Nello studio dei ritrovamenti multipli di stampi viene utilizzata l’impronta più recente per la datazione dell’intera produzione utilizzando la medesima tecnica di datazione dei ripostigli monetali, tuttavia questa interpretazione lascia aperte molte problematiche collegate al sistema di fabbricazione di monete fuse. Gli stampi sono dotati di due valve indipendenti recanti una l’impronta del dritto e una del rovescio, tuttavia per realizzare una produzione seriale le valve venivano impilate in cilindri dove solamente le due estremità erano costituite da stampi singoli mentre quelli intermedi erano composti da valve accoppiate. I ritrovamenti hanno messo in luce come spesso le valve accoppiate presentassero dritti/rovesci non riconducibili allo stesso imperatore o alla stessa moneta: uno stampo proveniente da uno scavo a Corseul (Cotes-d’Armor) presenta su una faccia l’impronta di un dritto di un denario di Julia Domna e sull’altra faccia un rovescio di un antoniniano di Aureliano. Questo fatto crea ovviamente non poche perplessità e interrogativi per quanto riguarda una corretta datazione in quanto ci si trova di fronte a monete distanziate da un arco temporale piuttosto lungo (una sessantina d’anni) che ovviamente mettono in discussione la datazione di tutti gli stampi rinvenuti. Ci si trova di fronte a un fenomeno di falsificazione coevo o di poco posteriore rispetto gli originali oppure si tratta di una produzione realizzata in un periodo nettamente successivo alla coniazione delle monete falsificate? La presenza di ibridi realizzati a ridosso delle monete imitate non avrebbe forse creato qualche difficoltà di assorbimento nel flusso circolante? Infine un'altra circostanza rende difficile una corretta identificazione cronologica della produzione degli stampi in terracotta: accanto al relativamente elevato numero di esemplari (e frammenti) scoperti c’è una elevata penuria di rinvenimenti di monete fuse… virtualmente sembrano non esserci monete prodotte da questi stampi e quelle che ci sono, sono in numero fortemente esiguo. Un dato importante infatti per una collocazione temporale della produzione degli stampi in terracotta potrebbe venire dall’analisi della datazione dei ripostigli contenenti monete fuse. Gerard Aubin nel suo articolo fornisce questa tabella indicativa e non esaustiva dei ripostigli monetali utili a questa ricerca: [ripostiglio] [num. monete] [num. monete fuse su imitate] [autorità imitata] [termine ripostiglio] Eauzé > 28003 > 2? Su 25? > 1d Severo, 1d Julia Domna > 261 Saint-Boil > 7d + 515 ant. > 1/1 > 1 Postumo > 263 Cravent > 4410 > 7/122 (5,7%) > 3 Gordiano, 1 Filippo, 1 Volusiano, 2 Postumo > 270 Courcité > 3258 > 8 /124 (6,5%) > 2 Gordiano III, 1 Octacilia, 1 Decio, 1 Gallo, 3 Postumo > 271 Tournai > 1938 > 1/49 (2%) > 1 Postumo > 271 (281?) Saint-Maximin > 1437 > 4/64 > 2 Postumo, 2 Tetrico II > 273 Marboué > 1684 > 3/27 > 1 Gallieno, 2 Postumo > 274 Aldbourne > 5077 > 10/266 (3,75%) > 1 Gallieno, 1 Claudio II, 1 Postumo, 2 Vittorino, 5 Tetrico > 274 Cunetio > 54951 > 64/2149 (3%) > da Gordiano a Claudio e Tetrico > 274 Bourg-Blanc > 1d. + 825 ant. > 1/4 > 1d Caracalla > 276 Rouilly-Sacey > 3598 > 10/3032 (0,3%) > 2 Gallieno, 3 Vittorino, 5 Tetrico > 278 Bus-la Mésière > 782 > 1/70 > 1 Tetrico II > 278 Goeblingen-Miecher > 2769 > 7/259 (2,7%) > 1d Severo Alessandro, 2 Postumo, 3 Vittorino, 1 Tetrico > 279 Coleby > 7767+ > 67/786 (8,5%) > 16 Gallieno, 3 Salonina, 2 Claudio II, 1 Postumo, 34 Vittorino, 11 Tetrico > 281 Chalfont > 6682 > 2/197 (1%) > 2 Postumo > 281 Tattershall Thrope > 5074 > 19/24 (6,6%) > 1 Gallieno, 1 Salonina, 1 Postumo, 7 Vittorino, 7 Tetrico, 1 radiato non identificabile > 281 Saint-Maurice-de-Gourdans > 1272 > 2/328 > (0,6%) > 2 Tetrico II > 284 Normamby > 47909 > 74/2262 (3,3%) da Gallieno a Probo > 289 Infine un ulteriore contributo, seppur frammentario, alla datazione degli stampi in terracotta arriva dalle analisi stratigrafiche archeologiche dei rinvenimenti singoli. Laddove d’aiuto, il dato emergente da queste analisi individua il termine di datazione nel III secolo, attestandolo principalmente attorno alla metà con qualche sconfinamento all’inizio del IV secolo. 3. Distribuzione geografica. Contrariamente a quanto si possa pensare, la diffusione degli stampi in terracotta non copre l’intera estensione dell’impero romano bensì risulta fortemente delimitata in Francia, Germania, Belgio e Bretagna in un area fortemente coincidente con l’impero gallico. Certo sono noti alcuni ritrovamenti fuori da questa macro area, tuttavia la maggiore concentrazione si ha in queste località: Bretagna (29 siti), Belgio (23 siti), area di Lyon (12 siti), Germania superiore (9 siti), Germania inferiore (5 siti), Aquitania (7 siti). Per quanto riguarda l’Italia è noto solamente un ritrovamento a Padova avvenuto nel 1972 di uno stampo riconducibile al periodo 193-218 d.C. 4. Ipotesi e conclusioni. L’interpretazione dei dati raccolti si focalizza sul diramare di una duplice questione: si tratta di stampi realizzati per la produzione di moneta fraudolenta (falsi di origina privata) oppure di un rimedio ufficiale o quantomeno tollerato per sopperire la penuria di moneta circolante? Due grossi studi si sono concentrati sul cercare di dare una soluzione o quantomeno un’interpretazione più sicura a questo fenomeno. Il primo a opera di M. Andolfi basato sull’analisi di 2455 stampi in terracotta provenienti dalla città di Pachten da un sito riconducibile a un’officina di un artigiano falsificatore. Gli stampi identificati corrispondono a 141 monete originali: 114 denari da Commodo a Alessandro severo (più uno di Fustina II); 6 antoniniani di Julia Domna, Gordiano III, Filippo, T. Decio, T. Gallo e Valeriano II; 2 sesterzi di Marco Aurelio e Commodo e 19 assi da Marco Aurelio a Gordiano III. Un dato significativo riguarda lo stato di conservazione dei denari utilizzati per la realizzazione degli stampi che sono stati scelti pressoché fior di conio rispetto gli assi e i sesterzi. L’officina ha operato in un arco temporale che va dal 220 al 260 circa. Le osservazioni della Andolfi pongono l’accento sul fatto che tutta la produzione veniva realizzata in bronzo e leghe a pressoché nullo contenuto di argento anche nel caso di imitazione di denari, che il peso delle monete di bronzo imitate era inferiore dell’originale e che i prodotti realizzati dovevano servire il mercato locale e scomparvero al ripristinarsi del flusso monetario ufficiale. Il secondo studio a opera di Pilon, riguarda l’officina individuata a Chateaubleau dove gli stampi sono stati utilizzati per produrre essenzialmente antoniniani e sesterzi di Postumo e in minima parte di Tetrico. L’officina era di una certa importanza e rimase in attività in un primo periodo dal 260 al 275 producendo monete di buona qualità sia fuse che coniate e sia in rame che argento e tutte di gran modulo. Una seconda fase produttiva è poi da ricondurre al 276-280 dove è attestata esclusivamente la produzione di radiati imitativi di bassa qualità chiaramente moneta di necessità). L’analisi di questo sito mette in stretta relazione la produzione di moneta fusa con il periodo d’esistenza dell’impero gallico creando uno stretto parallelo con la produzione dei radiati imitativi di necessità. L’analisi dei dati non fornisce risposte certe, tuttavia è più che lecito supporre che la produzione dei denari fusi creati con stampi in terracotta sia da porre in relazione al periodo d’esistenza dell’impero Gallico e alla scomparsa che ci fu in quel periodo del numerario d’argento. Resta ancora da chiarire però se il fenomeno era dovuto alla confusione monetaria creatasi in quel periodo che permetteva e tollerava una simile produzione fraudolenta oppure alla reale necessità di mantenere nei flussi commerciali la presenza di monete in qualche modo riconducibili al denario. In sintesi, quali considerazioni conclusive, si può affermare che nella stragrande maggioranza dei casi gli stampi in terracotta sicuramente devono essere considerati di fabbricazione posteriore rispetto l’impronta che recano e che il fenomeno di produzione di moneta fusa fu di tutt’altra entità (non minore, addirittura minima) rispetto alla produzione dei radiati imitativi.
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