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Risultati per Tag 'serie : finestra sulla storia'.
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Germanico , figlio di Druso e nipote di Tiberio , fu colui che per iniziativa personale o piu’ probabilmente con il consenso dello zio Tiberio vendico’ la disfatta di Teutoburgo nella battaglia campale di Idistaviso nell' anno 16 , contro Arminio , recuperando due delle tre aquile delle tre legioni di Varo vinte con l’ inganno del tradimento di Arminio . Germanico mori’ nell’ anno 19 ad Antiochia per mano romana . In breve questi i fatti che precedettero la morte di Germanico a partire dall’ incarico datogli da Tiberio per stabilizzare la situazione nella zona orientale dell’ impero ; da Wikipedia : “A turbare, infatti, la situazione orientale erano intervenute le morti del re della Cappadocia Archelao, che era venuto a Roma a rendere omaggio al nuovo princeps, Tiberio, di Antioco III, re di Commagene, e di Filopatore, re di Cilicia: i tre stati, che erano vassalli di Roma, si trovavano così in una situazione di instabilità politica da non sottovalutare. La difficile situazione orientale rese così necessario un nuovo intervento romano, e Tiberio nel 18 inviò il figlio adottivo, Germanico, cui fu concesso l'imperium proconsulare maius su tutte le province orientali. Tiberio, tuttavia, non aveva fiducia in Germanico, che in Oriente si sarebbe trovato lontano da qualsiasi controllo ed esposto alle influenze dell'intraprendente moglie Agrippina maggiore, e decise dunque di affiancargli un uomo di sua fiducia: la scelta di Tiberio ricadde su Gneo Calpurnio Pisone, che era stato collega nel consolato dello stesso Tiberio nel 7 a.C., aspro ed inflessibile. Germanico, dunque, partì nel 18 verso l'Oriente assieme a Pisone, che fu nominato governatore della provincia di Siria. A Pisone era, dunque, affidato il compito di consigliare Germanico nella sua missione, ma soprattutto quello di tenerlo a freno, evitando attriti con i Parti, considerando il suo carattere particolarmente emotivo ed impulsivo. Tiberio temeva forse che, dopo la Germania, Germanico desiderasse emulare Alessandro Magno in Oriente. Giunto in Oriente, Germanico, con il consenso dei Parti, incoronò ad Artaxata un nuovo sovrano d'Armenia: il giovane Zenone, figlio del sovrano del Ponto Polemone I e soprattutto filoromano. Stabilì, inoltre, che la Cappadocia fosse istituita come provincia a sé stante, e che la Cilicia entrasse invece a far parte della provincia di Siria. Germanico aveva così brillantemente risolto tutti i problemi che avrebbero potuto far temere l'accendersi di nuove situazioni di conflitto nella regione orientale. In seguito all'annessione della provincia di Cappadocia sotto Tiberio (nel 17/18), furono posti lungo il fiume Eufrate alcuni forti militari a presidio del settore settentrionale del limes orientale. E qui, come in altre località, potrebbe essere sorto un primo sito di milizie ausiliarie. Dalla Siria aprì, infine, dei negoziati con Artabano II, desideroso di rinnovare il trattato di amicizia. Anche altri Stati intavolarono negoziati con il principe romano, ma si avvicinava l'inverno e Germanico decise di riposarsi in Egitto per l'inverno. Tornato in Siria agli inizi del 19, entrò in aperto conflitto con Pisone, che aveva annullato tutti i provvedimenti che il giovane figliastro di Tiberio aveva preso; Pisone, in risposta, decise di lasciare la provincia per fare ritorno a Roma. Poco dopo la partenza di Pisone, Germanico cadde malato ad Antiochia e morì il 10 ottobre dopo lunghe sofferenze; prima di spirare, lo stesso Germanico confessò la propria convinzione di essere stato avvelenato da Pisone, e rivolse un'ultima preghiera ad Agrippina affinché vendicasse la sua morte. Officiati i funerali, dunque, Agrippina tornò con le ceneri del marito a Roma, dove grandissimo era il compianto di tutto il popolo per il defunto. Tiberio, tuttavia, evitò di manifestare pubblicamente i suoi sentimenti, e non partecipò neppure alla cerimonia in cui le ceneri di Germanico furono riposte nel mausoleo di Augusto. In effetti Germanico potrebbe essere deceduto di morte naturale, ma la popolarità crescente enfatizzò molto l'avvenimento, che comunque è anche ingigantito dallo storico Tacito" Questi i fatti che precedettero la morte di Germanico , ma quali prove esistono dell’ avvelenamento a parte la convinzione di Germanico che da sola dovrebbe escluderne altre ? Chi fu il mandante e chi l’ esecutore ? E’ ancora Tacito che racconta quali segni sembrerebbero suffragare la possibilita’ dell’ avvelenamento . Germanico era dunque convinto di essere stato avvelenato , anche la moglie Agrippina Maggiore era di questo avviso . Tacito , Annali : “Prima della cremazione il corpo fu esposto denudato nel Foro di Antiochia , luogo destinato alla sepoltura , non risulta che rivelasse segni di veleno , infatti i vari indizi si interpretavano in modo diverso a seconda che prevalesse la pieta’ per Germanicoe quindi la presunzione del sospetto , oppure per le simpatie per Pisone” Invece in base a quanto racconta Cassio Dione , Storia Romana , la prova del veleno era evidente sul corpo nudo : “Mori ad Antiochia . Che fosse stato ucciso per avvelenamento lo rivelo’ la condizione del suo corpo , che venne condotto nel Foro ed esposto davanti ai presenti” Anche Flavio Giuseppe , Guerra Giudaica e’ convinto dell’ avvelenamento di Germanico : “Il principe fu ucciso col il veleno” . Svetonio , in Caligola , e’ ancora piu’ chiaro circa l’ avvelenamento : “Oltre alle lividure che erano sparse su tutto il suo corpo e le schiume che uscivano dalla bocca , quando fu cremato si trovo’ tra le ossa il cuore intatto” . Nel racconto di Svetonio il particolare del cuore intatto che ha resistito al fuoco sembra essere un particolare importante come conseguenza del veleno . Concludendo circa la causa della morte di Germanico , non e’ possibile essere certi che sia stato avvelenato , ma quasi tutti i racconti degli storici sembrano convergere verso questa conclusione ; in questo caso l’ autore del fatto dovrebbe essere stato Pisone , ma fu un gesto privato o istigato da chi ? Tiberio sembra essere il piu’ indiziato ma non va esclusa anche sua madre Livia per proteggere Tiberio dal sempre piu’ amato dal popolo , Germanico ; d’ altra parte Livia fu anche sospettata di avere in precedenza avvelenato Augusto quando questi si riavvicino’ ad Agrippa Postumo esiliato a Pianosa , forse con l’ intento di Augusto di riabilitarlo , diventando cosi’ un pretendente all’ Impero al posto di Tiberio . La vendetta per la morte di Germanico spetto’ alla moglie Agrippina , ma cadde sotto le trame di Tiberio e del suo Prefetto del Pretorio , Seiano , morendo esule a Ventotene , spetto’ infine al figlio Caligola risollevare politicamente il padre Germanico diventando il terzo Imperatore di Roma . In foto statua bronzea di Germanico al Museo civico di Amelia , frammento dell' urna marmorea contenente le ceneri di Germanico trovata nel Mausoleo di Augusto nel corso degli scavi del 1928 insieme al frammento della probabile nuca di Germanico , Asse e Dupondio di Germanico a ricordo delle aquile recuperate in Germania , monete emesse postume dal figlio Caligola .
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Marco Aurelio e’ ricordato con l’ epiteto di “filosofo” , tutta la sua esistenza fu indirizzata dagli insegnamenti ricevuti dai suoi precettori in giovanissima eta’ e a queste guide filosofiche si ispiro’ per tutta la sua vita raggiungendo l’ apice con la sua raccolta di “ricordi” scritta pare in piu’ anni e nelle fredde sere degli accampamenti militari ; ma fu un pagano e a tale religione rimase fedele vedendo in questa la salvezza di Roma , salvezza che in questo periodo era messa in seria discussione a causa delle continue guerre ai confini orientali prima e reno danubiani dell’ Impero subito dopo , tutto questo mentre una feroce epidemia imperversava in tutto l’ impero . Marco Aurelio fu un attivo seguace della filosofia o fu un uomo irrimediabilmente diviso tra dovere imperiale e carattere naturalmente portato verso questa teoria della vita ? Gia’ diversi anni fa Augusto Fraschetti nel suo libro : "Marco Aurelio . La miseria della filosofia" , si era posto una domanda simile , in effetti alle aspirazioni comportamentali dettate dalla filosofia che difficilmente potevano essere applicate alla carica che ricopriva , si contrappose una durezza nei confronti del cristianesimo , reo di non sacrificare agli dei protettori di Roma e quindi dello Stato , eclatanti furono i fatti di Lione e meno conosciuto quello di Santa Felicita di cui andremo a parlare ; occorre aggiungere che anche la Storia Augusta mette in discussione questa “filosofia” di Marco Aurelio affermando che molti sospettavano l’ Imperatore essere abile nel dissimulare . Tralasciando il massacro dei martiri di Lione avvenuto nel 178 dell’ impero di Marco Aurelio , i cui fatti sono facilmente rintracciabili , vediamo il martirio di Santa Felicita e dei suoi sette figli . La martire Santa Felicita era nativa di Alife , antica citta osco sabellica oggi in provincia di Caserta , mentre i suoi sette figli sono denominati anche "Santi Sette Fratelli" e venerati come martiri dalla Chiesa cattolica , i loro nomi sono : Felice, Filippo, Vitale, Marziale, Alessandro, Silano e Gennaro . Alcuni ritengono che la Santa venne martirizzata sotto Antonino Pio , la "Passio" di Felicita venne composta tra la fine del IV e l' inizio del V secolo , testo nel quale si parla di un Antonino Augusto , ma altri importanti indizi fanno ritenere invece che il fatto avvenne al tempo di Marco Aurelio Antonino . Vediamo i fatti . Santa Felicita subi martirio insieme ai suoi sette figli nel corso delle persecuzioni avvenute sotto Marco Aurelio ; gli Atti del suo martirio e dei figli risalgono ad eta’ molto antica , in questi Atti si nomina un imperatore Antonino Augusto e di un Prefetto a nome Publio , probabilmente Publio Salvio Giuliano , Prefetto di Roma nel 162 al tempo appunto di Marco Aurelio . Inoltre la data citata concorda con altre indicazioni scritte negli Atti , dove si parla di due Imperatori , uno a Roma e l’ altro in Oriente , probabile riconoscere questi due Imperatori in Marco Aurelio e Lucio Vero , altrimenti bisognerebbe attendere fino al tempo di Diocleziano e Massimiano , ma dagli Atti non risuletrebbe una data cosi' lontana . Negli Atti si parla anche del tipo di martirio al quale Felicita e figli furono sottoposti . Il Prefetto di Roma , Publio e i religiosi Pontefici persuasero l’ Antonino imperatore che gli dei di Roma erano irritati , per questo continue guerre ed epidemie e chiedevano la morte della donna che inoltre rifiutava con fermezza cristiana , promesse e minacce ; il giorno dopo il Prefetto Publio nel Foro di Marte Ultore fece giustiziare Felicita e figli . Precedentemente il supplizio i sette figli di Felicita furono interrogati a gruppi , i primi furono Gennaro , Felice e Filippo , poi Silano , seguirono Alessandro , Vitale e Marziale , l’ Antonino imperatore in base alle ferme risposte cristiane che diedero i sette figli di Felicita , li condanno’ a supplizi diversi , questo il testo degli Atti : “ Antoninus vero misit eos ad diversos iudices ut variis suppliciis afficierentur . E quibus unus iudex primum fratem plumbatis occidit , alter secundum et tertium fustibus mactavit , alius quartum praecipitio interemit , alius in quintum , sextum et septimum capitalem fecit subire sententiam . Alius matrem illorum capite truncari iussit . Et ita diversis suppliciis interempti , omnes effecti victores et martyres Chiristi et cum matre triumphantes ad praemia in caelis percipienda convolarunt…..” Santa Felicita e il figlio Silano furono poi sepolti insieme , gli altri figli suddivisi in altri cimiteri romani . La Santa e il figlio vennero deposti nel cimitero Massimo che si trovava nella Via Salaria fuori Porta Collina .
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Spesse volte quando leggiamo le storie degli Imperatori romani ci soffermiamo principalmente sulle loro azioni militari e nel settore civile e religioso , cioe’ amministrativo e giuridico . Ma chi erano questi Augusti ? Da quale famiglie discendevano ? Cenni piu’ o meno completi li hanno tramandati gli storici a loro contemporanei e postumi , vedi Svetonio fino a Domiziano , gli autori della Storia Augusta iniziando , anche se frammentariamente , dalla vita di Adriano fino a Numeriano , con le dolorose perdite delle vite di Nerva e Traiano piu’ quelle da Filippo fino a parte della vita di Valeriano . Altri storici successivi ci hanno tramandato fatti degli Imperatori dal IV secolo fino agli inizi del V secolo dell’ Impero occidentale , vedi Ammiano Marcellino , Zosimo ed altri . In questo Post vorrei trattare delle vite di due Imperatori di “transizione” o di emergenza , che regnarono per pochi mesi , meno di quattro , a cavallo tra Massimino e Gordiano III , Imperatori eletti dal Senato in fretta e furia per contrastare la discesa militare in Italia del Trace non certo in viaggio di piacere , tutt’ altro . Per questa ricerca sulle origini familiari di Balbino e Pupieno mi sono servito di varie fonti di libri e della rete . Balbino , il cui nome completo era Decimus Caelius Calvinus Balbinus , tradisce un prenome , un gentilizio e due soprannomi , quello che interessa per la ricerca sono il gentilizio e i due soprannomi . Il gentilizio Caelius e’ di grande antichità e di chiara discendenza etrusca , nessun Coelius raggiunse uffici superiori dello stato romano fino a Publius Caelius nel 74 a.C. e il primo di questa Gens che ottenne il consociato fu Gaio Caelius Rufus nel 17 d.C. . Si presume quindi che l'imperatore Balbino fosse un discendente dei Caelii , come la Storia Augusta conferma circa la discendenza aristocratica . I Caelii rivendicarono la discendenza dall' eroe etrusco Caelius Vibenna , le cui avventure furono leggendarie in Etruria , ma in gran parte dimenticate a Roma ; l' Imperatore Claudio che era profondamente interessato alla cultura etrusca , descrisse le avventure di Caelio , di suo fratello Aulus Vibenna e del loro compagno , Macstarna , che Claudio sosteneva fosse la stessa persona di Servio Tullio , il sesto re di Roma . La famosa tomba di Francois scoperta a Vulci comprende un affresco raffigurante uno di questi episodi , in cui, aiutati da un compagno , i tre eroi e i loro amici fuggono dalla prigionia e uccidono un nemico di nome Gnaus Tarquinius di Roma . Successivamente Vibenna e i suoi seguaci si stabilirono a Roma sulla Querquetulan , o collina coperta di quercia , che in tempi successivi era generalmente conosciuta come la collina di Caelian , una delle famose sette colline di Roma . I due soprannomi o cognomi di Balbino : Calvinus e appunto Balbinus denotano l’ usanza dei Romani di nominare i personaggi piu’ in base al soprannome che al gentilizio familiare , forse come difetto o pregio di riconoscimento , infatti Calvino o Calvisio pare discenda da persona calva e Balbino o Balbo da persona balbuziente . Come curiosita’ va ricordata anche una Santa a nome Balbina . Balbina nasce sotto Traiano , non si conosce il gentilizio , ma si ritiene probabile da una Gens importante quale la Cornelia che usarono il Cognome Balbus , famiglia senatoria tra le più antiche a Roma , di cui, però doveva esser parte di un ramo minore, quello dei Balbo . I diversi rami infatti , si riconoscevano dal nomignolo . Di Balbina non si hanno molte notizie certe . La vita leggendaria di Balbina è pervenuta a noi tramite due tradizioni agiografiche : la ‘'passio Alexandri'’ (VI secolo) che confonde papa Alessandro I con l' omonimo martire della via Nomentana ; e la ‘'passio ss. Balbinae et Hermetis' , che della prima è un'appendice. La leggenda narra che la figlia di Quirino , un tribuno nell' esercito romano al quale era stato ordinato di tenere in prigione a causa della loro fede cristiana papa Alessandro I e un uomo di nome Hermes . Poi convertitosi , Quirino chiese al Papa di guarire sua figlia Balbina che aveva una grande gozzo . Papa Alessandro gli chiese di portargli la figlia al suo cospetto , così Quirino rapidamente tornò a casa e portò la figlia al carcere dove era rinchiuso il papa ; entrambi si inginocchiarono davanti a lui in segno di riverenza . Poiché Balbina baciava gli anelli delle catene con le quali il Papa era legato , quello le disse: "Non baciare queste catene , ma vai a trovare quelle di san Pietro e , una volta che le hai trovate , baciale con devozione e presto guarirai". Quirino sapeva dove Pietro era stato detenuto prima del suo martirio e immediatamente prese Balbina con sé , la portò lì e la fanciulla subito guarì . Quirino rilasciò papa Alessandro e Hermes liberi . Insieme con la moglie e la figlia fu battezzato dal Papa . Papa Alessandro stabilì che il miracolo delle catene doveva essere celebrato da quel giorno in avanti e fece costruire la chiesa dedicata all' Apostolo Pietro , nel luogo dove da allora sono tenute le catene , oggi San Pietro in Vincoli . Secondo un altro racconto a Quirino era stato ordinato di giustiziare Alessandro e altri due , Evenzio e Teodolo , che erano stati arrestati per ordine di Traiano . Quirino però si convertì al Cristianesimo dopo aver assistito ai miracoli compiuti da questi tre santi e fu battezzato insieme alla moglie e la figlia Balbina . In entrambi i racconti Quirino fu poi arrestato come cristiano e martirizzato con la decapitazione il 30 marzo 116 . Fu sepolto nella Catacombe di Pretestato sulla Via Appia . La sua tomba fu poi considerata con grande venerazione ed è indicato nelle antiche guide per i pellegrini delle catacombe romane . Non è noto cosa è successo a Balbina dopo la morte di suo padre : secondo una versione fu arrestata insieme a suo padre nel 116 e decapitata dopo lunghe torture ; ma secondo altri racconti visse come un suora vergine fino alla sua morte : venne chiesta più volte in sposa ma rimase sempre fedele al suo voto di verginità . Poi nel 130 fu riconosciuta colpevole di essere cristiana e condannata a morte dall' Imperatore Adriano . Venne annegata o sepolta viva , a seconda delle versioni dei racconti agiografici . Dopo la sua morte fu sepolta accanto a suo padre nella catacomba di Pretestato sulla Via Appia . In una data successiva , le ossa e le reliquie di Quirino e Balbina furono portate nella Chiesa costruita in suo onore nel IV secolo . Esiste anche un sarcofago di Balbino è uno dei pochi di epoca imperiale . Venne ritrovato frammentato sulla via Appia e restaurato . Sul coperchio , come era nell' uso etrusco , erano raffigurati Balbino e la moglie distesi affiancati sul coperchio . Circa l’ origine familiare dell’ Imperatore Pupieno il percorso e’ meno facile ad iniziare dal gentilizio , infatti il suo nome completo era Marcus Clodius Pupienus Maximus , sembrerebbe che Pupieno avesse due gentilizi : Clodius e Pupinius , forse derivante dal nome della madre , in quanto Pupienus non ha alcun significato ; il gentilizio Clodius lo avevano alcuni membri della Gens Claudia ai quali venne anche attribuito il nome di Clodius , variante grafica conforme alla pronuncia popolare del nome gentilizio Claudius , mentre Pupinius deriverebbe dalla Gens Pupinia che fu un' antichissima famiglia patrizia esistente già ai tempi di Romolo e probabilmente inclusa nelle cento gentes originarie ricordate dallo storico Tito Livio . Secondo Theodor Mommsen l' antichità di questa famiglia si deduce dal fatto che essa diede il nome ad una delle antiche tribù rustiche , l'omonima tribù Pupinia . Poiché in epoca storica si trovano esponenti della Gens Pupinia soltanto di ceto plebeo , il Mommsen ritiene che la famiglia patrizia originaria si fosse estinta precocemente , lasciando tuttavia il nome alla propria Tribù , divenuta nel 495 a.C. una delle prime 16 Tribù Rustiche . Le notizie storiche relative alla Tribù Pupinia sono piuttosto scarse : sappiamo che con la progressiva espansione di Roma a questa tribù vennero ascritti vari territori italici e provinciali oggetto di conquista , tra i quali le città di Trebula nel Sannio e Sassina in Umbria , Forobrentani in Etruria , Laus Pompeia in Lombardia . In origine sembra che abitasse la regione a nord est di Roma , come ci tramanda Tito Livio , secondo il quale, durante l' incursione di Annibale verso Roma , il condottiero cartaginese da Gabii passò per la regione Pupinia e pose il campo ad 8 miglia da Roma . La Storia Augusta racconta di Pupieno che La sua famiglia era composta dal figlio Tiberio Clodio Pupieno Massimo e dalla figlia Pupiena Sestia Paolina Cetegilla ; forse Marco Pupieno Africano , console del 236 fu suo figlio . La carriera di Pupieno è raccontata dalla spesso inaffidabile Historia Augusta che dipinge un uomo di umili condizioni salito nella scala sociale grazie a una carriera nell' esercito romano . Secondo questa fonte Pupieno sarebbe stato prima Primus Pilus poi Tribuno militare , Pretore , Proconsole di Bitinia , Grecia e Gallia Narbonense , Console suffetto e ordinario ; combatté prima nell' Illirico contro i Sarmati Iazigi e poi divenuto Governatore di Germania contro i Germani . Nel 234 sarebbe divenuto Praefectus Urbi , guadagnandosi la fama di severità . Il più autorevole Erodiano conferma il governatorato della Germania , che esercitò con successo , tanto che in seguito , quando avrebbe avuto bisogno di raccogliere truppe contro Massimino il Trace , sarebbero accorsi molti Germani . Al di là della veridicità del racconto al riguardo delle sue umili origini , Pupieno è attestato come appartenente all' aristocrazia senatoriale romana . In conclusione di Pupieno rimane oscuro l’ origine del nome o cognome con cui e’ passato alla storia . Due Sesterzi di Balbino e Pupieno piu' un file , sfogliandolo , circa a meta' si trova il sarcofago di Balbino . pp_arte_paleocristiana_delle_origini.pdf
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Una famosa battaglia raccontata da un grande storico
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Molte furono le battaglie combattute dai Romani , ma questa fu particolarmente importante perche' meno di due decenni dopo porto' come conseguenza al completamento geografico dell' Italia come la conosciamo oggi . I preliminari per cui si giunse in un indeterminato giorno del 225 a. C. , quando il terribile ricordo dei Celti e di Brenno in particolare venne rimosso con la conseguente prossima conquista della Valle Padana . Nel 238 (tutti gli anni citati sono a. C.) i Boi avevano ricominciato la guerra chiamando alle armi tutti i loro connazionali , tutti risposero alla causa comune e nel 236 un esercito di Celti quali l’ Italia non aveva mai visto si accampo’ vicino Rimini . I Romani in quegli anni sul finire deL III secolo , sentendo prossima una seconda guerra con Cartagine , preferirono la diplomazia alle armi e invitarono a Roma una ambasceria dei Celti per discutere la situazione ; i Celti sentendosi forti vista anche l’ inattivita’ romana in zona , osarono chiedere spavaldamente la cessione di Rimini , ma un’ inaspettato avvenimento nella transalpina cambio’ tutto : i Boi vennero in lotta con i connazionali transalpini , perdendo entrambi i loro capi in battaglia , Ati e Galata . I boi cosi’ indeboliti non solo rinunciarono a Rimini ma dovettero cedere a Roma alcuni loro territori ; infatti i Romani sospettando un attacco di Annibale via terra erano dell’ avviso di occupare tutta la Valle Padana . I Celti , forse anche sobillati da Annibale , si mossero prima dei Romani , solo i Cenomani rimasero fedeli a Roma mentre tutti gli altri ceppi dei Celti si unirono ai Boi , anche quelli della Valle del Rodano condotti da Concolitano e Anereste si unirono ai Boi ; dalla Padana si mosse un esercito di Celti verso gli Appennini composto da 50.000 fanti e 20.000 cavalieri seguiti da carri , diretti spediti verso Roma , l’ ombra di Brenno li guidava . I Romani , presi forse alla sprovvista , capirono subito la gravita’ della situazione e il popolo ci mise anche del suo credendo Roma persa , ma il Senato con un rito espiatorio , fece sotterrare vivi nel foro romano una coppia di Celti come per esorcizzare il destino e si mobilito' per la guerra . Militarmente i Romani di quei tempi affidavano la loro forza combattiva a sole quattro Legioni , piu’ gli alleati , due per ogni Console in carica che formavano due eserciti di circa 25.000 fanti e 1.000 cavalieri ognuno . Uno dei due eserciti era stanziato in Sardegna agli ordini di Attilio Regolo , l’ altro a Rimini agli ordini di Emilio Papo . Entrambi gli eserciti ricevettero dal Senato l’ ordine di riunirsi al piu’ presto in Etruria . Nel frattempo Etruschi , Sabini ed Umbri ebbero l’ ordine di sbarrare i passi appenninici in attesa della riunione dei due eserciti romani mentre a Roma si arruolavano uomini atti alle armi . I Celti nel frattempo superato l’ Appennino scesero devastando le pianure etrusche giungendo a Chiusi , quando comparve al loro fianco l’ esercito di Emilio Papo proveniente da Rimini , mentre gli Etruschi seguivano alle spalle l’ avanzata dei Celti ; questi accortisi di essere seguiti tesero un agguato agli Etruschi , un giorno i Celti finsero di ritirarsi , gli Etruschi nulla sospettando vennero tratti in un agguato e lasciarono sul campo 6.000 morti , il resto venne salvato dall’ esercito di Papo corso al loro soccorso . A questo punto i Celti per qualche ignoto motivo decisero di tornare indietro seguendo la via terrestre lungo il mare Tirreno , forse erano troppo carichi di bottino e ritennero inutile proseguire verso Roma , ma presso la localita’ di Talamone si trovarono la strada sbarrata dall’ esercito di Attilio Regolo giunto dalla Sardegna e sbarcato presso Pisa . Avvisato opportunamente il collega Emilio Papo in modo tale che i due eserciti romani presero in trappola i Celti , i Transalpini e gli Insubri si scontrarono con le Legioni di Papo , mentre i Taurisci e i Boi se la videro con quelle di Regolo . La vittoria romana fu completa : 40.000 Celti giacevano moorti e 10.000 furono fatti prigionieri , pochi si salvarono . Ma ora e’ giunto il momento di lasciare la parola a Polibio : “ I Celti si erano preparati proteggendo le loro retroguardie, da cui si aspettavano un attacco di Emilio, provenendo i Gesati dalle Alpi e dietro di loro gli Insubri; di fronte a loro in direzione opposta, pronti a respingere l'attacco delle legioni di Gaio, misero i Taurisci ed i Boi sulla riva destra del Po. I loro carri stazionavano all'estremità di una delle ali, mentre raccolsero il bottino su una delle colline circostanti con una forza tutta intorno a protezione. Questo ordine delle forze dei Celti, poste su due fronti, non solo si presentava con un aspetto formidabile, ma si adeguava alle esigenze della situazione. Gli Insubri ed i Boi indossavano dei pantaloni e dei lucenti mantelli, mentre i Gesati avevano evitato di indossare questi indumenti per orgoglio e fiducia in se stessi, tanto da rimanere nudi di fronte all'esercito [romano], con indosso nient'altro che le armi, pensando che così sarebbero risultati più efficienti, visto che il terreno era coperto di rovi che potevano impigliarsi nei loro vestiti e impedire l'uso delle loro armi. In un primo momento la battaglia fu limitata alla sola zona collinare, dove tutti gli eserciti si erano rivolti. Tanto grande era il numero di cavalieri da ogni parte che la lotta risultò confusa. In questa azione il console Caio cadde, combattendo con estremo coraggio, e la sua testa fu portata al capo dei Celti, ma la cavalleria romana, dopo una lotta senza sosta, alla fine prevalse sul nemico e riuscì a occupare la collina. Le fanterie [dei due schieramenti] erano ormai vicine, le une alle altre, e lo spettacolo appariva strano e meraviglioso, non solo a quelli effettivamente presenti alla battaglia, ma a tutti coloro che in seguito ebbero la rappresentazione dei fatti raccontati. In primo luogo, la battaglia si sviluppò tra tre eserciti. È evidente che l'aspetto dei movimenti delle forze schierate una contro l'altra, doveva apparire soprattutto strano e insolito. [...] i Celti, con il nemico che avanzava su di loro da entrambi i lati, erano in posizione assai pericolosa ma anche, al contrario, avevano uno schieramento più efficace, dal momento che nello stesso tempo essi combattevano sia contro i loro nemici, sia proteggevano entrambi nelle loro retrovie; vero anche che non avevano alcuna possibilità per una ritirata o qualsiasi altre prospettiva di fuga in caso di sconfitta, a causa della formazione su due fronti adottata. I Romani, tuttavia, erano stati da un lato incoraggiati, avendo stretto il nemico tra i due eserciti [consolari], ma dall'altra erano terrorizzati per la fine del loro comandante, oltreché dal terribile frastuono dei Celti, che avevano numerosi suonatori di corno e trombettieri, e contemporaneamente tutto l'esercito alzava alto il grido di guerra (barritus). C'era un tale rimbombo di suoni che sembrava che non solo le trombe ed i soldati, ma tutto il paese intorno alzasse le proprie grida. Molto terrificanti erano anche l'aspetto e i gesti dei guerrieri celti, nudi davanti ai Romani, tutti nel vigore fisico della vita, dove i loro capi apparivano riccamente ornati con torques e bracciali d'oro. La loro vista lasciò davvero sgomenti i Romani, ma al tempo stesso la prospettiva di ottenere questi oggetti come bottino, li rese due volte più forti nella lotta. E quando gli hastati avanzarono, come è consuetudine, e dai ranghi delle legioni romane cominciarono a lanciare i loro giavellotti in modo adeguato, i Celti delle retroguardie risultavano ben protetti dai loro pantaloni e mantelli, ma il fatto che cadessero lontano non era stato previsto dalle loro prime file, dove erano presenti i guerrieri nudi, i quali si trovavano così in una situazione molto difficile e indifesa. E poiché gli scudi dei Galli non proteggevano l'intero corpo, ciò si trasformò in uno svantaggio, e più erano grossi e più rischiavano di essere colpiti. Alla fine, incapaci di evitare la pioggia di giavellotti a causa della distanza ravvicinata, ridotto al massimo il disagio con grande perplessità, alcuni di loro, nella loro rabbia impotente, si lanciarono selvaggiamente sul nemico [romano], sacrificando le loro vite, mentre altri, ritirandosi passo dopo passo verso le file dei loro compagni, provocarono un grande disordine per la loro codardia. Allora fu lo spirito combattivo dei Gesati ad avanzare verso gli hastati romani, ma il corpo principale degli Insubri, Boi e Taurisci, una volta che gli hastati si erano ritirati nei ranghi (dietro i principes), furono attaccati dai manipoli romani, in un terribile combattimento "corpo a corpo". Infatti, pur essendo stati fatti quasi a pezzi, riuscivano a mantenere la posizione contro il nemico, grazie ad una forza pari al loro coraggio, inferiore solo nel combattimento individuale per le loro armi. Gli scudi romani, va aggiunto, erano molto più utili per la difesa e le loro spade per l'attacco, mentre la spada gallica va bene solo di taglio, non invece [nel colpire] di punta. Alla fine, attaccati da una vicina collina sul loro fianco dalla cavalleria romana, guidata alla carica in modo assai vigoroso, la fanteria celtica fu fatta a pezzi dove si trovava, mentre la cavalleria fu messa in fuga" https://www.bing.com/videos/search?q=video+della+battaglia+di+talamone&&view=detail&mid=1CC47207B6CFF74CBDE91CC47207B6CFF74CBDE9&rvsmid=472BCA0E1040A374611A472BCA0E1040A374611A&FORM=VDRVRV -
Sallustio , nella sua opera storica “La Guerra contro Giugurta”, scrive che Si(u)lla “fu il più fortunato degli uomini prima del suo trionfo nella guerra civile , ma le sue imprese non furono mai inferiori alla fortuna”. Anche Seneca , nel “De consolatio ad Marciam” , lo cita come esempio di uomo che ha saputo combattere e vincere contro le avversita’ , oltre che coltivare la propria astuzia e fiera virtù nei confronti dei nemici e dei concittadini , affermando che mai fece in modo che sembrasse avere usurpato falsamente l’ appellativo di Felix , il quale gli derivava direttamente dagli dei . Quegli stessi numi ai quali doveva l' aiuto costante e la sua buona sorte , in particolare la sua dea della Fortuna era Venere , dea dell’ Amore e della Fortuna spesso raffigurata nel dritto delle monete di Si(u)lla ; lo stesso appellativo Felix compare nelle monete emesse dal figlio di Silla , Fausto . Anche Plutarco , nelle “Vite Parallele”, conferma il legame esistente tra le opere militari e civili di Silla ottenute anche con la benevolenza degli dei che si trasformavano in Fortuna e Felicita’ personale . Silla ebbe in vita delle indiscusse qualita’ personali , specialmente in ambito militare , qualità che , come ricorda Plutarco , faranno dire al Console Gneo Papirio Carbone nell’ imminenza della disfatta dei seguaci di Caio Mario : “Nell’ anima di Silla sono rinchiusi una volpe ed un leone che io devo combattere ; quella però che mi dà più fastidio è la volpe”. In questo post non riportero’ della vita militare di Silla , troppo nota per essere ricordata , ma solo della sua fine terrena , fu in vita infatti che odio’ al massimo grado i suoi nemici : personali e di Roma , famoso e deprecabile fu lo scempio che fece della salma di Caio Mario dopo la sua morte , avvenuta quando Silla era ancora in vita , di contro la sua natura vendicativa e crudele , fu invece molto benevolo e riconoscente verso quanti gli furono amici . Questa sua Felicitas Fortuna lo segui anche a Pozzuoli dopo il suo ritiro volontario dalla vita pubblica quando si abbandono’ agli ozi e ai vizi , anche se malato forse di scabbia , mori’ infine a causa di una probabile cirrosi epatica , comunque in tranquillita’ ; ma non solo , anche durante il suo pomposo e fastoso funerale la Fortuna Felicitas non lo abbandonarono , infatti racconta Plutarco che il giorno dei suoi funerali fu una giornata nuvolosa e minacciava pioggia abbondante , la salma non fu posta sulla pira fino al pomeriggio , quando venne l’ ora del rogo si alzo’ un forte vento che alzo’ una grande fiamma che in poco tempo ridusse tutto in cenere , dopo che furono raccolte quelle di Silla , inizio’ a piovere . Ebbe solo un timore prima di morire : memore di quanto aveva fatto alla salma di Caio Mario e andando contro l’ usanza della Gens Cornelia che preferiva l’ inumazione , dispose che il suo corpo fosse cremato . Le ceneri di Silla vennero deposte in Campo Marzio , all’ epoca luogo di sepoltura dei romani repubblicani famosi , sulla sua lapide si leggeva che Silla non dimenticava mai di ricambiare la gentilezza di un amico o l’ offesa di un nemico . In foto oltre a due Denari , di Lucio Silla e del figlio Fausto , un Denario emesso dal nipote Quinto Pompeo Rufo con il vero volto di Silla e il cosiddetto “monumento di Silla”
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Quel tragico giorno del 15 Marzo del 44 a. C. segno’ una data indelebile e di svolta nella storia di Roma , data indelebile per i posteri , ma imprevista e densa di cattivi presagi , come i successivi eventi dimostrarono , per gli uomini che la vissero . L’ uccisione di Cesare fu un atto di puro odio verso l’ uomo Cesare , odio ed esaltazione , che nella fase di massima eccitazione per i congiurati , cioe’ nel momento che porto’ all’ azione materiale dell’ omicidio , coinvolse anche gli assassini con ferimenti reciproci da pugnale ; il motivo o probabilmente i motivi che portarono tutti i congiurati nel raggiungimento di una simile azione , per di piu’ attuata in un luogo sacro quale era in quel momento il luogo di riunione del Senato , non pote' essere dovuto soltanto alla presunta megalomania di Cesare di anelare a diventare re di Roma , corona , espressione dei re , per altro gia’ piu’ volte offertagli da Marco Antonio , ma sempre rifiutata e sempre respinta da Cesare come una offesa personale . Evidentemente qualcosa di ugualmente grave , per quei tempi , che frullava nella testa di Cesare era stata percepita dai congiurati perche’ espressamente voluta da Cesare stesso ; a nulla valsero i favori e gli onori ricevuti da Cesare da parte di alcuni congiurati , alcuni erano anche nominati nel suo testamento e stando alla tradizione storica non valse neanche uno strettissimo legame di parentela di uno di loro , l’ odio verso Cesare evidentemente era al massimo livello . La Liberta’ , questa magica parola che vuol dire tutto e niente , poteva da sola essere la forza scatenante della congiura ? E’ probabile , anche se l’ atteggiamento di Cesare di fronte all’ offerta della corona sembrerebbe escluderla , ma puo’ anche darsi che Cesare fingesse il rifiuto , e’ un atteggiamento possibile da parte di un politico astuto e navigato quale Cesare era , ma non convince del tutto . Allora quale altra causa pote’ indurre all’ assassinio oltre alla presunta finzione di Cesare di fronte al dominio individuale su Roma ? Una seconda causa forse la pone Svetonio nella vita del Divo Giulio , tomo LXXX , 2 : “Al momento dell’ entrata in Senato di alcuni stranieri venne affisso questo libello : < Salute e Prosperita’! , nessuno voglia indicare la Curia a un nuovo Senatore ! > e si cantavano in pubblico questi versi famosi < Cesare trascina i Galli in trionfo e lui stesso li trascina nella Curia , i Galli hanno tolto le braghe e hanno indossato il Laticlavio” . Frasi all’ apparenza solo ironiche , ma che rendono bene l’ idea di ostilita’ verso Cesare per questa sua scelta di rendere Senatori dei Galli . E’ noto che Cesare aveva concesso agli esponenti di rilievo di alcuni popoli dei Galli la cittadinanza romana , fu senza dubbio un’ ottima mossa politica , ma al popolo romano di quei tempi vedere dei Galli diventare anche Senatori forse non andava giu’ , il tempo non era ancora adatto , i Galli erano stati fino ad alcuni decenni prima aspri nemici di Roma ed ora si prospettava un loro ingresso addirittura in Senato . I tempi forse non erano ancora maturi , occorreva attendere un erede di Cesare , l’ imperatore Claudio , affinche’ cio’ si verificasse senza riluttanza .
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PRIMA PARTE In questo post non trattero’ della seconda guerra punica in generale , ne’ dei precedenti o dei fatti successivi alla battaglia se non strettamente legati alla discussione , vorrei invece prendere spunto e trattare soltanto del fatto militare dell’ epica battaglia tra Romani e Cartaginesi che fu materia di studio nelle accademie militari di tutto il mondo e in ogni epoca . Il primo a trarne insegnamento dalla sconfitta romana , fu Publio Cornelio Scipione , il futuro Africano , che nonostante non sia sicuro se avesse partecipato attivamente alla battaglia , ne trasse comunque insegnamento nella tattica applicandola poi nel proseguo della guerra e nelle successive battaglie in terra di Spagna , a Becula e specialmente ad Ilipa , dove Scipione distrusse due eserciti di Asduabale e di Magone fratelli di Annibale , applicando e migliorando la tattica vista a Canne . Altri e numerosi comandanti di eserciti dall' epoca storica all’ epoca moderna cercarono di imitare con alterne vicende la strategia militare che sviluppo’ a Canne il grande cartaginese . Nel corso della battaglia di Canne si verificarono comunque eventi che rasentano il mistero nel campo militare , misteri che cerchero’ di illustrare in seguito cercando anche vostri pareri . La battaglia di Canne si svolse il 2 agosto del 216 a.C. , fu la principale battaglia della seconda guerra punica ed ebbe luogo in prossimità del villaggio di Canne nell' antica Apulia , vicino al fiume Ofanto che delimito' da un lato il campo di battaglia . L' esercito cartaginese guidato da Annibale , accerchiò e distrusse quasi completamente un grande esercito romano numericamente superiore , secondo i dati storici era piu’ del doppio rispetto a quello cartaginese , guidato dai Consoli Lucio Emilio Paolo e Gaio Terenzio Varrone . La battaglia fu in termini di caduti in combattimento , una , forse la più pesante sconfitta subita da Roma , paragonabile solo alla battaglia di Arausio e a quella di Adrianopoli ; Canne è considerata come la piu’ grande e forse innovativa manovra tattica della storia militare antica . Prima di entrare nei dettagli della battaglia alcuni passi introduttivi di Polibio e Tito Livio : "Il Senato decise di mettere in campo otto legioni , il che non era mai stato fatto prima a Roma , ogni legione composta da 5.000 uomini , oltre agli alleati . I Romani combattono la maggior parte delle loro guerre con due legioni al comando di un console , con i loro contingenti di alleati e raramente utilizzano tutte e quattro le legioni in una sola volta e per un solo compito . Ma in questa occasione , tanto grande era l' allarme e il terrore di ciò che sarebbe potuto accadere , che decisero di mettere in campo non solo quattro , ma otto legioni" Polibio , Storie , Libro III "Affermano alcuni che per reintegrare le perdite si arruolarono diecimila nuovi soldati ; altri parlano di quattro legioni nuove , per affrontare la guerra con otto legioni ; e si dice pure che le legioni furono accresciute di forze , tanto di fanti quanto di cavalieri , aggiungendo a ciascuna circa mille fanti e cento cavalieri , così che risultassero di cinquemila fanti e di trecento cavalieri e che gli alleati diedero un numero doppio di cavalieri ed egual numero di fanti" Tito Livio , Ab Urbe condita , libro XXII In base a questi due passi si deduce che Roma volle mettere in campo una tale forza numerica di soldati per farla subito finita una volta per tutte con l’ invasore cartaginese , le forze romane in campo a Canne dovettero essere non meno di 90.000 tra legionari , alleati italici e cavalieri . Annibale si stima che non avesse in campo oltre 40/45.000 uomini in totale . Questi dati forniti dai due storici non dovrebbero essere molto distanti dalla realta’ , infatti che interesse avrebbero avuto Livio e Polibio un Greco , ad esaltare e scrivere che un esercito romano fu battuto da un nemico inferiore di circa la meta’ come forza combattente ? nessuna motivazione , avrebbero solo esaltato Annibale e infangato l’ onore dell’ esercito romano , valse quindi la pura verita' storica dei fatti ; fatto sta che l'esercito cartaginese affrontò un esercito avversario avente una grande superiorità numerica di circa 1 a 2 . Se fosse normale parlare di discolpa dei Romani per la clamorosa sconfitta subita si potrebbe invocare il fatto che meta’ delle legioni romane avevano degli effettivi costituiti da reclute romane e italiche , i cosiddetti "tirones" , ma di contro c' erano almeno quattro legioni formate da legionari esperti , forti e preparati , provenienti dall' esercito dei Consoli Publio Cornelio Scipione e Terenzio Varrone , che da soli avrebbero pareggiato come numero e forza combattiva l’ esercito dei Cartaginesi . SEGUE SECONDA PARTE
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Il continente acqueo comprende circa il 70% del totale della Terra rispetto alle terre emerse , normale che l’ uomo fosse da sempre attratto da questa infinita e misteriosa distesa di acqua . Essendo l’ uomo per sua natura ingegnosa anche curioso , cerco’ fin dalla remota antichita’ di capire cosa ci fosse , esistesse , sotto il pelo dell’ acqua , la prima cosa che comprese fu quella che l’ acqua marina era anche una fonte di cibo grazie agli animali che vi vivevano . Oltre ad essere una fonte di sostentamento , capi’ che oltre a questo il mare regalava anche oggetti che permettevano guadagni o piu’ semplicemente ornamenti personali : guadagni come la raccolta delle spugne , ornamenti personali , ma anche guadagno , come le conchiglie per la madreperla e le stesse perle , ma per ottenere questi oggetti occorreva immergersi anche in profondita’ , anche fino a qualche decina di metri , il metodo piu’ facile , piu’ naturale e di pronto uso per scendere verso il fondale era quello di trattenere il respiro , cioe’ in apnea nome che deriva dal greco "άπνοια" che significa “calma” termine poi usato per definire la mancanza volontaria o patologica del respiro , aiutandosi a scendere sul fondo tramite un grosso peso che poi veniva abbandonato in fase di risalita verso la superficie . Con il tempo l’ uomo inizio’ ad attraversare i mari e iniziarono le guerre per il controllo dello stesso , guerre che divennero quindi anche marine , nacque cosi’ la necessita’ di affondare le navi avversarie sia tramite scontri navali in superficie , sia anche usando uomini , oggi si chiamerebbero “rana” , che nuotando a pelo d’ acqua e forse anche piu’ a fondo , giungessero non visti sotto le navi nemiche affondandole procurando loro dei fori sotto la chiglia , ma per ottenere questo occorreva respirare . E’ noto che nell' antica Grecia chi si immergeva in apnea era famoso per aver cacciato spugne , madreperle o per essere stato impegnato in imprese militari ; a proposito di imprese militari e’ nota la storia di Scilla di Scione (circa 500 a.C.) , forse la più famosa , come raccontato dallo storico greco del V secolo a.C. Erodoto : "Durante una campagna navale , il greco Scilla fu fatto prigioniero e imbarcato dal re persiano Serse I . Quando Scilla seppe che Serse stava per attaccare una flotta greca afferrò un coltello e saltò fuori bordo . I Persiani non riuscirono a trovarlo in acqua e credettero che fosse annegato . Scilla li sorprese di notte e si fece strada tra tutte le navi della flotta di Serse , liberandole dagli ormeggi . Usò un giunco cavo come boccaglio per non essere visto . Poi nuotò per circa 15 chilometri per raggiungere i greci oltre Capo Artemisio" . Prima dei Greci sembra che anche gli Assiro Babilonesi si immergessero per raggiungere e affondare navi o barche nemiche portando con se dei sacchi pieni di aria da cui respiravano per un po’ di tempo tramite una canna cava , ma forse questo sistema piu’ che per immergersi , il sacco pieno di aria lo avrebbe impedito , serviva per compensare il peso delle armi e dell’ armatura che altrimenti senza il sacco d’ aria , avrebbero trascinato verso il fondo il notatore . Ma ora per chi volesse approfondire l’ argomento , poco conosciuto , puo’ leggere questi due articoli di cui il primo e’ di Academia , che lo tratta in modo esaustivo : https://www.academia.edu/15302162/Esplorazioni_subacquee_nellantichità https://www.ligurianautica.com/rubriche/gli-urinatores-i-primi-subacquei-della-storia-e-gli-scherzi-di-cleopatra/
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Quando i Romani stavano per perdere la Britannia
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Nell’ anno 60 avvenne una ribellione di un popolo dei Britanni , gli Iceni , ribellione iniziata dalla loro regina Boudicca , si unirono agli Iceti il popolo confinante dei Trinovanti . I precedenti che portarono a questa rivolta , che per poco e grazie al Governatore dell’ isola Svetonio Paolino , non fu fatale per Roma pronta quasi a lasciare la Britannia vista la gravissima situazione creatasi nell’ isola ; questi furono i precedenti fatti alla ribellione . Alla morte del marito di Boudicca , il re iceno Prasuntago , che aveva lasciato eredi del suo popolo i Romani , affinche’ si assicurasse la loro protezione , questi , in virtu’ del testamento del re , impedirono alla regina di governare la regione degli Iceni al posto del marito ; il Procuratore romano Caro Deciano gia’ accarezzava l’ idea di assoggettare la regione degli Iceni senza colpo ferire , ma a seguito di insistenti richieste e minacce della regina Boudicca di prendere il posto del defunto marito nel governo del suo popolo , si oppose alla volonta’ del marito , ma tutti i suoi tentativi di mantenere il proprio regno indipendente furono vanificati ed esso fu annesso dai Romani ,.terre e proprietà furono confiscate ai nobili Iceni e Budicca fu umiliata venendo esposta nuda in pubblico e frustata, mentre le due giovani figlie furono violentate . La figura di Boudicca e’ tramandata da Cassio Dione che cosi’ la descrive nel Libro LXII , 2 : “Era una donna molto alta e dall'aspetto terrificante. Aveva gli occhi feroci e la voce aspra . Le chiome fulve le ricadevano in gran massa sui fianchi . Quanto all'abbigliamento , indossava invariabilmente una collana d'oro e una tunica variopinta . Il tutto era ricoperto da uno spesso mantello fermato da una spilla . Mentre parlava , teneva stretta una lancia che contribuiva a suscitare terrore in chiunque la guardasse” Da Wikipedia : "Nello stesso anno del 60 , mentre il proconsole romano Gaio Svetonio Paolino stava conducendo una campagna contro i druidi dell'isola di Mona (Anglesey) , venne a sapere della sollevazione di Boudicca , furiosa per l'affronto subito da lei e dalla sue due figlie , era desiderosa di vendetta. Il primo obiettivo dei ribelli fu la colonia romana di Camulodunum (odierna Colchester), dove era presente molto odio verso i Romani, che durante la loro permanenza avevano molto oppresso la popolazione locale. Dopo una scarsa resistenza militare da parte dei cittadini di Camolodunum , gli ultimi difensori furono assediati nel tempio dedicato al divo Claudio, arrendendosi dopo pochi giorni. Il futuro Governatore della Britannia , Quinto Petilio Ceriale, al comando della Legio IX Hispana cercò di riconquistare la città, ma venne sconfitto perdendo molti uomini L'esercito ribelle incendiò e rase al suolo anche Londinium (l'odierna Londra), che non aveva sufficienti truppe per difendersi dai ribelli, e Verulamium (oggi St Albans), per un totale di morti che si stima tra le 70 000 e le 80 000 persone" Mentre gli Iceni saccheggiavano Verulamium , Paolino con i suoi Legionari rimanenti delle sue legioni XIV Gemina e XX Valeria Victrix che insieme ammontavano a circa 7.000 uomini , chiese alla Legione II Augusta che si trovava a sud , di raggiungerlo in fretta , ma il suo Prefetto , Penio Postumo , vista la gravita’ della situazione generale ormai disperata aveva ignorato gli ordini di Paolino , rimanendo con la sua Legione stanziata a Isca Dumnoniorum , attuale Exeter , quindi con soli circa 13.000 uomini tra legionari e ausiliari si scontrò con Budicca lungo la oggi , cosiddetta , Watling Street , localita' stradale situata nella Britannia centro meridionale . Frattanto il governatore Svetonio Paolino era alla disperata ricerca di nuove forze per contrastare i ribelli richiamò in servizio i veterani in congedo della Legio XX, raccolse tutti i reparti ausiliari disponibili e reclutò chiunque fosse in grado di reggere una spada ed uno scudo . Anche così mise a stento insieme in tutto 13.000 uomini , quando l' armata di Boudicca era almeno tre volte più numerosa . I 3.000 superstiti della IX Legione erano troppo lontani a Nord , mentre a Sud la Legio II Augusta rifiutò di muoversi in soccorso del Governatore . Inutile sarebbe stato attendere l'arrivo di altri rinforzi da oltremanica , sia perché il consenso di Boudicca presso i popoli britannici era in ascesa ed il suo esercito si accresceva di giorno in giorno , sia perché secondo Cassio Dione , a questo punto Svetonio Paolino era a corto di rifornimenti per il suo esercito e per i profughi sotto la sua protezione . Con tutti gli svantaggi del caso , bisognava fronteggiare l' armata ribelle il prima possibile . Da Wikipedia “Svetonio individuò il luogo adatto allo scontro lungo la strada di Watling, pressappoco nel punto in cui essa incrociava col corso del fiume Anker. Essendo i Romani in forte svantaggio numerico, il legato sapeva che combattere in campo aperto poteva rivelarsi controproducente: estendendo le proprie linee per pareggiare il fronte d'attacco nemico avrebbe indebolito troppo il proprio schieramento, adottando una formazione più compatta sarebbe stato facilmente circondato. Per ovviare al problema Svetonio Paolino scelse di sistemare le sue truppe all'interno di una stretta vallata. Si trattava di una posizione estremamente ben difesa: colline boscose e ripidi pendii proteggevano i fianchi e le retrovie dei Romani, scongiurando il pericolo dell'accerchiamento, mentre il fronte esposto era abbastanza stretto da minimizzare il peso della superiorità numerica nemica e si apriva inoltre su una brulla pianura che consentiva di avvistare i nemici da grande distanza[30]. Il governatore posizionò i legionari al centro dello schieramento, collocando ai lati gli ausiliari germanici, provvisti di armamenti leggeri. La cavalleria, divisa in due ali di 500 uomini ciascuna, venne disposta a sinistra e a destra della fanteria, nascosta nei boschi che delimitavano la vallata, sia per poter attaccare in discesa durante la battaglia sia per contrastare eventuali manovre di aggiramento da parte dei nemici.I Britanni, certi di una facile vittoria, si limitarono ad ammassarsi disordinatamente davanti al nemico. Del resto, la posizione scelta dai Romani non offriva alcuna via di fuga in caso di sconfitta e i ribelli probabilmente credettero che Svetonio Paolino si fosse messo in trappola con le sue stesse mani. Tale era la loro sicumera che avevano addirittura invitato le proprie famiglie ad assistere al combattimento, trovando loro posto in lungo semicerchio di carri da trasporto che avevano sistemato alle spalle del proprio schieramento“ Dopo la vittoriosa battaglia di Paolino , Tacito scrive che il Prefetto della Legio II Adiutrix , forse di nome Penio Postumo, che aveva disobbedito agli ordini di Svetonio Paolino e rifiutato di accorrere in suo aiuto , si diede la morte per il disonore . Tacito racconta che nella battaglia furono uccisi circa 80.000 Britanni mentre i Romani persero 400 uomini tra Legionari e ausiliari . Da Wikipedia : "La mancanza di prove archeologiche dirette rende difficile anche stabilire il luogo preciso dello scontro. Negli ultimi cinquant'anni sono state avanzate numerose ipotesi: vicino Atherstone[5], nel Leicestershire[6], due miglia a sudest di Lactodorum (Towcester)[7], vicino Ashwell nell'Hertfordshire[8], nel Northamptonshire[9], vicino Silchester[10] o poco più a sud di Dunstable[11]. Gli studiosi concordano nel dire che la battaglia si sia svolta da qualche parte nell'ampia area compresa fra le città di Londinium e Viroconium (oggi Wroxeter), lungo il corso della Watling Street, la strada pavimentata che tagliava la Britannia per 444 km dal Galles al porto di Dubris (Dover) e da cui la battaglia stessa prende nome. Il termine Watling Street, in realtà, è stato coniato solo in età anglo-sassone e ci è sconosciuto il modo in cui i Romani e gli antichi Britanni chiamassero la strada" Per chi volesse leggere la storia originale e completa di Boudicca e i fatti successivi , leggere gli Annali di Tacito dal tomo 29 al 39 compresi . Tacito e’ senz’ altro bene informato sui fatti di questo periodo in Britannia , essendo stato vicinissimo nel tempo ai fatti narrati . Una immagine di Boudicca del XVIII secolo Mappa dei luoghi in cui si svolse la rivolta di Boudicca -
Tesoretti monetali ed altro , a Forum Terebonii
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In Mesia , ad Abritto , presso Forum Terebonii (che ricorda stranamente il nome di Treboniano Gallo , n.p.) , odierna Razgrad , in Bulgaria , si consumo’ una tremenda sconfitta dell’ esercito romano ad opera dei Goti di Cniva , correva l’ anno 251 . Recenti indagine archeologiche ad opera degli Archeologi bulgari in questa localita’ hanno portato alla luce varie centinaia di monete dell’ epoca di Massimino il Trace , di Traiano Decio e della sua famiglia , oltre ad armi ed altri oggetti personali , quali anelli d’ oro probabilmente appartenuti agli ufficiali dell’ esercito romano e lingotti forse al seguito della cassa militare imperiale . Si ritiene che in questa localita’ sia avvenuta la battaglia di Abritto . L’ articolo completo specifico compare in Academia al punto 5 , dalla pagina 16 alla 19 compresa : "La battaglia di Abrittus : possibili risvolti sull’ aerarium romano ?" Mentre lo studio integrale sempre in Academia di 32 pagine , di cui fa parte il punto 5 , si intitola : GAIO QUINTO MESSIO TRAIANO DECIO (249-251) : UN IMPERATORE DELL’ ANARCHIA MILITARE ATTRAVERSO LA TESTIMONIANZA NUMISMATICA , di Luca Piemontese https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=12&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwjjr5Cj8oPpAhUNJZoKHfANCqs4ChAWMAF6BAgDEAE&url=https%3A%2F%2Fwww.academia.edu%2F27146968%2FGAIO_QUINTO_MESSIO_TRAIANO_DECIO_249-251_UN_IMPERATORE_DELLANARCHIA_MILITARE_ATTRAVERSO_LA_TESTIMONIANZA_NUMISMATICA&usg=AOvVaw1gFO3kox5qrvLZSBA-h2r- -
Si dice , a ragione , che la Roma medievale e rinascimentale sia stata costruita con i “cocci” della Roma imperiale , dove per “cocci” naturalmente si intendono i materiali prelevati tramite rare regolari autorizzazioni , piu’ frequentemente abusivamente , dagli antichi monumenti della Roma imperiale . Una delle prime documentazioni storiche di questa spoliazione dei monumenti romani imperiali risale gà a partire dall' inizio del IV secolo ; i monumenti di Roma antica , e in genere gli edifici di un certo pregio , erano rimasti in stato di abbandono per cause diverse , venneno utilizzati in misura crescente come vere e proprie cave per materiali edilizi pregiati , in quanto tale pratica risultava più economica e pratica rispetto all' importazione da luoghi remoti , in quanto resi difficili o impossibili da raggiungere nelle province specialmente nel corso nel V secolo a seguito delle sempre piu' frequenti incursioni dei barbari alle quali seguiranno poi vere invasioni e occupazioni territoriali ; i magistrati romani concedevano , dietro petizione , l' uso di marmi , pietre e mattoni di recupero da demolizione per lavori di nuove costruzioni , consentendo così la distruzione degli antichi monumenti di Roma . Per far fronte a questo fenomeno di demolizione ormai esteso , l Imperatore Maioriano dal 457 al 461 , promulgò allora una legge : Novella Maioriani 4 , "De aedificiis pubblicis" , sulla conservazione dei monumenti di Roma che fu emanata a Ravenna l' 11 luglio del 458 , che riservava all' Imperatore o ai Senatori la potestà di decidere se vi fossero le condizioni estreme che giustificassero la demolizione di un edificio antico ; la pena per i magistrati che si arrogavano a loro discrezione il diritto di concedere i permessi , era di 50 libbre d' oro, mentre i loro subordinati sarebbero stati frustati e avrebbero avuto entrambe le mani amputate . Maioriano nomino’ anche un gruppo di funzionari detti “difensori delle Citta’” con l’ incrico oltre che proteggere i vecchi edifici , anche di risolvere i problemi ordinari dei cittadini ; a proposito della tutela e conservazione dei vecchi edifici di Roma , Maioriano mise anche fine alla vendita delle antiche statue che era stata permessa dall' Imperatore Avito . Anche durante il regno ostrogoto di Teodorico si ebbe una rinascita protettiva verso i monumenti antichi , tanto che , secondo Cassiodoro , Teodorico era chiamato “amator fabricarum et restaurator civitatum” , rimettendo in vigore precedenti leggi , istitui’ anche un corpo di operai diretti da un “curator operum pubblicorum” con il compito di salvare e restaurare i vecchi edifici imperiali di Roma e dell’ Italia . Insomma prima e dopo della caduta di Roma si cerco' di salvaguardare e proteggere i vecchi edifici di Roma imperiale e dell' Italia romana , fu forse una forma di orgoglio nazionale , ma anche di rispetto e ammirazione da parte dei primi invasori barbari che definirono Roma una Citta abitata da dei , tanto erano attoniti di fronte alla grandiosita' degli edifici . Rispetto civico che ando' sempre piu' scemando nei secoli successivi , arrivando alla demolizione quasi completa della Roma classica i cui "cocci" servirono per la Roma medievale e rinascimentale . In foto alcune monete di Maioriano e Teodorico , che omaggio' Roma con la serie di monete Invicta Roma , tra i primi protettori di Roma antica .
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La campagna militare di Lucio Vero contro i Parti di Cosroe segui circa 50 anni dopo quella condotta da Traiano ; i Parti eterni nemici di Roma da quando i Romani si affacciarono per la prima volta in Oriente , come lo furono i Germani in Europa . Lucio Vero fu militarmente impegnato in Oriente dal 161 al 166 , riversando contro i Parti nell’ arco dei cinque anni di guerra , complessivamente circa 200.000 soldati , suddivisi circa in meta’ tra Legionari ed Ausiliari . Dove prese Lucio Vero questa massa di soldati ? Certamente le sole Legioni orientali non potevano soddisfare la difficolta’ e l’ impegno della guerra , in Oriente erano dislocate e facilmente disponibili allo spostamento negli scenari di guerra in Persia le seguenti Legioni : in Cappadocia erano pronte allo spostamento le Legioni XII Fulminata e la XV Apollinaris , in Siria le Legioni III Gallica , la IV Scythica , la VI Ferrata e la Legio XVI Gallica , in Giudea la X Fretensis , in Arabia la III Cyrenaica ; naturalmente rimane probabile il fatto che Lucio Vero di alcune di queste Legioni orientali abbia preso per la spedizione partica solo delle vessillazioni per non lasciare indifesa la parte orientale terrestre dei paesi che si affacciavano o prossimi al mare mediterreneo , quindi il rimanente totale dell’ esercito partico e senza dubbio anche la parte piu’ valorosa e combattiva , venne prelevata dal confine renano danubiano ; infatti furono spostate in oriente le seguenti Legioni renane danubiane che si aggiunsero a quelle orientali , dal limes danubiano e renano partirono intere le Legioni : I Italica , I Minervia , II Adiutrix Pia Fidelis , II Traiana Fortis , V Macedonica , VII Claudia Pia Fidelis , XI Claudia Pia Fidelis e XXX Ulpia Victrix , a queste si aggiunsero vexillationes delle legioni I Adiutrix , III Augusta , IIII Flavia Felix , X Gemina , XIII Gemina , XIIII Gemina Martia Victrix e XXII Primigenia . L’ argomento principale del post riguarda lo spostamento di queste Legioni europee fino alla lontana destinazione militare in Oriente , quindi vediamo i luoghi jn cui queste Legioni stazionarono e da quali localita' partirono al tempo di Lucio Vero seguendo la possibile strada che percorsero a piedi per giungere ai confini con la Persia . Partendo come in ordine sopra descritto vediamo i luoghi di stazionamento delle Legioni europee partendo dalla I Italica , questa Legione era stanziata a Novae in Mesia , la I Minervia era stanziata a Bonna in Germania Inferiore , la II Adiutrix era stanziata aq Aquincum in Pannonia , la II Traiana Fortis non risulta che la tempo di Marco Aurelio fosse di stanza in Europa , se non al tempo di Caracalla , mentre e’ certo che in questo periodo fosse stanziata in Egitto , la V Macedonica era stanziata a Troesmis in Mesia , la VII Claudia era stanziata a Viminacium in Mesia , la XI Claudia era stanziata a Durostorum in Mesia Inferiore , la XXX Ulpia Victrix era stanziata a Vetera in Germania Inferiore , la I Adiutrix era stanziata a Brigetio in Pannonia , la III Augusta in questo periodo era stanziata in Africa , la IV Flavia era stanziata a Singidumum in Mesia , la X Gemina era stanziata a Vindobona in Pannonia , la XIII Gemina era stanziata ad Apulum in Dacia , la XIIII Gemina era stanziata a Carnuntum nell’ Illirico , la XXII Primigenia era stanziata a Mogontiacum in Germania Superiore . Come si nota dall’ elenco , le due Legioni che erano stanziate in Germania Inferiore , la I Minervia e la XXX Ulpia erano quelle maggiormente distanti dal fronte orientale a cui erano state destinate per la guerra partica , queste due unita’ dovettero percorrere a piedi , almeno per i fanti , oltre 3.500 chilometri , percorso ricavato su strada moderna , per arrivare al probabile punto di raccolta di Antiochia , sede di collegamento militare di Lucio Vero , Citta’ in cui Lucio Vero trascorse gran parte del tempo della guerra ; anche le altre unita’ legionarie provenienti dal settore renano danubiano non e’ che se la passassero molto meglio come distanza da percorrere a piedi fino ad Antiochia , risultando essere di circa 2.000 chilometri od anche meno in alcuni casi , come nel caso delle Legioni della Mesia , comunque erano sempre grandi distanze ; molto probabilmente gli abitanti delle zone prossime al limes renano danubiano assistettero sbalorditi ad una grande massa di legionari che percorrevano in una lunghissima fila la altrettanto lunghissima strada militare che costeggiava il confine orientale europeo dell’ Impero . Tentiamo ora di marciare a tappe giornaliere insieme ad un Legionario della I Minervia o della XXX Ulpia , le due Legioni piu’ distanti da Antiochia , attraverso le Provincie renano danubiane fino ad Antiochia . Consideriamo anche che una Legione in marcia in territorio amico poteva percorrere al massimo in una giornata circa 25 chilometri , forse 30 , partendo quindi da Bonna (Bonn) per arrivare ad Antiochia occorrevano tra i 140 e i 117 giorni di marcia , cioe’ tra i 4 e i 5 mesi , meno per le altre Legioni piu’ vicine al fronte partico , la Legione piu’ vicina all’ imbarco era la XI Claudia stanziata a Durostorum in Mesia Inferiore . Forse questo fu lo spostamento di Legioni , per sola via terra , piu’ massiccio e lontano della storia militare romana , l’ unico punto obbligato di imbarco via mare avvenne nel brevissimo tratto di mare presso Bisanzio , al Corno d’ Oro , con imbarco delle Legioni avvenuto probabilmente a Bisanzio e con sbarco in Anatolia , da qui arrivo finale ad Antiochia . In foto la distanza moderna che separa Bonn da Antiochia , oltre 3.500 Km. mentre la strada antica al tempo dei Romani sara' stata probabilmente di maggiore lunghezza . Il lunghissimo limes renano danubiano suddiviso in piu' mappe che partiva dal Mare del Nord (Oceano Germanicus) fino a terminare al Ponto Eusino , con i vari campi legionari presso i quali le Legioni in movimento dal nord Europa verso il fronte partico soggiornarono per riposare nella lunghissima marcia di avvicinamento . Mappa delle strade (in giallo) dell' Impero Romano . Buon viaggio
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Uno dei temi storici che da sempre hanno assillato gli storici riguardano i motivi che portarono alla fine dell’ Impero romano occidentale ; si parla di motivi al plurale , poiche’ il collasso di un Impero non puo’ mai derivare da una sola causa , bensi’ dalla pluralita’ di cause concomitanti . Argomento storico trattato nei secoli infinite volte , sia sui libri di storia , sia anche qui nel Forum , quindi mi astengo dal riprenderlo nuovamente come linea generale , al contrario vorrei solo riportare alcuni passi di testi contemporanei relativi al V e VI secolo nei quali non vengono esposte motivazioni espressamente indicate e dedicate come motivo della decadenza , ma riflessioni e soprattutto testimonianze che servono agli storici per studi approfonditi sull’ argomento della conclusione tragica dell’ Impero occidentale ; sono testimonianze prettamente collegate al tema economico , fiscale e di corruzione , temi tra i primari che portarono al collasso finale . L’ Impero d’ occidente non aveva piu’ denaro pubblico per mantenersi in vita . Alcuni testi presi ad esempio . Testo “Anonimo” , De rebus bellicis , IV , Autore sconosciuto del V secolo : “A questi inconvenienti che affliggono le Province , si aggiunge anche l’ esecrabile cupidigia dei Governatori , nemica degli interessi dei contribuenti . Costoro infatti , non tenendo in alcun conto il rispetto dovuto alle cariche che ricoprono , si credono mandati nelle Province come mercanti , e tanto piu’ sono perniciosi , perche’ da loro ci si aspetterebbe un rimedio salutare , e invece viene l’ ingiustizia . E come se la loro iniquita’ non fosse sufficiente , tutti mandano esattori cos’ capaci a far danni , che prosciugano le sostanze dei contribuenti con varie arti di rapina , evidentemente si sentirebbero poco importanti se peccassero da soli .Quale opportunita’ di guadagno offerta dalla riscossione dei tributi e’ stata mai lasciata cadere da questi individui ? Quando mai da una ingiunzione non hanno ricavato una preda ? Per loro l’ acquisto di reclute , la requisizione di cavalli e di frumento , le spese destinate alle opere edilizie , sono speculazioni consuete , una auspicata rapina . Non c’e’ dubbio : se governassero le Province in modo impeccabile , agognando l’ onesta’ , non ci sarebbe spazio per la frode , e la cosa pubblica , arricchita nei costumi si ritroverebbe piu’ forte” . Testimonianze che narrano di tassazioni sugli agricoltori , che ormai raggiungevano il 25% del canone di affitto dovuto al proprietario del terreno , oltre alla tassazione dovuta al fisco che gli affittuari non erano piu’ in grado di pagare , quindi costretti a vendere attrezzi agricoli , capi di bestiame e nei casi piu’ gravi anche loro stessi o i loro figli , come schiavi , oppure costretti a fuggire abbandonando i terreni . Anche l’ oro , oltre alle terre perse , ebbe parte importante nel tracollo dell’ economia tardo imperiale . Ancora dallo stesso Autore anonimo e della stessa opera citata , De rebus bellicis , II : “Fu ai tempi di Costantino che la smodata largizione di denaro assegno’ ai piccoli commerci l’ oro al posto del rame , che prima era considerato di grande valore . E’ credibile che l’ avidita’ abbia avuto origine dalle seguenti cause . Quando l’ oro , l’ argento e la grande quantita’ di pietre preziose che da epoca remota erano depositate presso i templi raggiunsero il pubblico , si accese in tutti la cupidigia di spendere e di acquisire . E sebbene l’ erogazione del rame , che come dicevamo portava impresso il volto del re , risultasse ormai enorme e difficile da sostenere , non di meno , per non so quale cecita’ , ci si impegno’ smodatamente a mettere in circolazione l’ oro , che e’ considerato piu’ prezioso . Questa abbondanza d’ oro riempi’ le dimore dei potenti diventate sempre piu’ belle a danno dei poveri , essendo i meno abbienti e oppressi con la violenza” Con l’ oro e le terre , tolte ai legittimi agricoltori per darle ai barbari , ormai veniva pagata la pace con i barbari dell’ occidente e l' oro con i Persiani in oriente , cosi Procopio riferito al persiano Cosroe , De bello gotico , VIII : “ Cosroe aveva imposto ai Romani un tributo di quattro centenari l’ anno (circa 400 libbre d’ oro) , era questa la cosa a cui fin da principio aveva mostrato di tenere di piu’ , ebbene in undici anni e sei mesi in forma speciosa , incasso’ 46 centenari , col pretesto della tregua , dando al tributo il nome di trattato , benche’ nel frattempo esercitasse violenze e continuasse la guerra nella Lazica” ed ancora in occidente , Procopio , V , : “Quanto piu’ aumentava la forza dei barbari tanto piu’ era ormai in declino il prestigio delle truppe romane e sotto il nome di alleanza si nascondeva l’ oppressione tirannica degli invasori , sicche’ costoro , fra le tante imposizioni forzose , giunsero a pretendere sfacciatamente l’ assegnazione di tutte le terre d’ Italia .Ne chiesero ad Oreste la terza parte e , poiche’ quello nego’ il suo consenso , lo uccisero immediatamente” Concludendo questi brevissimi esempi , ce ne sarebbero tanti altri , su uno dei motivi principali che portarono al collasso dell' Impero romano occidentale , piu' povero della parte orientale , torna alla mente una frase lapidaria e minacciosa udita dai Romani quasi 900 anni prima da parte di un altro barbaro , Brenno : "Guai ai vinti"
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In epoca Flavia , esattamente nell’ anno 74 al tempo di Vespasiano , il territorio compreso tra l’ alto Reno e il Danubio , chiamato Agri Decumates , venne annesso all’ Impero Romano e fortificato forse inizialmente con palizzate in legno , diventando cosi’ il Limes germanico retico . Praticamente questi "Campi" erano una vasta area geografica comprendenti parte della Foresta Nera , tra il fiume Meno , le sorgenti del Danubio e il corso del Reno superiore , tra il lago di Costanza e la sua confluenza col Meno , area corrispondente all' odierna Germania sud occidentale , mentre a sud est i Campi Decumates confinavano con la Rezia , Provincia importante dal punto di vista militare , da qui il nome del Limes germanico retico . Questo l’ inquadramento geografico di questa nuova zona annessa dai Romani in Germania , invece come unica testimonianza storica di questa zona degli Agri Decumates ci giunge dall’ opera "Germania" di Tacito , dove al capo 29 , Tacito ci narra : “Non mi attardo ad annoverare tra i popoli della Germania quelli che coltivano i "campi decimati" , anche se si trovano oltre il Reno e il Danubio , si tratta dei Galli piu’ miserabili che , resi coraggiosi dalla miseria , occuparono un territorio di incerta proprieta’ . Avendo poi noi tracciato un limite di frontiera , e avendo portato in avanti i nostri presidi , essi sono ora considerati una sorta di promontorio dell ‘ Impero e parte di provincia” . Dal passo di Tacito sembra di capire che i Campi Decimati come li chiama Tacito , o Decumati , erano territori in cui gli abitanti gallo germani erano assoggettati a pagare la decima parte del raccolto che serviva a pagare il soldo alle Legioni stanziate a difesa del nuovo Limes che , collegando Germania e Rezia , era lungo circa 460 chilometri , comprendendo il territorio tra i fiumi Meno , Reno e Danubio , odierno territorio del Baden - Wurthemberg . Secondo Tacito la regione era anticamente abitata dalla tribù celtica degli Elvezi ma ben presto , probabilmente sotto Ariovisto , vi si stabilirono i germanici Suebi , prima di emigrare circa nel 9 a.C. , nella moderna Boemia . Dopo la partenza dei Suebi l' area degli Agri venne di nuovo abitata dai Galli . Al tempo di Vespasiano la regione divenne parte dell' Impero romano . I più importanti centri romani dei Campi erano : Sumelocenna , Civitas Aurelia Aquensis , Lopodunum e Arae Flaviae , centri che corrispondono alle odierne Rottenburg am Neckar , Baden -Baden , Ladenburg e Rottweil . Nei due secoli successivi la regione fiorì, nonostante alcuni periodi di tensione come quello intorno al 185 / 186 , quando ci fu una rivolta diretta principalmente contro la presenza di militari Romani ad Argentoratum , odierna Strasburgo . I Romani controllarono militarmente gli Agri Decumates fino alla seconda parte del III secolo , quando la zona venne evacuata dall' Imperatore Gallieno a causa dell' invasione degli Alemanni in parte sventata , ma il territorio non venne riconquistato se non forse per breve tempo dall' Imperatore Aureliano , dopo che venne lasciata agli Alemanni ; l' Impero occidentale cominciava il ritiro da alcuni territori come anche in Dacia . In rosso , il cuneo approssimativo della zona degli Agri Decumates .
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La storia dei conflitti tra Romani e Barbari e’ antica quasi quanto la storia stessa di Roma . Immensa e duratura memoria ebbe presso i Romani la presa di Roma da parte dei Galli di Brenno , memoria che decise in futuro la politica estera , ma anche interna , di Roma , politica proiettata a definire per sempre i rapporti con i popoli del nord Italia e ancora dopo con quelli del nord Europa . Da parte dei Barbari , questi videro inizialmente i Romani come come un popolo invasore del territorio e della loro liberta’ , fu quindi guerra aperta ed aspra ; passarono i secoli e i Barbari , molti dei quali ormai romanizzati pur avendo perso la liberta’ , apprezzarono comunque il fascino del vivere civile che Roma aveva portato nel loro modo di vivere semi primitivo , vita che avevano prima di conoscere il modus vivendi dei Latini . Si giunse cosi a stabilire il corso dei fiumi Reno e Danubio come confini naturali tra i due mondi ; alla fine del II secolo iniziarono guerre di sconfinamento dei Barbari in territorio romano che in pratica non finirono piu’ fino al definitivo crollo della parte occidentale dell’ Impero . Questi sconfinamenti dei Barbari non ebbero mai come unico scopo di voler distruggere la civilta’ romana , sapevano bene che sarebbe stata utopia ed anche un “assassinio” , quanto piuttosto fu il desiderio di entrare a far parte e direi anche di godere dei vantaggi della civilta’ romana in tutte le sue forme ; incomprensioni ed odii atavici tra le due parti non permisero mai che questa idea prendesse consistenza , Per varie motivazioni alla fine i Barbari vinsero la quasi millenaria sfida con l’ Impero , ma da invasori , inizialmente brutali per rabbia accumulata nei secoli , divennero poco dopo di nuovo conquistati dalla romanita’ , non piu’ come un tempo tramite le armi , ma ora per mezzo delle leggi , dell’ arte e della religione . Terminata questa brevissima panoramica sui rapporti romano barbarici , vediamo ora un esempio artistico che puo' bene rappresentare la fusione tra gli antichi antagonisti . Gli esempi da presentare di questa romanizzazione dei popoli germanici invasori del vecchio Impero Romano sarebbero infiniti , mi soffermo solo su un semplice esempio artistico , un oggetto chiamato “Lamina di Agilulfo” , fu costui per 25 anni Re dei Longobardi e Re d’ Italia , dal 591 al 616 . In questa lamina di bronzo il Re Agilulfo e’ rappresentato nella parte centrale in posa seduto , sembra quasi piu’ un Magistrato romano nell’ atto di emanare una legge piuttosto che un Barbaro , evidenziato pero’ dalla capigliatura e dalla barba appuntita , lo sguardo e’ severo , intimidatorio , anche l’ abito non chiuso sulla spalla ma aperto sul petto , lo indirizza chiaramente al mondo longobardo ; la scritta “DN Agilulf regi” lo identifica senza dubbio . Ai suoi lati due soldati longobardi armati a protezione del loro Re , seguono due Vittorie che reggono ognuna un Labaro iscritto e infine offerenti , probabilmente latini , che portano doni tra cui l' elmo regale ; tutta la scena sembra augurare ad Agilulfo : benessere e vittoria . La lamina e’ stata interpretata come facente parte di un elmo o come rivestimento di una cassetta , la cosa e’ rimasta controversa . In foto la lamina intera , particolare della parte centrale ed un elmo dal quale si pensa possa appartenere la lamina , seguono due monete di Agilulfo emesse a nome di Giustiniano e Giustino II .
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Un evento astronomico che infui’ nella storia del mediterraneo
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Prima di arrivare all’ evento astronomico , una eclisse di Luna , occorre fare una breve premessa per ben inquadrare il periodo storico di cui stiamo narrando ; siamo nel 416 a.C. quando inizio’ il prologo che porto’ alla famosa guerra di Atene contro Siracusa , guerra narrata dal padre degli storici , Tucidite , dai successori tutti ritenuto , sebbene ateniese di nascita , storico imparziale , preciso e dettagliato nel trattare la storia di questa guerra tra la sua Citta’ natale Atene e la corinzia Siracusa , passata alla storia come uno dei fatti narrati nella sua opera : "La guerra del Peleponneso" Siamo nel contesto storico e politico del 416 a.C. quando scoppiò una guerra sorta per dispute territoriali tra le poleis siceliote di Selinunte e Segesta , la prima alleata di Siracusa e da questa prontamente appoggiata , la seconda alleata invece di Atene . Per convincere Atene ad intervenire in Sicilia contro Siracusa , una delegazione di Segesta parti’ per Atene , questo il passo di Tucidite : “La stagione seguente [415 a.C.] , all' aprirsi della primavera , l' ambasceria ateniese fece ritorno dalla Sicilia e al suo seguito vennero i Segestani recando con sé sessanta talenti di argento non coniato , che rappresentavano il soldo di un mese per gli equipaggi di quelle sessanta navi di cui avevano in proposito di sollecitare l' invio . L' assemblea si raccolse subito in Atene e poté udire dalla bocca dei Segestani e degli ambasciatori della propria città , tra il cumulo delle altre affascinanti fandonie , questa di particolare spicco : che quanto a finanze nei tesori dei santuari e in quello statale giacevano depositi ingenti subito disponibili” Sebbene alcuni cittadini importanti di Atene si opponessero alla spedizione militare in Sicilia cosi’ onerosa per denari , mezzi ed uomini , tra cui Nicia che divenne poi uno dei comandanti della spedizione , la missione venne infine approvata . Dopo iniziali successi degli Ateniesi che portarono quasi alla rovina Siracusa , quasta infine chiamo’ in aiuto la Citta’ madre di Corinto e un grosso corpo di armata parti’ al comando dello spartano Gilippo ; la situazione militare si ribalto’ completamente anche per gli scarsi aiuti che giunsero agli Ateniesi in Sicilia , da Atene . Si giunse alla decisione che , in atttesa di un nuovo corpo di spedizione promesso da Atene a Nicia , l’ esercito si ritirasse via mare da Siracusa in direzione di Catania in attesa dei rinforzi , ma un evento astronomico sconvolse il piano , infatti il 28 agosto del 413 a.C. avvenne nella notte una inattesa eclissi di Luna , inattesa perché i Greci sapevano calcolare sulle eclissi lunari , che si verifico’ durante gli scontri della seconda battaglia navale nel Porto Grande di Siracusa di quell’anno , eclisse rimasta nella storia per via delle conseguenze che ebbe sugli Ateniesi . Secondo Tucidide Nicia era un uomo particolarmente superstizioso : all’arrivo dell’ eclissi chiese ai sacerdoti ateniesi come dovesse comportarsi , ricevendo in risposta di attendere 27 giorni prima di attaccare con la flotta i Siracusani . Il nemico approfittò quasi immediatamente della tregua voluta da Nicia e attaccò le 86 navi ateniesi ferme al Porto Grande , distruggendo completamente la flotta greca . In seguito a questa catastrofe che impediva il ritiro dell' esercito via mare , Nicia decise allora di ritirarsi da Siracusa via terra dopo che una terribile pestilenza aveva nel frattempo falcidiato l’ esercito ateniese essendo stato accampato in zona paludosa del Porto Grande , cosi’ Tucidite narra : “[…] appena a Nicia e a Demostene i preparativi parvero sufficienti , trascorsi due giorni dallo scontro navale , l'esercito finalmente dal campo in disarmo si mise in marcia . Distacco tormentoso ; e più di una riflessione trafiggeva dolorosamente: il sacrificio totale delle navi , ad esempio […] Ma anche quando venne l' ora di sgomberare il campo , lo spettacolo s' offriva tristissimo ai partenti : e dagli occhi la pena calava a ghiacciare il cuore . I cadaveri s' ammontavano scoperti : e quando si scorgeva un proprio caro rovesciato a terra , lo spirito s' irrigidiva in un orrore umido di pianto” In tal modo per una sorta di superstizione conseguente ad un evento astronomico . venne rimandata la partenza dell’ esercito di 27 giorni , la durata di un ciclo lunare , permettendo ai Siracusani di annientare le navi ateniesi e infine di vincere la guerra . Nella cartina la zona del Porto Grande di Siracusa , con le paludi dove rimase accampato l' esercito ateniese in attesa che passassero i 27 giorni dall' eclisse di Luna , superstizione fatale agli Ateniese per l' esito della guerra . -
Quando Marco Aurelio , gia’ Cesare di Antonino Pio , divenne Augusto alla morte del padre adottivo , si verifico’ un fatto straordinario : l’ Impero Romano ebbe per la prima volta nella sua storia due Imperatori legittimi ; ma come si giunse a questa anomala circostanza ? L' Imperatore Adriano aveva stabilito che alla sua morte l’ Impero passasse all’ adottato Cesare , Lucio Ceionio Commodo , meglio conosciuto come Lucio Elio Vero , non tutti i consiglieri di Adriano approvarono questa scelta , ma cosi’ fu ; Lucio Elio dopo una breve permanenza lungo la frontiera del Danubio , tipiche di questo periodo sono le monete emesse con al rovescio Pannonia , tornò a Roma per pronunciarvi il primo giorno del 138 , un discorso innanzi al Senato riunito . La notte prima del discorso però si ammalò e morì di emorragia nel corso della giornata . Il 24 gennaio del 138 Adriano scelse allora come successore Aurelio Antonino , che assunse poi l’ appellativo di Pio , obbligandolo a sua volta di adottare il futuro Imperatore Marco Aurelio e Lucio Vero il figlio di Elio Cesare . Marco Aurelio , nato come Marco Annio Catilio Severo , divenne Marco Annio Vero , che era il nome di suo padre , al momento del matrimonio con sua cugina Faustina , figlia di Antonino , assunse quindi il nome di Marco Aurelio Cesare , figlio dell' Augusto , durante l'impero di Antonino Pio . Marco Aurelio Antonino fu dunque , su espressa indicazione di Adriano , adottato nel 138 dal futuro suocero e zio acquisito Antonino Pio che lo nominò erede all' Impero . Alla morte di Antonino Pio il Senato voleva confermare solo Marco ma si rifiutò di entrare in carica senza che Lucio ricevesse gli stessi onori , alla fine il Senato fu costretto ad accettare e insignì anche Lucio Vero del titolo di Augustus . Marco divenne nella titolatura ufficiale , Imperatore Cesare Marco Aurelio Antonino Augusto mentre Lucio divenne Imperatore Cesare Lucio Aurelio Vero Augusto . Per la prima volta Roma veniva governata da due imperatori contemporaneamente . Marco conservò una preminenza , dovuta al fatto che era stato Cesare dell’ ultimo Imperatore Antonino Pio , fatto che Vero non contestò mai sebbene la sua elezione ad Augusto fosse stata voluta da Adriano per onorare la memoria di Lucio Elio adottandone il figlio e al tempo stesso lasciare l' Impero anche a Marco Aurelio di cui aveva capito le grandi qualità . A dispetto della loro uguaglianza nominale , Marco ebbe maggior autorita' di Lucio Vero e fu Console una volta di più avendo condiviso la carica già con Antonino Pio ; fu anche il solo tra i due a divenire Pontifice Massimo . In pratica l' Imperatore più anziano , Marco Aurelio aveva circa 10 anni piu' di Lucio Vero , deteneva un comando superiore al fratello più giovane . Marco Aurelio durante l’ Impero tenuto in fratellanza con Lucio Vero ebbe diversi figli da Faustina minore ma uno solo sopravvisse , il futuro Imperatore Commodo . Apparentemente sembra che i due Imperatori regnassero in armonia con l’ unica informazione certa che Marco Aurelio non approvasse lo stile di vita del fratello adottivo in quanto da lui ritenuta troppo libertina per un Imperatore , come dimostro’ Lucio nella campagna partica nella quale affido’ in loco gran parte della guerra ai suoi generali mentre lui si divertiva in Antiochia ; Lucio ebbe anche qualche remora nel seguire Marco nella campagna in Germania essendo da poco tornato dall’ Oriente . A questo punto della storia sorge la domanda del titolo , la morte di Lucio Vero ad Altino vicino Venezia a causa di un colpo apoplettico , fu casualita’ naturale o dovuta ad altra causa ? La domanda nasce spontanea per due motivi principali , il primo , forse meno importante , si riferisce al fatto che Cassio Dione nel narrare dei fatti di questa epoca , tace completamente sulla morte di Lucio Vero e questo fatto e’ alquanto strano aver taciuto sulla morte di un Imperatore conoscendo la serieta’ , scrupolisita’ e precisione dello storico greco , una dimenticanza ? Forse , ma rimane comunque un fatto strano . Secondo motivo , piu’ importante , e’ che Marco Aurelio aveva quasi 10 anni in piu’ di Lucio vero e sapendo sempre tramite Cassio Dione che Marco Aurelio era di costituzione fisica non perfetta anzi cagionevole , in teoria sarebbe forse morto con molta probabilita’ prima di Lucio Vero e a quell’ epoca avere 10 anni in piu’ rispetto ad altra persona era quasi una naturale condanna a morire prima . Cio’ avrebbe comportato il fatto che Lucio Vero sarebbe rimasto un giorno unico Imperatore legittimo in carica , alla barba di Commodo figlio di Marco , oppure se questi avesse rivendicato l’ Impero anche per se , si sarebbe verificato il rischio di una guerra civile , come in seguito avvenne tra Marco e Avidio Cassio . Insomma i motivi per eliminare Lucio Vero erano seri , a Marco non piaceva il suo stile di vita e si sentiva anche legato nelle scelte di politica imperiale , inoltre lo strano assoluto silenzio di Cassio Dione sulla morte di Lucio lascia quanto meno perplessi essendo stato questi un Imperatore . Occorre anche aggiungere che Giulio Capitolino nel narrare la Vita di Marco Aurelio riporta un passo secondo cui Marco Aurelio , nonostante le sue grandi qualita’ morali da tutti riconosciutegli , “sapesse anche abilmente fingere o almeno di essere meno leale di quanto sembrava” Al termine di questo discorso si puo’ affermare che non esiste nulla di concreto , si ipotizza soltanto , ma le basi per avere dei blandi sospetti esistono ; naturalmente se di omicidio si tratto’ , non e’ detto che sia avvenuto per volonta' di Marco Aurelio , contrasterebbe troppo con la sua natura umana , potrebbe essere stato deciso da altra persona della cerchia imperiale , i pettegolezzi circa la sua morte , inseriti nella Vita di Lucio Vero , in questo senso non mancano . In foto un cammeo antico in sardonice con Marco e Lucio , due busti al Museo di Londra , una moneta celebrante la Concordia degli Augusti e una di Lucio Elio con la Pannonia .
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Due fatti di pandemia entrambi dall' Oriente
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Oggi siamo in ostaggio di questo nuovo virus patogeno di cui ancora conosciamo poco , questo non ci permette ancora di ottenere un vaccino ; la situazione attuale ci fa riflettere sulla importanza e pericolosita’ che hanno questi esseri microscopici nella vita dell’ uomo . Ospiti indesiderati ma talvolta inaspettatamente presenti nel nostro corpo . Ormai erano passati oltre 100 anni dall’ ultima pandemia mondiale che uccise non meno di 50 milioni di persone e ne infetto’ circa 500 milioni , fu la terribile influenza spagnola , durata circa due anni , anche questa aggrediva il sistema respiratorio causando la polmonite , malattia pericolosissima agli inizi del XX secolo , abbastanza pericolosa , ma curabile , ancora oggi . Il pensiero va immediatamente alle pandemie del passato che dovettero essere molto piu’ aggressive e pericolose delle recenti a causa di malnutrizione di gran parte della popolazione e dell’ igiene scadente . Una delle piu’ terribili dell’ epoca storica romana fu senza dubbio quella che riportarono nell’ Europa romana gli eserciti romani al ritorno dall’ Oriente della vittoriosa guerra partica di Lucio Vero ; pare che la fonte della peste risiedesse a Seleucia e che scoppiasse nel 166 . La peste , scoppiata durante l' ultimo anno di campagna militare , costrinse però i Romani a ritirarsi dai territori appena conquistati portando questa terribile malattia all' interno dei loro stessi confini e flagellandone la sua popolazione per oltre venti anni riducendo sensibilmente la popolazione dell’ Impero romano . Non sappiamo a quanto ammontarono i morti nel mondo romano ma certamente furono tantissimi , si narra che nella sola Roma morissero 2000 persone in un solo giorno . In un recente monumentale lavoro del Professore Guido Migliorati sullo specifico periodo storico da Marco Aurelio a Commodo : "Iscrizioni per la ricostruzione storica dell'Impero Romano da Marco Aurelio a Commodo" , tratta brevemente e cercando una datazione precisa del flagello portato da Seleucia , dall’ Oriente in Europa come accaduto anche oggi . In riferimento ai nomi dei Consoli ordinari in carica in quel preciso periodo in cui scoppio la pestilenza , cosi’ scrive Migliorati nello specifico : “…..tuttavia una notizia della Historia Augusta , alcuni dati forniti da Galeno , medico greco personale di ben quattro Imperatori da Marco Aurelio a Settimio Severo , sulla peste e iscrizioni variamente provenienti dal Norico e dalla Dacia , lascerebbero supporre che nel 168 anche la popolazione dell’ Urbe sia stata falcidiata dall’ epidemia . Il biografo di Marco Aurelio infatti affermava che la pestilenza infieri’ con tale furia da causare la morte di migliaia di "ex proceribus , i piu’ nobili dei quali furono celebrati dall’ Imperatore con l’ innalzamento di statue" . Galeno da parte sua , lascio’ Roma prima del 166 per il manifestarsi a Roma della prima grande epidemia di "peste" (forse vaiolo?) . Egli venne tuttavia richiamato nel 168 da una lettera di Marco Aurelio e Lucio Vero , che gli ordinavano di raggiungere gli accampamenti di Aquileia per partecipare alla spedizione contro i Quadi e i Marcomanni . Galeno trascorse l' inverno presso l'esercito , su cui infieriva l'epidemia , ma infine riuscì a convincere Marco Aurelio , adducendo la volontà del dio Asclepio apparsogli in sogno , a consentirgli di tornare a Roma dove avrebbe dovuto occuparsi della salute del giovane Commodo . "Sia a Roma che ad Aquileia (Galeno) ebbe comunque modo di osservare la virulenza del contagio sia tra i civili sia tra i soldati ; infine Cassio Dione contestualmente alle travagliate vicende del 189 registrava gli effetti della piu’ grande pestilenza di cui mai avesse avuto conoscenza , cioe’ la morte in un solo giorno di 2000 persone nella sola Roma” . Migliorati prosegue , ma lo riporto in breve sunto , che in Dacia i disastri avvenuti in questa Provincia e in questo periodo , attibuiti all’ invasione di Quadi e Marcomanni , andrebbero invece ricondotti in parte anche alla moria causata dalla pestilenza . La pestilenza era ancora attiva nel 184 nel Norico , “per luen vita functi sunt” , recita una iscrizione . In foto alcune monete , un medaglione di Lucio Vero , e Marco Aurelio celebranti la Victoria Parthica Due frammenti marmorei di Lucio Vero raffiguranti fatti della guerra partica al Museo di Vienna -
Prima di iniziare questo nuovo post desidero fare una premessa a seguito della proposta da parte di @Rapax di nominarmi Curatore di questa Sezione , carica da dividere insieme ad un utente da molti anni presente nel Forum @Illyricum65 . Inizialmente non ero affatto convinto di assumere questo compito per vari motivi , poi vista la grande fiducia rivoltami dal Coordinatore Rapax , nonche’ dalla rinnovata richiesta , ho infine accettato , ma con prova di un solo anno , anche per non sembrare , come si dice in gergo politico , di essere “attaccato alla poltrona” . Detto questo vengo al mio profilo : come eta’ sono vecchietto e studio per Hobby storia romana in tutte le sue sfumature da oltre 50 anni , sono quindi quello che si definisce un autodidatta , quindi le mancanze di conoscenza sono enormi , come pregio invece mi piace indagare la storia , non amo proporre argomenti a pappagallo prendendo spunto da fatti , articoli o argomenti ben noti , alcune volte ne approfitto anche io , ci mancherebbe , preferisco piuttosto scovare e proporre particolari poco noti di storia , archeologia e numismatica . Spero che questa mia tendenza riscuota interesse e soprattutto stimoli discussioni di cui vive un Forum . Se non ci fossero discussioni sarebbe inutile anche scrivere . Vengo ora all' argomento attuale . La figura storica di Faustina minore , moglie di Marco Aurelio , mi attrae per due motivi : essendo il periodo storico che prediligo in quanto viene comunemente definito la fine dell’ eta’ dell’ oro o del mondo antico , credo a ragione ed anche per essere stata la madre di Commodo , figura da sempre discussa . Annia Galeria Faustina nacque nell' anno 130 , figlia di Antonino Pio e Faustina maggiore , sposo' giovanissima a 15 anni Marco Aurelio nel 145 dopo che era stata promessa sposa da Adriano a Lucio Vero , che all' epoca era ancora troppo giovane , ma che in seguito venne ricompensato del mancato matrimonio con Faustina sposando la figlia di Marco Aurelio , Lucilla . Faustina divenne Augusta due anni dopo nel 147 . La tarda opera Storia Augusta , ci ha tramandato che ebbe relazioni con marinai e gladiatori e che questi fossero ospiti frequenti nella sua Villa a Gaeta . Questo strano e inconsueto fatto ebbe , secondo Giulio Capitolino l' autore della Vita di Marco , come conseguenza la nascita extra matrimoniale di Commodo , tanto da farlo apparire come un figlio di un gladiatore , forzatura che voleva spiegare e dare un senso all' interesse di Commodo per i combattimenti nell' arena ; si giunse anche a fantasticare che Faustina l' avesse si concepito da Marco Aurelio , ma dopo aver fatto il bagno nel sangue di un gladiatore giustiziato , immaginazione assurda di uno scrittore . Queste le fantasticherie piu' da romanzo che da storico , di certo sappiamo che invece Faustina seguì Marco Aurelio nella sua campagna nel nord Europa contro i popoli germanici nel quadriennio 170-174 , come anche segui' il marito nella campagna in Oriente a seguito della usurpazione di Avidio Cassio , guerra che poi non avvenne per l' uccisione di Cassio . In questo frangente Faustina mori' presso Halala , in Cappadocia , nel 176 , a circa 46 anni , ancor giovane . Nel luogo della morte , come è stato confermato da scavi archeologici , Marco Aurelio edifico' la nuova colonia di Faustinopolis dedicata al suo nome . Marco Aurelio divinizzò la moglie , in suo onore fu costruito un Tempio a Roma in Campo Marzio , prossimo alla futura Colonna , che alla morte di Marco venne dedicato ad entrambi i coniugi , venne inoltre istituito un nuovo "alimenta" cioe' un sussidio per fanciulle bisognose , il secondo Puellae Faustinae dopo quello dedicato da Antonino Pio a Faustina maggiore . Faustina ebbe da Marco Aurelio 8 figli certi ma si suppone che fossero in totale12 o 13 , dei quali sopravvisse il solo Commodo . La storiografia postuma , vedi sopra la Storia Augusta , a Marco Aurelio presenta Faustina come una moglie infedele , cio’ fu dovuto molto probabilmente al fatto che Commodo ebbe un carattere e uno stile di vita completamente opposto a quello del padre , ma la evidentissima somiglianza facciale con il padre avrebbe dovuto fugare ogni dubbio , quindi per dare un senso a questa diversita’ inventarono relazioni di Faustina con marinai o gladiatori . Ma non fu con molta probabilita' cosi’ come ci e' stato tramandato da Giulio Capitolino . Marco Aurelio stesso in un passo del “A se stesso” o "Ricordi" , parla delle persone che gli furono vicine a cominciare dai genitori e nonni , per poi parlare degli educatori , da cui apprese tutto fin dalla giovinezza , rigraziandole , parlando apertamente anche della moglie con parole molto tenere : “…...l’ aver avuto una moglie come la mia , cosi’ dolce , affettuosa e semplice…...” , proprio l' ultimo termine "semplice" vale piu' del "dolce e affettuosa" in quanto denota piu' una semplicita' e stile di vita , ben diverso da quanto vuol far credere la Storia Augusta . Va anche ricordato che questi “Ricordi” di Marco Aurelio o dialoghi con se stesso , in diversi passi dell’ opera , assumono toni da testamento spirituale del grande Imperatore e in un certo senso sfortunato per il periodo in cui visse , poiche’ passo’ molti dei suoi anni regnando in un clima permanente di guerra . Busto di Faustina al Louvre
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Alcune volte si dubita che la Storia Augusta , scritta da diversi storici e in tempi non perfettamente chiariti , sia in linea generale un testo in alcuni passi non molto affidabile , questa almeno e' l' impressione che hanno gli storici moderni su questa antica opera . Come esempio di affidabilita' , perché corroborata da una prova tangibile , ci viene da una scoperta archeologica , piu' precisamente dal ritrovamento di un medaglione di Antonino Pio emesso nella sua TRP XII e nel COS IIII , il che ci permette di datare esattamente l' emissione del medaglione negli anni 148 / 149 , emesso in occasione di una Munificenza , cioe' di spettacoli offerti al popolo per qualche ricorrenza , probabilmente nell' Anfiteatro Flavio o in un Circo . Questa la testimonianza della Storia Augusta nella Vita di Antonino Pio , passo X : "Organizzo' spettacoli in cui comparivano elefanti , sciacalli , tigri e rinoceronti , coccodrilli e ippopotami e insieme con le tigri ogni sorta di animali provenienti da tutto il mondo ; arrivo' a presentare anche cento leoni in una sola volta" Per informazioni complete sul medaglione di Antonino Pio e la sua Munificenza consultare : https://www.academia.edu/10643527/F._BARELLO_La_munificenza_di_Antonino_Pio_un_medaglione_a_Ivrea_in_A._Gabucci_L._Pejrani_S._Ratto_eds._Per_il_Museo_di_Ivrea._La_sezione_archeologica_del_Museo_Civico_P.A._Garda_Firenze_2014
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Tra gli anni 178 e 180 Marco Aurelio scateno’ l’ offensiva finale in Marcomannia e Sarmatia dopo che ottenuta una precedente pace con le tribu’ germaniche , queste non rispettarono gli accordi . Nel grande piano di Marco Aurelio era prevista una conquista stabile e definitiva di queste terre al di la del Danubio per evitare per sempre invasioni del limes danubiano , terre che oggi territorialmente appartengono alla Slovacchia e alla Moravia regione della Repubblica Ceca . La precedente tregua sottoscritta con le popolazioni germaniche, in particolare con Marcomanni, Quadi e Iazigi, durò infatti solo un paio d'anni, fino al 177. Il 3 agosto del 178 Marco Aurelio fu infatti costretto a marciare ancora una volta verso la frontiera danubiana, a seguito di una nuova sollevazione dei Marcomanni ; si stabili nella fortezza legionaria di Brigetio il suo quartier generale e da qui condusse l'ultima campagna nella primavera successiva del 179, che aveva come obiettivo quello di occupare stabilmente parte della Germania Magna (Marcomannia) e della Sarmatia. Cassio Dione racconta infatti che : <I Quadi essendo poco disposti a sopportare la presenza di forti romani costruiti nel loro territorio tentarono di migrare tutti insieme verso le terre dei Semnoni . Ma Marco Aurelio Antonino che ebbe queste informazioni in anticipo della loro intenzione di partire per altri territori , decise di chiudere loro tutte le vie di fuga , impedendo la loro partenza> Dopo una vittoria decisiva nel 178 , il piano per annettere la Moravia e la Slovacchia occidentale (Marcomannia) , per porre fine una volta per tutte alle incursioni germaniche , sembrava avviato al successo , ma venne abbandonato dopo che Marco Aurelio si ammalò gravemente nel 180 , forse anch' egli colpito dalla peste che affliggeva l' Impero da anni . La storia seguente la morte di Marco Aurelio e’ risaputa , Commodo insofferente al clima e allo stato di guerra non ancora conclusa definitivamente , decise di tornare a Roma stipulando una nuova pace con le tribu germaniche e le enormi fatiche di anni andarono perdute arrecando un danno e una mancata conquista di cui l’ Impero occidentale ne subi’ gli effetti dannosi nei decenni e secoli futuri . Esistono prove tangibili , oltre ai testi storici e alle monete , di queste conquiste romane nei territori della Marcomannia (Slovacchia) e Sarmatia (Moravia) che oggi corrispondono grosso modo a queste due terre ? Ebbene si , ci sono . A nord del Danubio e’ stato individuato il sito di Laugaricium , attuale Trencin in Slovacchia , molto vicino al confine con la Moravia (Repubblica Ceca) , dove si trovava un piccolo Castrum romano che ospitava tra il 179/180 la Legione II Adiutrix o un suo distaccamento , comandata da Marco Valerio Massimiano ; mentre nel 1995 e’ stato trovato ad Iza in Slovacchia un altro piccolo Castrum ; inoltre numerosi altri castelli militari romani sono tornati alla luce in Moravia (Repubblica Ceca) e in Slovacchia . In particolare a Laugaricium e’ stata trovata questa iscrizione : Victoriae Augustorum exercitus, qui Laugaricione sedit, mil(ites) l(egiones) II DCCCLV. (Maximi)anus leg(atus leg)ionis II Ad(iutrix) cur(avit) f(aciendum) Mentre ad Iza esistono resti del muro difensivo a nord del Danubio ; I romani costruirono il sistema difensivo chiamato Limes vicino al fiume Danubio sulla sponda destra del corso . Uno dei forti avanzati era posto sul lato sinistro di questo grande fiume europeo e si trovava vicino al villaggio di Iža non lontano da Komárno . Resti di questo sistema rappresentano uno dei più importanti monumenti romani in Slovacchia . Anche in località Leányvár gli archeologi di Iža hanno scoperto una delle più grandi strutture romane sul territorio barbarico che si estendeva a nord del Danubio . Il forte di Iza fu costruito dai Romani nel II° secolo al tempo delle guerre marcomanniche di Marco Aurelio , era collocato sulla riva opposta del fiume rispetto al campo legionario di Brigetio . Molte monete qui trovate risalgono infatti al periodo dell' Imperatore Marco Aurelio . Oggi ad Iza rimangono solo resti della fortificazione di pietra , frammenti di mura vicino alla porta settentrionale e una parte della fortificazione meridionale . I vari reperti archeologici di Iža furono trasferiti nel Lapidarium romano di Komárno , nel Museo Ponitrianske di Nitra e nel Castello di Bratislava . Con Marco Aurelio termina il grande progetto di Augusto che voleva la conquista totale della Germania Magna , dove per Magna si intendeva il territorio ad est del Reno e a nord est del Danubio . Dopo Augusto , Tiberio , Traiano e Marco Aurelio , i Romani si affacciarono molte volte in queste terre estreme , ma furono solo risposte militari ai tentativi germanici di oltrepassare il Limes . In foto e in seguenza : cartina geografica dell' Impero con le terre perdute alla morte di Marco Aurelio , posizione geografica delle due localita' in Slovacchia trattate nell' articolo , iscrizione di Laugaricium (Trencin) , resti del campo romano di Iza , tre monete emesse da Marco Aurelio nella prima fase della guerra marcomannica .
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Non tutti gli uomini che “fecero la storia” ebbero la fortuna di avere una sepoltura che sopravvivesse al tempo , tale da farla conoscere ancora oggi dopo quasi ventuno secoli , presso la quale ricevere la visita dei loro contemporanei e degli uomini futuri ; uno di questi uomini , in tal senso sfortunati , fu Cesare . Dopo la sua morte , il suo funerale pubblico avvenne il Il 20 marzo , la salma di Cesare fu condotta nel Foro e posta accanto alla tomba dell’ amatissima figlia Giulia , morta di parto nel settembre del 54 nella casa di Pompeo che poco dopo avrebbe perso anche il figlio avuto da Giulia . In quel luogo , proprio davanti ai Rostri , fu costruita una edicola aurea simile al tempio di Venere Genitrice . Il corpo di Cesare fu posto su un catafalco d’ avorio e coperto di porpora e oro con in evidenza la veste che indossava al momento dell’ assassinio . La visione di quella veste macchiata di sangue , piena di buchi dei pugnali dei congiurati e del corpo esanime di Cesare fu l’ ultima visione del grande uomo , infatti a cremazione terminata vennero raccolte le ceneri e da allora non si e’ saputo piu’ nulla di certo sul luogo della sepoltura . Le ipotesi piu’ probabili sono che le sue ceneri fossero depositate accanto alla figlia Giulia , oppure che fossero poste in una tomba in Campo Marzio , luogo nel quale riposavano molti altri grandi di Roma repubblicana , come Aulo Irzio e Silla . Ad oggi il luogo della tomba di Cesare e’ sconosciuto e forse tale rimarra’ per sempre . Esiste comunque una leggenda popolare , risale al Medioevo , le leggende non vanno sempre sottovalutate , che vuole che le ceneri di Cesare fossero state poste in una sfera di bronzo dorato che all’ epoca di Caligola fu sistemato in cima all’ obelisco che dominava il centro della spina del suo Circo in Vaticano . Questo globo di bronzo dorato , di 81 centimetri di diametro , decorava quindi originariamente l'obelisco eretto sulla spina centrale del Circo Vaticano dall' Imperatore Caligola. L' obelisco nel medioevo era considerato la tomba di Cesare , le cui ceneri sarebbero state conservate nella sfera bronzea collocata alla sua sommità . Tale errata convinzione fu divulgata dagli autori medioevali , che facevano riferimento sulla presenza dell’iscrizione dedicatoria a Giulio Cesare che era conservata sull' obelisco . Nel 1586 , quando l’ obelisco fu spostato nell' attuale posizione al centro della piazza di fronte alla Basilica di San Pietro , il globo venne rimosso , venne fatta una apertura e si poté verifiare che esso conteneva quello che a quel tempo fu ritenuta ruggine e terra , certamente a quel tempo questi residui non si potevano analizzare come oggi sarebbe facile fare . Collocato per qualche tempo nel cortile del Belvedere in Vaticano , il globo fu poi donato da Sisto V , nel 1589 , al Comune di Roma in Campidoglio ed e’ oggi conservato nei Musei Capitolini , nel contempo il globo rimosso dall’ obelisco fu sostituito in cima allo stesso con una croce di bronzo . A proposito del globo e del suo contenuto riporto una testimonianza diretta del 1590 dell’ Architetto Domenico Fontana che fu incaricato dal Papa Sisto V di innalzare l’ obelisco nella Piazza del Vaticano : <Avanti che la Guglia (Obelisco) fosse imbragata , alcuni giorni prima , fu levata la palla che vi stava in cima per ornamento et che per molti pensavano che sendo la Guglia dedicata a Cesare , in essa fossero le ceneri di lui . Fu considerata da me con gran diligenza e vidi lei essere gettata tutta d’ un pezzo senza commissura alcuna , che stando questo , non vi si poteva mettere dentro cosa alcuna , e ben vero ch’ in molti luoghi e’ stata forata d’ archibugiate (quando i Lanzechinecchi entrarono in Roma nel 1527) che vi sono state tirate da soldati quando la Citta’ di Roma fu presa , per i quali fori era entrata alquanto di polvere spinta dai venti , il che fu mostrato da me e a molti> In base a questa testimonianza diretta occorre pero’ considerare che i buchi arrecati alla sfera dagli archibugi dei Lanzechinecchi , in base a verifiche moderne , non riuscirono a forare completamente il bronzo ma solo ad intaccarlo in superficie , di conseguenza il contenuto in polvere vista dal Fontana dentro il globo non puo’ essere dovuta alla polvere trasportata dal vento , ma forse dovuta a sfaldatura del metallo , che da altri testimoni fu ritenuta essere ruggine o terra . Qualcosa comunque dentro il globo c' era . Questo per quanto riguarda il corpo di Cesare , passiamo ora all’ anima di Cesare e vediamo se puo’ aiutarci nella ricerca . E’ ipoteticamente lecito pensare , ma non impossibile , che Caligola per motivi a noi ignoti e stravaganti , quale era il suo carattere , raccogliesse le ceneri di Cesare depositate in qualche luogo di Roma , probabilmente in Campo Marzio , e le conservasse in quel globo bronzeo dorato allo scopo di adornare e rendere piu’ famoso e frequentato il suo Circo ; anche la forma del globo con una cuspide libera e visibile , mentre l’ altra cuspide opposta alla visiva doveva essere infissa nell’ obelisco per ancorare il globo , potrebbe avere richiamato alla mente la Cometa apparsa in cielo poco dopo la morte di Cesare , che fu ritenuta essere l’ anima di Cesare salita tra gli dei del cielo ; quindi quale altra collocazione avrebbe avuto , migliore che in cima ad un alto obelisco , per sistemare le ceneri di Cesare ? Giunti al termine della ricerca ad oggi non e’ possibile determinare con certezza il luogo dove furono deposte le ceneri di Cesare , di certo non ebbe un mausoleo o altro edificio funebre appariscente poiche’ nessuno scrittore ce ne ha tramandato il luogo e l’ aspetto , i tragici fatti che seguirono la morte di Cesare e la sua presunta intenzione di instaurare una forma di monarchia assoluta nocquero alla maggior parte della classe dirigente di Roma che non videro l’ ora di sbarazzarsi del corpo e dell’ anima di quell’ uomo cosi’ rivoluzionario , piu’ pericoloso di un Silla o di un Catilina . In foto il globo come e' oggi ai Mesei Capitolini e un disegno dell' obelisco quando era in giacitura originaria con globo in alto ed iscrizione alla base .
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La piu’ micidiale e temibile cavalleria dell’ antichita’ , sia per le cavallerie nemiche e tanto piu’ per le fanterie avversarie , fu quella dei Catafratti . Essere un Catafratto equivaleva a dire : “essere protetto o coperto fino in fondo” , infatti in base ad alcune sculture sopravvissute e ad un unico testo che descrive minuziosamente l’ aspetto di un Catafratto , si vede e si legge che un cavaliere catafratto era completamente rivestito di un elmo e di una corazza di ferro , ma non basta , anche il suo cavallo era rivestito di una corazza di ferro , le armi offensive erano una lunga lancia e le terribili frecce con particolari punte che lanciate a lunga gettata da grandi archi perforavano le armature avversarie e laceravano le carni , queste frecce erano come pericolosita’ e mortalita’ seconde solo all’ altra terribile e temuta arma dei Daci , la falce da battaglia , capace con un solo colpo di tagliare arti e teste . Normalmente si pensa che la cavalleria catafratta , incubo dei Romani , sia stata inventata dai Persiani , infatti famosa fu l’ esperienza negativa che fecero i Romani di Crasso a Carre e in altre occasioni successive , invece sembra che questa cavalleria corazzata fosse tipica dei popoli dell’ est europeo fin dal IV secolo a. C. , in particolare dei Sarmati , Alani e Roxolani , come ben si evince da un pannello della Colonna Traiana . Una bella e rappresentativa immagine di un cavaliere catafratto ci giunge sotto forma di scultura da un pannello su roccia dove si vede un Re persiano vestito da catafratto della dinastia sasanide , scultura trovata a Kermanshah in Iran ; mentre una bellissima descrizione letteraria ci arriva da uno scrittore greco di nome Heliodoro vissuto a cavallo del III – IV secolo , ecco il suo racconto integrale di un Catafratto : <……..sono (i Catafratti) i migliori soldati dell’ esercito persiano e la loro formazione di battaglia un muro incrollabile . Ecco la forma del loro armamento . L’ uomo e’ scelto e deve possedere un vigore eccezionale . Ha la testa coperta da un elmo chiuso tutto di un pezzo che come una maschera rappresenta esattamente un volto umano e copre completamente la testa dalla cervice al collo , salvo gli occhi in modo da poter vedere . La mano destra e’ armata di un Kontos (lancia) piu’ lungo di una lancia ordinaria , mentre la mano sinistra rimane libera per tenere le redini . Al fianco e’ sospesa una sciabola . Il petto e tutto il corpo sono corazzati . Ecco come e’ fatta la corazza : delle placche di bronzo e di ferro quadrangolari e di una medesima misura , sono legate tra loro per le estremita’ e si incastrano come embrici le uno sotto le altre sia nel senso della lunghezza che in quello dell’ altezza in modo da formare una superficie ininterrotta .Esse sono nella parte interna attaccate insieme mediante lacci morbidi . Se ne ricava come una veste di scaglie che aderisce al corpo senza impedirlo e lo fascia completamente , coprendo separatamente ciascuna gamba senza impacciare i movimenti perche’ puo’ bene articolarsi . L’ armatura e’ provvista di maniche e va dal collo alle ginocchia , e’ aperta soltanto all’ altezza delle cosce per consentire all’ uomo di montare a cavallo . Su tale corazza le frecce rimbalzano , ne c’e’ da temere alcuna ferita , il gambale va dalla punta del piede al ginocchio e s’ attacca alla corazza .Una simile armatura protegge il cavallo , le sue zampe sono avvolte in schinieri e la sua testa protetta da placche frontali , mentre dal suo dorso pende lungo ciascun fianco un tessuto di lame di ferro che lo protegge lasciando tuttavia llibera la pancia per non infastidirlo nella corsa . Il cavaliere cosi armato e cosi per dire incassato , inforca il cavallo , ma non vi si issa da solo , bisogna che a causa del suo peso lo si sollevi . Al momento dello scontro abbandona le redini , da di sprone e si lancia di gran carriera e con grande frastuono sul nemico simile ad un uomo di ferro o ad una statua tagliata in un solo blocco che si mette in movimento . Il Kontos (lancia) puntano orizzontalmente , spinge lontano la cuspide ; dalla parte del ferro esso e’ sostenuto da un laccio attaccato al collo del cavallo ; mentre l’ impugnatura e’ fissata alla sua groppa . In tal modo esso non cede all’ urto anzi aiuta la mono del cavaliere che altro non fa se non dirigere il colpo . Egli si piega e si inarca per procurare una piu’ profonda ferita e il suo slancio e’ cosi’ impetuoso che egli trapassa tutto quello chi si trova davanti , spesso trapassa con un solo colpo due nemici alla volta> Questa la descrizione completa di un cavaliere catafratto , fatta evidentemente da qualcuno che ebbe modo di osservare da vicino questo tipo di soldato ; facile immaginare da parte di un fante il timore di vedersi venire contro un simile cavaliere che aveva l’ aspetto terrificante di un "blocco di ferro" come dice il nostro scrittore . In foto bassorilievi persiani con un catafratto , cavalieri catafratti nella colonna traiana , ricostruzione di un catafratto .
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Le notizie di questi giorni sul Coronavirus e le precedenti paure di alcuni anni fa su simili epidemie o pandemie come si voglia chiamarle , dovute ad altri ceppi di virus , fanno tornare alla mente , almeno a chi si interessa di storia antica e recente , ricordi di vere e proprie pandemie che falcidiarono milioni di persone . Nei tempi antichi non esistevano cure contro i virus , solo i piu’ fortunati potevano far conto sul proprio bagaglio immunitario , che pur non sapendo che esistesse , cosa fosse , e non conoscendo il motivo per cui non si infettavano , superavano indenni l' epidemia o guarivano spontaneamente dalla malattia senza poter essere di aiuto ad altri , salvezza che sarebbe potuta avvenire ricavando dal proprio sistema immunitario dei vaccini che avrebbero salvato altre vite . Per fare questo dovevano passare millenni o secoli ; queste epidemie , furono il vero terrore dell’ antichita’ , non c’ erano difese se non forse fuggendo dai focolai di infezione o sperando nell’ aiuto divino . Ancora oggi come ben si vede dalla reazione mondiale rispetto al Coronavirus il rapporto dell’ uomo con i virus , specie con quelli di nuovi ceppi , non e’ cambiato di molto in confronto ai tempi antichi , fanno sempre paura , ma ora possediamo la tecnologia biologica per combatterli , occorre solo del tempo per trovare il vaccino contro il nuovo arrivato . Una carrellata storica , con preambolo , delle epidemie pandemie avvenute in epoche storiche documentate , da Wikipedia : La maggior parte delle pandemie furono zoonosi, ovvero originate dalla convivenza degli esseri umani con animali da allevamento; due esempi tipici sono l'influenza e la tubercolosi. Fra le pandemie più catastrofiche si possono annoverare: Febbre tifoide durante la guerra del Peloponneso, 430 a.C. La febbre tifoide uccise un quarto delle truppe di Atene ed un quarto della popolazione, nel giro di quattro anni. Questa malattia fiaccò la resistenza di Atene, ma la grande virulenza della malattia ha impedito un'ulteriore espansione, in quanto uccideva i suoi ospiti così velocemente da impedire la dispersione del bacillo. La causa esatta di questa epidemia non fu mai conosciuta. Nel gennaio 2006 alcuni ricercatori della Università di Atene hanno ritrovato, nei denti provenienti da una fossa comune sotto la città, presenza di tracce del batterio. Peste antonina, 165-180. Un'epidemia presumibilmente di vaiolo, portata dalle truppe di ritorno dalle province del Vicino Oriente, uccise cinque milioni di persone. Fra il 251 e il 266 si ebbe il picco di una seconda pandemia dello stesso virus; pare che a Roma in quel periodo morissero 5.000 persone al giorno. Morbo di Giustiniano, a partire dal 541; fu la prima pandemia nota di peste bubbonica. Partendo dall'Egitto giunse fino a Costantinopoli; secondo lo storico bizantino Procopio, morirono quasi la metà degli abitanti della città, a un ritmo di 10.000 vittime al giorno. La pandemia si estese nei territori circostanti uccidendo complessivamente un quarto degli abitanti delle regioni del Mar Mediterraneo orientale. La Peste Nera, a partire dal 1300. Ottocento anni dopo la strage di Costantinopoli, la peste bubbonica fece il suo ritorno dall'Asia in Europa. Raggiunse l'Europa occidentale nel 1348 e fu causata dall'assedio tartaro alla colonia genovese di Caffa (l'odierna Feodosia) nel 1346 e successivamente portata in Sicilia dai mercanti italiani provenienti dalla Crimea e si diffuse in tutta Europa uccidendo venti milioni di persone in sei anni (un terzo della popolazione totale del continente). Pandemie di colera 1816-1826 Precedentemente confinata all'India, la malattia si diffuse dal Bengala fino alla Cina e al Mar Caspio. 1829-1851 Toccò l'Europa (Londra nel 1832), Canada, e Stati Uniti (costa del Pacifico). 1852-1860 principalmente diffusa in Russia, fece più di un milione di morti. 1863-1875 Diffusa principalmente in Europa e Africa. 1899-1923 Ebbe poco effetto sull'Europa grazie anche ai progressi nella salute pubblica; la Russia ne fu di nuovo colpita duramente. 1960-1966 L'epidemia chiamata El Tor colpì l'Indonesia, raggiunse il Bangladesh nel 1963, l'India nel 1964, e l'Unione Sovietica nel 1966. L'"influenza spagnola", 1918-1919. Iniziò nell'agosto del 1918 in tre diversi luoghi: Brest, in Francia; Boston, nel Massachusetts; e Freetown in Sierra Leone. Si trattava di un ceppo di influenza particolarmente violenta e letale. La malattia si diffuse in tutto il mondo, uccidendo 25 milioni di persone (secondo alcuni di più)[altri numeri nella voce relativa] in 6 mesi (circa 17 milioni in India, 500.000 negli Stati Uniti e 200.000 nel Regno Unito). Sparì dopo 18 mesi. Il ceppo esatto non fu mai determinato con precisione.[senza fonte] L'"influenza asiatica", 1957-1958. Rilevata per la prima volta in Cina nel febbraio del 1957, raggiunse gli Stati Uniti nel giugno dello stesso anno, facendo circa 70.000 morti. Il ceppo era lo H2N2. L'"influenza di Hong Kong", 1968-1969. Il ceppo H3N2, emerso a Hong Kong nel 1968, raggiunse nello stesso anno gli Stati Uniti e fece 34000 vittime. Un virus H3N2 è ancora oggi in circolazione. L'epidemia di HIV/AIDS, dal 1981. Si propagò in maniera esponenziale in tutti i paesi del mondo, uccidendo circa tre milioni di persone (stime UNAIDS). Dal 1996 una terapia farmacologica blocca il decorso della sindrome immunodepressiva (per lo meno in quei paesi in cui i malati possono accedere ai farmaci), ma non elimina il virus dai corpi degli individui. Sebbene la malattia sia oggi cronicizzabile e raramente letale (nel mondo sviluppato), ne continua il contagio, legato a fattori comportamentali. La SARS, 2003. Non una vera e propria pandemia anche se il virus, proveniente dalla Cina, si diffuse a Hong Kong e di lì fino a Taipei, Singapore, Toronto e molte altre nazioni. L'"influenza A H1N1", 2009-agosto 2010 Pandemia del Virus H1N1 denominata originariamente Influenza Suina perché trasmessa da questo animale all'uomo. Il suo focolaio iniziale ha avuto origine in Messico, estendendosi poi in soli 2 mesi a quasi 80 paesi. In Europa e paesi limitrofi, al 31-08-2009 i casi accertati sono 46.016 e le morti accertate sono 104. Nel resto del mondo i casi di morte accertati sono 2.910 finora[1]. Nel mese di agosto 2010 l'OMS (organizzazione mondiale della sanità) ha dichiarato chiusa la fase pandemica. Attualmente il virus H1N1 si comporta similmente ad altri virus stagionali (cd. Fase post-pandemica)[2]. Un altro agente patogeno che creò ricorrenti pandemie nella storia umana fu il tifo, chiamato anche "febbre da accampamento" o "febbre navale" perché tendeva a diffondersi con maggiore rapidità in situazioni di guerra o in ambienti come navi e prigioni. Emerso già ai tempi delle Crociate, colpì per la prima volta l'Europa nel 1489, in Spagna. Durante i combattimenti fra spagnoli e musulmani a Granada, i primi persero 3.000 uomini in battaglia e 20.000 per l'epidemia. Sempre per via del tifo, nel 1528 i francesi persero 18.000 uomini in Italia; altre 30.000 persone caddero nel 1542 durante i combattimenti nei Balcani. La grande armée di Napoleone fu decimata dal tifo in Russia nel 1811. Il tifo fu anche la causa di morte per moltissimi reclusi dei campi di concentramento nazisti durante la Seconda guerra mondiale. L'incontro fra gli esploratori europei e le popolazioni indigene di altre zone del mondo spesso fu causa di epidemie e pandemie violentissime. La popolazione dei Guanci delle isole Canarie fu completamente sterminata da un'epidemia nel XVI secolo.[senza fonte] Il vaiolo uccise metà della popolazione di Hispaniola nel 1518, e seminò il terrore in Messico intorno al 1520, uccidendo 150.000 persone (incluso l'imperatore) solo a Tenochtitlán; lo stesso morbo colpì violentemente il Perù nel decennio successivo. Il morbillo fece altri due milioni di vittime tra i nativi messicani nel XVII secolo. Ancora fra il 1848 e il 1849, circa un terzo della popolazione nativa delle isole Hawaii morì di morbillo, pertosse e influenza. Moltissime sono anche le epidemie di cui restano testimonianze storiche ma delle quali è impossibile identificare l'eziologia. Un esempio particolarmente impressionante è quello della cosiddetta malattia del sudore che colpì l'Inghilterra nel XVI secolo; più temibile della stessa peste bubbonica, questa malattia uccideva all'istante. Epidemie di Atene , sotto Giustiniano , medievale , presso gli Aztechi , spagnola in Europa .
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