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Buongiorno, ieri ho acquistato la moneta in foto in un negozio di numismatica (di cui ho rimosso le informazioni nelle foto per "privacy"). Essendo nuovo nel mondo delle monete antiche ed essendo questa la mia prima moneta antica non romana, mi piacerebbe ricevere qualche informazione su questa, dato che su internet non sono riuscito a trovare alcunché. Per esempio, Artaserse II fu re di Persia e dell'Antico Egitto, eppure la Treccani indica il termine "obolo" come 6a parte della dracma, unità ponderale dell'Antica Grecia. Allora, deduco che in questo caso stia semplicemente ad indicare il fatto che la moneta abbia avuto in passato un valore molto contenuto? Quale sarebbe, perciò, il termine tecnico per indicare questa moneta? Infine, l'indice di rarità nelle monete antiche funziona più o meno come in quelle moderne? Grazie mille a chi mi risponderà
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Achemenidi - Sigloi del III tipo
Matteo91 ha aggiunto un nuovo link in Altre monete antiche fino al medioevo
Ciao a tutti Volevo mostrarvi due sigloi achemenidi del terzo tipo. Mi piacerebbe avere qualche opinione sull'autenticità (non che mi destino particolari sospetti, però non si sa mai...) oltre che su una corretta classificazione. Seguendo l'impostazione di Carradice, dovrebbero appunto essere sigloi del terzo tipo, ma quale sottotipo? Io li classificherei entrambi come Type IIIb (early). Xerxes I - Darius II, c. 485 - 420 BC. (o 485 - 470 BC. secondo Klein), come da link di seguito: http://www.forumancientcoins.com/numiswiki/view.asp?key=siglos. Cosa ne pensate? Ci sono altri collezionisti di monete achemenidi? 5,45g - 15mm 5,44g - 17mm -
Nella mia discussione al post n.6 ho trattato di Gaumata, un'impostore che si è spacciato per l'erede del regno persiano ed è riuscito poi pure a salire sul trono e regnare per qualche mese. Ho fatto questa introduzione in quanto una fonte di questa storia è l'iscrizione di Bisotun (conosciuta anche come Bisitun o Bisutum o Besistun (in persiano antico , Bagāstana) che significa "luogo degli dei. Non volendo uscite troppo fuori tema dalla precedente discussione, ho deciso di aprirne una nuova tutta dedicata alla sola iscrizione. Il luogo dell'iscrizione è anche patrimonio UNESCO, quindi pensavo che meritasse una trattazione a parte. Questa iscrizione o meglio queste iscrizioni multi-lingue sono situate sul Monte Behistun nella provincia iraniana di Kermanshah, nello shahrestān di Harsin e sono tra le più importanti iscrizioni antiche di tutto il Vicino Oriente. Le iscrizioni, create tra il 520 e il 518 a.C. durante il regno di Dario I, sono composte da tre versioni dello stesso testo, scritte in caratteri cuneiformi in tre diverse lingue: antico persiano, elamitico e babilonese. Un ufficiale del British Army, Sir Henry Creswicke Rawlinson, li trascrisse in due parti, nel 1835 e nel 1844. Egli riuscì poi a tradurre il testo in antico persiano nel 1838, mentre le versioni elamitica e babilonese vennero tradotte da Rawlinson ed altri dopo il 1844. Il babilonese era una forma evoluta della lingua accadica: entrambe facenti parte del ceppo semitico. Queste iscrizioni furono per la scrittura cuneiforme quello che la stele di Rosetta fu per i geroglifici egiziani: il documento cruciale per decifrare un sistema di scrittura che si credeva perduto. prima citazione storica delle iscrizioni fu fatta dal greco Ctesia di Cnido che ne annotò l'esistenza attorno al 400 a.C., parlando di un pozzo e di un bel giardino sotto le iscrizioni dedicate dalla regina Semiramide a Zeus (analogo greco di Ahura Mazdā). Anche Tacito ne parlò inserendo una descrizione di monumenti ausiliari alla base del monte che sarebbero andati perduti, tra cui un altare dedicato ad Ercole. I reperti recuperati sul luogo, tra cui una statua del 148 a.C., sono coerenti con quanto descritto da Tacito. Infine Diodoro Siculo, storico del I secolo a.C., scrisse: «ἡ δὲ Σεμίραμις [...] ἀνέζευξεν ἐπὶ Μηδίας μετὰ πολλῆς δυνάμεως: δυνάμεως: καταντήσασα δὲ πρὸς ὄρος τὸ καλούμενον Βαγίστανον πλησίον αὐτοῦ κατεστρατοπέδευσε, καὶ κατεσκεύασε παράδεισον, ὃς τὴν μὲν περίμετρον ἦν δώδεκα σταδίων, ἐν πεδίῳ δὲ κείμενος εἶχε πηγὴν μεγάλην, ἐξ ἧς ἀρδεύεσθαι συνέβαινε τὸ φυτουργεῖον. τὸ δὲ Βαγίστανον ὄρος ἐστὶ μὲν ἱερὸν Διός, ἐκ δὲ τοῦ παρὰ τὸν παράδεισον μέρους ἀποτομάδας ἔχει πέτρας εἰς ὕψος ἀνατεινούσας ἑπτακαίδεκα σταδίους. οὗ τὸ κατώτατον μέρος καταξύσασα τὴν ἰδίαν ἐνεχάραξεν εἰκόνα, δορυφόρους αὑτῇ παραστήσασα ἑκατόν. ἐπέγραψε δὲ καὶ Συρίοις γράμμασιν εἰς τὴν πέτραν ὅτι Σεμίραμις τοῖς σάγμασι τοῖς τῶν ἀκολουθούντων ὑποζυγίων ἀπὸ τοῦ πεδίου χώσασα τὸν προειρημένον κρημνὸν διὰ τούτων εἰς τὴν ἀκρώρειαν προσανέβη.» «Semiramide [...] si mise in viaggio con un grande esercito in direzione della Media. E quando arrivò alla montagna conosciuta come Bagistano [= Bisotun], si accampò vicino a questa e vi dispose un'area, di 12 stadi di circonferenza, che, essendo situata in pianura, conteneva una grande sorgente con cui si potevano irrigare i campi. La montagna di Bagistano è sacra a Zeus e sul lato rivolto verso la sorgente ha delle rocce a picco che si stagliano fino a 17 stadi d'altezza. Semiramide levigò la parte più bassa di queste rocce e vi incise sulla superficie un ritratto di se stessa con un centinaio di guerrieri al suo fianco. E inoltre scrisse sulla roccia in alfabeto siriaco: "Semiramide, coi basti delle bestie da soma nel suo esercito, dalla pianura erse questa collinetta e quindi scalò questo dirupo, fino alla sua vetta".» Diodoro Siculo, II, 13, 1-2 Dopo la caduta dell'impero persiano e dei suoi successori, ed il declino della scrittura cuneiforme, la natura delle iscrizioni venne dimenticata e la storia delle sue origini cominciò a riempirsi di particolari inventati. Per secoli, invece di attribuirli a Dario (uno dei primi re persiani) si credette che fossero sorti durante il regno di Cosroe II di Persia (uno degli ultimi). Fu nel 1598 che l'inglese Robert Shirley vide le iscrizioni durante una missione diplomatica in Persia per conto dell'Austria, e le portò all'attenzione delle scuole archeologiche europee. Il suo gruppo giunse alla conclusione che si trattava di un'immagine dell'Ascensione di Gesù con un'iscrizione in greco. Le errate interpretazioni bibliche degli europei continuarono per i due secoli successivi. Il generale francese Gardanne ci vide Cristo ed i dodici apostoli, mentre Robert Ker Porter credeva che si trattasse delle dodici tribù di Israele e di Salmanassar I d'Assiria. L'esploratore italiano Pietro Della Valle visitò l'iscrizione durante un pellegrinaggio attorno al 1621, ed il tedesco Carsten Niebuhr lo fece nel 1764 durante l'esplorazione dell'Arabia e del Medio Oriente per conto di Federico V di Danimarca, pubblicando una copia delle iscrizioni nel suo diario di viaggio nel 1777. Le trascrizioni di Niebuhr vennero usate da Georg Friedrich Grotefend e da altri nel tentativo di decifrare la scrittura cuneiforme dell'antica Persia. Grotefend decifrò 10 dei 37 simboli nel 1802. Nel 1835 Henry Rawlinson, ufficiale della Compagnia Inglese delle Indie Orientali assegnato allo Scià dell'Iran, iniziò a dedicarsi seriamente al loro studio. Dal momento che il nome della città di Bisotun veniva anglicizzato in "Behistun", il monumento divenne noto con il nome di "Iscrizioni di Behistun". Nonostante la loro inaccessibilità Rawlinson riuscì a scalare il monte copiando l'iscrizione in antico persiano. Il testo in elamitico si trovava oltre un crepaccio, ed il babilonese quattro metri sopra; entrambi erano difficili da raggiungere, e vennero rimandati a futuri studi. Armato di testo persiano e con circa un terzo del sillabario reso disponibile dal lavoro di Georg Friedrich Grotefend, Rawlinson iniziò a lavorarci. Fortunatamente la prima sezione conteneva una lista degli stessi re persiani ritrovabili negli scritti di Erodoto nella loro originale forma persiana. Ad esempio il nome di Dario viene scritto come "Dâryavuš" invece della versione greca "Δαρειος". Esaminando i nomi ed i caratteri Rawlinson riuscì a decifrare la scrittura degli antichi persiani nel 1838 presentando i risultati dei propri studi alla Royal Asiatic Society di Londra e alla Société Asiatique a Parigi. Sorprendentemente il testo in antico persiano era stato copiato e decifrato prima ancora di copiare le versioni elamitica e babilonese. Nel frattempo Rawlinson fece una spedizione in Afghanistan fino al 1843. Attraversò per la prima volta il crepaccio che lo divideva dalle altre due scritture costruendo un ponte temporaneo con assi di legno. A questo punto poté assumere un ragazzo del posto per arrampicarsi fino in cima alla costa, e per appendere funi grazie alle quali riuscì a fare stampi di cartapesta del testo babilonese. Rawlinson, insieme agli studenti Edward Hincks, Jules Oppert, William Fox Talbot ed Edwin Norris, decifrò queste iscrizioni, arrivando a poterle leggere per intero. La capacità di leggere l'antico persiano, l'elamitico ed il babilonese fu uno degli sviluppi chiave che condussero l'assiriologia ad un livello moderno. La fama delle iscrizioniModifica In seguito vennero effettuate altre spedizioni. Nel 1904 ve ne fu una sponsorizzata dal British Museum e guidata da Leonard William King e Reginald Campbell Thompson, mentre nel 1948 ne compì un'altra George G. Cameron dalla University of Michigan. Entrambe raccolsero fotografie, gessi e trascrizioni più accurate dei testi, tra cui passaggi non copiati da Rawlinson. Fu evidente che le piogge avevano eroso parte del calcare in cui il testo era stato inciso, lasciando invece altri strati che avevano parzialmente coperto l'opera. Il monumento patì il fatto che i soldati lo usarono quale bersaglio per l'addestramento durante la seconda guerra mondiale. Recentemente gli archeologi iraniani hanno svolto alcuni lavori di restauro. Il sito divenne patrimonio dell'umanità dell'UNESCO nel nel 2006. https://it.m.wikipedia.org/wiki/Iscrizioni_di_Bisotun
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Siclo achemenide con particolare rovescio incuso
Matteo91 ha aggiunto un nuovo link in Altre monete antiche fino al medioevo
Sulla scia dei sicli dell'altra discussione (https://www.lamoneta.it/topic/164711-ripostiglio-di-sicli-achemenidi-contromarcati/?tab=comments#comment-1863910), colgo l'occasione per condividerne un altro, meno interessante, ma comunque degno di nota. Peso 4,55g Diametro 15mm Credo si tratti di un suberato, ma ciò che mi ha colpito è il rovescio incuso. Sembra infatti ricordare i rovesci delle monete in argento di Creso. Non riesco però a capire se si tratti di un unico incuso (probabile) o di due differenti punzoni (come nei creseidi). Voi cosa ne pensate? Grazie, Matteo.- 1 commento
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Ciao, in una delle risposte alla precedente discussione sui rapporti tra Roma e la Partia mi si esortava a proseguire nella narrazione del periodo successivo a quello trattato, che si era concluso con la caduta del dominio arsacide. Raccolgo oggi questo invito e pertanto proseguo con la presente discussione che ne rappresenta idealmente la seconda parte, avvisando subito i lettori che si tratta di un’esposizione molto incentrata sul tema storico e meno su quello numismatico. Non si tratta di una lacuna della ricerca ma di una carenza ritengo motivabile da più concause: lo scontro Roma-Sasanidi copre un arco temporale travagliato per l’Impero Romano (III secolo in primis)e generalmente con meno risorse a disposizione, dove spesso gli imperatori coinvolti vestirono la porpora per breve tempo o furono impegnati su più fronti e spesso anche se si investirono di titoli onorifici relativi al settore orientale non si resero protagonisti di gloriose imprese militari vittoriose ma bensì di disfatte. Rovesci militari spesso non subiti sul campo di battaglia ma talvolta sul piano diplomatico o semplicemente per l’abbandono ( dovuto a più casuse) di campagne militari vittoriose. LE GUERRE ROMANO-SASANIDI PROLOGO: come abbiamo visto in precdenza le frequenti sconfitte militari, la struttura gerarchica instabile e il clima di malcontento portarono alla caduta della dinastia arsacide. Nel 224 un nobile, Papak, si ribellò al regnante Gocir e si proclamò Re di Persia. Ardashir I, il figlio di Papak, iniziò ad espandersi nelle province confinanti fino a che il re partico Artabano IV decise di intervenire militarmente, venendo sconfitto e lasciando via libera alla conquista persiana. « Ardashir I fu il primo re persiano che ebbe il coraggio di lanciare un attacco contro il regno dei Parti e il primo a riuscire a riconquistare l'impero per i Persiani. » Erodiano, Storia dell’Impero dopo Marco Aurelio, VI, 2.6 Nel 226 Ardashir fu incoronato Šāhanšāh a Ctesifonte. La nuova dinastia, detta Sasanide (da Sāsān , sacerdote del Tempio di Anahita e padre di Papak), affermava di discendere dall’ultimo re achemenide, Dārā (Dario) e fu contraddistinta da un governo centralista, nazionalista ed espansionista. Lo Zoroastrismo divenne religione di stato e i Magi, il clero zoroastriano, acquisirono grandi privilegi e potere. Logico che nella loro espansione verso nord ed ovest si ritrovarono a scontrarsi con l’Impero Romano. A oriente si scontrarono con l’Impero Kusana, ben presto conquistato. Una volta diventato Šāhanšāh, Ardashir trasferì la sua capitale al sud della Persia fondando Ardashir-Khwarrah (in precedenza Gur, l'odierna Firouzabad). Riconoscendosi come discendenti degli Achemenidi, i Sasanidi reclamavano il diritto di possedere tutto i territorio dell’Asia Minore e del Vicino Oriente fino a quel momento sotto il dominio romano. « [Ardashir] Credendo che l'intero continente di fronte all'Europa, separato dal Mare Egeo e dalla Propontide, e la regione chiamata Asia gli appartenessero per diritto divino, intendeva recuperarlo per l'Impero persiano. Egli dichiarò che tutti i paesi della zona, tra Ionia e Caria, erano stati governati da satrapi persiani, a partire da Ciro il Grande, che per primo trasferì il regno dalla Media ai Persiani, fino a Dario III, l'ultimo dei sovrani persiani, il cui regno fu distrutto da Alessandro Magno. Così secondo lui era giusto restaurare e riunire per i Persiani, il regno che avevano precedentemente posseduto. » Erodiano, Storia dell’Impero dopo Marco Aurelio, VI, 2.2
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