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una moneta e una storia L'unione fa la forza
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Partiamo da qui: D/: IMP VALERIANVS AVG: busto di Valeriano, radiato e drappeggiato e corazzato, a destra. R/: PM TRP V COS IIII PP : Valeriano e Gallieno posti uno di fronte all’altro, con le mani appoggiate su due scudi posti tra di loro e con dietro due lance Zecca di Antiochia RIC V 277 Salito al potere nel 253, Valeriano decise fin da subito di associare al trono il figlio Gallieno. Fu una scelta dettata dalla necessità. L’impero era minacciato ad Oriente dai Sasanidi di Sapore I ed a Occidente soprattutto dai Goti: avere due augusti avrebbe consentito una migliore difesa su due fronti molto caldi. Valeriano scelse per sé l’Oriente, dove indubbiamente la situazione era molto più difficile e complessa. Infatti, nel 256 i Sasanidi avevano sottratto ai Romani importanti territori e roccaforti tra cui il centro strategico di Dura Europos che fu conquistato e distrutto dopo un lungo e avventuroso assedio. Dopo tale sconfitta Valeriano seppe comunque reagire ottenendo qualche vittoria e la guerra ebbe alterne vicende, finché nel 260, durante la difesa di Edessa, l’imperatore sarebbe stato rapito da Sapore I finendo poi ucciso (ma questa è una altra storia). Cameo raffigurante re Sapore I che afferra per il braccio l'imperatore Valeriano, a segnalare la cattura del sovrano romano dopo la battaglia di Edessa. Rilievo a Naqsh-e Rustam raffigurante Sapore I che tiene prigioniero Valeriano e riceve l'omaggio di Filippo l'Arabo, inginocchiato davanti al sovrano sasanide La zecca della nostra moneta è Antiochia. Alla luce della TRP V e del COS IIII la moneta dovrebbe essere stata coniata nel biennio 257/258. Tuttavia, sappiamo che la zecca di Antiochia interruppe le emissioni monetarie proprio nel 257 a causa della minaccia sasanide (le riprenderà solo nel 263). Quindi l’anno di coniazione dovrebbe essere proprio il 257. In effetti, in quegli anni Valeriano si trovava proprio ad Antiochia, città ideale per condurre le operazioni di guerra grazie alla sua posizione strategica. Infatti, dopo la caduta in mani nemiche avvenuta pochi anni prima, era riuscito a riconquistarla e a ricostruirla facendone un centro nevralgico e, soprattutto, il suo quartier generale per il prosieguo della guerra ad Oriente. Tuttavia, proprio la sua posizione e la sua importanza faceva di Antiochia una zona costantemente esposta alla minaccia Sasanide, tanto che Sapore I riuscirà a conquistarla poi nuovamente. A noi oggi risulta difficile seguire questi continui e soprattutto repentini cambi di bandiera dei territori coinvolti (e quindi delle numerose città) , tanto complesso era quel conflitto che sottrasse ai Romani molte risorse umane, materiali ed economiche. Il soggetto del rovescio credo che sia stato scelto oculatamente per affermare in modo chiaro la forza dei due Augusti, padre e figlio, che vollero essere ritratti insieme, con lo scudo e la lancia, proprio a simbolizzare la loro potenza militare, che veniva esaltata dalla loro unione familiare. Tra l’altro, proprio nel 257, Valeriano e Gallieno rivestirono entrambi il consolato (il IV per Valeriano ed il III per Gallieno). Le due figure maschili sono ritratte una di fronte all’altra, in un momento di riposo dalla battaglia, con le mani appoggiate agli scudi, quasi a infondere anche una certa tranquillità: la situazione è sotto controllo. Le moneta, come sappiamo, veicolano sempre un messaggio. Esse sono quindi, per la loro diffusione, un forte mezzo di propaganda politica. Qui chiaramente il messaggio che deve arrivare ai cittadini è quello dell’unione delle forze, della comunione di intenti, della collaborazione reciproca tra i sovrani con lo scopo di preservare l’integrità dell’impero dalle minacce esterne. Molto interessante è la annotazione del Sear a proposito del nostro antoniniano: “Questo tipo di rovescio è simile, e presumibilmente fu ispirato, al rovescio di un aureo e di un denario di Augusto che lo ritraeva con i due nipoti Gaio e Lucio." Gaio e Lucio erano figli di Giulia (figlia di Augusto) e di Vipsanio Agrippa. Furono adottati da Augusto ed erano destinati a succedergli. Purtroppo, entrambi gli premorirono molto giovani lasciando il campo libero a Tiberio. Eccoli le monete a cui si riferiva il Sear: L’aureo, RIC 206: D/: CAESAR AVGVSTVS DIVI F PATER PATRIAE; testa di Augusto, laureata, a destra R/: AVGVSTI F COS DESIGN PRINC IVVENT; Caio e Lucio Cesare stanti in posizione frontale, si appoggiano a due scudi; dietro ad ogni scudo, una lancia; sopra simpulum a sinistra e lituus a destra (simboli religiosi, vedi oltre nella discussione) ESERGO/: C L CAESARES Zecca: Lugdunum Il denario, RIC 207, con le stesse legende, effigi e zecca: Queste sono le tipologia più comuni. Quanto agli aurei, esistono anche un blocco di 4 monete, il RIC 205, e poi il RIC 209. Queste monete si differenziano tra di loro per piccoli particolari quali diversa posizione e orientamento del simpulum e del lituus. Lo stesso avviene per i denarii classificati come RIC 208, 210, 211 e 212 che differiscono tra loro, oltre che per quanto detto per gli aurei, anche per la presenza di una X al rovescio sotto i simboli religiosi. Un caso interessante è il denario RIC 208 che può presentare una particolare variante: Se guardiamo attentamente il ritratto di Augusto notiamo come rassomigli molto a Traiano. Inoltre, anche il simpulum ed il lituus hanno forma e posizione diverse . Per molti studiosi queste caratteristiche identificherebbero la moneta come una “restituzione” di Traiano. Il fatto però strano è che la moneta conservi sul dritto la legenda originaria senza i classici REST o RESTITVIT tipici delle restituzioni traianee (qualcuno ipotizza quindi emissioni al di fuori della grande serie delle sue restituzioni). Interessante come Wildwinds, a proposito invece della RIC 207, parli di imitazioni provenienti dall’area transcaucasica. Ecco alcuni esempi di cui però presenta solo il rovescio: Ma torniamo al significato della moneta. È chiaro come qui il contesto sia completamente diverso rispetto alla moneta di Valeriano/Gallieno. Nel caso di Augusto il messaggio è un altro. Siamo, infatti, in un contesto di pace. Egli vuole ribadire l’unione, l’alleanza tra i due ragazzi quali suoi eredi designati. I due giovani collaboreranno per mantenere l’impero in uno stato di pace, come lo ha lasciato il nonno. Sulla moneta Gaio e Lucio si poggiano sugli scudi (parmae o scudi con umbone centrale), hanno tra di loro due lance (hastae) e sono avvolti in una toga piena di panneggi. La toga gode di un significato particolare: infatti, è opinione corrente che servisse quasi da “divisa di stato” e come simbolo di purezza morale, in quanto ricopriva completamente il corpo e costituiva il segno di ripristino dei valori repubblicani e dei costumi ineccepibili dei Romani delle origini. I due giovani, sulle monete, sono indicati come “principes iuventutis”. Cosa significa? Princeps iuventutis era un titolo dignitario che risaliva all’età repubblicana. Era un appellativo onorario dato ai giovani che si distinguevano durante i cosiddetti Ludi troiani. I Ludi troiani erano di origine molto antica (come intuibile dal nome) ed erano una esibizione, una sorta di parata cui partecipavano i giovani cavalieri romani. In sostanza, era una sfilata a cavallo della giovane élite romana che si presentava al pubblico simulando un combattimento. Sappiamo da Svetonio che i Ludi troiani vennero nuovamente celebrati con regolarità da Augusto, il quale “…organizzò spesso i giochi troiani tra ragazzi di età maggiore e minore, pensando che fossero una nobile usanza antica per mettere così in evidenza il valore di una stirpe illustre…”. Alla fine dell’agone, a quelli che si erano distinti, veniva assegnato il titolo di princeps iuventutis con la consegna della parma e dell’hasta. Tali furono nominati Gaio Cesare (5 a.C.) e nel Lucio Cesare (2 a.C.). Non è un caso che i prescelti fossero membri della famiglia imperiale. Anzi, solitamente erano gli eredi al trono designati (lo stesso avverrà infatti per molti imperatori successivi fino a Commodo). In effetti, il titolo è stato a volte mantenuto anche quando il titolare non era più un iuvenes in quanto aveva qualcosa del significato di principe ereditario. E non e’ neppure un caso che il titolo venisse assegnato a giovani cavalieri: il regno di Augusto fu caratterizzato proprio da un crescente coinvolgimento dell’ordine equestre nelle cariche di governo. La scena rappresentata sul rovescio è però completata da un ulteriore elemento, che manca nella moneta di Valeriano: la presenza di due simboli religiosi, il simpulum ed il lituus. Il Simpulum era una sorta di mestolo usato nei sacrifici per fare le libagioni e per attingere il vino ed altri liquidi che venivano poi versati sulla testa delle vittime. Era uno dei simboli del collegio di Pontefici. Qui riferito a Gaio che era appartenente a quel collegio. Il lituus (da litàre, offrire sacrifici agli dèi per ottenere auspici favorevoli) era uno strumento di culto costituito da un bastone ricurvo in cima, dalla forma quindi simile a quella del pastorale del vescovo. Era usato dagli Auguri (del cui collegio era simbolo) per marcare uno spazio rituale (e virtuale) nel cielo destinato alla divinazione. Qui riferito a Lucio che era membro del collegio degli auguri. In sostanza il messaggio della moneta dice che la candidatura ad eredi di Caio e Lucio (e quindi la loro unione) è suggellata dagli dèi. Per mantenere la pace ci vorranno le armi, ma anche l’appoggio delle divinità. Si conferma, insomma, l’Augusto rispettoso dei culti tradizionali, della religione romana. In effetti, lo scopo della religione romana non era quello di plasmare le coscienze dei fedeli bensì di dare vita a rapporti favorevoli tra Roma e gli dèi in modo tale che questi ultimi fossero sempre propizi e fornissero di conseguenza quell'appoggio senza il quale la città non poteva prosperare, vincere i nemici in guerra e dominare. I Romani chiamavano questo rapporto pax deorum, che era in fondo assai simile a una sorta di contratto: bisognava ingraziarsi gli dèi, ottenere il loro favore, evitare atti che facessero venir meno il loro appoggio. E tutto ciò si otteneva eseguendo con estrema accuratezza riti e sacrifici previsti per ogni specifica occasione . In effetti, la parola “religio” ha in latino il duplice significato di “osservanza scrupolosa” e di “impegno assunto” di fronte agli dèi. Non sarà così con Valeriano. La sua moneta non ha richiami religiosi, la legenda del rovescio e’ essenziale, senza alcun richiamo o messaggio particolare. Il messaggio è nella immagine, ed e’ una immagine che parla di guerra. Niente di buono sul fronte Orientale (e neppure su quello Occidentale). Sperando di non aver detto inesattezze (se fosse così, correggetemi pure), in attesa di vostri commenti, interventi, integrazioni vi saluto. Stilicho- 10 commenti
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