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Questa discussione prende spunto da un'altra aperta recentemente nella sezione “Repubblicane” da @ARES III e poi sviluppata da @L. Licinio Lucullo . La sua lettura mi e' particolarmente piaciuta, al punto di spingermi ad aprirne una nuova per un approfondimento specifico nella sezione “imperiali”. Quindi ecco la moneta di cui vorrei parlarvi: la RIC II Traiano 796 D/: Q CASSIVS VEST: busto di Vesta, velata, drappeggiata, a destra R/: IMP CAES TRAIAN AVG GER DAC P P REST: tempio di Vesta visto di fronte, esastilo, con una statua sul tetto e sedia curule all'interno; urna per il voto sulla sinistra; tavoletta con A C (absolvo-condemno) sulla destra. La moneta è molto simile a questa: Si tratta di un denario di età repubblicana, coniato a Roma nel 55 a.C., il Crawford 428/1. Questa è la sua scheda: https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G191/1 Il dritto è perfettamente identico nelle due monete (immagine e legenda). Il rovescio, invece, cambia solo per un elemento: sulla moneta “imperiale” è presente la legenda (che manca quindi sulla “repubblicana”) nella quale le parole più significative per la nostra discussione sono TRAIAN e REST. TRAIAN perché in effetti si tratta di una emissione di Traiano. REST perché è un denario che fa parte della serie di monete di “restituzione”, ovvero una sorta di “riedizione” di vecchie monete. La legenda del rovescio si scioglie dunque così: Imperator Caesar Traianus Augustus Germanicus Dacicus Pater Patriae Restituit. Secondo Francesco Gnecchi (nel suo libro “Monete Romane”) : "Moneta restituita o di restituzione è quella che, ad un intervallo più o meno lungo dopo la prima emissione, viene riconiata da un altro imperatore il quale, riproducendo più o meno fedelmente il prototipo, vi aggiunge il proprio nome seguito dall'abbreviazione REST, più raramente dall'intera parola RESTITVIT". Le monete di restituzione si differenziano quindi dalle più comuni monete post-mortem perché riportano espressamente nella legenda l'identità di colui che tributa il ricordo tramite la "restituzione". Tali esemplari fanno la loro prima comparsa nel periodo dei Flavi. Tra essi si distinse proprio Traiano che non si limitò a rieditare i tipi dei suoi predecessori, ma anche un certo numero di monete dell’età repubblicana. Si tratta di aurei e denarii (soprattutto) che hanno tutti la medesima legenda del dritto, ovvero IMP CAES TRAIAN AVG GER DAC PP REST. L’invariabilità della legenda farebbe ipotizzare che l’intera serie sia stata emessa in una singola occasione (anche se a me pare un po' strano, onestamente) avvenuta in una data posteriore al 102 d.C. (quando Traiano ottenne il titolo di Dacicus con la conquista della Dacia per l’appunto) e prima del 114 quando gli fu assegnato il titolo di Optimus Princeps. Una data post quem plausibile potrebbe essere il 107 sulla base di un passaggio della “Storia Romana” di Cassio Dione (68, 15) -epitomato da Xifilino- in cui si dice che in quell’anno l’imperatore “fece fondere tutte le monete consumate”, con la logica conseguenza della immissione in circolazione di un grosso quantitativo di nuove monete. Ovviamente la domanda da porsi è: con quale criterio Traiano ha scelto le monete da restituire, in particolare quelle dell’età repubblicana? Il tratto dominante del carattere di Traiano fu il desiderio di enfatizzare e di espandere la gloria di Roma. Appare quindi ragionevole pensare che sia stato questo il motivo che lo portò alla emissione di monete di restituzione: i tipi da rieditare potrebbero essere stati scelti in base al loro carattere simbolico e rappresentativo per mettere insieme una serie di monete che spiegassero e celebrassero l’evoluzione della grandezza di Roma. In questo senso quindi Traiano potrebbe essere considerato come uno dei primi a considerare lo strumento monetario come un aiuto alla comprensione della storia. Insomma, una sorta di numismatico ante-litteram. È chiaro però come l’esaltazione della grandezza di Roma significasse anche l’esaltazione della grandezza del sovrano che aveva portato l’impero alla sua massima espansione ed a un periodo di prosperità economica. Secondo invece una ipotesi più pragmatica, probabilmente egli individuò i tipi che rischiavano di sparire come conseguenza della programmata fusione di vecchie monete e perciò usò l’espediente di rieditarli per conservarne memoria. La restituzione dei denari repubblicani da parte di Traiano potrebbe aver avuto uno scopo, per così dire, opportunistico e propagandistico insieme. Sembra infatti che, dopo 150-200 anni, circolassero ancora molte di queste vecchie monete di buon argento, che furono quindi ritirate per coniare denari di lega più bassa, con evidente guadagno per le casse imperiali; per dare un "contentino" ai cittadini, che erano affezionati a queste belle, buone e storiche monete, ne coniò quindi un certo numero di esemplari " di restituzione". È chiaro però che queste monete avevano impresso il nome di Traiano che pertanto le usò come veicolo propagandistico. La serie completa delle monete di restituzione si presenta come una sorta di epitome di storia romana che parte dalla leggenda di Enea e Anchise: Il periodo dei re è rappresentato dai classici ritratti di Romolo e Anco Marcio. Questa è la RIC II 799, Romolo: Si giunge quindi all’età repubblicana che è rappresentata con molte monete. Vi troviamo i Dioscuri, varie personificazioni di Roma, eroi come Orazio Coclite, personaggi famosi legati a particolari eventi storici come Cecilio Metello nella seconda guerra punica, Emilio Paolo nella conquista della Macedonia, Giugurta che si arrende a Silla. Interessante la presenza di personaggi molto famosi, che nella loro vita furono contrapposti tra di loro. Abbiamo infatti Giulio Cesare in questo bellissimo aureo, il RIC II 815: Interessante è l’immagine del dritto: come diceva in un vecchio post Mirko 8710 si tratta di un Cesare molto simile a Traiano. E l’accostamento a Cesare non è ovviamente casuale, come possiamo ben immaginare. Da rimarcare che Cesare è presente con in altri due aurei, di cui il RIC II 806… …e in 4 denarii. È il personaggio più rappresentato nella serie di restituzione, seguito (anche qui ovviamente, direi) da Ottaviano-Augusto. Poi, come detto, ci sono gli anticesariani: Pompeo, RIC II 811: …e Bruto: RIC II 797… Interessante è anche il fatto che Traiano, giunto al periodo imperiale, nel “restituire” i suoi predecessori (con aurei, si noti), ometta deliberatamente Caligola, Nerone, Ottone, Vitellio e Domiziano. Una spiegazione potrebbe essere legata al comportamento tirannico di questi sovrani, alla loro morte disonorevole e al fatto che nessuno di essi ottenne il titolo di divus. Da notare tuttavia che anche Tiberio non lo ebbe, ma stranamente lui fu rieditato da Traiano. Non è chiara la vera motivazione di ciò. Nel chiudere questa carrellata, vorrei ricordare che In molti casi non sono noti gli “originali” delle corrispondenti monete di restituzione (uno di questi è proprio la RIC II 815 di cui sopra). Torniamo alla nostra moneta. Abbiamo visto che “restituiva” una moneta repubblicana del tutto particolare. Andiamo pertanto ab ovo, al denario repubblicano. Questa moneta ci riporta ad un’appassionante vicenda legata alle Vestali che fece molto scalpore nella Roma dell’epoca. Si era nell’anno 114 a.C. e si era conclusa da poco la lunga avventura dei Gracchi con l’uccisione di Caio (121 a.C.) che era seguita a quella del fratello Tiberio (133 a.C.). La morte dei Gracchi aveva posto fine ad un lungo periodo di fermento sociale e politico che aveva visto emergere le istanze dei plebei e degli italici. La loro fine aveva quindi rappresentato una apparente ripresa del potere della aristocrazia, anche se le tensioni rimanevano altissime. Le Vestali erano le sacerdotesse di Vesta ed erano tutte ragazze di origine patrizia (elemento importante nella nostra storia). Il sacerdozio delle Vestali durava trent’anni e per tutto questo periodo era loro imposto l’obbligo della verginità. Il loro compito era quello di custodire ed alimentare il fuoco sacro sull’altare del tempio di Vesta. Il fuoco di Vesta non doveva mai spegnersi: le Vestali che per negligenza lo avessero lasciato estinguere venivano battute con verghe. Quelle che avessero tradito il voto di castità pagavano il sacrilegio con la vita, sepolte vive in una grotta nel Campus Sceleratus nei pressi della Porta Collina. Nella sua lunga vita il collegio delle Vestali, per ragioni facilmente intuibili, dovette essere turbato da più di uno scandalo, se la tradizione riferisce che ben tredici Vestali furono sepolte vive per perduta verginità. Proprio in riferimento a quanto detto, in quell’anno 114 a.C. a Roma corse voce che tra le Vestali si fossero verificati gravi episodi di dissolutezza. Fu promossa un’inchiesta ufficiale al termine della quale tre Vestali risultarono gravemente indiziate. Il processo, celebrato dal Pontefice Massimo, si concluse però con la condanna di una sola di esse. Nel clima politico dell’epoca molti (soprattutto i plebei) videro in questa sentenza una sorta di accordo sottobanco tra il Pontefice Massimo e le Vestali (non so se per ragioni politiche o per coinvolgimento diretto nello scandalo). Fu così che un tribuno della plebe invocò la revisione del processo portando la causa davanti al tribunale del popolo la cui presidenza fu affidata a Lucio Cassio Longino (fratello del cesaricida Gaio) , noto per il suo rigore e la sua integrità morale. Fu emesso quindi un verdetto esemplare che condannò a morte anche le altre due vestali in precedenza assolte. In questo modo si volle colpire non solo l’aristocratico collegio delle Vestali, ma anche e soprattutto il Pontefice Massimo. Circa sessant’anni dopo, nel 55 a.C., il magistrato monetario Quinto Cassio Longino (discendente di Lucio Cassio Longino) fece emettere un denario a memoria di quell’antico scandalo, del clamoroso processo e indirettamente del suo antenato che ne era stato il promotore. Interessante il fatto che il RIC consideri questa restituzione come commemorazione di una Lex Tabellaria. Ora, spulciando, ho letto che ci fu una Lex Cassia Tabellaria che riformò il sistema elettorale romano introducendo il voto segreto il cui promotore fu proprio quel Lucio Cassio Longino che aveva presieduto la revisione del processo contro le tre Vestali. Ecco che il cerchio si chiude. l diritto della moneta presenta il busto di Vesta. Il capo è parzialmente coperto da un velo trasparente che fa intravvedere l’acconciatura sottostante, con crocchia e diadema. L’espressione del volto è piuttosto “canonica” nel senso stretto della parola e trovo che trasmetta comunque un senso di serenità, a differenza forse dell’analogo repubblicano. A proposito di quest’ultimo, trovo molto bella le parole usate dal nostro Licinio Lucullo: “Emana da questo volto un’aura affascinante ed enigmatica, la sua espressione è quella malinconica e turbata di una divinità offesa”. All’epoca di Traiano erano ormai passati tanti anni da quei fatti. Forse anche questo cambio di espressione rientra in una politica di propaganda. Il rovescio è molto particolare. Al centro campeggia il tempio di Vesta, il cui aspetto circolare si intuisce dalla prospettiva generata dalle sei colonne di altezza diversa e dal tetto a cupola di forma conica leggermente stondato che ha due acroteri a protome di dragone ed è sormontato da una statua (probabilmente di Vesta) con patera e scettro. A destra una tavoletta per il voto con le lettere AC, che stanno per Absolvo/Condemno, ovvero i due possibili verdetti di un processo. Concluso il dibattimento, infatti, i membri del collegio giudicante erano invitati a ritirarsi per deliberare. Ogni giurato riceveva una tavoletta cerata recante da un lato la lettera A (absolvo), dall’altro la lettera C (condemno), e dopo aver cancellato una delle due (o entrambe se voleva astenersi) deponeva la tavoletta in un’urna appositamente predisposta, visibile sulla nostra moneta alla sinistra del tempio. Prima di concludere allego la discussioni che citavo all’inizio da cui ho tratto molte delle cose che ho raccontato, ringraziando ancora Licinio Lucullo e Ares III: E voi avete qualche moneta di restituzione di Traiano che volete condividere? Ciao. Stilicho
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